Creato da littlelone il 06/02/2014

anarchy in UAE

le avventure di un espatriato

 

 

elegia del teatro albatros

Post n°16 pubblicato il 20 Marzo 2015 da littlelone
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Da qualche settimana ho cambiato lavoro. Faccio il maestro di microfoni, dice Lorenzo. Technical Manager hanno scritto sul mio visto. Lavoro per la Shure. Quindi posso dire che la mia precedente carriera è terminata, almeno per ora. Non faccio più il fonico, basta concerti, adieu tour. Da molto tempo avrei voluto scrivere di quel che sono stati questi anni in giro per l'Italia e il mondo, a girare pippoli sui mixer o ad accordare le chitarrine, e ho provato ad iniziare il racconto da punti diversi. Poteva iniziare dalla fine, quando la voglia se ne è andata del tutto. Era il deludentissimo tour 2012 della Mannoia. Ma forse la fine è arrivata a Trieste, dicembre 2011, quando, sorpreso di essere ancora vivo Maurizio mi ha abbracciato davanti al corpo di Francesco Pinna, ucciso dal ferro maledetto e dall'avidità. Potevo iniziare da Baglioni in Sud America e Australia e da quelle telefonate su Skype con Lorenzo piccolissimo, che sono diventate la norma oggi. O prima. Magari quando Pino Daniele, era suo il mio primo cd, mi disse che ero licenziato, e io rimasi senza parole. In Giappone con i Meganoidi, ubriaco di rum dopo il primo concerto a Tokyo? O una delle date con gli amatissimi Timoria davanti a un oceano di gente? O forse l'inizio era stata la mia prima data di un tour, con i Dirotta su Cuba, a fine anni '90 in un'assolato paese della Sicilia chiamato Corleone? Molti gli episodi divertenti, le stranezze da artisti, gli aneddoti (o nanetti, come li chiamava Luigi negli interminabili viaggi in cui mi ha spiegato come gira il mondo) ma anche le delusioni, le facciate, i giramenti di coglioni di cui raccontare. Non mi mancherebbe la possibilità di autocompiacermi come, comunque, ho appena fatto per un percorso che è stato quello che ho voluto, anche con una certa testardaggine, e di cui sono felice. Ma c'è un momento e un posto preciso che sono davvero l'inizio. 

 

Era ottobre, e l'anno doveva essere il 1993 quando con il mio amico Simon, quello tanto amico e da sempre, che è un pezzo di me, alle ore otto in punto ci siamo presentati davanti alle porte del teatro Albatros. Era il teatro del dopolavoro ferroviario del nostro quartiere, mica il CBGB, e sui cartelloni c'era scritto che il concerto sarebbe iniziato alle nove e mezza. Noi arrivammo un po' prima per paura che finissero i biglietti, e poi, a dirla tutta, eravamo lì per il gruppo spalla che quei francesi che avrebbero suonato dopo mica li avevamo mai sentiti. 

Se qualche giovine si imbattesse in queste righe mi piace ricordare che è esistito un tempo in cui non c'era youtube, internet era una roba da nerd appassionati di matematica, e in cui per sapere cosa suonasse un gruppo di quelli che non passavano nelle radio si poteva comprare il vinile, k7 o ciddì o andarli a sentire dal vivo. L'unica eccezione era un amico più grande che ti passasse le cassette su cui aveva ricopiato i titoli e gli autori delle canzoni, ma ai tempi della nostra storia quell'amico ancora non c'era. So chi ci accolse alla porta di quel teatrino di provincia, con l'aria stupita, mentre il gruppo usciva per andare a cena finito il soundcheck (anche qui parlo col senno di poi: non sapevo chi fossero nè cosa fosse un soundcheck) perchè poi è diventata per un po' una sorella maggiore, e riesco a immaginare le risate alle spalle di quei due mocciosi che volevano già entrare. L'attesa fu abbastanza interminabile. Un paio di birre al bar di fronte, probabilmente ordinate ancora con l'imbarazzo infantile, forse una canna (dai mamma, non ti arrabbiare, anche se lo so che ti arrabbi comunque!) alla stazione di Rivarolo. Poi entrammo, comunque tra i primi, nel teatro  buio, con la musica di sottofondo. Dopo, molto dopo, iniziarono a suonare. Non era il mio primo concerto. Ne avevo visti un paio al palasport, tra cui Baglioni con uno strepitoso, e probabilmente annoiato, Tony Levin al basso. Ma quella era un'altra roba. Se i Sensasciou erano potenti, e lo erano, la band franco-algerina, come avevo letto sul secolo xix, primaria fonte delle mie conoscenze in quel momento, gli Zebda furono una pura detonazione nucleare. Funky, rap, rock and roll. Chitarra, basso, batteria, tastiera e tre voci, che, grazie a una certa dimestichezza col francese, a tratti capivo. Non erano poesie in musica come De Andrè (anche lui visto in teatro l'anno prima), erano ribellione, violenza, libertà. Non avevo mai superato l'imbarazzo, il mio sentirmi, probabilmente a ragione, goffo e ridicolo, nemmeno l'estate precedente quando Chiara provò senza successo a trascinarmi sulla pista di una discotechina in Corsica, ma quella sera ballai come un tarantolato. 

