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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 27/07/2015

VENERABILIS BARBA - 1

Post n°1952 pubblicato il 27 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

8. VENERABILIS BARBA 

Camino 3-7-’57 Cara mamma, sono giunto a Camino l’altro ieri sano e salvo, come vedi, anche se un po’ stanco… Prima di riprendere in mano i libri, mi tiro fuori la veste e vado a dare una mano ai contadini che mietono: per me è un divertimento… Qui fa caldo. Il Po si è ritirato nel suo letto e ormai ci starà tranquillo per molto tempo.

Già dall’inizio dell’estate un altro dei “pessimisti”, Vittorio Coluccia, mi aveva confidato la sua intenzione di lasciare. E ci lasciò.

“Qua ci stiamo prendendo in giro”, diceva. “I Padri sanno che non abbiamo nessuna vocazione e noi sappiamo che la vocazione non esiste”. Con me lui e il piemontese Fiore osavano parlarne.

“I Padri sono stati fregati da piccoli”, diceva Fiore, “e adesso cercano di fregare noi per convincere se stessi”. Concordavo pienamente:

“E’ una vita di falsità, la loro; per questo ci sottopongono a una educazione da giannizzeri”.

Sapevo che il motivo per cui Vittorio aveva lasciato la famiglia non era lo studio, ma il non sentirsi amato. Da ciò derivava la leggera balbuzie. La sua lotta contro quel difetto era ammirevole: facevamo a turno piccole prediche, per imparare a pronunciare i futuri sermoni; e lui non vi rinunciava, nonostante il rischio delle brutte figure.    

Cara mamma… Stanno trebbiando il grano qua sotto e si sente il rumore della trebbiatrice… Lascia che Franco si diverta: a diciott’anni si può essere un po’ scapestratelli…

C’era con noi un ragazzo veneto che, smessi gli studi, si preparava a votarsi fratello laico, unica vittima di quel tipo di “vocazione”. Mi piaceva accompagnare De Marchi in campagna o a ripulire il parco, anche per imparare a portare il trattore; e mi toglievo la veste, con Figone e altri pochi, quando i lavori di campagna richiedevano una mano. Era l’unico modo di essere “un po’ scapestratello” anch’io.

  “Secondo me, tu rimarrai fregato”, dicevo scherzando a Figone.

“Tu, invece, penso di no”, rispondeva schietto, non perché manifestassi più dubbi, ma perché ero ritenuto il più intelligente, con Lomazzi (migliore però di me a scuola); e l’intelligenza era un pericolo; il più intelligente degli angeli, si diceva, era Lucifero. A confortare la mia ragione critica restavano i pochi versi di Lucrezio sopravvissuti al barbaro repulisti cristiano: “penetrare l’universo con il coraggio della ragione”, sfidando “il mostro che incombe dall’alto”.

 
 
 


 

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