Creato da amicofragile2006 il 10/09/2006
registrato presso il Tribunale di Milano, autorizzazione N. 458 dell'11 luglio 2006

come cercare un argomento:

se vuoi vedere tutti gli articoli su un argomento clicca su TAGS, se invece vuoi cercare una parola specifica usa il modulo Cerca in questo blog. Buona navigazione!
 

Tag

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

scarica il giornale in formato pdf:

per contattare la redazione:

Amico Fragile
Via Leoncavallo, 38
20096 Pioltello - MI

Posta elettronica

amico.fragile@yahoo.it
 

redazione:

direttore
Franco Comi

caporedattore
Cinzia Grassi

redazione
Lorena Grassi
Roberto Codazzi
Giancarlo Brunato
Guido Baroni

progetto grafico
Franco Comi

 

Ultimi commenti

 

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

 

un commercio alternativo: IL COMMERCIO EQUO SOLIDALE

Post n°6 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Foto di amicofragile2006

Quando compriamo, siamo abituati a valutare, per scegliere, solo, o principalmente, alcuni fattori, quali: il prezzo, la qualità, l'immagine… (senza dimenticare l'aspetto inconscio che guida molti dei nostri acquisti).

Ma, per chi vuole acquistare in modo più consapevole, quest’ottica non basta più. Le nostre scelte di consumo non sono neutre. Esse sono da porre in relazione con gravi problemi, sia del Nord che del Sud del mondo: sfruttamento, povertà, inquinamento ecc. Problemi che continuano ad esistere per motivi diversi; anche perché quando facciamo la spesa non ne teniamo conto. Esistono però (ormai da alcuni anni se ne parla) modalità d'acquisto più critiche e consapevoli, in grado di non aggravare i problemi citati, ma anzi di contribuire, almeno per certi aspetti, a risolverli, benché ancora non avvenga su larga scala.

Comprare i prodotti del Commercio Equo e Solidale (CES) è una di queste modalità. Infatti, la  commercializzazione (e prima ancora la produzione) di questi prodotti scavalca le regole del commercio  mondiale, particolarmente pesanti nei confronti dei piccoli produttori del Sud del mondo. Così, ciò che può sorprendere il potenziale acquirente "equosolidale" è il significato sociale di cui questi prodotti sono portatori. Anche solo leggendo un'etichetta, l’acquirente può scoprire che dietro una statuetta, una borsa, un pacchetto di caffè, c'è una storia: da dove nasce, chi l'ha prodotto, con quali materie prime, con quale tipo di organizzazione sociale. Storie di comunità agricole, di associazioni, di artigiani, di persone disabili, storie di uomini, storie di donne, storie di bambini. In questa rubrica ci proponiamo di presentare il Commercio Equo e Solidale nei suoi vari aspetti, evidenziando quelli che sono gli attori del CES: produttori, importatori, punti vendita (in primo luogo i negozi, chiamati "Botteghe del Mondo" - BdM) volontari, ed infine, naturalmente anche i prodotti.

Cominceremo col dare una prima definizione di Commercio Equo e Solidale, evidenziando, sinteticamente, qual è l'obiettivo principale del CES. Il CES è una forma di cooperazione allo sviluppo già abbastanza collaudata (gli albori risalgono agli anni '60) che introduce criteri di collaborazione e cooperazione nel mercato internazionale, in particolare per quanto riguarda la produzione di merci e il loro trasferimento dai Paesi del Sud del mondo a quelli del Nord. L'obiettivo è quello di favorire, attraverso la commercializzazione dei prodotti (alimentari ed artigianali) lo sviluppo di gruppi (autonomi rispetto alle grandi società) di produttori e di comunità locali. L'obiettivo primario quindi non é la produzione in se stessa e/o quindi il profitto che ne deriva, ma la crescita  economica e sociale di gruppi organizzati, e quindi lo sviluppo di aree locali spesso marginalizzate dal commercio internazionale. Le realtà che fanno Commercio Equo e Solidale sono più spesso strutture no profit, che non distribuiscono gli utili dell'attività fra i soci, ma li usano quando ci sono, per finanziare progetti nel Sud del mondo o in attività che promuovano la conoscenza del CES. 

Roberta e Alessandra
Bottega Eticomondo
Cernusco sul Naviglio

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

DOSSIER - una fragilità che isola: l'autismo

Post n°7 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Foto di amicofragile2006

dossier a cura di Giovambattista Presti, Cattedra di Psicologia Generale, Università Europea di Roma e Cristina Copelli, Istituto di Consumi, Comportamento e Comunicazione d'Impresa, Università IULM di Milano

L'autismo sembra essere di moda.

Sarà stata l'abilità di Neri Marcoré e la simpatia che ha saputo creare attorno al personaggio interpretato in una fiction televisiva di recente messa in onda. Sarà stata la giornata del 2 giugno, che oltre ad essere la Festa della Repubblica, è stata anche l'occasione per celebrare la giornata nazionale dell'autismo. Sarà stato il Caso che ha portato alla pubblicazione di una serie di scoperte scientifiche proprio in questo periodo. Sarà stata la pubblicazione delle linee guida nazionali per il trattamento e la diagnosi nello scorso mese di maggio. Sarà questo insieme di fattori e altri ancora. Sarà quel che sarà, ma è un dato di fatto che solo nel mese di giugno di quest'anno, almeno secondo quanto è visibile sull'apposito servizio di Google, c'è stata una media di un articolo al giorno pubblicato sui quotidiani o su riviste italiane su questo tema.

Eppure non esiste terreno dove è più facile la confusione terminologica (gli psicanalisti ad esempio parlano di "fase autistica" riferendosi a uno stadio normale dello sviluppo della psiche infantile) o dove le speranze e le aspettative dei genitori si scontrano con una dura realtà quotidiana, fatta di faticose attenzioni e continue ripetizioni, perché un bambino artistico non apprende e non si sviluppa come un bambino normale. Probabilmente questi dati epidemiologici non sono diversi per l'Italia. Il miglioramento generale delle capacità diagnostiche dei medici e degli psicologi è responsabile dell'incremento delle diagnosi di autismo nel corso degli anni passati, ma occorre anche dire che l'autismo non è una malattia unica e che, per farci comprendere meglio da chi non è specialista, forse è necessario pensare e parlare di autismi.

Ma cosa intendono medici e psicologi quando affermano che un bambino è "autistico"? Il termine identifica una disabilità permanente e complessa, caratterizzata da difficoltà di comunicazione, d'interazione sociale e da comportamenti ripetitivi e stereotipati, solo raramente autolesionistici. Queste manifestazioni si accompagnano nella maggior parte dei casi a ritardo nello sviluppo cognitivo. Si manifesta, in genere, entro i primi tre anni di vita spesso in modo subdolo, con segni comportamentali talvolta di difficile interpretazione. Spesso accade che siano i genitori che segnalano al pediatra o ad altro specialista i propri dubbi circa lo sviluppo del figlio, riferendo comportamenti che qualificano come "strani", soprattutto sul piano del contatto fisico (ad esempio il bambino rifiuta di farsi toccare), della comunicazione e della socializzazione (non partecipa, ad esempio, al gioco dei coetanei e tende a rimanere isolato).