Quello fu l'inizio di una serie di concerti strepitosi, in un periodo fantastico per la musica italiana e non. E l'Albatros divenne la nostra Chiesa. Lì si officiava il sacro rito del concerto, e per qualche anno da lì passarono tutti. 99 Posse, Almamegretta, Lou X, Urban Dance Squad, Frankie Hi Nrg, Dee Dee Ramone, Bisca, Joe Ely, Casino Royale, Daniele Silvestri, Ozric Tentacles, Ottavo Padiglione e infiniti altri. Vidi spettacoli incredibili. Ma ben presto il posto in sè assunse un'importanza notevole. C'erano i miei amici, c'erano un sacco di persone che non conoscevo e che avrei voluto conoscere. C'erano Maria e Totò, che erano i promoter e molto di più in quel luogo magico. Talmente magico che spesso finivamo per passarci anche le noiosissime domeniche pomeriggio quando da club alternativo si ritrasformava in un tranquillo cinema di provincia. Fu da lì che iniziò il mio amore per i concerti. Da quel luogo e da quelle persone. Con loro iniziai a scaricare furgoni, tirare i cavi e ad attaccare lampadine chiamate PAR a una roba di ferro che si chiama americana.

Fu in una di quelle serate all'Albatros che la fascinazione per i concerti, che avevo già subito quando Bob Dylan suonò a Genova nel '92, vedendo gli omini in nero affaccendarsi con le chitarre sul palco di Vasco Rossi-"Gli spari sopra"  o di Ligabue"Sopravvissuti e sopravviventi", sbocciò definitivamente. 

E divenne una roba seria col tempo. Quando la mia fidanzatina terribile mi stava per fare impazzire alla fine del liceo decisi di andare a Milano alla SAE, pensando che quello che avevo fatto qualche volta per il gruppo del mio amico che mi spacciava le cassettine coi titoli forse poteva diventare davvero un lavoro. E proprio Totò mi chiamò, gennaio 1999, come fonico di palco nel locale che avrebbe dovuto raccogliere l'eredità dell'Albatros. Gli anni 90 stavano finendo e con essi quell'ondata di energia e ritmo che li aveva caratterizzati, per me era il periodo della tekno e dei free-party e quel posto fu un gabbiano più che un albatros. Nonostante il posto non fosse all'altezza del precedente aveva una situazione tecnica migliore e quei mesi furono per me un buon modo di finire la scuola. Da lì partii in tour, in un girare isterico durato 15 anni, in cui ho rivisto dal punto di vista del palco quasi tutti gli artisti e gli show che mi avevano impressionato. E oggi che non è più il mio lavoro sono piuttosto felice del fatto che dopo averne visto un po', coi miei alti e bassi, me ne sono andato anche perchè non c'era più niente che volessi fare.   Quel mondo ha smesso di fare per me, o io per lui. E qui, in questo pazzo posto, ho trovato un nuovo lavoro, che mi sta dando un sacco di motivazioni. Ma tutto ha avuto inizio quella sera troppo presto davanti all'Albatros, e quando pubblicherò le mie "memorie di un backliner" è da lì che inizierò a raccontare.

 
 
 

da zero a dieci

Post n°15 pubblicato il 05 Gennaio 2015 da littlelone
Foto di littlelone

Sono sull'aereo che da Dubai mi porta a Milano e approfitto dell'imminente capodanno per fare due conti.

Zero al servizio wi fi dell'A380 che esclude il blog dai siti visitabili. 

Uno è l'anno che è trascorso da quel biglietto "senza ritorno", che mi portava in medio oriente. potrebbe essere tempo di bilanci, ma anche no.

Due le vacanze che sono riuscito a fare quest'anno: dopo l'estate torno anche in questo post natale sebbene da contratto non fosse previsto. è bastato mentire, ingannare, spergiurare, millantare, ostentare sicurezza negando l'evidenza e ho ottenuto dal mio capo questi giorni: chiamatela lotta di classe se volete!

Tre ovvero Qatar, Bahrain e Saudi Arabia gli stati dell'area che ho visto oltre agli Emirati, posti differenti in modo radicale e tuttavia con un carattere comune: stanno correndo verso un presunto progresso e al tempo stesso si aggrappano a delle presunte radici il cui senso sembra sfuggire alle migliaia di immigrati come a loro. ho visto filippini lanciare petali all'emiro durante il national day a Doha (in una scena degna de "il principe cerca moglie") e i copertoni ancora fumanti delle rivolte di Manama. tra qualche anno tutto ciò che si sente dire oggi sulle "petro-monarchie del golfo" (tra cui un sacco di cazzate su giornali e siti italiani) potrebbe essere un pallido ricordo, spazzato via in infiniti e differenti modi. 

Quattro del pomeriggio, nel deserto. non era un'allucinazione: ho visto auto in coda per superare una duna, dune buggy, moto e ogni altro tipo di veicolo. ero a piedi e avevo il terrore di essere investito, come se fossi stato a piedi sulla A14 a ferragosto. sognavo un cavalcavia per lanciare dei massi. 

Cinque... cento le volte che ho cercato di spiegare che dubai non è l'eldorado nè l'inferno, senza quasi mai riuscirci. è un concentrato di contraddizioni. è un posto dove si può trovare lavoro, ma solo a patto di poter essere quello che "il mercato" cerca. è anche un posto  mediamente civile, dove si può indossare il bikini in spiaggia e le donne guidano. dove si è circondati di cose reali, ma dove quasi niente di quello che si vede ha senso come dice silvia. di sicuro è un posto che ispira le leggende metropolitane!

Sei le ore di questo viaggio in aereo. lunghissimo e breve. la distanza è questione di punti di vista. 

