Pourparler

Post n°188 pubblicato il 09 Marzo 2021 da la.cozza

Ritrovata e rimessa al suo posto anche l'ultima zuccheriera posso finalmente dire che la prima ondata di lavori è passata lasciando dietro di sé delle belle pareti candide.
Amo il bianco.
Soprattutto quando è reso ancor più luminoso dal sole. E di sole la scorsa settimana ce ne è stato un bel po', e caldo, così caldo che abbiamo pranzato in giardino immersi in una fioritura precocissima di anenomi, primule, narcisi, giacinti e pruni.
Da ieri piove e la neve è riapparsa sui monti e sulle colline.
Fa freddo, così stamattina Scuttle, novello Christo, ha incartato con l'apposito tessuto piante e piantine.
Ora in giardino ondeggiano bianchi fantasmi inzuppati di pioggia.
Mentre aspetto arance e limoni siciliani che diventeranno marmellata e limoncello, imparo sempre meglio come progettare per i vari bandi ormai unica fonte di finanziamento per le attività delle associazioni del terzo settore e malinconicamente proseguo nel supporto compiti pomeridiano on line. Malinconicamente perchè questo progetto volge ormai al termine e, come al solito, io mi sono affezionata ai miei studenti ed il dispiacere per non poter continuare ad aiutarli è aumentato dalle loro difficoltà e dal loro desiderio di poter beneficiare ancora del nostro supporto così poco convenzionale.
Un raggio di sole sotto forma di libro da ieri splende tra le mille cianfrusaglie che ingombrano la mia scrivania. Non pensavo arrivasse così presto. Domani inizio a leggerlo e la voglia di sperimentarlo con i miei nipoti, e chissà magari anche in qualche scuola con un nuovo progetto, è tanta.
                             

 
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Benvenuto Valentino

Post n°187 pubblicato il 12 Febbraio 2021 da la.cozza

Mia nipote ha un fratellino.
Nuovo di zecca.
Roseo e paffuto come solo i neonati sanno essere.
Ignaro.
Come tutti i neonati dorme beato.
Lunapiena ha gli occhi che brillano di gioia e sorride felice.
Insieme alle foto dei compiti per domani, che faremo a distanza, mi ha mandato la foto del piccolo.
E' un bambino, una vita appena iniziata e io mi commuovo.
Non avrei mai voluto che finisse così.
Ho provato a scrivere un finale diverso per la storia di Linus e Marcie, un lieto fine.
Ho sperato nelle istituzioni.
Ho fallito su tutta la linea.
Forse certe storie nascono con un finale già scritto e non si può fare niente per cambiarlo.
Linus e Marcie si sono separati, e non so se questo è un bene o un male, di certo so che non era quello che speravo.
Marcie ha un nuovo compagno e un nuovo figlio.
Io non ho un nuovo nipote e probabilmente non avrò nessun rapporto con lui.
In mezzo al caos di relazioni e sentimenti contrastanti Lunapiena è felice e suo fratello è inconsapevole.
Benvenuto Valentino e buona fortuna!

 
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E venne il giorno dell'imbianchino

Post n°186 pubblicato il 10 Febbraio 2021 da la.cozza

A giugno, mentre avevo il giardino stravolto da operai e ponteggi e lavori sul tetto e in cucina per il camino, Scuttle mi fa:
"Tesò comincia a impacchettare tutto che quando questi hanno finito chiamo Dario e ridipingiamo la cucina."
Si sono conosciuti alla sala biliardo e tra partite, escursioni in montagna e qualche lavoretto insieme, ne è nata una strana amicizia più simile a una relazione possessiva che a un sodalizio. Dario attraversava un periodo complicato ed è finita che pian piano non si sono visti e sentiti più. Ma rompere con Scuttle non è semplice. Per Dario
"Tutti dovrebberio avere un amico come Scuttle!"
e così quando abbiamo pensato ad un bravo pittore il problema della scelta non si è posto.
A settembre, quando finalmente ponteggio e operai hanno levato le tende, avevamo avuto il tempo per dormirci su e così:
"Visto che ci mettiamo le mani rifacciamo anche i bagni."
Ma avevamo fatto i conti senza l'oste in veste di pandemia.
Dario si è ammalato ed è stata brutta, brutta e lunga.
Guarito lui si è contagiato Scuttle. Ancora non abbiamo capito come e dove, ma siamo finiti tutti in quarantena.
Intanto io, giorno dopo giorno, ho impacchettato e inscatolato suppellettili e tutto quello che non è strettamente necessario sentendomi sempre più a disagio nei miei spazi.
Sono una accumulatrice e non butto mai niente e così tra setacci, ceste di ogni misura e colore, bicchieri e boccali convivono su mensole e ripiani attrezzi da cucina e stoviglie delle mie nonne, di mia mamma e miei. Le pareti sono letteralmente ricoperte di quadri e la polvere ogni giorno si posa su tutto senza riuscire però a raggiungere il piano dei mobili per quanto sono pieni di roba. Questo in tutte le stanze della mia Casa-museo, come la chiama Rerun.
C'è chi non sopporta spazi troppo pieni, io non sopporto i vuoti.
Come se non bastasse ogni cosa ha un suo posto ben preciso per realizzare quello che io percepisco come equilibrio e armonia e così da giugno mi sento come in bilico sia nelle stanze che ho svuotato sia in quelle che ho riempito con tutto quello che ho tolto dalle prime.
Intanto Dario aveva ripreso a lavorare ma per terminare tutti i lavori lasciati in sospeso siamo arrivati a Natale e Natale quando arriva arriva e così
"Tanti auguri, buone feste, ci sentiamo all'anno nuovo."
Anno nuovo, vita nuova e perché no? casa nuova o meglio rinnovata.
A forza di dormirci su abbiamo deciso di rinfrescare anche tutte le altre stanze.
Abito in una piccola palazzina degli anni trenta del secolo scorso, tre appartamenti soltanto. Quello sopra il mio è disabitato da otto anni. Le case vecchie sono anche umide soprattutto nella mia città e così i proprietari hanno pensato bene di lasciare qualche finestra aperta per arieggiare.
Ora tutti sanno che l'aria calda ha il brutto vizio di salire e così sui soffitti di casa mia ogni giorno si combatte una dura battaglia tra l'aria calda, riscaldata a caro prezzo dai miei termosifoni, e il gelo artico prodotto dal piano superiore. La battaglia lascia sul campo un nero sangue di condensa dove vegeta allegramente ogni genere di muffa.
I danni maggiori ci sono in cucina e nei bagni ma piano piano la guerra si sta propagando anche alle altre stanze. Inutile parlare con i proprietari del piano di sopra.
Così stamattina alle otto sono iniziati i lavori e oggi pranziamo in sala con pollo e patate arrosto della rosticceria. Domani chissà....