Talvolta essi reputano, guardando l'isolamento progressivo del bambino, che sia diventato "sordo" e non è raro il caso che dalla ricerca delle cause di questa presunta sordità si finisca con lo scoprire la malattia psichica. La  storia dell'autismo, anche se relativamente breve, è stata oggetto di numerose ricerche che hanno dato il via ad una vasta letteratura su questo argomento. In poco più di cinquant'anni si sono trovate alcune risposte per quel che riguarda l'origine e il trattamento di questa malattia, ma sono nati sugli stessi punti anche numerosi miti, che si perpetuano col passaparola e con siti Internet disinformati. Per alcune forme di malattia è stata accertata un'origine di tipo genetico: nel 30-50% dei casi si osservano concomitanti patologie organiche acquisite o geneticamente determinate. Per altre la base genetica non è certa, ma sono sicuramente da escludere le teorie più fantasiose che negli anni sono state sviluppate, inclusa quelle che correlano l'autismo alle vaccinazioni in età pediatrica.

Un dossier pubblicato dall' Institute of Medicine (IOM) of the National Academies degli Stati Uniti, che ha analizzato tutta la letteratura scientifica esistente e i dati epidemiologici, ha escluso questa correlazione trattandosi solo di un'ipotesi senza alcun fondamento empirico. Al contempo è ampiamente provato che anche le responsabilità familiari nello sviluppo dell'autismo siano da escludere. Dato l'ampio ventaglio di manifestazioni e di sintomi è difficile ipotizzare una sola causa: più verosimile è ammettere l'esistenza di diversi sottogruppi di pazienti che possono condividere le medesime caratteristiche cliniche e l'anormalità di un determinato parametro biologico, ma la cui malattia ha una causa diversa che non è stato ancora possibile identificare (sviluppo di autonomie personali e sociali, linguaggio e altre funzioni cognitive) se il bambino viene seguito in modo adeguato, ma anche in senso peggiorativo (comparsa di disturbi del comportamento e di altri comportamenti problematici), se il bambino non ha questa fortuna. La prognosi di interventi mirati ad assicurare lo sviluppo di autonomie personali e sociali e in genere di migliorare la qualità della vita di questi bambini è fortemente dipendente dal grado di compromissione del funzionamento cognitivo ed in particolare dal grado di sviluppo del linguaggio, ma anche dalla presenza di stereotipie comportamentali gravi.

Attualmente solo un terzo dei soggetti affetti da autismo raggiunge, con le tecniche di intervento che abbiamo a disposizione, un grado di autonomia che possiamo definire soddisfacente, mentre il restante numero di soggetti necessita di assistenza continuativa. Un altro aspetto critico per il successo è l'adeguatezza dell'intervento abilitativo: molti millantano crediti e dicono di avere trovato la terapia giusta per l'autismo, inclusi beveroni o diete particolari, ma solo poche sono le tecniche riabilitative che possano affermare, con prove scientifiche alla mano, di avere probabilità di successo, e quasi sempre a prezzo di grande fatica e sacrifici.

Il mondo reale della quotidianità è ben lontano da quello ideale della Scienza e avviene che la molteplicità di approcci ed interventi che accompagnano l'autismo rendono talvolta difficile ad insegnanti, operatori e familiari, orientarsi fra articoli e libri per compiere scelte realmente consapevoli. Dal momento che l'autismo non dipende da una inadeguata interazione con i genitori, i trattamenti psicoterapici di impronta psicodinamica o basati sulla terapia familiare si sono rivelati in questo caso inefficaci. basati su un approccio globale alla situazione individuale, familiare, scolastica del soggetto autistico allo scopo di individuarne le risorse recuperabili e di facilitare cambiamenti adeguati ai contesti di vita. Le strategie su cui tali approcci si basano enfatizzano l'importanza di sottoporre il bambino a un training altamente strutturato e spesso intensivo, personalizzato sul livello di abilità residue specifiche di ogni bambino, per insegnargli a sviluppare le capacità sociali e comunicative. L'intervento deve essere, come abbiamo già detto, più precoce possibile per avere migliori possibilità di riuscita. Su questa "filosofia generale" sono stati costruiti, nel corso di decenni di ricerche, diverse tipologie di intervento che, pur avendo sostanzialmente basi comuni, differiscono per alcuni aspetti che vengono di volta in volta enfatizzati dai diversi ricercatori che li hanno sviluppati. Nei metodi più accreditati, come il TEACHC (Treatment and Education of Autistic and related Communication Handicapped Children), l'ABA (Applied Behavior Analysis), l'analisi del comportamento verbale, sono maggiori gli elementi che accomunano che quelli che differenziano.

Per togliere subito ogni dubbio occorre  dire che non esiste una terapia che abbia dimostrato in maniera incontrovertibile di essere "migliore" di un'altra, anche se nel mondo scientifico ultimamente l'ABA sembra riscuotere un credito lievemente maggiore rispetto agli altri approcci. L'Applied Behavior Analysis (Analisi Applicata del Comportamento) usa metodi basati sui principi scientificamente stabiliti, e progressivamente affinati, in oltre 50 anni di ricerche con soggetti normali o con disturbi dello sviluppo. Il loro fine è di costruire, o ri-costruire, repertori comportamentali socialmente utili e ridurre quelli problematici e distruttivi delle relazioni con la rete sociale in cui vive il bambino. Visto che i bambini con autismo non imparano facilmente dagli ambienti tipici e dalle occasioni di apprendimento che in essi normalmente si presentano (altrimenti si sarebbero sviluppati come tutti gli altri coetanei normali), ma possono imparare se ricevono appropriate attenzioni, il perno dell'intervento ruota attorno all'organizzazione di situazioni di apprendimento programmate e costruttive, lungo un percorso scandito da piccole acquisizioni progressive, ciascuna preludio e prerequisito ad abilità vieppiù complesse.

Le unità di comportamento, piccole e misurabili per facilitare la verifica dei progressi, riguardano tutta la sfera personale del bambino, dalle abilità cognitive, al linguaggio, alla socializzazione, all'affettività, all'autonomia  personale.

È così che apprende a parlare, a leggere e scrivere e a giocare con i propri coetanei, a guardare negli occhi i propri genitori e ad accettarne le carezze. L'età ottimale per iniziare un trattamento è sicuramente prima dei 5 anni, con alte percentuali di successo fra i due e i 3. Ma l'età non deve rappresentare un limite invalicabile, una sentenza di condanna per un bambino autistico che non ha beneficiato di una diagnosi precoce. Ad ogni età occorre avviare il bambino a un programma di apprendimento ben strutturato in grado di offrirgli le maggiori opportunità di sviluppo della abilità di cui manca. È d'altra parte fondamentale, a tutte le età, il ruolo dei genitori nel cogliere le sottili discrepanze, i piccoli segni che iniziano a marcare le differenze fra il proprio figlio e i coetanei. E non bisogna avere paura di consultare uno specialista. Andare da un neuropsichiatria infantile o da uno psicologo non è una condanna a priori, non occorre riservare questa opzione come ultima risorsa di un lungo elenco di medici. Molte volte può rappresentare la reale differenza fra la migliore occasione possibile da offrire al proprio figlio e la diminuzione delle probabilità di successo.