Sette i giorni che passerò a Genova. gioia di abbracciare Lorenzo, di rivedere un po' di amici vari, i miei genitori e il mio cane. nonostante tutte le cose che mi fanno incazzare sto iniziando a sentire Dubai un po' come casa: per uno che ha chiamato così le camere di hotel per anni non è che sia un gran cambiamento. ma anche si. 

Otto i gol che il napoli ha fatto alla juve nella supercoppa di doha prima che hamsik alzasse il trofeo. non ho da fare considerazioni sulle politiche calcistiche, ma vedere quella partita, seduto dietro la porta dove hanno battuto i rigori, perdendo la voce in mezzo a tifosi azzurri provenienti dai quattro angoli del pianeta (australia, sud africa e tutto il medioriente nei sedili intorno a me) mi è sembrata una botta di culo. neppure l'unica della serata!

Nove come i mesi che ci ho messo a stufarmi di lavorare per eventi assurdi, parate  militari e cazzate assortite. per me fare audio voleva dire fare i concerti. stare dietro un mixer per 12 ore ad alzare e abbassare il volume durante i mondiali di nuoto (che rimangono il lavoro più interessante fatto da queste parti comunque) non fa per me. Dimissioni. Si cambia presto, prestissimo.

Dieci al momento in cui ho iniziato a ripetermi "mai più piangersi addosso". mai più...

 

 
 
 

wireless for dummies

Post n°14 pubblicato il 20 Dicembre 2014 da littlelone

Ho letto un libro di una potenza incredibile, dalle mille risonanze col mio cervello e con i miei sentimenti. Ve ne avrei voluto parlare ma ci ho scritto questa cosa qui. Il libro si chiama "d'altri e d'altrove" il racconto che ho saccheggiato per questo post "vespa px". leggetelo. ne vale la pena, davvero...

 

LO ZEN E L'ARTE DEL MICROFONO SENZA FILI

Le istruzioni di questa guida introduttiva sono state redatte per fornire una guida semplice e chiara all'uso, cercando di mettervi in guardia dagli errori più comuni.

Sin dal primo utilizzo scoprirete che un raidomicrofono/IEM vi permette di provare la massima libertà di movimento, finalmente liberi dai vincoli ai quali eravate costretti dai vecchi sistemi con cavi e wedge monitor. la vostra esperienza sul palcoscenico risentirà positivamente del confort dovuto alla libertà di movimento e ad un ascolto che permette una maggior percezione dei dettagli anche a volumi più contenuti. 

Le motivazioni di questa scelta possono essere molteplici e  non è intenzione di questa breve guida all'uso indagarle. ci pare importante sottolineare che anche quando nasca da situazioni che siamo abituati a pensare come negative (un ambiente eccessivamente rumoroso, la noia, un palcoscenico di dimensioni ridotte, la solitudine) la scelta di un sistema wireless vi permetterà di sviluppare la vostra creatività e darà nuova spinta alla vostra crescita artistica.

 

Il collegamento

Il sistema deve essere alimentato da una qualunque sorgente di corrente a 60/80 bpm. Un incontro casuale ha  lo stesso valore sia nel mondo reale sia in quello virtuale. La regola a cui attenersi è che la vostra sorgente sia compatibile con la vostra etica e la vostra personalità. si consiglia di non cercarla troppo accanitamente perchè spesso sarà la corrente stessa a trovare il vostro apparato quando necessario. 

Una volta che avrete acceso il vostro sistema, alimentando ricevitori e trasmettitori (con batterie alkaline da 1,5 volt AA non inclusse nella confezione) potrete procedere all'accensione e al collegamento delle antenne.

 

Messa in opera

Per quanto grandi siano stati i progressi tecnologici negli ultimi anni non esiste in commercio un sistema che possa garantire la comunicazione  attraverso le onde elettromagnetiche in modo stabile e immune da interferenze di vario tipo. Tutto ciò che  possiamo fare è suggerire delle buone pratiche da seguire per minimizzare le possibilità di malfunzionamento.

-per il cablaggio delle antenne utilizzare i cavi in dotazione. è possibile utilizzare antenne attive, con cavi di maggiore lunghezza, per aumentare il raggio di azione del vostro radiomicrofono, tuttavia sono caldamente sconsigliate in ambienti emotivamente instabili o dove siano presenti forti interferenze.

-cercare di mantenere il contatto visivo tra tx e rx, evitando di sistemare il beltpack sotto strati di vestiti, trucchi, lontananza e di non nascondersi tra le mani per preservare la trasmissione da disturbi e possibili sganci. 

-la scelta della frequenza primaria di trasmissione è impostata automaticamente, così come la sincronizzazione tra tx e rx. le macchine eseguono uno scanning dell'ambiente circostante e trovano le frequenze risonanti in cui la trasmissione avviene naturalmente. solo un utente molto esperto all'interno di un rapporto molto stabile può modificarla manualmente cercando di spingere i componenti verso differenti indirizzi ed orizzonti.  

-anche la scelta della potenza di tx/rx è impostata automaticamente. a differenza della  frequenza è tuttavia consigliata la regolazione manuale quando possibile, per adattarsi ai differenti momenti e situazioni di utilizzo. una potenza troppo bassa riduce la percezione di dettagli e sfumature che potrebbero essere importanti, mentre un segnale eccessivamente potente causa una saturazione dei differenti stadi producendo una distorsione udibile e a tratti molto fastidiosa.

