Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 25/02/2015

FU OTTAVIO... - 1°seguito

Post n°1843 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da anonimo.sabino
 

  

     Di quel millesimo di libertà che mi concedono le circostanze fa parte lo scrivere, un vizio che ho preso prestissimo e che conservo volentieri. Ho scritto intingendo nel calamaio un pennino che si storceva continuamente prima di spuntarsi, quindi usando la stilografica, la biro, la Olivetti e il computer. Perché sarà un vizio, ma non mi pare che da una scuola che non insegna più a scrivere, privilegiando oralità, automazione e sussidi audiovisivi, i nostri figli, più scolarizzati di noi, escano con un più elevato livello culturale…  Ma ahimè, eccomi diventato anche un vecchio sentenzioso.

     Ho preso il vizio di scrivere perché ho sempre avuto tante cose da dire senza poterle dire a qualcuno. E anche se lo scopo subconscio per cui lo faccio ora fosse un rincorrere la mia gioventù, lo scrivere mi aiuta comunque a capire e a spiegarmi. Ché al capire e al conoscere ho dedicato, sempre costrettovi dalle circostanze, il mio tempo migliore, essendo stato persuaso che solo il conoscere e il capire (l’amare e l’odiare sono conseguenti) diano un senso all’esistere.

     Così, dall’alto dei miei secoli di vita, ripropongo qui in prosa il mio itinerarium mentis a Deo, dopo averlo somministrato ad alcuni coraggiosi blogger trasfuso nei tre volumi della mia Divina Tragedia ossia La Bibbia secondo un pagano, a spizzichi e bocconi prima che in un volumone difficile da pubblicare, oggi che le masturbazioni intimiste dello sperimentalismo novecentesco sembrano avere allontanato i lettori, o almeno gli editori, dai versi satirici come dalla poesia lirica.

     Dicendo secoli di vita non mi riferisco alla storia che mi ha preceduto e confezionato (della quale ho pure cercato di far tesoro andandola a riscavare sotto la montagna di menzogne di cui l’ha coperta la storiografia), ma alle mie personali vicende: ho vissuto la civiltà contadina (più esattamente pastorale montanara), quella postindustriale e quella mediatica; e nella mia particolare condizione giovanile di recluso ecclesiale ho vissuto il medioevo e la controriforma, parlando in latino. Non sono riuscito, quindi, ad essere pienamente figlio del mio secolo; in compenso, ho vissuto in un tempo senza età, come uno che nel suo secolo ci sta in affitto. E sempre a disagio. 

 
 
 


 

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