Per saperne di più:
APPRENDIMENTO E RECUPERO - Via Abano 8 - 02/2361261 IULM
Prof Paolo Moderato -
Cattedra di Psicologia -
paolo.moderato@iulm.it IESCUM
www.iescum.org  

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Immigrazione secondo don Virginio Colmegna

Post n°8 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: firme
Foto di amicofragile2006

presidente della fondazione Casa della Carità "Angelo Abriani"

Ormai l'immigrazione è una realtà costitutiva della nostra società. Per questo bisogna impostare delle riflessioni sul tema improntate alla massima semplicità e serenità. In primo luogo, dobbiamo abituarci a considerare l'immigrazione un fenomeno strutturale e non più soltanto episodico o di emergenza. Anzi, direi che esso è insito nello sviluppo del nostro paese. Entra nelle dinamiche lavorative, scolastiche, culturali e in tutte le sfere della vita quotidiana. Pensare l'immigrazione come realtà costitutiva e costituente della nostra società significa, ad esempio, guardare ai problemi dei ricongiungimenti famigliari e alle complessità legate all'inserimento sociale delle seconde generazioni. Rompere con la visione emergenziale vuol dire anche smettere di considerare il migrante come povero e ritenerlo, invece, persona portatrice di diritti, di socialità e di responsabilità, che costruisce insieme a noi il mondo che ci circonda. Un altro concetto che dobbiamo conquistare è che non esiste l'immigrazione, ma esistono gli immigrati. Il fenomeno di cui stiamo parlando sono i volti e le storie di essere umani, il loro contesto di provenienza, le articolazioni che li hanno spinti a scegliere di abbandonare il proprio paese. Si tratta di fare valutazioni complesse e approfondite, che richiedono attenzione e che riguardano dimensioni che non sono solo etniche, ma anche culturali, religiose, legislative ed economiche. Per soffermarci e cercare di comprendere la molteplicità degli aspetti da analizzare dobbiamo abbattere i pregiudizi. Dobbiamo rompere con una società che, da una parte, ha paura dello straniero e lo considera un pericolo, e dall'altra idealizza l'accoglienza e l'ospitalità con accenti di buonismo.

L'atteggiamento più corretto è entrare nel merito dei problemi, guardare in faccia le persone e occuparsi concretamente di quelle dimensioni, culturali, religiose, legislative ed economiche, che costituiscono l'essenza della questione. Bisognerebbe iniziare a parlare di costruzione di rapporti e di dialogo tra le religioni. Quest'ultimo argomento è ancora un inedito quando si parla di immigrazione. E poi di meccanismi di rappresentanza, di società meticcie. Cambiare prospettiva significa iniziare a considerare i migranti come una risorsa e non un problema.

Sul fronte delle politiche sociali abbiamo bisogno di approcci che non siano più soltanto di tipo repressivo, ma che parlino sempre più di senso di integrazione, di ospitalità, di confronto, di innovazione, di crescita positiva. Esistono dei nodi, urgenti ed estremamente problematici, che non vanno dimenticati e su cui occorre costruire delle risposte concrete. Uno di questi riguarda i grandi temi della casa e del lavoro. C'è poi la questione legislativa, con un permesso di soggiorno da ritirare in questura come se i migranti fossero un mero problema di ordine pubblico, che scompare quando si è "regolarizzati".

Inoltre, non dimentichiamo che, se su tre immigrati due sono regolarizzati "post", vuol dire che c'è qualcosa che non va e che, soprattutto, si creano delle dinamiche di aspettativa, di corsa ad arrivare nel nostro paese, che sono assolutamente non corrette. Si creino piuttosto politiche della casa, del lavoro, dei diritti, della partecipazione al voto amministrativo, della dignità. È altrettanto evidente che il fenomeno migratorio trascina con sé situazioni di disagio e precarietà, di speculazione e criminalità. Se da un punto di vista quantitativo parliamo di proporzioni ridotte, si tratta comunque di un problema importante. Qui bisogna agire, togliere subito gli aspetti negativi, bonificare al più presto tutte quelle situazioni dove si innestano mercati criminali. È indispensabile che ognuno faccia la sua parte: le questure facciano le questure e intervengano da un punto di vista repressivo. Chi si occupa dei giudizi, li faccia. Anche questo fa parte del modo serio di affrontare tutto il fenomeno, nella sua complessità e globalità. Quello che occorre fare è mutare è la politica di contenimento in politica di investimento. Un ultimo dato, che non possiamo tralasciare né confondere, è il tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo. C'è un grave ritardo legislativo e di risposte. Tutte le organizzazioni lo denunciano da tempo. La specificità del tema ci impone di allargare il quadro dalla dimensione cittadina a quella nazionale e persino europea. A chiedercelo, con urgenza, è la necessità di voler risolvere veramente i problemi, partendo dalle persone.

Don Virginio Colmegna


Don Virginio Colmegna nasce a Saronno (Va) il 1 agosto 1945. Ordinato sacerdote il 28 giugno 1969, nel settembre dello stesso anno consegue la licenza in teologia. Dal 1969 al 1976, viceparroco in una parrocchia della periferia di Milano, collabora con l'Azione Cattolica soprattutto in riferimento ai giovani studenti e alla presenza nella scuola. A partire dal 1981 promuove diverse cooperative e comunità di accoglienza, principalmente nel campo della sofferenza psichica e dei minori. Nel 1982 entra nell'Ufficio vita sociale e lavoro della diocesi in qualità di assistente diocesano del Movimento dei lavoratori di Azione Cattolica. Negli stessi anni diventa vicepresidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. Nel 1990 è nominato parroco della parrocchia "Resurrezione" di Sesto San Giovanni. Nel 1993 è nominato dal cardinal Carlo Maria Martini direttore della Caritas Ambrosiana. Nel 1998 è nominato direttore della delegazione regionale Caritas Lombardia e presidente dell'Agenzia solidarietà per il lavoro (Agesol) impegnata nel reinserimento lavorativo dei detenuti. Nel 2001 è nominato vicepresidente dell'associazione Agenzia di cittadinanza e presidente del progetto Equal "Sostegno all'imprenditorialità sociale". Nel 2002, il cardinal Martini, prima di lasciare Milano, desideroso di creare un luogo in cui la città esprimesse un'attenzione particolare agli ultimi, fonda la Casa della carità e nomina presidente di questa Fondazione don Colmegna. Il 31 dicembre 2004 don Colmegna lascia la direzione della Caritas Ambrosiana per dedicarsi a tempo pieno alla Fondazione Casa della carità di cui tuttora si occupa. Nel 2005 diventa presidente del progetto Equal "Sviluppo territoriale del welfare di responsabilità" e nel 2006 presidente del Centro ambrosiano di solidarietà.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

I pannelli solari termici si possono autocostruire

Post n°9 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Foto di amicofragile2006

In questo nostro pianeta, nazione, regione, provincia, città o paese, che li si voglia chiamare, sino ad ora, da un certo punto in avanti, si è sfruttato in tutto e per tutto il nostro territorio, non rendendosi conto che tutto va a finire. Gli interessi, le speculazioni, e le politiche ci hanno portato ad esaurire le risorse e ad arrivare ad un punto limite. Solo adesso, anche per volontà di molti cittadini, per la ribellione del pianeta stesso, e anche per la buona volontà e determinazione di molti, mano a mano, ci si accorge che sul nostro pianeta abbiamo delle risorse inesauribili, che ci possono dare senza danno, tutto quanto ci necessita per vivere con una dignitosa qualità di vita, rispettando ciò che ci circonda, l'ambiente e il territorio. Uno di questi modi, catturando l'energia solare, è quello dei pannelli solari termici.

Nel nord Italia, a tale proposito, è nata una rete per l'autocostruzione di pannelli solari, voluta e costituita da un insieme di persone e associazioni che hanno deciso di collaborare per far sì che si diffonda l'autocostruzione solare in Italia e promuovere il solare termico. Tutte queste idee e principi, si sono concretizzate nella riunione di fondazione della rete il 4 dicembre 2005 alla Cascina Santa Brera di San Giuliano. Questa rete si propone di: formare gruppi d'acquisto per la fornitura dei materiali, fare dei corsi e laboratori di autocostruzione di pannelli solari per le scuole, fornire consulenza su come integrare i pannelli nel proprio edificio, progettare impianti autocostruiti di grandi dimensioni, e fornire assistenza per l'installazione dei pannelli. Per avvicinarsi a questa rete e farne parte, il primo passo è quello di visitare il sito www.autocostruzionesolare.it, informarsi (importante è leggere il manuale per l'autocostruzione) e iscriversi ad uno dei tanti corsi che si tengono anche nella nostra zona.