 

Nella confezione sono inclusi i seguenti accessori: 

-ridere: si trova sul fondo della scatola, piegato a listelle sottili e trattenuto da un elastico. in realtà più che un accessorio potrebbe essere considerato un elemento necessario al pari delle batterie, e va utilizzato ogni volta che non sia espressamente controindicato

-sesso: si trova nelle pieghe di moltissime onde elettromagnetiche. riferirsi all'opera basilare sull'elettromagnetismo "lo zen e l'arte di scopare", sebbene senza troppa fiducia nella possibilità di ricevere chiarimenti sulla modalità d'uso 

-parole: ne troverete molte, in ogni punto della scatola. nella pratica comune abbiamo riscontrato molti casi di abuso di questo accessorio, che va invece usato con cautela evitando accuratamente di porlo vicino alla base del microfono stesso. se un uso corretto può evitare il fenomeno delle incomprensioni un uso smodato o fuori tempo le favorisce

-le bugie: questo accessorio va utilizzato solo in caso di estrema necessità, nonostante sia molto diffuso, ricordando che per ogni volta che vi salverà il prezzo da pagare sarà sempre alto, altissimo. solo per utenti più esperti del modesto redattore di questa guida.

 

Una volta che il vostro sistema è in funzione vi consigliamo di tenere a mente anche i seguenti suggerimenti, per poter utilizzare al meglio e per lungo tempo il vostro nuovo acquisto.

-in caso di interferenze o momentanei sganci, che potrebbero avvenire, cercare di individuare la sorgente del malfunzionamento non è così cruciale come si potrebbe immaginare: modificare i parametri solo dopo attenta riflessione e un utilizzo del software "pazienza 2.0" che potete scaricare dal sito www.sicur@?com, tenendo sempre presente che alcuni rimarranno comunque ignoti e misteriosi e che le vostre modifiche potrebbero comunque risultare inutili o dannose 

-siete voi la miglior garanzia di un lungo e proficuo funzionamento del vostro rapporto, vi raccomandiamo perciò di averne cura anche in momenti di fretta, noia e fatica, utilizzando sempre le migliori batterie disponibili.

-in caso di esposizione prolungata agli agenti atmosferici potrebbero rendersi necessari piccoli interventi di manutenzione  e la sostituzione di elementi esterni. tali interventi andranno effettuati in ambiente pulito e protetto. si consiglia di non farlo a ridosso di scadenze importanti

 

Dopo la lettura di questa breve guida non ci resta che augurarvi la migliore esperienza possibile, ricordandovi che, in fondo, parlare in un microfono senza fili resta una questione che ha a che fare con la magia, quindi l'ultimo consiglio è quello di non smettere di stupirvi ogni volta che funzionerà...

 

 

 

 

 
 
 

sappiano le mie parole di sangue

Post n°13 pubblicato il 28 Novembre 2014 da littlelone
 
Foto di littlelone

Da mesi non aggiorno il blog. Colpevole.

Ma ho i miei buoni motivi e ve li racconto. Passo indietro.

Un giorno, di certo troppo tardi, mi sono sentito troppo vecchio per un sacco di cose. E non è stata una brutta sensazione. Ne avevo semplicemente le palle piene di vedere il mondo in un certo modo, cercavo un punto di vista più obliquo, un modo per smetterla di piangermi addosso e riprendere in mano ciò che mi restava della vita, dopo un periodo in cui mr. self destruct era il mio pezzo preferito. Stavo buttando il mio tempo, stavo insguendo irraggiungibili chimere solo perchè erano irraggiungibili. Stavo interiorizzando la sconfitta su ogni aspetto della mia vita. Sono successe varie cose, tra cui la mia partenza per Dubai. Non ho nemmeno il coraggio di rileggere quello che scrivevo tempo fa, riguardo a questa città. Mi piaceva l'idea di farmi piacere qualcosa ma presto ho dovuto iniziare a divagare, perchè il confronto con una realtà più malata di me mi sembrava da evitare. Volevo scrivere una favola da raccontare a Lorenzo, ma se avessi continuato a parlarne gli orchi e i mostri che si nascondono in questo posto avrebbero finito per mangiarmi. Non c'è nessuna favola da raccontare. C'è un orrore infinito dietro i grattacieli e i veli sul viso delle donne, un immenso dolore in ognuna delle persone fuori dal cesso dove vado a pisciare, sebbene sia pronto a sorridere e passare lo spazzolone per la centesima volta. Ho cercato di convivere con sensazioni laceranti, con dubbi che diventavano certezze, con una rabbia che cresceva mentre provavo ad adattarmi. Dietro il lusso per pochi c'è lo sfruttamento di tanti, dietro le strade ad otto corsie si intravede la rovina del pianeta. Oggi scrivo le parole di questo blog, per dire che non ce l'ho fatta ad adattarmi nemmeno qui. Per fortuna e lo posso dire perchè qualcuno che scrive meglio di me ha condiviso i suoi pensieri. Non sto annunciando un ritorno a casa. Resto qui, almeno per ora. Ma non si può raccontare Dubai come ho provato a farlo. Non è giusto, nè vero. Il capitalismo produce orrore per la gente e questo, alla fine, è un concentrato di capitalismo. Ogni storia va raccontata, con ogni mezzo necessario. Ma non tutti i mezzi sono davvero necessari e possibili. Sono troppo vecchio per vedere solo merda intorno a me, e anche troppo vecchio per non vedere quanta di questa merda è entrata nei miei pensieri. E troppo vecchio per illudermi che ci siano mai stati dei "tempi d'oro". Ho avuto in regalo uno sguardo che ha colto le cose giuste per me, per vedere che questa terra è ricca di opportunità per pochi e una prigione a cielo aperto per molti. Ho iniziato ad odiarla mentre diventava in qualche modo casa mia. Questo è un brutto posto pieno di cose da fare, mi ha detto Lorenzo. Farò quel che posso, ma non negarmi l'evidenza. Troppo vecchio per pensare di cambiare il mondo, e troppo vecchio per accettarlo, continuerò a cambiare me stesso cercando di trovare una via che mi permetta di sopravvivere senza rinunciare del tutto alla mia dignità. Arriveranno altre storie, altre favole, altri viaggi. Altro orrore e altra meraviglia. Ma raccontare Dubai come una favola non mi viene più! Forse avevo solo bisogno di una scusa per i miei tre lettori. Sappiano le mie parole di sangue. 

