Creato da giglio.alfredo il 31/03/2013
Salve a tutti coloro che leggeranno questo blog, in cui inserirò post e commenti personali di arte e cultura

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Ultime visite al Blog

monellaccio19falco1941acquasalata010m12ps12cassetta2annamatrigianoormaliberar.11.11.11unghieviolaacer.250iltuocognatino1clock1991Sslpstriwhiskynsodaletizia_arcuri
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

LA NOBILE ARTE DELLA POLITICA

Post n°445 pubblicato il 26 Luglio 2020 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

LA  NOBILE  ARTE DELLA POLITICA

 Una storia per adulti

 

Correva il mese di settembre dell’anno 2010, quando il signor Vincenzo, che aveva dedicato la sua vita alla politica,sentendosi chiamare, da più parti, Maestro, venne preso dalla voglia di trasmettere ai giovani la nobile arte della pubblica amministrazione,attraverso la sua esperienza e le sue conoscenze, maturate in oltre 40 anni di attività.

Si diede da fare moltissimo e finì per affittare, a sue spese, una grande sala, al primo piano di un palazzo del centro-città, a Crotone, che arredò con una lavagna, una cattedra e 21 banchi,che riuscì a comprare da un rivenditore di roba usata.

Fece fare un annuncio dalla TV locale,per dire che esisteva una scuola di politica gratuita, per 21 alunni volenterosi, della durata di 4 settimane, e lo stesso annuncio fece pubblicare sul giornalino locale, sempre a spese sue. Affisse infine una targa sulla porta: Scuola di Politica – ore 8,30 – 12,30.

Il giorno prefissato il Maestro, che tutti ormai additavano come l’unica stella fulgente nel firmamento politico crotonese, aprì i battenti della scuola alle ore 8,00 e attese che arrivassero gli alunni.

Tra le 8,30 e le 9,00 arrivarono venti alunni, quasi tutti sui trent’anni tra geometri, ragionieri, periti industriali e qualche laureato in legge o in economia. Alle 9,15 arrivò l’ultimo, un po’ trafelato: un ragazzo universitario, che veniva da Petilia Policastro: il suo autobus aveva fatto ritardo.

Finalmente il Maestro potè iniziare la lezione e cominciò col dire che avrebbe, per prima cosa, spiegato cosa fosse la Politica, della quale si erano interessati uomini illustri, sin dall’antichità. Spiegò che la politica non era altro che l’arte di governare.

Avrebbe quindi cominciato da Aristotele,filosofo greco, vissuto intorno al 350 A.C.

Il Maestro continuò col dire che la politica – secondo Aristotele – è il mezzo più alto per far comprendere all’uomo la sua natura, le sue inclinazioni e quali siano le proprie capacità.La politica, quindi, è una dimensione tipica dell’essere umano e gli appartiene tutta, in maniera totale, e, solo attraverso tale dimensione, l’uomo scopre il valore del bene comune. Tale valore, oltre ad essere prerogativa della politica,è altresì un dovere, che ognuno di noi dovrebbe coltivare, nell’interesse sempre della collettività, proprio perché l’uomo non vive da solo, ma è un animale politico.

La politica trova così il suo ruolo fondamentale : tornare ad occuparsi del bisogno dell’altro, operare, per poter cambiare la realtà in favore del bene comune. Riscoprire tali dimensioni, che ci appartengono in quanto uomini, è rendere la politica “la forma più alta della carità”come affermava Papa Paolo VI, e fare di essa, dunque, prima di tutto, un servizio, una missione, o se vogliamo, un vero apostolato.

Un altro personaggio illustre che si occupò di politica, proseguì il Maestro,fu Fozio il Grande, vissuto nel IX secolo dopo Cristo, uomo di grande cultura,patriarca di Costantinopoli, che lasciò scritto un libricino: “Consigli a un giovane principe”, in cui raccomanda di non lasciarsi prendere dalle belle forme di un corpo femminile, dato che l’essere umano è portato, sin dallanascita, alla corruzione e non fidarsi mai degli adulatori, che sembrano potenziali soccorritori, ma risultano poco affidabili nei momenti difficili.Sii sempre mite con chi sbaglia, affermava il saggio, e mescola sempre l’umanità alla giustizia. Sono vere pillole di saggezza, che ci ha regalato Fozio I° detto il Grande.