Lo slogan e tema di questa rete è: "Il sole è nuovo ogni giorno" Il sole ci può dare calore e aiutare, e con il sole si può: avere acqua calda sanitaria, riscaldare gli ambienti e produrre elettricità. I pannelli solari termici si possono autocostruire! Per raggiungere questo scopo bisogna avanzare a passi e fare un percorso che con la rete si può percorrere, in quanto questa può dare assistenza parziale o completa. I costi di questi pannelli, la cui dislocazione può essere fatta sul tetto o all'esterno del proprio edificio, variano a secondo di dove e per chi li si utilizza. Un esempio è quello di un impianto di 6 mq. a circolazione forzata per una famiglia da 4 a 6 persone. Se acquistato, il prezzo si aggira intorno ai 7000 Euro, se invece viene completamente autocostruito il costo si aggira sui 2500 Euro (900 Euro di pannelli, 1200 di gruppo di accumulo, 400 di trasporto e spese varie).

Dopo essersi bene informati, partecipato ad un corso si può iniziare a fare qualcosa di concreto. Oggi in Italia esiste la possibilità di autocostruirsi il pannello solare termico, con il progetto Altener IGRASOL "Self Built Solar Thermal Systems in Mediterranean Farm Tourism" in cui Ambiente Italia introduce il modello dell'autocostruzione del solare termico sul mercato italiano. Il progetto istruisce e spiega come farlo e prepararlo, con liste complete dei materiali e strumenti che necessitano, fornendo inoltre i disegni tecnici esplicativi per collettori di diverse dimensioni, il tutto in collaborazione con la società austriaca Arbeits-gemeinschaft Erneuerbare Energien che per prima nel suo paese e adesso nel mondo ha progettato e sviluppato una procedura di assemblaggio di pannelli solari, provvedendo anche a creare e accompagnare i gruppi di autocostruzione. Adesso tutto è pronto, non resta che allargare la rete, comunicare e portare a conoscenza di più persone, aziende, industrie di questo nuovo modo di produrre energia e calore senza deturpare e distruggere l'ambiente e ciò che circonda: quindi buon lavoro!

Guido Baroni

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

I bambini tra di loro si cascono sempre!

Post n°10 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: scuola
Foto di amicofragile2006

Sono terminati ormai da tempo gli echi delle bombe, le immagini della distruzione di Sarajevo, sostituite da altre bombe e altro dolore. Passando tra le vie della città si scopre che i segni della guerra ci sono ancora, visibili ed invisibili. Segni che difficilmente si possono cancellare, segni che scavano dentro la paura di non farcela, di non poter ricominciare, di non saper ricostruire. In questo quadro si accende una luce di speranza: Casa Egipat. Un gruppo di suore, aiutate e coadiuvate anche da volontari, si è attivato per raccogliere e dare assistenza ai tanti bambini rimasti orfani o abbandonati o di cui semplicemente i genitori non sono in grado di occuparsi perché hanno bisogno di lavorare. Dall'Italia sono arrivate le finestre e gli infissi che un artigiano spedisce regolarmente a Sarajevo, attraverso un gruppo di persone che, almeno una volta all'anno, organizza un camion di aiuti. Le finestre sono le prime a saltare con le bombe… Anche a Pioltello i bambini della seconda elementare di via Milano, insieme ai loro genitori e alle loro maestre, si sono attivati per regalare a Natale un sorriso ai bambini di Sarajevo.

Hanno portato i loro giochi, quelli belli però, i loro disegni, le loro parole a chi avrebbe capito lo stesso, perché si sa, i bambini tra di loro si capiscono sempre. Soprattutto hanno imparato a "praticare la solidarietà" che non è innata, deve crescere piano piano e radicarsi in ognuno di noi. Non occorre fare cose eclatanti: basterebbero tanti piccoli gesti per raggiungere risultati significativi. Ciò che oggi a noi non serve, può essere prezioso per qualcun altro ma dobbiamo soprattutto imparare ad aprire gli occhi, a "saper vedere" i bisogni dell'altro, per aiutarlo a ricostruire.

Roberta Comoli

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La disabilità mentale si può guarire

Post n°11 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: salute

Associazioni, cooperative, volontari, servizi, utenti e familiari, si confrontano: la cittadinanza si fa Attiva

Il 16 e 17 giugno si è svolto a Pioltello, un Convegno sulla salute mentale dal titolo: “GUARIGIONE E CITTADINANZA ATTIVA”.

L'iniziativa patrocinata dal Distretto Sociale Est Milano è stata organizzata dalla Associazione Familiari Tartavela e dalla Cooperativa Nuova Itaca di Pioltello. L'obiettivo principale dell'iniziativa è stato quello di fornire una corretta informazione e sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza sulla Salute Mentale, con lo scopo di coinvolgere gli operatori del settore, ma soprattutto, gli Utenti e i loro familiari. Il 2006 è stato "l'anno della disabilità mentale"; dal recente rapporto 2006 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) sulla salute mentale.

La principale raccomandazione guida di Politica Sanitaria è stata quella di coinvolgere la comunità, famiglie,utenti, nell'elaborazione delle politiche e dei programmi sociosanitari. Infatti, come è stato evidenziato dai relatori, l’ostacolo principale che si incontra nell’ambito della disabilità mentale, è il pregiudizio e la discriminazione cui sono sottoposti i pazienti ed i loro familiari. Contrastare lo stigma è uno degli scopi primari che è doveroso porsi in maniera attiva.

Le principali paure e pregiudizi sulla disabilità mentale sono principalmente due: la pericolosità e l’inguaribilità. La prima, intesa come aggressività, è un comportamento tipico di chiunque, si trovi in una condizione di stress,tensione o costrizione, le cronache dei giornali ne raccontano quotidianamente. L’aggressività, è un fenomeno che può essere facilmente superato, circoscritto e controllato con opportune cure psicologiche e farmacologiche. L’inguaribilità invece, è un preconcetto radicato nelle persone senza alcun fondamento scientifico, è frutto dell’ignoranza e di una mancanza di una corretta informazione, questo si può realizzare tramite una corretta informazione, facendo conoscere i successi, il diritto alla salute , le buone pratiche, i percorsi condivisibili , le politiche da adottare che devono prevedere un sinergismo delle associazioni e cooperative con utenti , familiari ed i Servizi (Comuni, CPS ecc.). La condivisione di un percorso comune tra Tartavela, Nuova Itaca e gli Enti ne rappresenta un esempio concreto. Il lavoro di auto-mutuo con i familiari da parte della associazione Tartavela, l'effettuazione di un programma riabilitativo degli utenti da parte della cooperativa Nuova Itaca, in collaborazione con gli Enti , rappresenta il modello operativo di un sistema intergrato di intervento efficace sul territorio.

Una testimonianza interessante è stata presentata dalla coordinatrice del progetto itinerante "la carovana "Elena Wan Vesterhout " dell'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, in cui gruppi di utenti si stanno organizzando in un percorso itinerante di emancipazione dai servizi sanitari e di consapevolezza dei loro diritti . Ma la lotta al pregiudizio ed alla paura della disabilità mentale deve essere affrontata anche tramite opportune informazioni-formazioni, per la Cittadinanza sul territorio, che si realizza tramite dibattiti e convegni come il presente, ma anche attraverso la creazione di una rete di divulgazione rappresentata dai media. A tal riguardo è stato presentato un il periodico trimestrale dal titolo"Amico Fragile", che si occuperà tematiche legate al Terzo e Quarto Settore, che vede protagonisti non solo gli "esperti " del settore, (associazioni, cooperative, Enti, ecc.) ma anche e soprattutto gli utenti ed i loro familiari, nonché il volontariato e dunque la cittadinanza in toto.