 
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Legoagogo'

Post n°185 pubblicato il 05 Febbraio 2021 da la.cozza

La signorina mi guarda perplessa.
- Abbiamo anche le basi grandi di diverse misure...
- Lo so, le conosco ma non mi occorrono.
Mi chiedo se stia cercando in ogni modo di vendermi qualcosaltro.
- Abbiamo un attrezzo fatto apposta per smontarle...
- Lo conosco ma grazie, non mi occorre.
- Abbiamo anche...
Maneggio Lego praticamente da sempre. Ne ho posseduto o meglio sono stata posseduta da una scatola di quelle arrivate in Italia sessantanni fa. Ancora abbastanz
a grezze e senza istruzioni oltre le immagini sulla scatola. Ti possedevano ma in fondo ti lasciavano libera. Dagli anni ottanta in poi i colorati mattoncini hanno riempito i sogni ed i pacchetti regalo di figli e nipoti diventando sempre più sofisticati.
La signorina è sempre più perplessa mentre mi porge il mio barattolino pieno di cubetti rossi e verdi, rig
orosamente solo mattoncini da uno.
Completo l'opera chiedendole cinque basi da
dieci.
Bologna. Sono entrata ormai da diverso tempo nel tempio delle Lego e ho ignorato tutto. Tra decine di bambini incantati davanti alle splendide costruzioni io mi sono diretta al muro di contenitori di mattoncini sfusi e ne ho presi più che potevo, tutti da uno. Compiuta la mia missione, incurante di Scuttle che vuole trascinarmi in quel mondo incantato di città, astronavi, castelli, vascelli dei pirati, treni e draghi mi dirigo alla cassa.
Aggiungo le basi ai cubetti e siccome in fondo non mi va di lasciare la signorina a chiedersi cosa diavolo si può costruire con tutti quei mattoncini da uno, impossibili da incastrare e far stare in piedi, spiego:
- Mi occorrono per far contare i bambini, per aiutarli a comprendere il complemento a dieci, per realizzare dei regoli in cui il colore non confonda le idee e sia facile capire di che numero si tratta.
Esco dal negozio felice come se mi avessero regalato il Colosseo.
No, non quello che sta a Roma ma quello della serie LEGO Creator Expert.

 
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Sorelle

Post n°184 pubblicato il 02 Febbraio 2021 da la.cozza

Lei era la fioraia, e poco importa se prima di lei quell'abito lo avevo indossato io, aveva due anni, era incantevole e vinse il primo premio al concorso delle piccole maschere della mia città.
Io ero il gatto con gli stivali e vinsi anche io un premio.
Lei era Cenerentola nel filmino amatoriale alla cui realizzazione collaborò tutta la famiglia compresi zii e cugini, io una delle sorellastre.
Lei era bellissima. Occhi chiari come il cielo a primavera e capelli biondissimi così sottili da sembrare l'oro filato della fiaba di Trampolino tonante.
Io ero goffa e impacciata al punto che mi mandarono a scuola di danza per rendermi più aggraziata.
Lei era la grazia fatta bambina, così minuta, delicata come una porcellana.
In realtà era un maschiaccio arrampicata sull'albero dietro casa insieme a nostro cugino o con le pistole in mano e il cinturone da cowboy o quando saltava da una sedia all'altra col suo mantello nero svolazzante  cantando a squarciagola " Zorro, inatti un cane che freeee!" 
Lei aveva i capelli lisci lisci e mamma glieli lasciava crescere lunghi e morbidi.
Io avevo un taglio corto alla maschietta e un'orribile frangetta indomabile come i miei ricci castano ramati. Ci tenevo tanto a quel "ramati" mi sembrava la sola cosa bella di un insieme che io consideravo decisamente brutto.
Lei aveva il naso piccolo e all'insù, io un naso importante, dantesco.
Lei aveva un ovale perfetto, io la fronte larga e il viso rettangolare con labbra troppo piccole e occhi un po' infossati.
A lei regalarono la Barbie e a me Jenny, la bambola vestita da un famoso sarto. Ma Jenny era una bambina, niente a che vedere con quella strafiga di Barbie tutta trucco e seno.
Lei era brava in tutti gli sport e volava spericolata sugli sci mentre io annaspavo tra spazzaneve e cadute o schiacciava e saltava sottorete mentre io mi nascondevo in sala attrezzi o correva veloce come  Bip-bip mentre io lanciavo l'odiato disco fuori campo.
Io amavo leggere e suonare il pianoforte, ascoltare musica e sognare ad occhi aperti.
Lei ha sempre avuto i piedi ben piantati per terra, io la testa perennemente tra le nuvole.
Potrei continuare all'infinito con le nostre differenze. Io logorroica, lei di poche parole. Io metodica e precisa  lei disordinatissima. Io timida e solitaria lei socievole.
Anche il modo di percepire la realtà è totalmente diverso, me ne sono resa conto tempo fa quando ci siamo messe a ricordare la nostra infanzia e mi sono chiesta se stavamo parlando della stessa famiglia, degli stessi genitori. Lei ricorda episodi che io giurerei non essere mai accaduti e io descrivo persone in cui lei non riconosce i nostri parenti e amici. E viceversa.
Abitiamo a neanche cinquecento metri di distanza ma non ci vediamo quasi mai.
Ma lei c'è. C'è e c'è sempre stata.
La prima a cui ho detto quello che nascondevo a tutti sotto l'apparenza della famiglia felice. Quella a cui ho affidato tutti i documenti necessari a proteggere i miei figli nel caso fosse finita in tragedia. La prima ad aver conosciuto il mio futuro compagno e ad avermi sostenuto nell'iniziare una nuova vita. La sola con cui Charlie non ha troncato i rapporti quando aveva rotto con tutto il resto della famiglia e che ha potuto così restargli vicino nei momenti più neri della sua vita. E di questo gliene sarò grata in eterno. Il primo viso che ho visto svegliandomi da una brutta operazione.
Abbiamo sempre difeso il nostro rapporto dalle interferenze di chiunque e nonostante tutto siamo riuscite ad andare oltre quando
un'ombra,un sospetto, un giudizio, una accusa assurda hanno rischiato di mandare in frantumi il nostro esserci. Lei oltre il sospetto, io oltre il pensare che se lei mi ha ritenuto capace di una azione tanto vigliacca e meschina vuol dire che non mi conosce per niente.
Lei c'è, c'è sempre stata e continuerà ad esserci come io ho fatto e farò con lei ogni volta che ne avrà bisogno.
Anche se non ci vediamo mai, anche se ci facciamo una telefonata ogni morte di papa, anche se siamo come il giorno e la notte, anche se.