Di seguito vi copioincollo le parole di Alice che hanno dato vita a questo post e a varie riflessioni. Vi consiglio di accompagnarle con questa canzoncina.
Ma...tu leggi?  No, fammi capire: TU LEGGI?
Io: Si, quando ho tempo
Lei: Ma....E-book, no?
IO: No.
Lei: I libri, quelli fatti d i carta??????
A Dubai quando cammini per strada manca l'odore, la sensazione di essere lontani, immersi in un paese lontano, con una differente cultura. Cammini, e senti il Niente. Ti guardi intorno e scopri che non ci sono persone anziane. Fiumi di persone. Tutti sotto i 40 anni. La popolazione locale...non c'e'. C'e', ma non si vede. Una citta' dove la maggioranza sono immigrati. E sfruttati. E tutti vogliono tornare a casa. Li vedi sorridere, "Goodmorning Madame!". Li guardi negli occhi: stanno morendo dentro. Per mantenere la famiglia, non crescono i loro figli. Mandano soldi a casa. 
Quando vai a giro, non vedi mai, mai, mai, un libro. Un giornale. Che leggan tutti gli E-book? Magari. 
Un altro: You look like a Punk! Cool!
L' amico: Io So che tu leggi.  (Leggo che? Il futuro?? penso io..)
Sembra un'accusa di adulterio da come lo dice......
Le edicole vendono 2 quotidiani e 7 riviste di moda e pettegolezzi.
Un giorno mi viene la geniale idea di regalare alla mia coinquilina (che non legge) "Il ritratto di Dorian Grey" Oscar Wilde.  
Scusa, sai dove posso trovare una libreria?,    No, mai vista...
Cerco su internet. Ne trovo un paio. 
"Avrebbe un libro (qualsiasi) di Oscar Wilde? <Chi???> mi risponde il commesso...vabbe', non ce l'hanno...
Seconda libreria:  "Aspetti che guardo nell'inventario sul computer"
"Wilde? SI! E' un libro per bambini vero??"
No, vabbe', lasci perdere, grazie comunque...
Terza libreria: 
Settori:  SALUTE E BENESSERE, SPA CENTER, BUSINESS, RELIGIONE, E GUIDE TURISTICHE. STOP.
Quando vien a lavorare a Dubai, c'e' un test che devi superare. Che sia di cultura del luogo? Rispetto dei costumi locali? Credenze Religiose? Avrebbero un senso.
E invece no. La Sharia viene applicata se offendi il creatore, se fosse rispettata tutti i toscani verrebbero impiccati nei primi 10 minuti di permanenza.
No. C'e' un solo Test. Se non lo passi, out. Fuori. 
E' il test dell' HIV. 
Ma perche'?
Eppure la legge dice che il sesso e' consentito solo con il proprio marito/moglie. 
L' adulterio e' punito con la morte.
Sesso fuori dal matrimonio, con un anno di prigione.
Che lavorino tutti in cucina? 
Non avrebbe senso. L' HIV e' un virus che resiste all'aria aperta dai 2 ai 3 secondi. 
Ovvero: e' trasmissibile attraverso sesso, trasfusioni e scambio di siringhe.
Ora: non mi sembrano esserci cosi' tanti tossici qua.
Le trasfusioni ci sono, ma per religione (chi la rispetta) non e' consentita.. E si suppone che anch'esse passino attraverso un test dell' HIV.
Il sesso. Rimane quello. Ma non era proibito fuori dal matrimonio? Qua c'e' gente finita in galera per un bacio. Con il proprio compagno. Spiati da qualcuno (visto che qua in tribunale non c'e' "innocente fino a prova contraria"). Basta stare antipatici a qualcuno.
Ma allora sto sesso???? 
Dubai e' un puttanaio. Ci sono puttane di ogni genere. Diverse lingue, diversi gusti, alto bordo, basso bordo, prezzi bassi, prezzi alti. Si fa piu sesso a Dubai che nella fredda Europa, dove l'amore e' libero.
Vuoi dirmi che il governo e' cosi' "smart", da prevenire un epidemia da HIV?
Pero' finisco in galera per un bacio sulla guancia...
Oh...l'amore non costa nulla. Il sesso a pagamento invece presuppone: Hotel, Taxi, Alchol, benzina. Fa girare l'economia. 
Il sesso e' tollerato. L'amore, no. Perche' una puttana non l'abbraccio. Non la prendo per mano. Non le sussurro parole dolci accarezzandole l'orecchio con le mie labbra. E al momento che lo faccio, non e' piu' una puttana. E fermo l'economia.
IL VELO
Sia Mai!!!!! Dubai deve girare, girare, girare. (a me fa solo girare altro)
Anni fa, difendevo il diritto di portare lo chador. Rispetto delle altre culture.
Un cazzo. Finche sei sui libri, e' facile sognare rispetto per il diverso.
Poi vieni a vivere qui. E' curioso. 
1  Le donne, assumono un fascino particolare con lo chador. E' un "vedo non vedo".
le vedi sinuose, e sogni le loro curve appena accennate quando camminano. 
Le mani decorate....chissa dove arrivano quei tatuaggi...su per il braccio..e poi...
I tacchi. Un lembo di pelle che si intravede...vorresti baciare quei piedi..(che camminano poco, percio' di calli nemmeno l'ombra).
E poi, gli occhi. Vedi solo gli occhi. E gli occhi son tutti belli. Luci in nell'oscurita'. (no, non e' notte, e' che sono contornati da un velo nero).
Lo chador e', in primis, una fantasia erotica.
Poi, un marchio del marito: e' mia, mi obbidisce, e nessuno la deve guardare. O, meglio, che guardino pure. Ma la gonna, gliel' alzo solo io.
Chiaramente il marito si veste Dolce e Gabbana. E guida un suv del cazzo.
E va' a puttane, perche' la moglie non s'intende di sado-maso. Ma che lei non si provi a guardare in modo strano un altro, che son cinghiate. Se ti provi ad aprire la porta di un ristorante ad una donna araba, per pura gentilezza, lei si ferma. Passare da quella porta sarebbe un "atto quasi sconcio". 
Testimonio: Si son fermate. finche non ho richiuso la porta, nada. O il portiere (che di sicuro non e' italiano), o il marito, o da sole. 
Ricordiamoci del test dell'HIV.....
PRIMA SETTIMANA 
Ho un amico indiano. Decidiamo di andare in un locale, musica live e qualche drink.
Beviamo, ridiamo, parliamo, ascoltiamo musica. Il mio amico era tra l'imbarazzo e 
l'incazzo. Gli chiedo cosa c'e'.
Lui mi dice: Ci guardano tutti. (Che tu sia un po paranoico?)E perche' dovrebbero guardarci??