Un aspetto interessante, ha riguardato l'intervento dell'assessore dei Servizi Sociali di Vimodrone, quale rappresentante del Distretto Sociale Est Milano, che ha illustrato le linee guida del Piano Sociale dei quattro Comuni secondo le indicazioni della legge 328/00, ove il terzo settore (associazioni, volontariato, cooperative sociali ecc.), è parte integrante ed attiva nella progettazione e realizzazione di interventi nel sociale. Il grosso ridimensionamento dei fondi sociali dallo stato centrale ai comuni pone agli amministratori un drammatico compito nell’individuare le nuove priorità, e la salute mentale lo è sicuramente. Grande è la preoccupazione, in particolare nell'area dei minori e/o della psichiatria in senso lato, ove gli interventi sanitari non sono sufficienti ed adeguati.

C.G.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Un altro calcio c'è già: "Altrimondiali"

Post n°12 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: sport
Foto di amicofragile2006

Insieme ai kenyani della Yassets e agli arabo-palestinesi della Free palestine, possiamo dire che c'è un’Italia che ha vinto anche gli AltriMondiali.

Da poco è terminata la terza edizione di Altri-Mondiali, mondiali alternativi ai Campionati di Germania 2006, promossi da l'Altro-Pallone, Casa della Carità, CRIC, Jalla, Olinda, Salah, UISP provincia di Milano e con il patrocinio e la collaborazione della Provincia di Milano, Assessorato Pace, Sport, Cooperazione, Politiche giovanili, Idroscalo e Tempo libero. L'obiettivo è quello di promuovere il calcio come momento di aggregazione, di cooperazione, contro il razzismo, per l'integrazione sociale e culturale fra i popoli. Dal 29 maggio al 29 giugno in Italia si sono svolte partite, tornei, ma anche iniziative non calcistiche: cartoni animati, video, concerti, feste,... Ospiti dell'evento le squadre solidali Yassets Sport, dal Kenya, promossa da padre Kizito Sesana e una formazione palestinese-arabo israeliana: Free Palestine, con ragazzi provenienti dai campi profughi di Gaza e Cisgiordania e da Nazareth. Nel primo periodo, dal 29 maggio al 9 giugno, Milano, Monza, Pero, Cologno Monzese, Carugate, Pieve Emanuele sono stati teatro di un torneo a 11, in cui Yassets e Free Palestine hanno sfidato squadre del territorio milanese: “Cobra”, formata da colombiani, brasiliani e peruviani residenti a Milano; “Nonviolenti per passione”, squadra di Rom promossa da Casa della Carità di don Virginio Colmegna; “Leoni Rossoneri”, amici ultras che credono nel calcio senza miliardi e nella solidarietà. Le finali si sono tenute il 9 giugno all'Arena civica di Milano, e la Festa conclusiva il 10 giugno all'Idroscalo, in collaborazione con la Provincia di Milano, UISP, USACLI e CSI. Dall'11 giugno AltriMondiali è diventato evento itinerante che ha toccato Pisa, Perugia, Livorno, Lanciano, Macerata, Molise, Bari,... per concludersi a Roma, con iniziative dal 24 al 27 giugno con la serata conclusiva in Campidoglio. Ha aperto Gianni Rivera, europarlamentare e consulente dello sport del comune di Roma che ha portato il saluto del sindaco Walter Veltroni. Il sottosegretario Paolo Cento, insieme al senatore Del Roio hanno espresso, come membri del governo , l'impegno per un calcio pulito e in particolare per le attività come queste che coniugano passione popolare a solidarietà internazionale, per la pace e contro la guerra. Giovanna Melandri è stata ben felice di manfestare l'appoggio a questo tipo di attività. Il Ministro dello Sport e delle Politiche giovanili ha salutato le due rappresentanze internazionali, ribadendo la necessità di pulizia per il mondo del calcio travolto dagli scandali e l'esemplarità e la bellezza di iniziative come queste. Da oggi gli AltriMondiali hanno un alleato convinto nel Ministro, che non ha mancato di far sentire in particolare ai ragazzi palestinesi la vicinanza e la solidarietà.

Sono stati molti i patrocini a questa manifestazione: province di Milano, Pisa, Macerata, Roma, comuni grandi come Milano e Roma e piccoli come San Giuliano Terme, Lanciano, i comuni della Valdichienti, regioni come Toscana, Lombardia, Lazio. Notevolissimi i riconoscimenti istituzionali italiani dal Patrocinio del Senato, Presidente Franco Marini, al telegramma del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, al messaggio del Presidente della Camera Fausto Bertinotti. Anche il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, impossibilitato a partecipare, ha segnalato la sua attenzione. E infine, ma non per importanza, son giunti due saluti particolari; uno da parte di Damiano Tommasi, l'altro da parte di Michele Salvemini, meglio conosciuto come Caparezza. Il rapper pugliese ha concesso l'utilizzo di uno dei suoi brani nel video dvd "Rete! Sport per la pace e la solidarietà"

Per info: Silvia Re:
ufficio stampa AltriMondiali
cell. 3332376767
email info@altrimondiali.it

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Disoccupazione in età adulta

Post n°13 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: lavoro

C'è un grave paradosso che da anni, con il prolungarsi della crisi economica, scava e indebolisce la tenuta economica e sociale di molte famiglie di lavoratori. Mentre imprenditori, politici e media con insistenza, continuano a sostenere la necessità di prolungare la permanenza nel mondo del lavoro dei dipendenti, ponendo alla base di questo ragionamento la sostenibilità del sistema previdenziale, dall'altro (nella realtà), la scelta economica delle imprese, a partire dagli anni '90, ha avviato processi di "svecchiamento" che mirano a liberarsi delle persone prossime ai 50 anni. Età a rischio di espulsione che le recenti indagini hanno abbassato, portando il limite alla soglia dei 40 anni.. Benché il D.L. 216 del luglio 2003 e la legge Biagi (art. 10 del D.L. 276/2003) vietino la discriminazione in base all'età nelle offerte di lavoro, è sufficiente scorrere qualsiasi pubblicazione che ospita offerte di impiego per rendersi conto, che nella stragrande maggioranza, il requisito dell'età non superi i 35 anni. Vi è quindi una fascia di disoccupati o occupati a rischio di licenziamento individuale per i quali non esistono reali possibilità di ricollocamento.

Prigionieri di un gioco perverso che li allontana dal pensionamento, con l'allungamento dei requisiti necessari, e dall'altro li discrimina come merce "scaduta" per il lavoro. Il fenomeno riguarda indistintamente i lavoratori che vengono allontanati a livello individuale e quelli delle piccole aziende e uffici al disotto dei 15 dipendenti (il tessuto economico più diffuso nella nostra zona), dove la non applicabilità dell'articolo 18 permette di licenziare senza giusta causa, liberandosi del lavoratore con i sindacali tre mesi di preavviso. Lontano dall'attenzione dei giornali, senza la visibilità delle mobilitazioni sindacali e leggi speciali, che ancora nel 2004 consentivano ai lavoratori delle aziende in crisi il prepensionamento, migliaia di lavoratori in età matura sono caduti nel girone infernale della disoccupazione. Fatto di attese, di preoccupazione che cresce, ansia, che rischia di esplodere in conflitti nel nucleo famigliare, come ci viene segnalato da associazioni di settore. Nella maggior parte dei paesi Europei, la logica degli ammortizzatori sociali è concepita per sostenere il reddito di chi è privo di lavoro (di tutti i cittadini) e non dalle esigenze delle imprese in difficoltà, che trovano modo di liberarsi degli esuberi a spese degli enti previdenziali, come capita purtroppo in Italia. In questi giorni, in cui emerge con forza il sostegno al rilancio economico, non può essere ancora una volta ignorato il problema del sostegno al reddito dei disoccupati in età matura e una politica attiva per il loro reinserimento, respingendo i comportamenti discriminanti nelle aziende.