 
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Principino

Post n°183 pubblicato il 21 Gennaio 2021 da la.cozza

-Nonna...pricipino fa una piccola pausa senza alzare gli occhi dal cellulare su cui sta giocando...ti voglio bene.-

Lo dice così quasi sussurandolo. Ha già quindici anni. Da quando viviamo seminascosti dalle mascherine leggo nei suoi occhi una voglia di abbracci. Quelli che non ci siamo scambiati e che adesso mancano così tanto. Al contrario di Cicciobello lui non è incline a manifestazioni d'affetto.
Considerati abbracciato... gli dico ogni volta.

-Nonna ti voglio bene.-

Lo dice mentre i piccoli di casa guardano i cartoni animati in un'altra stanza e lui si è infiltrato tra i grandi che in un pomeriggio quasi normale di pre zona arancione si raccontano storie di famiglia e preoccupazioni per il futuro. Seduto in disparte sembra assente, preso dal suo gioco, ma so che sta ascoltando e registrando tutto anche se finora non ha detto una parola.

-Nonna ti voglio bene.-

-Anche io te ne voglio.-

Mi assalgono i sensi di colpa. In quella risposta così banale c'è una richiesta di perdono.
-Tu sei il nipote nato troppo presto, mi giustifico, quando non ero pronta a diventare nonna, quando ero ancora troppo occupata a fare la mamma dei tuoi zii di nove e dieci anni.-
-Lo so.-

Non mi sta rimproverando niente.
Sono io che mi rimprovero quegli abbracci negati per non far soffrire Cucciolo che era gelosissimo. Quel rapporto mancato per la mia nuova convivenza appena iniziata e mal tollerata da mia figlia e mio genero.

-Nonna ti voglio bene.-

-Anche io te ne voglio.-

E sono fiera di te, del bravo ragazzo che sei, e mi chiedo se siamo ancora in tempo per conoscerci, per inventarci un rapporto anche se non ti ho letto fiabe e non ho giocato con te, anche se l'unico ricordo che ho di noi due da soli è quando ti ho portato al fiume a dare il pane secco alle anatre.

Ma questo non gliel'ho detto.

 
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Serendipity

Post n°182 pubblicato il 12 Gennaio 2021 da la.cozza

Capita a volte di cercare una cosa e trovarne un'altra. Forse più bella di quella che si stava cercando, spesso migliore per noi.
Poco più di un anno fa insieme a Scuttle e Sally abbiamo approfittato di un incontro di formazione che ci interessava ad Ascoli Piceno seguito da un altro il pomeriggio del giorno dopo a Urbino per infilarci in mezzo una mostra di pittura.  Rerun e Cucciolo erano a Frosinone per ultimare i loro studi e il covid era ancora lontano dai nostri pensieri.
Nelle Marche abbiamo carissimi amici che condividono i nostri stessi interessi e così abbiamo unito l'utile al dilettevole godendoci la compagnia di persone preziose per noi e che purtroppo ora non possiamo vedere tanto facilmente.
A Urbino in quei giorni era appena stata aperta la mostra "Raffaello e gli amici di Urbino" al Palazzo Ducale e all'orario di apertura eravamo già pronti ad immergerci nella contemplazione.
In realtà la mostra non era ancora aperta e così siamo saliti a fare un giro alla Galleria nazionale delle Marche.

Giro lungo dato che ogni cosa meritava molto più che una rapida occhiata.
La bellezza che ci circondava ci invitava a fermarci di più ma il richiamo delle tele esposte al piano inferiore era grandissimo e ci metteva le ali ai piedi.
Finchè non l'ho incontrata.
Non ho capito più niente, non mi importava più di niente.
Ferma davanti a lei, incurante degli sguardi sospettosi della vigilante, incurante dei richiami di Scuttle, io e lei ci siamo guardate l'anima e da allora la porto nel cuore e ogni volta che penso a lei gli occhi mi si riempiono di lacrime e sento tanta dolcezza sbocciarmi dentro.

                             
Poi siamo approdati alla mostra di Raffaello e ci siamo ritrovati stipati in mezzo ad un mare di persone, trascinati da gruppi in visita guidata, spinti da una sala all'altra senza riuscire ad apprezzare davvero niente. Ho negli occhi solo l'immagine fugace di un angelo.
Ci ripromettiamo di tornarci presto con anche Rerun e Cucciolo. Urbino ci ha affascinato e il desiderio di visitarla con maggior tempo e calma è grande ma il nostro amico ingegnere ci è venuto a prendere e con lui ci ritroviamo in breve in un paesino vicino  alla locale sagra per un'ottima polenta. E poi via di corsa all' Università di Urbino ad incontrare altri amici provenienti da diverse città d'Italia. 
Quanto mi manca tutto questo adesso!

 
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Di presepe in presepe.

