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Persona Migliore

Post n°48 pubblicato il 07 Settembre 2006 da androyde
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Nuova musica da raccontare e far ascoltare.

Album: Persona Migliore (2006)



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Musica e testo di Androyde
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Per me, da bambino, la politica era questione di cravatte. Giacche dai colori tristi, facce vecchie e grottesche. E sapevo che, per fare il loro dovere, i proprietari delle cravatte, delle giacche e di quelle facce dovevano parlare molto. Prima tra loro, in grandi stanze di vecchi palazzi. Poi davanti ai microfoni. Ma di che? Eh, insomma, dai! La politica era questo. Cravatte, parlare, microfoni, qualche podio. E se ti veniva qualche dubbio, che è legittimo soprattutto da piccoli, quando chiedi il perché di tutte le cose…niente. A interrogare un adulto si otteneva in risposta fumo, o parole ancora non registrate dagli under 10: "reazionari, rivoluzionari, terroristi" eh! cala, cala… "proletari, quadri, terziario…scala mobile?"

Avevo lacune in tutto, dalla matematica alla religione. Va bè, pazienza, ma prima o poi voterò, no? Dovrò capire perché nei telefilm americani si dice Congresso e da noi Parlamento, o perché di là il presidente è un uomo alto due metri con le spalle così che preme un bottone rosso e partono missili ovunque, mentre nella realtà nostrana c'è un caro vecchio nonno con la pipa che racconta del suo passato partigiano ed esulta allo stadio.

E figurati se vengono a spiegarmelo le suore!

Perché io le elementari le ho fatte dalle suore.

Mio papà, ovvio. Era come certe leggi finanziarie: di rigore. Gioventù in Azione Cattolica, credente di quelli che in chiesa si inginocchiano anche per terra, se non hanno trovato posto in panca. Mio fratello…era maggiore. Molto maggiore, di tredici anni: barbuto, obiettore di coscienza, fronte demoproletario. E immagina. Nella nostra cassetta della posta per anni sono arrivati ogni giorno due quotidiani: "Avvenire" e "Il Manifesto". Per il postino: un enigma. Ascoltava Radio Popolare, mio fratello. Che adesso è gaia, amena e interessante. Fa anche un po' tendenza. Nei primi anni Ottanta…uno stillicidio soporifero. Ma lui era bravo a spiegare. Metodico, l'unica mente matematica della famiglia. E capii che quello che faceva era una lotta civile, non violenta, legittima. Evitare la naja per me andava benissimo e quindi mi aprisse pure la strada la sua Lega obiettori di coscienza, ma mi rendevo anche conto d'altro. Che, ad esempio, non è un gran bel pensiero sapere che gli americani han deciso di piazzare a Comiso, tra coppole e partite a scopone, una manciata di testate nucleari puntate contro la Libia. Si sa mai che poi caschi qualche altro aereo civile. Ma che vuoi: quando sei "Nato" non puoi più nasconderti, e se sei una portaerei a forma di stivale ancora meno...

E allora? Allora disobbedienza. Picchetti. Uno striscione lungo, calato sulla verticale della facciata del duomo, bianco come un angelo, ma la vernice era nera, incazzata e contestataria: "No al carcere per gli obiettori". Mio padre disapprovava con un silenzio sprezzante, ma anche con quel tono di voce che io mi sono sempre cagato in mano. Quale tono? Severo, è semplice. Il tono severo del proprio papà è il più severo di tutti. Dicevano che sarebbe potuto finire a Roma, conosceva persone importanti. Uscì dalla Dc perché quello che aveva visto là dentro non gli era piaciuto. 

Non c’era già più al tempo della mia prima manifestazione. Mi toccò in sorte la guerra del Golfo di Bush padre (un pallino di famiglia). Gennaio 1991. Emilio Fede gongola perché è stato lui a dare la notizia per primo: gli americani hanno attaccato Baghdad e tutti ricordiamo le prime immagini: il cielo iracheno illuminato come lo schermo di Space Invaders. A scuola si fa una timida occupazione, e nei giorni seguenti in piazza. Partenza Largo Cairoli, arrivo canonico in duomo. Più che dal collettivo "Che Guevara" del mio liceo, che non frequentavo, ero stato istruito da mio fratello e qualche argomento per far colpo sulle ragazze, in autogestione, ce l'avevo. E che caspita, i servizi segreti americani, il business del petrolio, mentre appena al di là dell'adriatico continuano spensieratamente a darsi da fare operose imprese di pulizia etnica.

Beh, funzionò…nel senso che mi trovai la ragazza. Ah, bella cosa la politica!

Sono sempre stato un nervo scoperto. Mi infiammo facilmente. E dopo provo un grande imbarazzo. Non mi sento a posto, non mi sento buono. Cerco di migliorare, nel corso degli anni, ed è per questo che pian piano ho iniziato a concedere il beneficio del dubbio, a calarmi nei panni altrui, ad accettare quello che resta di me, dopo l’incazzatura: un orso volubile.

Non mi piace escludere le sfumature di grigio tra un estremo e l’altro. E ho rinunciato a farmi corteggiare, per noia o disincanto: “lotta insicura, autocensura” sarebbe potuto diventare lo slogan. Nel 1994 concessi il beneficio del dubbio persino all’ex palazzinaro, quando si presentò per la prima volta alle elezioni. Il dubbio, non il voto. E poi nemmeno più quello, quando venne fuori, tra i primi atti del suo governo, il decreto Biondi. Lo ricordate? Il “salvacorrotti” lo chiamarono. Fu una manifestazione che abbracciai con convinzione, al Palazzo di Giustizia.

Assistere al sopravvento sopravvento di una perdita di memoria collettiva. A leoncavalli trasformati in ritrovi tra il trendy e l’oltranzista. Al manicheismo politico: una sorta di tifo organizzato, mosso, incoerente, ridicolo nell’ambiguità del sistema bipolare indotto. E come si è stancato tuo zio, tuo padre, tutti quelli tra Piazza Fontana e la stazione di Bologna, ti stanchi anche tu. Che ti aspettavi? Ma attento. Non allontanarti troppo che è quello che aspettano, per rubarti in casa. Non addormentarti a lungo: ne approfitteranno per iniettarti gomma nelle ossa e farti diventare “flessibile”. In guardia Masaniello, ti lascio il guinzaglio lungo.

Immagini: scatti dalla primavera di Praga, 1968

 
 
 
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