R.C.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

il TAZZEBAU!

Post n°14 pubblicato il 25 Settembre 2006 da amicofragile2006
 
Tag: opere
Foto di amicofragile2006

BENVENUTO AMICO FRAGILE, la notizia della tua nascita è giunta anche da noi sulle montagne della Val d’Ossola. Siamo veramente felici della tua nascita e ci auguriamo che tu possa diventare anche la nostra voce e che la tua “fragilità” possa essere lo specchio delle nostre debolezze e dei nostri pensieri, come un amico fedele a cui confidare i nostri segreti, i nostri dolori, ma anche i nostri sogni, i nostri progetti e le aspettative che abbiamo per il futuro.Vogliamo crescere insieme, lottare e vincere la solitudine, i pregiudizi e la paura di chi non ci conosce. Amico Fragile, cresciamo insieme per essere più forti e sempre più UOMINI. Beppe

Questa sera
è come tutte le sere.
tu dimmi, che non stai con lui bella,
morte nel cuore.
C’e’ un amico che mi manca da soffrire
e tu non sei qui a morire,
non so che fare
quando ci penso comincio a cantare.
Era un cantautore musicista
la sua morte e’ stata,
come a volte e’ l’amore, una svista
e nei giorni che verra’ a mancare,
quante stelle cadranno come gocce
amare
(Andrea)

PARTI BRUNA
E VEDRAI SORGERE IL SOLE
ALL’ORIZZONTE.
FNALMENTE SARAI LIBERA
NEGLI INGORGHI DI TRAFFICO
NELLE PAROLE INUTILI.
PARTI BRUNA,
IL TUO CUORE E’ LIBERO,
LA TUA ANIMA E’ BIANCA.
NON TEMERE IL TREMORE DELLA SERA,
L’AVIDITA’ DELL’UOMO CHE IRROMPE
TU CREDI AD UN DESTINO MENO
CRUDELE
E LA TUA FEDE BRILLERA’.
(Brunetta)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

numero 2 - Novembre 2006

Post n°15 pubblicato il 18 Gennaio 2007 da amicofragile2006
 

Cari lettori, i commenti lusinghieri ricevuti dopo la pubblicazione del primo numero di "Amico Fragile" ci hanno incoraggiato a procedere nel nostro cammino insieme a voi, alla ricerca di nuovi argomenti che possano interessarvi, ma soprattutto ci hanno fatto capire che c'è veramente tanto bisogno di dialogo e di informazione sul tema delle fragilità. Non è facile riuscire a decidere - tra tanti - che argomenti trattare: tutti sono validi, tutti sono importanti, tutti sono prioritari...
Questo numero si apre con l'interessante intervista che ci ha gentilmente rilasciato il Presidente della Regione Lombardia: Roberto Formigoni, in merito alle politiche sociali della Regione, i punti critici e i progetti di modifica.
Abbiamo affrontato le diverse sfaccettature dell'argomento "Indulto", basandoci sui dati possibilmente più aggiornati, sulle politiche sociali intraprese e sulle esperienze dirette vissute da Enti, Cooperative ed indultati.
Sempre in merito di legislazione, il Dossier illustra la figura dell'Amministratore di Sostegno. Don Mazzi poi, ci ha regalato il suo pensiero su questa nostra "bella" Italia, mentre la rubrica ecologica ci illustra come si può contribuire fattivamente al risparmio dell'acqua. L'articolo sul Festival del Cinema Nuovo è una finestra su un diverso modo di vivere la disabilità, mentre nella pagina della cooperazione internazionale si parla di Brasile. Scorrendo le pagine scopriamo gli "attori" del commercio equo, la solidarietà nel mondo della scuola, le… Ma perché dirvi proprio tutto?
Franco Comi

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

LA REGIONE LOMBARDIA E LA SOCIETA’