Infine possiamo parlare di Niccolò Machiavelli, autore del libro italiano più letto nel mondo, soprattutto dai politici, “Il Principe”, pubblicato nel1532 e scritto in favore di Lorenzo dei Medici, detto il Magnifico.

Intanto possiamo dire,cari ragazzi, che Machiavelli è considerato il primo grande teorico della politica moderna e dello Stato uscito dal medioevo, dalla soggezione al potere religioso e dalla frammentazione feudale. Grazie alla sua elaborazione la politica si avvia ad affermarsi come scienza, con i suoi princìpi, le sue leggi e con il suo statuto disciplinare: questo comporta l’autonomia dalla religione e dalla morale.

Il principe deve agire da “ volpe e da leone”, cioè deve essere astuto e deciso e deve perseguire l’obiettivo che si è prefissato con ogni mezzo, che sia da considerarsi lecito.

Infine, senza annoiarvi oltre con citazioni varie, o citando gli innumerevoli personaggi, che si sono occupati di politica, voglio darvi una definizione della politica del grande Bismarck,primo ministro prussiano, che in un discorso pronunciato al Reichstag il 15marzo 1884, affermò, in netto contrasto con quanto affermava il Machiavelli,che la politica non era una vera scienza, come molti professori pensavano, ma era sempre stata e rimaneva una nobile arte. Riassumendo diciamo che il politico deve interessarsi solo al bene dei cittadini e della città: deve realizzare progetti concreti, utili alla comunità, senza usare, nei confronti degli elettori, il linguaggio incomprensibile del politichese o la sopraffazione verbale. Aveva ragione, aggiunse, lo scrittore Umberto Eco,quando parlava della pericolosa vacuità della politica, riferendosi alla pseudo concretezza di alcuni politici nostrani. Bisogna usare un linguaggio concreto e comprensivo, che dia fiducia e speranza ai cittadini, che dalla politica si attendono grandi cose.

Si erano fatte ormai le ore 12,00 quando il Maestro avvertì un certo brusio tra gli allievi e chiese se avessero qualcosa da dire. Allora si alzò un giovane, che si rese portavoce di tutti.Don Vincenzo, (mentre il Maestro sorrideva sotto i baffi, perché il don non glielo aveva dato ancora nessuno, molti lo chiamavano onorevole, perché era stato consigliere regionale ed altri solo Maestro, oppure solamente Enzo), ilragazzo così lo apostrofò e continuò: eravamo venuti tutti a scuola di politica, per apprendere l’arte di arricchirsi con la politica, ovvero l’arte di chiedere le solite mazzette, come fanno tutti i politici, secondo la regola che “io do una cosa a te e tu dai una mazzetta a me” che è come dire che “una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia.”

Don Vincenzo gli fece segno di sedere e disse a tutti che, ciò che speravano di fare, era un reato, era corruzione, e, per questo, si poteva finire anche in galera. Precisava che la politica non arricchiva nessuno, ma se, dopo lunga gavetta, si fossero raggiunti incarichi più alti, si poteva condurre una vita agiata. La politica si doveva esercitare con passione, perché doveva essere una vera missione.

Ora, cari ragazzi, potete andare, ci vediamo domani alla stessa ora, per affrontare la lezione importantissima sulla strategia politica, che riguarda non solo il modo per catturare consensi, ma anche il modo di relazionarsi con gli avversari politici, sminuendo in modo civile e intelligente la loro opera e i loro programmi.

Usciti tutti gli allevi, il Maestro chiuse l’aula e tornò a casa, riflettendo su come i giovani moderni intendessero, in modo sbagliato, la politica.

Il giorno seguente l’Onorevole Vincenzo aprì puntuale la scuola e si  mise a leggere un quotidiano. Assorto nella lettura non si avvide che erano ormai le 10,30 e degli alunni non v’era nemmeno l’ombra. Tutti assenti. Aspettò,leggendo fino le 12,30, poi, sconsolato, chiuse l’aula e tornò a casa,pensieroso e triste.

Con un barlume di speranza, il giorno dopo, riaprì la scuola. Leggendo il solito quotidiano, aspettò fino alle 11,00, ma nessuno dei 21 alunni si fece vivo. Era chiaro che non sarebbe venuto più nessuno. Il pensiero dei giovani di oggi era cambiato: non volevano sentire i suggerimenti di gente colta e saggia, ma volevano asservire la politica ai loro bisogni personali, a qualunque costo.