Lui dice: Non hai capito? - No - Credono che tu sia una puttana ... E perche' mai???Non ti siedo sulle ginocchia e stiamo solo parlando - Lascia perdere, te lo spiego dopo -
E poi usciamo. Si avvicinano tre ragazzi. Chiedono qualcosa in hindi al mio amico.
Lui risponde, mi prende per un braccio e mi dice: "Andiamocene".
Io: Cosa ti hanno chiesto?
Lui: Andiamocene.  
Io insisto. come al solito.
Lui: Mi hanno chiesto se ho finito (con te), e quanto prendi.
(Da notare che il locale era pieno di puttane in minigonna. Io direttamente dal lavoro con jeans, scarpe antinfortunistiche, polo con logo azienda)
Mi avvicino ai tre ragazzi: Sparo la cifrona: 10.000 AED (2000 euro circa) per 10 minuti.
Loro rispondono: andiamo
Che cosa avevo fatto? Eppure la mia immagine di puttana e' un altra.
Il fatto e' che non e' normale, o consentito, l'amicizia tra una donna e un uomo. Sopratutto se lei e' bianca e lui "nero". Non ci potevo credere. Nella citta' piu' cosmopolita che ci sia. 
Altra sera. Il locale e'  suddiviso in dance floor e un piano rialzato con sedie e tavolini con vista dall' alto della band. All inizio delle scale c'e' un nerone di due metri il buttafuori. Il mio amico indiano mi precede, fa per salire le scale, ma viene fermato.
Dove vai? - gli dice il buttafuori.
L' intera frase sarebbe stata: Dove credi di andare, lo so che non puoi permetterti di pagare un intera serata alcolica, percio' fila.
Il mio amico (indiano), ci pensa mezzo secondo: sono con lei - mostrandomi come fossi un lasciapassare.  
l'intera frase sarebbe stata: sono in compagnia di una donna bianca, e credimi, offro io.
Il buttafuori ci lascia gentilmente passare. 
Vado a fare la fila da western union per mandare soldi a casa. Ci sono due tipi di file per differenti servizi. Molto confuse e molto lunghe. Il ragazzo della security, mi chiama e mi accompagna direttamente a uno sportello.
Ma guarda che fortuna. Sono l'unica tra 20 persone che deve spedire i soldi ....tutte le altre avranno altri servizi da fare..
Andando via, mi accorgo che tutte le altre persone dovevano mandare i soldi a casa. E facevano la fila.
E allora??? Allora ero l'unica bianca. Immigrata di serie A.
Andando a lavorare per un evento al Trade Center, per disorganizzazione da parte della compagnia non abbiamo i Pass. Metal detector. Per lavoro ho cacciaviti, coltelli, chiavi inglesi, etc. 
Io passo. Con la borsa degli attrezzi. Niente pass. 
I miei compagni di lavoro, indiani, no. Nicht. Devono aspettare per i pass. 
Se non tutti i giorni quasi. Il razzismo diventa realta'. Ma la realta' e' che le direttive vengono dall'alto. La maggior parte dei proprietari d aziende sono indiani. Che trattano i loro connazionali come schiavi e i bianchi come oggetti preziosi.
Da notare che stessa posizione lavorativa, stessa efficienza, salario triplo o quadruplo se sei bianco.
Due ragazze filippine sono venute a lavorare come cameriere in un hotel. L'hotel ha pagato il visto e fornisce un posto letto (4in una camera). Salario, 300 euro al mese. Lavoro, 10/12 ore al giorno. 
Quando iniziano a lavorare gli viene detto che il salario e' dimezzato perche' l'hotel ha pagato il viaggio e la camera dove stanno...
Da notare che qua il salario minimo e' di circa 1400 euro.
Ma non sono i 150 euro di salario. Quello ci puo stare. Ma non ci puo stare il fatto che a fine turno di lavoro, queste ragazze vengono accompagnate nella loro camera da una security dell' hotel. Entrano in camera. Lui solo ha la chiave. Le chiude dentro per poi riaprire la mattina dopo. Sono prigioniere dell hotel. Proprieta' dell' hotel. Queste sono storie comuni. Quelle meno comuni, nascoste alla stampa, sono quelle di centinaia/migliaia di persone che muoiono per scarse ondizioni igeniche, scarso mangiare, lavorare a 52 gradi sotto il sole, magari a 200 metri d'altezza (sono belli i grattacieli, vero?). Per una miseria. 
Noi ci lamentiamo di non avere liberta' di stampa. E di parola. Poveri noi che aspiriamo sempre ad un perfetto mondo. Qua non puoi dire "Il governo fa schifo". Perche' se ti sente qualcuno puo' riferirlo alle autorita' competenti. E galera. Devi stare attenta a non mostrare troppo il corpo. Non sono permessi abbracci in pubblico. Baci sulla guancia..io farei attenzione. Chiaramente ricordiamoci dell' economia che deve girare, girare...
il razzismo  , le puttane,  differenze di salario, schiavismo, arroganza, compro in cash, 500 libri, expo 2020, tutti in festa. le carte di credito che fanno tic, nuove uscite a profumi, la pioggia controllata, la gente persa, gli uomini che dopo 5 minuti ti chiedono di andare in camera,
E poi arriva il giorno in cui ti rendi conto che hai subito una trasformazione. Che l'integrita' morale e' andata a farsi fottere. Che la coscienza e' un optional. Nessuno la ha intorno a te. Si fanno la guerra tra poveri. Ci si sfrutta a vicenda. E allora ti adegui. Ti adegui alla massa per solitudine. Per ricerca. Scopri la cattiveria e la menzogna. Scopri che il tuo mondo idilliaco non e' ovunque. Mi hanno rubato soldi in passato. Ma nessuno mai mi aveva rubato la dignita'. Io sono stata lo strumento di cio. Io, per solitudine, per ricerca, per vendetta. Mi sono vendicata per un torto subito. Ed ho provato piacere. E dolore allo stesso tempo. Ma quel poco piacere provato, scalfisce, e' come un ritratto di Dorian Grey. Lascia smorfie nella coscienza. E scopri che essere onesti e' una questione di opportunita'. La dose di cattiveria, la propria ricerca. L 'essere umano e' una bestia. Malvagia. Bellissima a tratti. Ma la sua cattiveria e' pura. E allora rimpiangi di quando volevi rimanere al di fuori di questo gioco meschino che e' la vita. Era una scelta molto, molto ponderata. 
 