Post n°16 pubblicato il 18 Gennaio 2007 da amicofragile2006
 
Tag: firme
Foto di amicofragile2006

Il Governatore Roberto Formigoni ci risponde

1. Qual è la visione, secondo il punto di vista dell'Amministrazione Regionale, della struttura della società odierna e delle principali necessità?
Se proviamo a guardare la realtà lombarda e più in generale italiana come si presenta oggi ci rendiamo conto che c'è una richiesta crescente di benessere psico-fisico dentro una società che vede allungarsi l'aspettativa di vita media ma deve anche fare i conti con un progressivo invecchiamento. La famiglia rimane centrale ma è più piccola, fragile e appesantita. I giovani tendono a rifugiarsi nel privato, alle prese con un mercato del lavoro che non assegna loro un ruolo fisso e una complessa ricerca della casa. Nel 2050 quasi il 40% della popolazione avrà più di 60 anni, allo stesso tempo il quadro epidemiologico si sta complicando, con nuove malattie a cui dobbiamo dare una risposta e un'assistenza. Una moderna concezione della salute ci fa dire che non è più possibile ritenere che l'unica tutela possa essere quella offerta dall'assistenza sanitaria. È necessario elaborare una politica che coinvolga - in maniera sinergica - i vari settori che incidono sullo stato di benessere della popolazione: l'assistenza sociale, la tutela ambientale, l'urbanistica, l'occupazione ed il lavoro, l'agricoltura, la cultura, l'istruzione, il turismo ed il tempo libero, i trasporti, le opere pubbliche e le finanze.
2. Quale tipo di Politica Sociale la Regione Lombardia intende attuare e sviluppare?
Ricordiamoci che le risorse per il welfare sono principalmente nazionali, quello che compete alla Regione è l'organizzazione. I capisaldi della politica sociale messa in campo da Regione Lombardia sono la libertà di scelta dei cittadini, la separazione fra i soggetti acquirenti e quelli erogatori delle prestazioni e i controlli sull'appropriatezza delle prestazioni stesse. La cornice dentro cui abbiamo scelto di operare è quel principio di sussidiarietà che da sempre caratterizza la società lombarda e ci spinge a realizzare un modello di welfare leggero.
Puntiamo a governare gli accessi alle diverse tipologie di servizi e per farlo abbiamo ridotto i ricoveri impropri in strutture residenziali e introdotto bonus sotto forma di assegni per le cure continuative domiciliari delle condizioni di fragilità. Accanto a questo puntiamo sullo sviluppo di servizi ad infrastrutturazione leggera come possono essere i centri diurni, le comunità alloggio, i buoni alle famiglie, l'esperienza dell'affido familiare e dell'adozione.
3. Che tipo di rapporto intercorre tra Regione Lombardia, Provincia di Milano, Amministrazioni Comunali, Associazioni, Cooperative sociali ecc. Che ruolo riveste la Regione Lombardia?
Regione Lombardia svolge un ruolo di regia e di indirizzo predisponendo gli strumenti legislativi e gli investimenti a sostegno di un welfare adeguato alle esigenze della società.
Vogliamo continuare su questa strada facilitando la collaborazione tra istituzioni, mondo sanitario, imprese, ricerca pubblica e capitali a rischio, attraverso una politica di valorizzazione delle specificità territoriali. Accanto alla nostra lungimiranza, ci vuole oggi la lungimiranza italiana: è indispensabile rivedere le regole per l'assegnazione delle risorse ed è necessario dare finalmente attuazione a quel federalismo fiscale che consentirebbe a tutte le Regioni di predisporre una sanità ancor più rispondente alle esigenze dei cittadini.
4. Ci può descrivere alcuni progetti/iniziative attuate, in corso o in fase di realizzazione che ritenete significative?
I cittadini di oggi sono più esigenti e chiedono una sanità al passo con i tempi, di qualità. Per averla sono anche disposti a muoversi non solo da una Regione all'altra ma anche in altri Paesi europei. In questo contesto la sanità lombarda si è distinta per l'alta capacità di attrazione di utenti da altre Regioni, il miglioramento dell'efficienza del sistema con una spesa pro capite molto al di sotto della media nazionale e il riconoscimento come polo di riferimento in Italia ed uno dei più importanti d'Europa per la ricerca e innovazione. Regione Lombardia ha deciso di puntare su alcune leve per lo sviluppo: dalla e-card agli accordi per la ricerca e l'innovazione, dall'introduzione di nuovi modelli organizzativi al riordino della rete ospedaliera.
Nei mesi scorsi si è insediato il Comitato strategico per il Welfare: ho voluto riunire intorno allo stesso tavolo esponenti di spicco del mondo scientifico, sanitario e del terzo settore lombardo e nazionale. Si tratta di un'iniziativa forte per definire
l'investimento sociale sulla famiglia come investimento pubblico, armonizzazione del percorso cura-assistenza e trovare risposte ai nuovi bisogni di accesso alla casa.
5. Quali ritenete siano i punti di forza ed i punti deboli della Politica Sociale intrapresa dalla Regione Lombardia?
La famiglia sostiene oggi il maggior carico del welfare ed è anche l'ultima dei beneficiari del sistema pubblico. In Italia il sistema fiscale non tiene conto del carico dei figli per cui generare figli, educarli e sostenerli nella crescita sembra valere quanto spendere soldi per un'auto di lusso. Come Regione intendiamo rimettere la famiglia al centro del sistema di welfare provando ad agire sulla leva fiscale. Per questo chiediamo con forza al governo la piena attuazione del titolo V della Costituzione con la realizzazione del federalismo fiscale. Se il problema maggiore è dunque quello delle risorse intendiamo affrontarlo conciliando meglio cura e assistenza, educando i cittadini a non ricorrer all'ospedale in forma indistinta ed eccessiva. A un'azione di tipo più culturale la Regione affianca un intervento di razionalizzazione della rete ospedaliera.
Regione Lombardia ha dimostrato nei fatti come la sanità possa rappresentare un importante volano per la nostra economia: un volano che agisce positivamente sull'occupazione, sul livello di innovazione e sulla quantità della ricerca nel nostro Paese. E in tal senso ha dimostrato grande responsabilità, riuscendo - pur in limitatezza di risorse - a incrementare i livelli di cura e di ricerca medica. I risultati ci hanno dato ragione. La nuova sanità che viene delineandosi richiede importanti interventi di edilizia sanitaria e investimenti in macchinari ed attrezzature tecnologiche avanzate. Per questo, in una situazione di scarsità di risorse e di crescita esponenziale del bisogno di salute è indispensabile una grande prova di responsabilità, con un settore privato che sappia investire nella propria mission pubblica.
6. La Regione Lombardia che cosa auspica per il futuro, in ambito sociale?
Il soggetto centrale del welfare deve diventare non il cittadino isolato, ma la famiglia, che oggi sopporta tutto il peso dell'educazione e della cura. Auspico che la famiglia sia fattore originale di appartenenza, luogo del benessere, fonte di capitale sociale e umano. Non la famiglia come generico luogo di convivenza, ma come ambito privilegiato per l'educazione dei giovani, la cura dei malati e degli anziani. Regione Lombardia vuole ripensare le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro, centrandole non solo sulle necessità del mercato, ma anche sul benessere dei nuclei famigliari. C'è una buona prassi in Europa che dimostra inequivocabilmente che dove c'è una politica di sostegno delle famiglie associata a politiche di conciliazione, si ottengono alti tassi di attività femminili ma anche alti tessi di fecondità, smentendo dunque l'idea che una donna debba per forza scegliere tra occupazione e maternità.
Con la ricchezza di soggetti privati che operano in Lombardia, manifestata ad esempio dal boom delle associazioni famigliari, possiamo davvero creare una rete di sostegno attorno alle famiglie. Accanto a questo è compito della politica creare lo spazio culturale e normativo per sostenere sempre più le esperienza positive di non profit, per valorizzare la funzione sociale ed economica della cooperazione.
Roberto Formigoni
Presidente della Regione Lombardia

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Editoriale di Franco Comi

Post n°17 pubblicato il 23 Giugno 2007 da amicofragile2006
 

Cari lettori, sono passati già tre mesi, ma come vuole la consuetudine, con la prima uscita annuale sono soliti gli auguri per un anno migliore. Riportiamo perciò in questo nostro primo numero del 2007, due importanti messaggi, seppur differenti nella loro natura, di auspicio per una solidarietà migliore: il primo riguarda la presentazione del "Nuovo Welfare" secondo il Ministro Paolo Ferrero, il secondo è un invito ad una Solidarietà concreta ed efficace, rilasciato dal nostro Arcivescovo Cardinale Tettamanzi. Un nota di colore ci è stata offerta dall'espressione dei talenti musicale, artistico e sportivo di molti amici fragili. Sempre a tal riguardo sono state illustrate le politiche in merito alla disabilità fisica intraprese dalla Provincia (O. Fortunati) e dal Comune di Vimodrone. L’integrazione dei Rom e Sinti, viene illustrata mediante il confronto di idee e di progetti concreti, col contributo di: l'Assessora Corso, Don Colmegna e Don Caldera, la cooperativa Laci Buti, l'associazione Villaggio Solidale ed i Sindaci dei comuni di Cernusco, Brugherio e Cologno. Significativo l’intervento del Dr. Fossà (direttore dell'ASL 2 Milano), che ci ha parlato del Piano Territoriale per la salute mentale. Il dossier è stato dedicato ad un argomento "scottante" e d'interesse mondiale per il quale ognuno di noi è tenuto ad impegnarsi: il risparmio energetico ed il Protocollo di Kyoto. Interessanti sono le rubriche come sempre sul Commercio Equo e Solidale, le associazioni e cooperative, la scuola e per finire, il consueto spazio nel TazzeBau agli Amici Fragili. Buona lettura!
Franco Comi