Allora, sconsolato, il signor Vincenzo staccò la targa, che aveva appeso sulla porta e chiuse i battenti della scuola, per sempre. Il Maestro, ormai sessantenne, si rammaricò molto per non aver lasciato, politicamente parlando, nessuno erede, tranne la figlia. Oggi avremmo avuto politici preparati per affrontare i tanti problemi del Comune di Crotone e della Provincia. Invece abbiamo ancora politici dilettanti e improvvisati e l’Onorevole, di cui stiamo parlando,continua a rimanere, suo malgrado, l’unica espressione politica sul malandato palcoscenico crotonese.

I suoi detrattori diranno che non ha dato spazio a nessuno, se non alla propria figlia, che non ha fatto emergere nessuno, perché ha oscurato tutti con la sua grande ombra. In pratica, non ha creato alcuna alternativa a se stesso. Questa, diranno, è stata la grande colpa del signor Enzo, secondo la visione dei suoi avversari più sprovveduti.

 

                                                            Alfredo                  Alfredo  Giglio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

LA QUERCIA E L'OMBRA

Post n°443 pubblicato il 25 Luglio 2020 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

  LA QUERCIA  E  L’OMBRA

    Una favola per bambini

 

Un giorno, un contadino si recò nel bosco a raccogliere ghiande da portare ai suoi maialini. Uscito dal bosco con il sacco pieno sulle spalle, attraversò una radura tutta verde, ricca di lentischi e tamerici, quando dal sacco vecchio e malandato, cadde, senza che lui se ne accorgesse, una ghianda sul terreno.

Era il mese di agosto e faceva molto caldo, quando arrivò, inaspettato un acquazzone estivo, che sommerse nel fango la piccola ghianda. La poverina rimase interrata fino alla primavera successiva. Nel mese di giugno, come se fosse nato in quel momento, si vide un alberello tutto coperto di foglie verdi, che salutò, il Sole, con vera gioia.  L’Astro, in quel momento, era alto nel cielo ed ebbe subito l’impressione che l’alberello volesse crescere in fretta.

Infatti,in poco tempo, crebbe fino a superare in altezza tutti i vari cespugli di lentisco. Svettava ormai sopra ogni altra pianta cresciuta nelle vicinanze.Crebbe sempre più, fino a diventare una solida quercia da sughero, di una varietà molto rara. Era proprio della famiglia “Quercus Suber, varietà SCULCUS”,un genere, oserei dire, quasi unico.

Moltissimi anni sembrarono  passare in fretta e ormai, forte e vigorosa, ospitava nidi di tortore e di passeracei e offriva nutrimento ai cinghiali del vicino bosco, che gradivano le sue ghiande saporite e regalava la sua ombra ristoratrice ai contadini che lavoravano nei dintorni.Però, un giorno, senza che ne avesse colpa, suscitò, all’improvviso, l’ira del Folletto dagli occhi Bruni, che presiedeva ai temporali, cattivo, dispettoso e invidioso di tanto vigore. In quel tempo, la quercia aveva, da poco, superato i cinquant’anni.

Il Folletto, brutto e con gli occhi miopi e Bruni, carico di invidia mista ad una forma di odio, scatenò sulla terra, di pomeriggio, la sua ira tremenda,mandando tuoni e lampi che squarciarono, in modo sinistro, l’aria diventata pesante e tetra. Un lampo colpì, a tradimento, la Quercia ed incendiò tutte le piante vicine: le fiamme altissime avvolsero anche il possente albero, che sembrò ardere come un falò.

Dopo molte ore, arrivò la pioggia che spense quel rogo immane. Al mattino il Folletto, malvagio e dispettoso, si affacciò dal cielo, per godere della sua cattiveria, sicuro di vedere l’albero ridotto in cenere.

Le piante tutto intorno erano veramente ridotte in cenere, ma la Quercia era lì,in tutta la sua possanza: il sughero del suo grande tronco l’aveva protetta e salvata. Erano rimaste bruciacchiate sole le foglie. Il Folletto, dalla rabbia,ebbe un attacco di bile, e mutando gli occhi da Bruni in verdi, corse impazzito, perdendosi tra le nuvole, per sempre.

In breve le radici della grande quercia, che erano molto profonde nel terreno, la nutrirono e tornò quindi, più vigorosa che mai, coperta dal suo fogliame verde e rilucente, per continuare a dare ospitalità agli uccelli, nutrimento agli animali e frescura ai contadini, che sotto la canicola estiva, erano abituati a consumare il loro frugale pasto, al fresco della sua grande ombra.