Post n°181 pubblicato il 10 Gennaio 2021 da la.cozza

La tradizione vuole che nella mia famiglia si tolga il presepe la domenica dopo l'Epifania.
Oggi però non ne ho voglia, è  un compito che mi rattrista e oggi ci pensano la pioggia e il freddo a rattristarmi abbastanza.
Di non farlo non se ne parla nemmeno per una che vive nella Valle Santa da qualche anno ribattezzata Valle del Primo Presepe grazie ad un vescovo intraprendente e con uno spiccato senso del merchandising. Grazie a lui sono fiorite mostre di presepi, contest fotografici, concorsi tra scuole e tra privati e si sono rafforzate e sono state pubblicizzate iniziative locali tutte legate al presepe.
Una delle cose che il covid mi ha tolto sono stati i giorni con figli e nipoti in giro per  gli antichi borghi francescani che custodiscono e tramandano bellissime tradizioni.
Sono sopraffatta dai ricordi.
Il mercatino natalizio sulla piazza di Greccio dove è  possibile acquistare tutto quello che serve per realizzare uno splendido presepe e dove tra le corse sfrenate delle mie nipoti intorno alla fontana, guance rosse e sciarpe svolazzanti, manine intirizzite e occhi spalancati davanti a pastorelli, angeli e Gesù  bambini di ogni dimensione, abbiamo acquistato la statuina del muratore e le ceste del pane da regalare a Cicciobello e Principino per il loro presepe.
Quello a grandezza naturale disseminato per le strade e le case di Poggio Bustone dove tutto il paese si trasforma in presepe e ti ritrovi a camminarci dentro e che ha ascoltato le confidenze di un Principino ormai adolescente alla nonna mentre gli altri si scattavano foto a bordo della slitta di Babbo Natale.
La scoperta di un bellissimo presepe all'interno del santuario francescano con statue riccamente vestite di meravigliosi abiti curati fin nei minimi particolari.
La freddissimo giornata passata in Toscana, a Vivaio, dove il presepe ricopre un pendio e all'esterno di ogni casa fa bella mostra di sé  la creatività natalizia degli abitanti fino ad arrivare  alla raccolta di presepi provenienti da tutto il mondo e poi il pranzo in una trattoria dove al caldo di una grande stufa accesa abbiamo assaporato un'ottima cucina tipica.
Il fine settimana in una scintillante prenatalizia Milano, immensa vetrina oversize dove la doppia altezza dei portici mi ha fatto sentire lillipuziana mentre mi incantavo come una bambina a guardare le vetrine animate ideate da Dolce e Gabbana e un'ondata di musica assordante veniva giù da quella che pensavamo fisse la terrazza di un locale.
E infine quello che speravo di replicare quest'anno: il capodanno passato ad Amatrice con un paio di carissimi amici.
Momenti indimenticabili, cemento per tenere insieme la mia strana, complicata, scassatissima grande famiglia e combustibile per alimentare la mia curiosità, la voglia di viaggiare, di scoprire nuove cose, di perdermi nella bellezza e in fondo di continuare a vivere.

 
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Smontando l'albero

Post n°180 pubblicato il 07 Gennaio 2021 da la.cozza

E anche questo Natale è passato con tutto il suo corteo di compleanni e onomastici che nella mia famiglia si aggiungono ai canonici festeggamenti comandati.
Nemmeno l'Epifania mette fine alle ricorrenze dato che il quindici sarà il compleanno di Linus.
Ho volutamente tenuto spento il computer il più possibile per dedicare il mio tempo ai rapporti familiari, non facili di questi tempi.
Stiamo tutti accusando il colpo per il protrarsi delle restrizioni e la mancanza di libertà.
Io oscillo tra paura e rabbia, ribellione e apatia, iperattività e stato catatonico.
Il tutto si coagula ed esplode in discussioni a non finire con Scuttle che secondo me tende a giustificare l'attuale governo mentre io li ritengo una massa di incapaci e così discutiamo per il solo amore per la discussione come quando lui si scopre filopalestinese e io sionista, lui di destra e io socialista, lui ritiene migliore iliad e io Postemobile....e giù a discutere usando tutta la dialettica di cui siamo capaci fino a ritrovarci a dire la stessa cosa. Ma intanto abbiamo scaricato tonnellate di adrenalina.
Anche quest'anno siamo sopravvissuti al Natale e grazie ai dpcm e alle quarantene ora di un nipote ora di un figlio, ne siamo usciti senza le liti natalizie che per molti anni hanno fatto seguito a cenoni e pranzi in cui la forzata permanenza intorno allo stesso tavolo era occasione per il riaccendersi di gelosie, rivalità, conflitti mai risolti.
Ho fatto i biscotti e li stiamo ancora mangiando nonostante ne abbia regalati a parenti e amici.
Ho fatto i regali e ieri siamo riusciti a consegnare gli ultimi.
Ho fatto telefonate e visite alle zie.
Ho lasciato troppo spazio ai ricordi dei Natali passati.
Oggi ho iniziato a togliere tutti gli addobbi natalizi ma il presepe no, quello lo lascio ancora per qualche giorno.
Giusto il tempo di guardarlo ancora un po' mentre mi lecco le ferite.

 
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La ricerca delle mie radici

Post n°179 pubblicato il 10 Dicembre 2020 da la.cozza

Mi sono fissata.E quando mi fisso sono dolori perchè finchè non trovo quello che cerco non riesco a pensare ad altro.
Così in un Avvento attraversato dal Grinch, tra fantasiosi preparativi per un Natale che non ci sarà ma noi lo festeggeremo lo stesso, io spulcio le liste degli emigrati italiani e rovisto tra fotografie e vecchie carte.
Ho tanti, troppi buchi nel passato e una necessità assoluta di colmare i vuoti dei racconti di genitori e nonni.
Una telefonata dell'anziana sorella di mia madre mi ha aperto un mondo, non le avevo mai chiesto niente chissà perché, in una manciata di minuti ha messo un po' d'ordine nel mio mosaico di ricordi mescolati o mancanti. Salta così fuori il ritratto di nonno violinista a Philadelphia, di uno zio dongiovanni al Lido di Venezia e un altro ucciso giovanissimo dai tedeschi mentre in bicicletta faceva le consegne della farina. Zia è un'autentica miniera di informazioni. Ci lasciamo con la promesssa di vederci prestissimo per altri racconti. Della famiglia di mamma sono rimasti in vita soltanto lei che ha quasi novantasei anni e un cugino che di anni ne ha dieci di meno mentre della famiglia di papà le possibili fonti sono la mia zia del cuore anche lei con novantasei primavere sulle spalle e la moglie di suo fratello.
Per quel che so ho antenati interessanti, cantanti lirici, l'amministratore di un principe, il segretario di un ministro, una dama di compagnia alla corte di Bonaparte, perfino un santo. 
Baratterò dolcetti in cambio di ricordi.

 
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Maria e Giovanni Battista

Post n°178 pubblicato il 03 Dicembre 2020 da la.cozza

Domani è il tuo compleanno mamma. Sono sicura che lo festeggerai, lì dove sei, con papà, i nonni e i tuoi fratelli.
Domani faccio i biscotti.
Quelli che facevi tu a Natale, quelli di nonna Maria che ha unito usanze di due zone diverse della stessa pur piccola provincia.


Mia nonna Maria era di Castel di Tora, un piccolo paese affacciato sul Lago del Turano.
Era la figlia della maestra in tempi in cui il maestro, il maresciallo e il parroco erano le autentiche autorità del luogo. Era un donnone alto e grosso al contrario del fratello alto e magrissimo. Era bella, Maria, di quella bellezza semplice e pulita che profuma di buono e fa pensare al bucato steso al sole, alla minestra sul fuoco e ai bambini riuniti intorno al camino. Era anche istruita, aveva studiato anche lei per diventare maestra. Ma maestra non lo fu mai.