 
 

ma io qui a dubai come ci sono arrivato? per caso!

Post n°12 pubblicato il 30 Maggio 2014 da littlelone
 
Foto di littlelone

ho riletto i primi post, per essere sicuro di non ripetermi troppo. mi ha fatto uno strano effetto l'entusiasmo con cui guardavo a questo posto, oggi che dubai è la mia realtà quotidiana. 

 

circa un anno fa ho fatto l'ultimo lavoro per l'azienda con cui lavoravo prima. poi è arrivata l'estate. ho lavorato in varie situazioni, ma chiamate da loro "sbrisga", niente. non è interessante come e perchè mi abbiano messo da parte, eccetto il fatto che ci sono volute settimane di telefonate e mail per capirlo. da solo, perchè all'oggi nessuno mi ha ancora detto "sei stato licenziato". sintetizzerò il mio disappunto per l'accaduto e per chi lo ha fatto accadere con un "a'nfameallanimadelimortaccituaeditunonnoedituttastamanicadestronzi". eccetto uno, nessuno dei miei colleghi si deve sentire coinvolto, intendo quelli che lavoravano già quelli del reparto telefonate meno, visto che li ricordo tutti con affetto e riconoscenza, soprattutto quelli che ogni tanto via FB mi aiutano a imparare qualcosa! fine del disclaimer.