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

il nuovo welfare ministeriale

Post n°18 pubblicato il 23 Giugno 2007 da amicofragile2006
 
Tag: welfare
Foto di amicofragile2006

Parla il Ministro della Solidarierà Sociale Ferrero
Il Ministero della Solidarietà Sociale non è esattamente né la riproposizione della situazione precedente, né una pura divisione del Ministero della scorsa legislatura, si tratta di una nuova realtà.
La prima priorità affrontata è stata quella di costruire e ricostruire le varie forme di competenza del Ministero attraverso consulte e osservatori, in modo che vi partecipino tutte le realtà presenti sul territorio. Questo discorso va collegato al tipo di welfare a cui guardare e interpretare, in una situazione in cui il grado di disgregazione sociale è assolutamente significativo.
Una politica di welfare che si ponga il problema di rispondere a questa situazione di disgregazione sociale, infatti, o riesce ad integrare elementi di welfare in senso stretto con una capacità di valorizzare gli elementi di tessitura sociale che la società autonomamente produce, oppure fallirà tale obiettivo, qualora le risorse per realizzare un welfare che sia in grado di riconnettere quanto viene disperso dal grado di disgregazione della società attuale siano insufficienti. Da questo punto di vista una ricostruzione della consulta e degli osservatori come elementi in cui siano rappresentate tutte le realtà è un punto strategico su un'idea di welfare da costruire. Non si tratta della riproposizione di un welfare statalista, in cui lo Stato fa tutto, né dell'idea di un workfare per cui, attraverso la precarizzazione di chi lavora nei servizi, le condizioni di precarietà e di povertà si producono, addirittura, nello stesso circuito dei servizi. Occorre tendere ad un sistema il cui punto centrale sia la costruzione di una rete di servizi. Un sistema in cui lo Stato, nella sua relazione con le regioni e gli enti locali, sia in grado di individuare dei livelli di assistenza che valgano su tutto il territorio nazionale e che costituiscano un bagaglio di diritti esigibili per tutti i cittadini, mentre le forme di gestione dei servizi possono essere variegate a seconda dei bisogni effettivi. Ciò deve avvenire in un quadro in cui sia distinto il lavoro dal volontariato.
È necessario evitare che una non chiara distinzione tra il lavoro e il volontariato riproduca, nell'ambito dei servizi sociali, situazioni di disagio. Il principale obiettivo, da questo punto di vista, è quello di definire e formalizzare i livelli essenziali di assistenza sociale, che devono essere scritti e approvati. Ciò al fine di introdurre un elemento chiaro cosicché i servizi socio-assistenziali non siano la variabile dipendente delle disponibilità di bilancio: occorre fissare una quota di diritti esigibili per i cittadini, affinché le necessità di bilancio siano commisurate a quei diritti che si vogliono garantire. Il secondo elemento legato a questo discorso è la costruzione del fondo sulle non autosufficienze per evitare che il problema delle non autosufficienze continui ad essere scaricato sulle famiglie, definendo, anche in questo caso, il livello essenziale delle prestazioni. La terza questione riguarda la disabilità. Su questo tema il Ministero deve assumere nuovamente un ruolo di coordinamento rispetto al complesso delle politiche della disabilità., come stabilisce la legge disapplicata in questi ultimi anni. La questione povertà-casa costituisce un altro filone di riflessione, vista la grande disparità sociale che caratterizza l'Italia, con un un livello di pressione fiscale simile a quello dei paesi della media europea ed un livello di diseguaglianze sociali simile a quello degli Stati Uniti, caratterizzati da un livello di pressione fiscale di molti punti inferiore. L'idea è di agire, sia sul versante delle entrate che sul versante delle uscite, dentro la spesa sociale, in modo da tentare di bilanciare un sistema che, così com'è, non funziona, con l'obiettivo di intervenire sulle deficienze strutturali."


Paolo Ferrero, Ministro della Solidarietà sociale

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Integrazione dei Rom e Sinti

Post n°19 pubblicato il 23 Giugno 2007 da amicofragile2006
 
Foto di amicofragile2006

Le politiche della Provincia di Milano secondo l’Assessora Francesca Corso


1 - Quali sono i progetti di integrazione sociale dei Rom che la provincia di Milano sta attuando al momento?

"Noi come Provincia anzitutto collaboriamo in materia di Accoglienza ai popoli Rom e Sinti con i vari Comuni del nostro territorio; ovviamente, per motivi dimensionali e di presenze di famiglie rom, la collaborazione più assidua è con Palazzo Marino, Milano. Nel caso ad esempio delle svariate famiglie Rom sgomberate da un campo in via Ripamonti in Milano il giorno 14 dicembre scorso, abbiamo cooperato e partecipato attivamente alla ricerca di una soluzione alternativa che desse un riparo sicuro a oltre 70 persone, di cui 37 bambini, anche in virtù della nostra Delega alla Protezione Civile, che ci ha consentito di fornire tende come riparo momentaneo nel Comune di Opera in attesa di una sede definitiva. L'intervento sul Comune di Opera arriva come ultimo dopo aver trovato una soluzione a diverse situazioni di disagio nel nostro territorio, in particolare nel luglio 2005, dopo lo sgombero di un campo sito in via Capo Rizzuto a Milano, ci siamo attivati per trovare le soluzioni abitative adeguate alle decine di famiglie coinvolte in questa emergenza.Proprio l'aver risposto negli anni a ripetute emergenze, ha convinto me e il mio staff che ha seguito le questioni rom, della necessità di trovare delle soluzioni strutturali mirate alla integrazione dei popoli Rom e Sinti nel tessuto sociale, o quantomeno una proficua convivenza. Legalità intesa soprattutto come rispetto dei diritti di tutti, Rom Inclusi, e rispetto dei diritti garantiti dall nostra Costituzione sono i capisaldi del nostro approccio, che si sta concretizzando in un progetto pilota da realizzare sul territorio di Cologno Monzese: il villaggio Solidale, mirato all'inclusione di alcune famiglie rom in un contesto stabile e adatto all'inserimento sociale, insieme con altre realtà di disagio segnalate dai Servizi sociali del Comune locale; per il momento purtroppo questa sperimentazione molto importante sta vivendo una fase di stallo, mirata alla individuazione della collocazione finale”
2 - Quali sono i progetti e le politiche di integrazione dei Rom a livello regionale, messe in atto dalla Giunta del Pirellone?
"Per quanto consta a noi, la Regione Lombardia si era fornita con la legge 77/89 di uno strumento normativo per regolare ogni aspetto della questione 'Nomadi e semi nomadi' - al momento però, la Giunta attuale non ha stanziato fondi per applicare questa normativa, che quindi non viene attuata. Di più l'attuale assessore al territorio del Pirellone, Davide Boni, ha proposto una modifica alla legge regionale del Territorio 12/2005 che prevede per ogni Comune l'obbligo di indicare una area adatta ad ospitare famiglie nomadi, nel proprio Piano Territoriale. Ma la stessa proposta di modifica attribuisce ai Comuni limitrofi la possibilità di porre un Veto sulla scelta del sito adatto ad area di sosta per le famiglie rom; di fatto così si rende quasi impossibile per la maggioranza dei Comuni lombardi, la scelta di una area da destinare alle famiglie Rom”
C. G.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

ROM, SINTI, KALE, LOM, LOVARA, KALDERAS...

Post n°20 pubblicato il 23 Giugno 2007 da amicofragile2006
 
Foto di amicofragile2006

Il termine che gli zingari usano maggiormente per definirsi è rom che significa uomo, maschio, anche se i rom che nel tardo medioevo arrivarono in Occidente (Germania, Austria, Boemia, Slovenia ed Italia del Nord ) preferiscono essere chiamati Sinti. Questo nome deriva da Sindh: la regione del Pakistan occidentale dalla quale erano partiti.
I nomadi che invece sono arrivati più tardi e che si sono stabiliti soprattutto nell'Europa del Sud e dell'Est, e cioè la gran parte dei nomadi europei, si definiscono rom. Molte persone propongono così di usare i nomi rom e sinti, come nomi collettivi di questo popolo, anche se ormai il termine zingari è molto usato per designare tutti i diversi gruppi nei quali è diviso questo popolo.
Da notare poi che, per fare un esempio, gli zingari dell'Iran non conoscono e quindi non usano il nome rom (o roma), quelli di Spagna preferiscono chiamarsi Kalo (plurale: Kale) e quelli dell'Armenia usano per se stessi il termine Lom.
Questo popolo, che per molto tempo ha abitato le regioni dei Balcani, usa inoltre chiamarsi con altri nomi che ricordano il lavoro che facevano in quelle regioni. Così troviamo i nomi Lovara, dalla radice linguistica ungherese lov che significa cavallo e che ci ricorda che erano bravi allevatori di cavalli, e Kalderas, dal tardo latino usato in Romania caldaria che significa paiolo; molti zingari lavoravano infatti come fabbri. Tentare di trovare un nome comune che vada bene per tutti i gruppi, molto diversi tra loro, che compongono questo popolo, risulta dunque molto difficile.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963