Messaggi del 01/07/2015
Era l’11 ottobre del 1955. Il noviziato non poteva durare meno di un anno preciso. Il primo anno di liceo sarebbe iniziato subito dopo, secondo la normativa del tempo, che poneva a ottobre gli esami di riparazione (poi sarebbero stati anticipati a settembre). Era il 1955: dall’America giungeva l’onda ritmica del rock; ed io, che avrei dovuto far parte di quella generazione, non sapevo cosa fosse; ma cantavo il gregoriano meglio di un benedettino: nel dirigerlo più tardi come maestro del coro, avrei ottenuto esecuzioni perfette, assolutamente aritmiche. “Davvero non sai le canzoni del Festival di San Remo? E quelle dello scorso anno nemmeno?” Vanda non riusciva a credere che proprio io ignorassi le canzoni uscite in quei due anni dai festival e diventate comuni refrain. Non poteva immaginare che dalla vita religiosa era bandita la radio. Né lo seppe da me, sempre attento a non turbare la mamma. Ma riuscii perfino a trovare la scusa: “Lo sai che proprio quel giorno avevo un terribile mal di denti?” Mia madre subito sobbalzò: “E adesso, figlio mio? Adesso ne soffri ancora?” “Ma no! Il dente cariato me l’hanno estratto. Vedi?” Figurarsi se non sarebbe andata a vedere! Era vero. Ed era stata una piccola infamia chiedere al dentista di Calolziocorte di estrarlo, anziché curarlo: era talmente sano che sudò sette camicie per sradicarlo (la mia prima estrazione), schiacciandomi sotto un quintale di muscoli bovini mentre io mi dimenavo come un coccodrillo per il dolore: non ci sprecava mica l’anestetico. “Lo sai?” mi disse Vanda, mentre mi concedevo finalmente con loro una lunga passeggiata giù verso il lago, fino a Vercurago e al ponte di Olginate: “Quel prete asciutto asciutto con gli occhiali, che ci ha ricevuto in mezzo a tanti parenti e poi ci ha mandato ad alloggiare presso una famiglia del paese, appena mi ha visto, mi ha fissato e mi ha detto: tu sei Vanda”. Non c’era bisogno che aggiungesse altro per capire che si trattava di Padre Arrigoni. Nella camminata di ritorno, vedendo la mamma squadrare il Pizzo incombente, le dissi che l’avevo scalato. Mi ordinò seccamente: “Non ci riprovare. Non dormirò più tranquilla, al pensiero che potresti riprovarci”. “Dormi tranquilla”, la rassicurai, “ché dopodomani saremo in Piemonte” ----°---- |
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