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briganti o rivoluzionari

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la legge pica

Post n°11 pubblicato il 05 Gennaio 2010 da parsival51

 

Naturalmente era necessario avere un supporto legale al massacro che si stava compiendo e di strumenti per continuare a reprimere .....ed ecco che nel 1863 viene approvata la più volte citata Legge Pica.....

prestare attenzione in particolare all'articolo 7.......  ne stiamo pagando ancora le conseguenze

 

 

Il N. 1409 della Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia contiene la seguente legge:

VITTORIO EMANUELE II

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE

RE D'ITALIA

Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato,

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Art. 1. Fino al 31 dicembre corrente anno nelle Provincie infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con Decreto Reale, i componenti comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche vie o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai Tribunali Militari, di cui nel libro II, parte II del Codice Penale Militare, e con la procedura determinata dal capo III del detto libro.

Art. 2. I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, o co' lavori forzati a vita concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che non oppongono resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie ed ajuti di ogni maniera, sarà applicata la pena de' lavori forzati a vita, e concorrendovi circostanze attenuanti il maximum de' lavori forzati a tempo.

Art. 3. Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena. Tale pubblicazione dovrà essere fatta per bando in ogni Comune.

Art. 4. Il Governo avrà pure facoltà, dopo il termine stabilito nell'articolo precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione di un grado di pena.

Art. 5. Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare per un tempo non maggiore di un anno un domicilio coatto agli oziosi, a' vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice penale, non che ai camorristi, e sospetti manutengoli, dietro parere di Giunta composta del Prefetto, del Presidente del Tribunale, del Procuratore del Re, e di due Consiglieri Provinciali.

Art. 6. Gl'individui, di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio loro assegnato, andranno soggetti alla pena stabilita dall'alinea 2 dell'articolo 29 del Codice Penale, che sarà applicata dal competente Tribunale Circondariale.

Art. 7. Il Governo del Re avrà facoltà di istituire compagnie o frazioni di compagnie di Volontari a piedi od a cavallo, decretarne i regolamenti, l'uniforme e l'armamento, nominarne gli ufficiali e bassi ufficiali ed ordinarne lo scioglimento. I Volontarii avranno dallo Stato la diaria stabilita per i Militi mobilizzati, il Governo però potrà accordare un soprassoldo, il quale sarà a carico dello Stato.

Art. 8. Quanto alle pensioni per cagione di ferite o mutilazioni ricevute in servizio per la repressione del brigantaggio, ai Volontari ed alle Guardie Nazionali saranno applicate le disposizioni degli art. 3, 22, 28, 29, 30 e 32 della Legge sulle pensioni militari del 27 giugno 1850. Il Ministero della Guerra con apposito regolamento stabilirà le norme per accertare i fatti che danno luogo alle pensioni.

Art. 9. In aumento del Capitolo 95 del bilancio approvato pel 1863, è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio.

Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle Leggi e de' Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dat. a Torino addi 15 Agosto 1863.

VITTORIO EMANUELE

 

 
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Commenti al Post:
valeria.61
valeria.61 il 07/01/10 alle 22:49 via WEB
Rifiutando la definizione del brigantaggio come fenomeno delinquenziale che ci è stata impartita, sarebbe storicamente corretto accogliere un’interpretazione più convincente, ovvero quella di una «rivolta anarcoide, risposta selvaggia, priva di regole e di programmi, di un popolo stremato da antiche questioni economiche» (R. Nigro). Una rivolta in cui può accadere che il brigante diventi ciò che Friedrich Schiller, nel dramma «I Masnadieri», voleva che fosse: «Un giustiziere contro la madre di tutti gli inganni: la politica». Paradossalmente, vittima della storia, anche il Piemonte ha avuto i suoi briganti: nel 1796, contro l’occupazione francese. E non erano briganti tanto diversi da quelli che l’Italia unificata dai Savoia decise di far giustiziare sul campo con l’applicazione della legge Pica. Tale legge, contraria a molte disposizioni costituzionali, colpiva non solo i presunti briganti, ma affidava ai tribunali militari anche i loro parenti e congiunti, semplici sospetti o nullafacenti. Non è una coincidenza storica con quanto sarebbe avvenuto nel Novecento, se la legge Pica fu promulgata dal parlamento della Destra, preceduta da inchieste parlamentari a porte chiuse, o senza un numero sufficiente di parlamentari. La legge Pica avrebbe fornito i presupposti giuridici a quella che era, in pratica, una vastissima e radicale operazione di repressione, a volte sfociata in veri e propri casi di crimini contro l'umanità, come per la distruzione dei paesi di Pontelandolfo e Casalduni, e il genocidio di tutti gli abitanti. Il parlamento della nuova Italia non volle vedere nella rivolta sociale delle province una violenta reazione all’aggressione piemontese. Infatti, già gli eventi del 1860-61 (dopo un susseguirsi di occupazioni violente: dai barbari ai normanni, agli svevi, agli angioini e agli aragonesi) vennero accolti dalla popolazione come un ennesimo episodio di sopraffazione e di assoggettamento: il governo piemontese appariva, in definitiva, un altro usurpatore che non aveva fatto i conti con la diffusa delusione per il fallimento del nuovo governo nel migliorare le durissime condizioni di sfruttamento e sopraffazione, ereditate dai Borbone. Come a dire: cambia il padrone, ma gli sfruttati son sempre gli stessi. Non si trattava altro che di resistere, quindi, a un nuovo «conquistatore»: così il brigantaggio, che all’inizio era un fenomeno politico in appoggio ai Borboni, divenne protesta sociale, resistenza. Una vera, e propria, «guerra civile».
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