Sposò il suo Giovanni Battista e diventò moglie e madre.
So molto poco della loro storia, lei e mia madre erano di poche parole e non amavano raccontare.
Nonno era di Poggio Moiano, paese della Sabina noto per l'infiorata e le fettuccine che però lì si chiamano maccaruni e sono leggerissime.
Era emigrato in America a quindici anni e una volta tornato aveva avviato una piccola impresa familiare. Nonno era molto intelligente. Nonno era nano.
Sposò quel donnone alto un metro e ottanta ed ebbero quattro figli, tutti normalmente alti e tutti assillati dall'idea di sposare persone alte.
Tornando ai biscotti, nella cucina di nonna Maria le tradizioni della valle del Turano  si unirono a quelle sabine e così a tutti i prodotti da forno salati e dolci a base di farina di mais e anice si aggiunsero terzetti, nociata, amaretti e tozzetti, dolci a base di frutta secca.
Non è stato facile estorcere a nonna la ricetta dei suoi inimitabili amaretti, non l'aveva detta neanche a mamma che dopo aver tentato invano di farli ci aveva rinunciato. Io riuscii ad averla perchè mi misi a farli davanti a lei sapendo benissimo che stavo sbagliando e lei non resistette alla tentazione di fare per una volta la maestra e mi corresse tutti gli errori. 

 
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Usciamo?

Post n°177 pubblicato il 01 Dicembre 2020 da la.cozza

"Andiamo a fare quattro passi?"
La domanda di Scuttle mi coglie assolutamente impreparata. E' tanto che non esco di casa. Giusto qualche rapida scorribanda al supermercato per la spesa, un paio di volte in un centro commerciale e una interminabile fila al drive in per il tampone.
Ma sempre in macchina. Chiusa dentro anche lì, la macchina è come un'appendice della casa.
A piedi pochissime volte solo per assoluta necessità: le Poste, una visita dal dentista, la riparazione della lavatrice.  
Non mi ricordo nemmeno più quale è la procedura per uscire.
Prendo alla rinfusa scarpe, borsa, cellulari e mascherina. Torno indietro per indossare la giacca. Scuttle ride divertito.
La programmazione delle azioni da compiere in successione non è mai stata il mio forte.
"Non mi ricordo più come si fa per uscire!" esclamo stupita io stessa per le parole che sto dicendo. 
Quello che non dico è che ho paura di uscire, di incontrare gente, di toccare qualsiasi cosa.
Usciamo e incontriamo capannelli di persone, gente senza la mascherina o con mascherine fai-da-te di colli di maglioni e sciarpe, ragazzini  chedicovidnoncenè.
Usciamo e tocco di tutto, dalla maniglia della porta del negozio al bancone del negozio alla merce esposta sugli scaffali del supermercato.
Da qualche giorno abbiamo iniziato ad acquistare qualche regalo per figli e nipoti.
Per lo più cose necessarie di cui le precarie situazioni finanziarie e le assurde vicende lavorative dei loro nuclei familiari non consentono l'acquisto.
Oppure piccoli piaceri a cui rinunciano perchè non indispensabili. 
Compriamo del caffè e una scatola di latta per le cialde per Sally e Franklin.
Non so quando riusciremo a darglieli i regali di Natale quest'anno.
Mi chiedo che Natale sarà, con i figli costretti a fare i turni per  venire da noi.
Usciamo, l'aria è fredda, sta facendo buio, la mia città mi sembra più buia e spenta del solito e nemmeno le luminarie natalizie in allestimento o già accese scaldano il mio cuore.

 
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Countdown

Post n°176 pubblicato il 24 Novembre 2020 da la.cozza
Foto di la.cozza

Oggi c'è profumo di cannella e arancia, di cioccolato e miele nella mia cucina. Con la cottura dei pampepati ho ufficialmente dato inizio al conto alla rovescia da qui a Natale.
Sono diversi anni che i miei figli, soprattutto quelli che ormai sono volati fuori dal nido, mi chiedono di lasciare traccia dei miei racconti di tradizioni familiari e di antenati ormai presenti solo in qualche fotografia che inizia a sbiadire e nei miei ricordi.
Lucy vorrebbe un libro delle nostre ricette natalizie. 
Rerun che ha dieci anni di meno e la differenza tecnogenerazionale si sente! vorrebbe fare una playlist di video mentre cucino e racconto.
Io per ora scrivo.
I panpepati, sulla tavola natalizia delle mia famiglia d'origine, c'erano come dono della  signora Gabriella, segretaria di origini ternane dello studio tecnico di zio dove lavorava papà. Era una giovane bionda signora molto gentile e aggraziata che puntualmente ogni Natale si presentava con i suoi pacchettini di panpepato avvolti in carta rilucente, la stessa che a Pasqua nascondeva al suo interno un altrettanto goloso dono per i suoi datori di lavoro: le buonissime pizze al formaggio ternane.
Quando la signora Gabriella lasciò il lavoro per i suoi impegni familiari i panpepati diventarono un ricordo fino a quando non iniziai a bazzicare la cucina di mia suocera.
Lei, che era nata e aveva trascorso l'infanzia a "Nervesa della Battaglia" , come diceva lei, era arrivata nel Lazio con tutta la sua famiglia al seguito del padre, operaio in una impresa che per diversi anni effettuò lavori  qui e che lasciò al termine degli stessi una piccola comunità veneta, famiglie ormai radicatesi in questa città. Qui sposò mio suocero, originario della Piana reatina ma trapiantato per molti anni a Terni dove il padre aveva lavorato nelle acciaierie. 
E a Terni la suocera di mia suocera aveva imparato a fare i panpepati. 
Per molto tempo ogni volta che le chiedevo di insegnarmi a farli, lei andava in sala, apriva un cassetto della grande credenza che occupava un'intera parete e ne prendeva un paio dalla lunga fila di profumati mucchiettini marroni avvolti in un candido telo di cotone. Poi un giorno, sarà stata la mia insistenza, sarà stato il bellissimo rapporto creatosi tra noi, sarà stato che iniziava a sentir venire meno le forze per la tremenda malattia che la consumava, mi porse carta e matita e mi dettò la tanto agognata ricetta. Da allora a casa mia non è Natale finchè non ho fatto i panpepati. 
Panpepati che non mi sono mai venuti come quelli di mia suocera ma che a lei piacevano più dei suoi.  
Quest'anno Franklin mi ha regalato il mosto cotto per farli come prescrive la ricetta originale e così non ho dovuto sostituirlo con il caffè.
Ho sentito di nuovo il profumo che si sprigionava da quel cassetto della credenza della sala. 
Quando si ha la mia età il Natale è una festa piena di malinconia per i troppi che mancano. 
E tu mi manchi tanto mamma.  