passata l'estate, i suoi chiccosi eventi portofineschi, i festival sui monti e al mare e altre belle cose mi iniziavo però a domandare come avrei campato in futuro. mandare un centinaio di curriculum (ho studiato, anche se poco, latino, so che in latino sarebbe curricula, ma in italiano resta curriculum) ad aziende che si occupavano di altro rispetto a ciò che ho sempre fatto mi era servito a ricevere qualche domanda tipo "ma hai conosciuto veramente jovanotti?" e poco altro. mandai solo un c.v. a un amico di roma in ambito "showbiz", in seguito a pressanti richieste da parte di caterina senza riporre la minima aspettativa in questa cosa. ikea e decathlon non mi avrebbero assunto nonostante sia in grado di montare una libreria billy in meno di trenta secondi  o di cambiare le ruote di una bicicletta. per fortuna mi si prospettò l'ipotesi di andare a raccogliere le olive e trasformarle in olio insieme a delle persone amichevoli e interessanti oltrechè in possesso di vero seghetto zubat, sintomo di professionismo contrapposto al mio dilettantismo con seghetto da 8 euro. iniziai quindi a fantasticare di un futuro nel settore della bioagricultura, ignaro della fatica immane e del tempo che richiede ogni singola goccia di olio e pregno dell'entusiasmo tipico dei principianti. non faceva ancora un freddo boia a genova a fine ottobre ma in compenso pioveva un giorno si e l'altro pure. tuttavia la ridotta truppa dei raccoglitori ROR accumulava olive e iniziava a vedere con gioia i primi litri di olio frutto di tanti sforzi. buonissimo tra l'altro. appena il tempo di realizzare che se avessimo venduto l'olio carissimo avremmo guadagnato circa 20 centesimi l'ora senza contare la benzina della vespa e mi arrivò una telefonata, via skype, acceso per pura coincidenza alle otto di mattina. dall'altra parte un azzimmatissimo signore, tale habib, che mi chiedeva se fossi pronto a partire per doha. risposi di si e tagliai la conversazione, dicendo che lo avrei richiamato poco dopo, visto che dovevo accompagnare lorenzo all'asilo. nel mio piccolo cervello si sono scatenate alcune domande. la prima "dovecazzoèdoha?". la seconda "equestochiè?". la terza "comehaavutoilmiocontatto?". la quarta "quelmessaggiocheparlavadidohaechehocancellatoforsenoneraunoscherzo?". l'atlante mondiale edizione 1997 mi aiutò a capire dove fosse  doha, tra il nulla, l'arabia saudita, il niente e il golfo persico. poi servirono un paio di telefonate per ricostruire il viaggio del mio c.v. che da roma era arrivato a dubai, ad un'azienda, technopro, che mi aveva contattato per un mese di lavoro proprio in qatar. l'ultima telefonata la feci ad enrico della doc che mi aveva mandato un messaggio con scritto qualcosa su doha, e che io avevo prontamente derubricato a scherzo. da lui ottenni importanti informazioni sulla provenienza della telefonata, la tipologia di azienda e i lavori che svolgeva oltre che sul contesto in cui avrei lavorato. vi riporto la conversazione: "pagano?""si". due ore dopo avevo accettato il lavoro. senza sapere nulla di quello che avrei fatto e nemmeno esattamente quanto avrei guadagnato.

con immenso dolore abbandonai i miei raccoglitori riuniti, le colline, la liguria e le olive per iniziare questa nuova breve avventura.

a doha technopro aveva un sacco di lavori in contemporanea. il primo giorno conobbi il gruppo impegnato nel montaggio degli impianti audio per la parata militare del national day. la sera mi dissero: scusa ci siamo sbagliati, devi andare all'aspire, un palazzetto dello sport (gigante: campo da calcio a 11, pista di atletica, volley, scherma, basket, piscina, una roba tipo 10 palaeur!) a occuparti dei radiomicrofoni per una mega convention: welcome in technopro, dove l'organizzazione è un optional rigorosamente non incluso! fui fortunato perchè all'aspire si mangiava decisamente bene, ma non tanto perchè dal punto di vista delle radiofrequenze è il posto più difficile del mondo. c'era un fonico americano talmente incapace da far passare in secondo piano qualunque boiata potessi fare, un dream team libanese indimenticabile, un collega italiano con cui mi trovai benissimo e un project manager greco a cui piacque il mio modo di lavorare. fu così che conobbi il capo. un'immagine degna di tutti gli stereotipi che avevo sull'uomo d'affari libanese. camicia bianca sbottonata, oro a nastro, unghiazza "da tassista greco", parlantina feroce. ma anche una conoscenza approfondita dell'audio, essendo stato un tecnico, e una capacità di usare le storie per affascinare, coinvolgere, intortare davvero fuori dal comune, mischiata a una curiosità che sembrava sincera nei confronti dell'interlocutore. parlammo mezz'ora dei trascorsi, di alcune amicizie in comune, del mio passato lavorativo. in cinque minuti poi mi fece abbassare il prezzo della mia prestazione di 500 eurini, ma rimanendo nell'ambito del soddisfacente. finito il lavoro all'aspire, una settimana dopo, mi ritrovai a parlare con lui. quattro ore questa volta. di dubai dove mi stava chiedendo di trasferirmi, della sua azienda, del contratto, della casa dove avrei abitato e di un milione di altre cose. mi colpì il fatto che stesse cercando di convincermi ad accettare la sua proposta. il vecchio capo nei cinque anni precedenti mi ha degnato di circa 200 parole, inclusi gli articoli, e un paio di velate minacce facendomi comunque sentire un questuante che gli rompeva un po' i coglioni volendo lavorare. nabil mi piacque. verso la fine delle quattro ore avvenne la contrattazione economica: "qual è la cifra minima al mese per cui ti trasferiresti, alle condizioni che ti ho detto?" "xxxx dollari al mese" "ok!". credo mi sia scappato un mezzo sorriso, allora.  insieme al rimprovero "dovevichiederedipiùcazzo!". 

non so ancora se quella scelta fu giusta o meno. ma so per certo che in quel momento ero così stufo di chiedere lavoro, come se fosse un'elemosina che mi bastò veramente poco per decidere. restai ancora una decina di giorni in qatar, lavorando proprio alla parata militare, prima di tornare a casa. festeggiai anche il compleanno, l'ultimo giorno, con un'epica pasta al sugo e un po' di colleghi (god bless you!). 

strana sensazione. stava iniziando una nuova vita. per caso. i miei problemi stavano per cambiare. un'altra volta.

 

 
 
 
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