Anche la FLORA circostante mise radici profonde, per essere più vigorosa che mai e tornò utile ai fiori, che crebbero più colorati e più profumati.

Meditate ragazzi e sappiate che l’odio e l’invidia non portano da nessuna parte; invece l’unione e la concordia costituiscono una forza invincibile.

Un giorno passò da quelle parti un viandante affaticato, che arrancava col suo pesante zaino, sotto un sole cocente. Vide la grande quercia e si sedette,stanco, al fresco della sua ombra, dove si addormentò serenamente. Quando si svegliò, riposato e ritemprato nelle forze, riprese il suo zaino e, prima di ritornare sui suoi passi, alzò gli occhi al Cielo e disse: “Signore, grazie per questo dono che hai fatto alla terra, e, rivolto alla possente Quercia e alla Flora circostante, grazie a voi, vegetazione di Dio, per esistere”. Quindi riprese tranquillo il suo cammino. A buon intenditor, poche parole!

 

                                                                              Alfredo                  Alfredo  Giglio

 

Riflettete amici miei, “Fabula docet”

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

BREVE BIOGRAFIA di ALFREDO GIGLIO a cura di Andrea

Post n°442 pubblicato il 17 Settembre 2018 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

BREVE BIOGRAFIA DI ALFREDO GIGLIO

Alfredo Giglio, poeta e scrittore calabrese, critico recensionista nel tempo libero, nasce a Crotone, dove vive.
Premiato in numerosi premi Nazionali di Poesia
Presente in molte antologie poetiche nonché in varie riviste letterarie
Presente in molti siti web e in vari blog personali di quanti apprezzano le sue liriche.

LIBRI PUBBLICATI

NARRATIVA
Un’anima bloccata
Una velata realtà
Un corpo senza amore
L’odore della carne
Volare alto
Ricordi di un’età perduta

CRITICA
Pulviscolo di riflessioni

POESIA
Rime sparse come foglie al vento
Il volto dell’anima
Dolci Evanescenze
Lettere e Liriche d’amore
Polimnia

Numerosi e positivi sono i commenti ai suoi scritti, posti in rete da personaggi della cultura italiana. 
 
                                                   A.S.
 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

LUCE D'AMOR di Alfredo Giglio

Post n°441 pubblicato il 03 Maggio 2018 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

 

LUCE  D’AMOR

di Alfredo Giglio ©

 

La forza dell’amor spenta nel core

M’è pari al gelo della morte buia

E l’anima annaspa in mar di noia.

Poi mentre un freddo dentro mi distrugge

Ricordo solo le tue mani ardenti.

Il fato m’ha privato della gioia

Di risentire quel tuo corpo caldo

Ma la speranza dentro si dimena

Di  riviver nel vivo l’emozione

D’accarezzar quell’ansimante seno.

Rimembro ancora  tutti quei momenti

Trascorsi insieme a te, ch’ in mente mia

Profumavano di dolce  poesia.

Così tu  rimarrai sublime Musa

Se luce vorrai dare alle mie rime.

 

Alfredo Giglio

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

UN'ARIA LONTANA di Alfredo Giglio

Post n°440 pubblicato il 23 Novembre 2017 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

 

UN’ARIA LONTANA

di Alfredo Giglio ©

 

Nella quiete dell’aria ammorbata

Già periva ogni sorta d’amore

Mentre un sol che sembrava malato

Non mandava tepore al mio core.

Mi sentivo sospeso nel vuoto

Fino a quando una mano protesa

Non traeva il mio sguardo perduto

Per veder nella luce del giorno

Una stella spuntare più scura

Per l’azzurro che l’era d’intorno.

Sembra un vento che vien da lontano

Dalle viuzze di case modeste

Ch’ora porta il profumo selvaggio

Di chi nasce sognando foreste.

Nel suo seno conserva il coraggio

Di sfidare la morte nei flutti

E negli occhi di cerva smarrita

La dolcezza di un’anima mite.

Nel suo volto una luce più vera

Su una  pelle che par di velluto,

Profumata più rosa d’Halfeti

Ti seduce e ti rende più muto

E poi perso nel guardo infinito,

Come il fascino d’una  pantera.

 

Alfredo  Giglio

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963