 
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Divisioni

Post n°174 pubblicato il 15 Novembre 2020 da la.cozza

Tu detta e io scrivo.
Il faccino nello schermo si illumina per la soluzione che abbiamo trovato per fare i compiti. E che compiti! Divisioni a due cifre.
Trecentosessantacinque diviso ventitrè.
Ma quanto si scrive male con il mouse su Paint? Va bene, è l'occasione giusta per fare una battuta cercando di farla ridere.
Guarda che zampe di gallina! Se le avesse viste la mia maestra mi avrebbe messo due e la nota.
Ride piano per non farsi sentire dalla mamma che dietro di lei sta rigovernando la cucina e ci tiene tanto a questo aiuto compiti per le figlie.
Io sono dell'idea che si apprende bene quando ci si diverte e scandalizzo genitori e insegnanti facendo giocare i ragazzi anche a costo di inventare io i giochi.
Il tre nel ventitre non ci sta quindi prendo trentacinque.
Inorridisco e mi chiedo perchè si continui ad usare un linguaggio assurdo che confonde le idee e oggi mi appare profondamente sbagliato.
Il trentacinque nel ventitre ci sta- prosegue la bimba sicura- devo vedere quante volte ci sta!
Mi mordo la lingua adeguandomi al linguaggio della sua maestra e mi limito a dire piano mentre scrivo
Il ventitre nel trentacinque...
Siamo alla prima divisione e sudo freddo mentre cerco di dare un senso all'arcano dell'algoritmo e le dico
Una volta ci sta?
Sììììììì.
E due?
Silenzio.
Accanto alla divisione sul candore del foglio virtuale di Paint appare una moltiplicazione: ventitre per due.
Ci pensa un pò e poi
Quarantasei!
e sorride orgogliosa.
Brava! Lo vedi che sei brava? Ma quarantasei non ce l'abbiamo, abbiamo solo trentacinque.....
Allora ci sta una volta!
mi interrompe felice.
Scrivo uno.
Lo scrivo? chiede perplessa per questo strano modo di fare i compiti.
Sì, certo scrivilo sul quaderno.
Prosegue
Un per tre tre per andare a cinque... tre, quattro,cinque
contiamo insieme con le dita davanti alle webcam mentre un'onda di disperazione mi aggredisce: l'algoritmo è quello della divisione a danda corta!!! ma come si fa a far fare le divisioni così a bambine con bisogni educativi speciali?
Fa due! lo scrivo! Un per due due per andare a tre...due, tre...
Altre dita sventolano vittoriosamente davanti alla webcam
Il dodici nel ventitre ci sta.....
In un'ora facciamo tre divisioni e scomponiamo con l'utilizzo di una tabella tre numeri a nove cifre.
Cambio della guardia, nello schermo appare la sorella gemella, una bambina timida e insicura e molto più fragile della vulcanica sorellina.
Devo fare le divisioni a due cifre.
Altro giro, altra corsa, ricominciamo.
Tu detta e io scrivo.
Io posso usare la tavola pitagorica...
sussurra.
Non ti preoccupare ti aiuto io con i calcoli. Forza, detta!
Seicentotrentacinque diviso ventitre.
Ma non era trecentosessantacinque???

 
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L'aria buona del giardino

Post n°173 pubblicato il 07 Novembre 2020 da la.cozza

Ho letto un libro.
Capirai che novità, non faccio altro che studiare.
Sì ma leggere un libro per il piacere di leggere è un'altra cosa.
Per me poi è una cosa molto impegnativa dato che sono una lettrice lumaca e spesso i libri sul mio comodino ci mettono le radici.
Nonostante le mie difficoltà con la lettura amo moltissimo leggere e ho letto molto fin da piccola, incoraggiata dai miei genitori e nonni che hanno letto per me quando ero troppo piccola per farlo e che mi hanno regalato libri ad ogni occasione.
Ma torniamo al libro che ho letto.
Non leggo di tutto, ai romanzi preferisco saggi, biografie o testi su argomenti che mi appassionano. Il giardinaggio è uno di questi ma questo non è un libro di giardinaggio.
Si è capito che non ho mai scritto la recensione di un libro?
Non so da che parte cominciare.
Leggete L'aria buona del giardino,
ne vale la pena!

Troppo sbrigativo.
E' un bel libro.
Troppo generico.
Mi è piaciuto.
Troppo personale.
Farei prima ad andare a Firenze dall'autrice
e dirglielo a voce cosa penso del suo libro.
La prima cosa che ho guardato ovviamente è la copertina, un verde chiaro, un colore pastello, delicato, leggero, leggero come i semi di tarassaco che volano via con un soffio. Un fiore che mi riporta all'infanzia, ai giochi semplici che ancora faccio con i miei nipoti.
Guarda nonna, un soffiasoffia!
Poi, come sempre faccio, ho guardato quante pagine sono, l'Ulisse di Joice e tutti i libri sopra i cinque centimentri di spessore difficilmente mi fanno venir voglia di cimentarmi nell'impresa.
Infine ho guardato il font, l'interlinea, l'impaginazione e la grandezza dei caratteri chè se sono troppo piccoli e addossati mi creano l'effetto affollamento visivo e mi garantiscono una lettura faticosa con salto di righe assicurato.
Quando ho finito di rigirarmelo tra le mani ho iniziato a leggere e non riuscivo più a smettere.
Ho percorso strade e vie lontane e incontrato persone grandi e piccole, ho corso nei giardini e camminato sotto i portici in un tempo passato ma neanche poi da tanto. I racconti e gli incontri fatti nel mondo dell'autrice mi hanno ravvivato la memoria di altri incontri e storie del mio passato, per molti versi simile. Il passato di una nazione ormai scomparsa. 
Ma non c'è traccia di abbellimenti, nostalgia e nessuna concessione alla dolcezza del ricordo nelle parole dell'autrice. Solo il racconto pacato, mai sdolcinato ma altrettanto mai risentito, di una vita con cui ha fatto pace. Una vita che ti mostra attraverso le sue parole senza giudizi, senza filtri, con la semplicità e il candore di un bambino che in riva al mare trova un pezzetto di vetro colorato levigato dall'acqua e lo guarda in trasparenza per poi farlo brillare al sole.   
Gli ultimi capitoli li ho letti piano piano, consapevole che quel viaggio nel mondo in cui l'autrice mi ha portato stava per finire e presto sarebbe arrivato il momento triste dei saluti.

