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Un nuovo scritto per e sulla pace

Post n°791 pubblicato il 04 Agosto 2014 da amici.futuroieri
 

INTRODUZIONE
Ho deciso di scrivere una presentazione breve della mia nuova traduzione di uno scritto di Ralph Nader che affronta in modo originale e moderno il tema della pace nel sistema mondiale degli imperi concorrenti.
E’ dal 2004 che parlo di pace, ma ogni momento è buono per farlo.
Questo scritto è del 17 aprile e fu fatto in occasione del primo anniversario dell’attentato di Boston.
E’ un pezzo scritto per i sostenitori e per gli amici americani di Ralph Nader, ma serve molto al pacifismo italiano che con pigrizia e piccoli numeri prova a riproporre quei temi finto pacifisti che il KGB diffuse in Italia negli anni settanta per creare minoranze politicizzate e aliene dalla realtà politica internazionale e ai suoi conflitti reali.
Il mondo ha bisogno di pace, la ripresa economica invece può farne a meno, anzi ha bisogno di guerre più consistenti, le servono conflitti che permettano ad alcuni stati di arricchirsi a scapito di altri e in questo momento gran parte del nord Africa e del Medio Oriente sono in fiamma e sembrano destinati a restare tali anche nei prossimi mesi.
Non si può fare molto, io scrivo e traduco pezzi sulla pace, ne farò altri

Boston e Baghdad
17 aprile 2014
Ralph Nader

La grande Boston ei suoi cittadini sono al centro dell’attenzione dei media, in riconoscimento del primo anniversario degli attentati della Boston Marathon che fece tre vittime innocenti e ferì più di 264 persone, alcune gravemente.
I leader della città hanno elogiato l’eroismo dei primi soccorritori e lo spirito profondo della comunità (“La forza di Boston”).
Salutando 2.500 bostoniani invitati, comprese le famiglie in lutto, il Vice Presidente Biden ha detto “Voi siete diventati il volto della volontà americana, non diversamente da quanto accadde l’11/9 ..., per tutto il mondo che ci guarda. Il mondo sa tutto di voi. Sanno del vostro orgoglio, sanno del vostro coraggio, sanno della vostra decisione, sanno chi siete”.
Seguì un corteo lungo Boylston Street, con gli zampognari che suonavano.

Intanto a 6.000 miglia di distanza in Iraq, ci sono attentati terroristici con morti civili innocenti, quasi ogni giorno.
Un esempio: In data 9 aprile 2014, il New York Times ha riferito che “La capitale irachena, Baghdad, ha subito una serie di attacchi violenti Mercoledì, quando otto auto-bombe e due colpi di mortaio hanno ucciso ben 25 persone”.
Il 27 marzo 2014, il Times riferì che “una serie di attentati a Baghdad ha ucciso almeno 33 persone e ne ha ferite decine”.
Un ragazzo di 7 anni disse a suo padre che “aveva sentito così tante esplosioni che poteva distinguere i diversi tipi di bombe”.
Il 9 marzo 2014, il Times riferì che un attentatore suicida aveva ucciso almeno 45 persone e ferendone più di 100.
Uno studente di college in ospedale, commentò: “le mie gambe non ci sono più”.
Il 6 marzo 2014, il Times riferì di bombardamenti che avevano ucciso almeno 30 tra clienti e lavoratori di mercati pubblici.
I morti civili sono stati 9.571 l’anno scorso, secondo il gruppo affidabile Iraq Body Count.

Tutto questo carneficina, che segue la distruzione dell’Iraq fatta da George W. Bush e Dick Cheney, e le sue conseguenze, si sta verificando in un paese che è meno di 1/23 degli USA con meno di 1/9 di popolazione, e con pochi ospedali e centri di emergenza.

E questo sangue si sparge quasi ogni giorno su gran parte del loro paese lacerato.
Gli iracheni sanno che ciò accadrà pure nei prossimi giorni e senza una fine prevedibile.
Non vi è alcuna commemorazione annuale per celebrare le loro perdite.
I loro ricordi dei propri cari sono offuscati da una costante paura di ciò che è accaduto che accade, giorno dopo giorno a causa di violenza, fame, povertà, malattie dovute all’acqua contaminata, al collasso dei servizi pubblici di base dall’elettricità alla sanità, alla sicurezza.
Ciò ha comportato la fuga dall’Iraq delle persone più disperate.

Torniamo a marzo 2003, quando le montature, gli insabbiamenti segreti e la propaganda del regime Bush/Cheney portarono all’invasione illegale e incostituzionale dell’Iraq.
Sotto la dittatura traballante dell’ex alleato di Washington, Saddam Hussein, che comandava un esercito mal equipaggiato, non disposto e non in grado di combattere e circondato da tre vicini di gran lunga più potenti, Hussein aveva fatto una mossa regionale minacciosa.
L’Iraq non era una minaccia per gli Stati Uniti, non aveva armi di distruzione di massa, ed era il nemico mortale di al-Qaeda.

Tuttavia, George W. Bush - del sedicente clan Bush “Kick-Ass” – ideò “il colpisci e terrorizza” contro una popolazione indifesa e sostituì il dittatore Saddam Hussein, con la guerra brutale, gli squadroni della morte e con il conflitto settario, che ha portato ad oltre un milione di vite perse, a milioni di profughi (molti dei quali bambini), con un “sociocidio” in quella terra antica.

Quando il consigliere capo anti-terrorismo del presidente Bush, Richard Clarke, lasciò la Casa Bianca nel 2003, scrisse nelle sue memorie che l’invasione dell’Iraq fatta da Bush era proprio ciò che Osama bin Laden voleva far succedere.
Al-Qaeda non aveva alcuna presenza in Iraq prima dell’invasione, ma ora il gruppo lo devasta, insieme ad altri affiliati in altri paesi a causa della miopia politica di Bush.
La costruzione dell’impero USA causa gli attacchi e il distacco delle popolazioni civili locali, produce vittime straniere e americane e consuma qui tanti dollari dei contribuenti USA necessari per ricostruire il nostro paese.

La storia è causa ed effetto.
La continuazione della propensione alla guerra di un Impero e l’uso regolare della forza in politica estera produrrà più contraccolpi forti.
Cercare la pace, prevenire i conflitti attraverso la diplomazia guidata dalla giustizia - quel grande strumento di pace - è diventato un ripensamento a Washington, DC

“Boston Strong” può essere di più che guardare indietro a una tragedia con rigidità.
Può nutrire, partendo dalla Rivoluzione Americana, una sensibilità crescente che la tirannia all’estero è un export di Washington che sfida la nostra Costituzione e i migliori istinti delle persone che si oppongono alle guerre all’estero per il petrolio di un impero aggressivo estraneo alla legittima difesa nazionale.

La nostra compassione collettiva è aiutata dallo sviluppo dell’empatia basata sui fatti.
Quella tragedia orribile alla maratona di Boston dello scorso anno può portare ad un rapporto costruttivo con gli iracheni che hanno sofferto per mano del governo Bush/Cheney e delle forze letali che l’invasione viziosa mise in moto.

Tradotto da F. Allegri il 4 agosto 2014

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