L'altra campana

SHELA (pausa nel salmodiare)

DISARMO

     Sembra una parola uscita dal vocabolario come esce con l’amaro in bocca di casa il figlio che si sente trascurato.

     Nessuno parla più di disarmo, mentre gli uomini di Stato nascondono la corsa ad armamenti più micidiali e sofisticati parlando di nuovi sistemi di difesa. E così succede tra le nazioni quello che accade tra gli individui: al primo diverbio, colui che si sente bene armato è pronto a dimostrarlo. Come il figlio del Far West, dove i fabbricanti di pistole te le fanno trovare per strada (ovviamente perdifenderti), spara a raffica sui compagni di scuola che l’hanno preso in giro; il patriota di Hamas lancia gradasso i nuovi razzi forniti dall’Iran contro il mastino israeliano che lo soffoca con l’embargo, pur sapendo che non l’avrà vinta; il mastino, che essendo nemico di tutti è anche il più agguerrito, lo ringrazia di avergli fornito il pretesto per riprendere il suo graduale sistematico genocidio.

     Perfino i paesi che, come l’Italia, hanno costituzionalmente ripudiato la guerra non pensano che ad aggiornare il loro arsenale bellico. “Per una migliore difesa”, dicono tutti. Difesa da chi? Possibile che non abbiano ancora imparato che il pianeta ha bisogno di pace e che la pace non è garantita dagli armamenti, ma dal disarmo? 

    “Si vis pacem para bellum” poteva valere al tempo delle invasioni barbariche o per i popoli senza patria come le masse nomadi degli Ebrei di Mosè. Oggi è un pretesto per affari loschi e cruenti.

     E la parola disarmo se ne esce mestamente, quasi vergognandosi di esistere, da un pianeta nel quale, dopo una breve stagione di grandi speranze, stanno prevalendo i delinquenti con vocazione assassina.