 
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Indietro tutta

Post n°172 pubblicato il 29 Ottobre 2020 da la.cozza

Quando non ce la fai proprio a restare seria e ti metti a fare battute anche nei momenti difficili della vita.
Era stato fin troppo facile fare la profezia che la scuola faticosamente riaperta il ventiquattro settembre sarebbe tornata indietro il
ventiquattro ottobre o giù di lì.
Un po' meno facile era prevedere che quelli della notte nei loro decreti notturni se la sarebbero presa soprattutto col popolo della notte chiudendo piazze, strade, bar, ristoranti, tutto alle diciotto.
Ciao ciao quattro amici al bar e strade vuote!
Stavolta non ti salvi nemmeno passeggiando in bicicletta, addio gioca jouer, ormai spiaggiati sul divano possiamo proprio dire che la musica è finita.

Stavolta niente canzoni stonate dai balconi e nemmeno bandiere italiane sventolanti alle finestre: io ho preparato una bandiera gialla.
E quando l'alto gradimento spinge il nostro principale dj a mandarci di traverso pranzo e cena tutti i giorni con le sue dirette, noi se famo du spaghi. Cari amici vicini e lontani, ormai solo lontani, sabato me ne vado al drive in.
E speriamo che siano solo canzonette.

 

 
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Conversazioni

Post n°171 pubblicato il 23 Ottobre 2020 da la.cozza

Qualche giorno fa. Sono più o meno le otto di mattina e iniziamo a organizzare, nella chat familiare di WhatsApp, la giornata più caotica della settimana, il mercoledì.
Piperita Patty:  Buongiorno a tutti come state? La cozza come stai? Oggi stiamo a pranzo da te?  

Stamattina mi sono svegliata di buonumore ed ho voglia di scherzare un po' nonostante l'ennesimo limitante decreto:
Si ma non dirlo al governo. Sto facendo i conti di quanti siamo nei vari momenti del giorno e ci sto diventando matta.
Lucy che si sta districando, come tutti i miei figli che hanno famiglia, tra un tampone e una quarantena visto che ora una ora l'altra scuola dei suoi tre figli ha casi di positività e in questa stagione febbri e raffreddori di grandi e piccoli sono all'ordine del giorno:
Noi ci limiteremo con gli incontri, per dare modo ai cugini di stare di più insieme, magari porto Pupetta il mercoledì ed io vado via (così è solo uno in più) e Principino e Cicciobello  la domenica od il sabato per vedere la nonna.
Ci sto prendendo gusto:
A pranzo più tre ed è ok. A cena più due, ok. Nel pomeriggio Charlie va via e arriva Sue Storm e va bene. Viene Lunapiena e va via Scuttle e quindi non cambia il numero e resta ok. Ho ancora tre posti per non conviventi quindi Lucy e i figli possono venire.
Ma i non conviventi se sono conviventi tra loro contano per uno?
Lucy, che inizia a divertirsi anche lei: Non ne ho idea, Posso mandare i tre figli ed io vado a fare la spesa, così non siamo quattro.

Continuo allegramente: Non serve che vai via perché poi esce Sally quindi c'è posto anche per te.
Piperita Patty: Io posso andare via appena finita la lezione della logopedista per Azzurro, per me non è un problema, l'importante è che i bambini stiano insieme ché non si vedono mai.
Io, che mi sto divertendo a stuzzicarli: Stiamo tutti insieme perché se mi ammalo poi potrei morire senza più poter vedere nessuno di voi quindi mascherina e distanziamento ma venite tutti.

Dicono che le famiglie non fanno più figli e questo è un problema, io ne ho fatti sei e voglio vederli!
Linus: I bambini valgono 0.5
Lucy: Pupetta
vale per quattro.
Io: Tanto serve un vicino che faccia la spia e se quella del piano di sopra fa la spia Conte ha detto che non manda la polizia a casa
Casomai nascondiamo qualcuno nel capanno degli attrezzi in giardino.....che poi voglio vedere come fanno a stabilire chi è convivente e chi no. Ci chiedono il certificato di residenza o lo stato di famiglia?

Lucy: Secondo le asl, io vivo ancora li
Linus: Comunque da mamma abbiamo due numeri civici...quindi possiamo fare sei più sei.
Concludo ridendo fino alle lacrime:
Ok allora posso fare una festa pepepepepepè pepepepepepè.

 
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Primi freddi

Post n°170 pubblicato il 13 Ottobre 2020 da la.cozza

Ieri ho passato parte della giornata a Roma con Rerun, Sally e Franklin.
Tornati a casa nel tardo pomeriggio l'abbiamo trovata fredda e umida. Odio questa parte dell'anno in cui qui da me piove spesso e a lungo e le oscillazioni della temperatura sono montagne russe su cui viaggiano raffreddori e tosse.
Quando finalmente potremo accendere il riscaldamento le cose andranno molto meglio ma adesso casa ci accoglie così: fredda e umida.
Scuttle era in viaggio di ritorno da un fine settimana a Bologna e mentre aspettavamo di far ora di cena ho pensato di scaldare un po' l'atmosfera accendendo il camino.
Ancora non abbiamo fatto provvista di legna da ardere ma qualcosa da bruciare qundo hai un giardino c'è sempre. Ho cercato i rami più asciutti o meglio meno zuppi d'acqua e dopo parecchi tentativi qualche pezzetto ha iniziato a bruciare. Sarebbe più esatto scrivere che qualche pezzetto ha iniziato a fare fumo.
Mi sono accertata che il camino fosse aperto allentando per benino la catenella che apre e chiude lo sportello della canna fumaria ma ho dovuto ben presto affrontare il problema di come convincere il fumo ad infilarsi nella canna fumaria nuova nuova e uscire dal comignolo nuovo nuovo sul tetto. Franklin è corso in mio aiuto aprendo inutilmente una delle finestre della cucina. Sally ha aperto anche l'altra finestra mentre  lui cercava di far alzare un po' la fiamma aggiungendo legna e giornali. In breve tempo la cucina è diventata color fumo di Londra e con gli occhi  arrossati tra un colpo di tosse e l'altro ho aperto anche la porta finestra. Niente da fare il fumo continuava ad uscire dalla bocca del camino invadendo tutta casa. E non solo. Si è infilato nella tromba delle scale ed è uscito in strada. Sembrava di stare al centro di una nube.
Con tutta la corrente che abbiamo creato aprendo porte e finestre il fuoco ha iniziato a scoppiettare allegramente e noi abbiamo iniziato a scaldarci per benino...solo il lato A esposto al fuoco perchè il lato B era letteralmente gelato per l'aria fredda della sera che vorticava tra porta finestra e portone del palazzo.
Siccome siamo gente che non molla, abbiamo continuato ad insistere producendo tanto di quel fumo che abbiamo rischiato di far scattare l'allerta anti incendio del vicino centro commerciale.

Quando ormai eravamo quasi certi che avremmo avuto a cena anche i vigili del fuoco abbiamo lasciato che il fuoco si spegnesse e poi abbiamo portato fuori la braci fumanti abbandonandole al loro destino dentro il barbecue da giardino.
Dopo due giorni casa sembra un affumicatoio però senza provole o speck!
Ieri finalmente Scuttle ha risolto l'enigma della canna fumaria nuova nuova teoricamente perfetta che non ne vuole sapere di mandare il fumo verso l'alto e non verso il basso.
La catenella apre lo sportello della canna fumaria quando è tirata e non quando è lenta.

 

 
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Cactus

Post n°169 pubblicato il 10 Ottobre 2020 da la.cozza

L'invasione dei cactus è iniziata quando la mia zia del cuore è venuta a vivere con noi per qualche tempo prima di trasferirsi in una casa di riposo.
Zia ha sempre avuto il pollice verde o per esser precisi tutte e dieci le dita verdi mentre sua figlia riesce a far morire anche i semprevivi.
Così zia si è portata in dote le sue amate piante, lasciandomele poi qui dato che nella sua nuova stanza c'è posto a mala pena per lei.
Ora la genetica ha le sue leggi e io non posso farci più di tanto, tra tutti i nipoti e pronipoti di zia chi ha ereditato la mano verde?
Le spinosissime piante di zia hanno trovato il loro habitat ideale tra le mie mani e mi ripagano delle cure che ho per loro fiorendo, crescendo e soprattutto moltiplicandosi.

Che siano sferici o a colonna, alti o bassi, cicciottelli o appiattiti, con una sorta di foglie carnose o molteplici fusti piatti una cosa hanno in comune: si riproducono riempiendo in breve tempo il vaso di nuove piante.
Dopo qualche tempo le nuove piante vanno rimosse per evitare che deperiscano e soprattutto che il vaso "cappotti" ad ogni alito di vento.
Altre crescono sulla pianta madre, poi mettono nuove radici e si lanciano nel vuoto cercando nuova terra in cui crescere.
Certo, potrei gettarle nell'umido e amen, ma sono vive! e non ce la faccio a fare un pianticidio.
Avendo il giardino, d'estate il problema non si pone ma in inverno vanno riparate in casa, qui d'inverno fa freddo e la notte gela.
L'esercito dei cactus però è diventato talmente numeroso che se entrano in casa loro dobbiamo uscire noi e così ho scattato un paio di foto e li ho messi in regalo sui social.
Spero che trovino nuove case e persone che ne abbiano cura. Nel frattempo noi mangeremo yogurth conservando i vasetti per ospitare la nuova generazione del prossimo anno.


 
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Libri e coscienza

Post n°168 pubblicato il 06 Ottobre 2020 da la.cozza

E finalmente ci ho messo mano.
Era da giorni che cassette e scatoloni con i miei libri e appunti dell'università ingombravano il pavimento dello studio-stanza dei giochi senza che io riuscissi ad affrontare quella montagna di fogli e ricordi. Nel mio passato ci sono anni e anni di frequenza universitaria, ci ho provato e riprovato, ho superato moltissimo esami ma non sono mai riuscita a laurearmi.
Mi sono iscritta alla Sapienza a Roma negli anni di piombo. Volevo fare Architettura. Dopo un anno di tira e molla con mia madre che mi voleva professoressa di matematica e aveva posto il veto su architettura a Roma, a Valle Giulia in quegli anni le cose non erano proprio tranquille, e a Bologna o Venezia, troppo lontane, nell'inutile tentativo di farmi capitolare, mi sono iscritta a Ingegneria Civile Edile, indirizzo architettonico.
Ho fatto il biennio a Roma.
Vivevo, male, in un pensionato gestito dalle suore da cui fuggivo ogni volta che potevo per tornarmene a casa da mia madre e dal mio fidanzato.
Avrei dovuto capire già da allora che qualcosa non andava in questi rapporti.
Attaccamento morboso, dipendenza.
Erano gli anni dei celerini schierati agli ingressi e delle aule occupate dagli indiani metropolitani. Il secondo anno abbiamo fatto pochissime ore di lezione scontando agli esami colpe non nostre.
L'anno seguente mi sono trasferita a L'Aquila.
Anche qui dalle suore, al santuario di Roio.

Ho ricordi da incubo di quegli anni. Le lezioni, lo studio, i colleghi, andava tutto bene. Quello che non andava era tutto il resto, il piccolissimo paese, la stanza nel convento, il freddo, i lupi sulla piazza durante la notte, la solitudine.
Alla fine ho mollato, mi sono sposata e sono diventata mamma continuando a fare esami sempre più raramente fino a smettere del tutto ad un passo dal traguardo.
Dopo molti anni mi sono iscritta di nuovo alla Sapienza al corso di laurea triennale.
Ho frequentato altri corsi e superato altri esami per poi fermarmi di nuovo allo stesso punto della prima volta. Stavolta avevo da separarmi e iniziare a lavorare per contribuire al mantenimento mio e dei figli.
in tutto questo prendere e lasciare ho accumulato tantissimi libri e appunti. Pensavo fossero troppo vecchi per interessare a qualcuno ma mi dispiaceva buttarli in discarica: ci ho passato sopra tante ore!
Così ne ho fotografati alcuni e li ho messi in regalo in un paio di gruppi su un noto social.
E ora sono combattuta sul da farsi. Già perchè i miei vecchi libri interessanno eccome! Interessano anche più di una libreria universitaria che verrebbe a prenderseli tutti subito liberandomi la stanza ma l'idea che poi degli studenti universitari debbano pagare qualcosa che io ho regalato non mi piace per niente.

 
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I figli
Charlie(1985)
Lucy(1986)
Linus(1988)
Sally
(1990)
Rerun(1995)
Cucciolo/Lana(1996)

I nipoti
da Lucy e il.genero
Principino(2005) Cicciobello(2008) Pupetta(2017)  
da Linus e Marcie
Lunapiena
(2011)
da Charlie e Frida
SueStorm
(2012)
da Charlie e Piperita Patty
Azzurro(2016)

 

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