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GIOVEDI' SANTO - COENA DOMINI (LAVANDA DEI PIEDI)

Post n°27 pubblicato il 09 Aprile 2009 da ange_rizz

Durante l'Ultima Cena accade qualcosa di inaudito. Sotto gli sguardi attoniti dei discepoli, Gesù si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugatoio, se lo cinge attorno alla vita; poi versa dell'acqua nel catino e comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si è cinto. Tutto si svolge nel silenzio. Tacciono i discepoli, sono allibiti. Non credono ai loro occhi; Gesù si è tolto le vesti -come fanno gli schiavi- e non lava le mani, ma i piedi; si sottopone a un gesto tanto umiliante che un giudeo, ridotto in schiavitù, doveva rifiutarsi di eseguire per non disonorare il suo popolo.
Gesù lo compie; lui, Dio. Lo stupore dei discepoli è comprensibile; sono vissuti tre anni accanto a Gesù, lo hanno riconosciuto come il Cristo e attendono impazienti che egli porti a compimento le Scritture. Hanno appreso che il Messia dominerà da mare a mare....Lambiranno la polvere i suoi nemici.... Davanti a lui tutti i re si prostreranno e lo serviranno tutte le nazioni. (Sal72,8-11)  
Ora, nel cenacolo queste loro speranze di gloria si dissolvono , impietosamente demolite  dalla scena che lentamente sta svolgendosi sotto i loro occhi. Durante  l'ultima cena, il Dio >venuto ad abitare in mezzo a noi>(Gv 1,14) ha scoperto le carte e ha mostrato la sua vera identità. Nel gesto della lavanda dei piedi i discepoli hanno potuto leggere, la sua professione: non padrone, ma <schiavo>.
Impossibile immaginare una rivelazione di Dio più sorprendente.  Eppure questo "Dio-Servo" è l'unico vero, tutti gli altri sono idoli creatri dalla mente dell'uomo.
Lavando i piedi ai discepoli, Gesù ha distrutto per sempre l'immagine che gli uomini si erano fatti di Dio: il Dio grande sovrano seduto in trono; il Dio che pretende adorazioni, ossequi, atti di sottomissione da parte dei sudditi, il Dio che esige obbedienza e rispetto altrimenti si indegna e reagisce con rappresaglie e punizioni; il Dio dominatore che annienta coloro che osano schierarsi contro di lui.
Gesù rende presente un Dio dal volto completamente diverso: è il Dio che si pone in ginocchio davanti all'uomo, sua creatura. Lo colloca su un piedestallo mentre lui -l'Onnipotente- gli si prostra davanti per servirlo. Questo è l'unico Dio in cui siamo invitati a credere,Prendere o lasciare!
D fronte a questa scena - che provoca vertigini - si rivelano grottesche, patetiche le nostre competizioni per ottenere baciamani, inchini, titoli onorifici, riconoscimenti.
Appaiono meschini i nostri conflitti per raggiungere posizioni sempre più elevete.
Pietro comprende che il maestro sta introducendo nel mondo un principio che scombina tutti gli schemi dettati dal buon senso, stravolge tutti i criteri di giudizio accolti come logici dagli uomini.
Non ci sta. Non può ammattere che i superiori, i più dotati, coloro che, con pieno merito, riescono a emergere e a farsi una posizione prestigiosa, debbano ritenersi servi degli ultimi.
Reagisce e, a nome di tutti, prima chiede stupito: "Signore tu lavi i piedi a me?"; poi oppone un rifiuto categorico: "Tu non mi laverai i piedi!".
Gesù non si meraviglia della sua incapacità di comprendere: la logica del servizio gratuito e incondizionato è lontana dai pensieri degli uomini come il cielo e la terra.
Pietro non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini, (Mc 8,33)
A Pietro è chiesto soltanto di non impedire a Dio di rivelare la propria identità di schiavo dell'uomo. Se glielo impedisce non otterrebbe la salvezza.
Essere salvati, infatti, significa lasciarsi liberare dalla convinzione che ci si umanizza salendo, dominando, facendosi servire. Chi ripudia questa proposta suggerita dal maligno e sceglie -come fa Dio- di essere servo di tutti è salvo.Concluso il dialogo con Pietro, "Riprese le vesti, seduto di nuovo".
Gesù aveva deposto le vesti, gesto che indicava la sua identità di schiavo, Erano gli schiavi infatti che indossavano abiti succinti per essere più liberi nei movimenti.
Ora Gesù riprende le vesti e si siede.
Ambedue questi gesti richiamano la condizione della persona libera (gli schiavi non si mettevano tuniche ingombranti e rimanevano in piedi, pronti a scattare agli ordini del padrone).
Dopo aver donato la propria vita servendo l'uomo,  Gesù è entrato nella condizione gloriosa del cielo e il Padre lo ha fatto sedere alla sua destra. Giovanni però non dice che Gesù si è tolto il grembiule prima di rimettersi le vesti.  Gli è rimasto addosso, lo porta anche in paradiso. Non è venuto sulla Terra per recitare la parte del servo e tornare in cielo a fare il padrone.
Rimane sempre servo perchè questa è l'identità di Dio.
Il grembiule è il simbolo del servizio, è la divisa che il cristiano non può mai deporre, deve indossarla ventiquattro ore su ventiquattro. In ogni momento un fratello può avere bisogno di lui ed egli deve essere sempre disponibile a correre in suo aiuto.
E' da questo grembiule e non da altre divise che sono riconoscibili i discepoli autentici.
Discepolo è colui che segue le orme del Maestro.
Anche i discepoli, sul suo esempio, sono chiamati a divenire servi.
"Vi dono un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni con gli altri, come io vi ho amato./Gv13,34).
Ora riprendiamo il tema dell'Eucaristia.
La lavanda dei piedi ci ha fatto comprendere cosa comporta il gesto di accostarsi all'altare per "comunicare al pane eucaristico". Significa accettare di identificarsi con colui che, per tutta la sua vita, ha indossato il grembiule. Mangiare il suo corpo e bere il suo sangue vuol dire divenire un corpo solo con lui.
La nostra domanda sarà allora "ho sempre indossato il grembiule?" oppure sono nudo e come Pietro ho bisogno di rivestirmi prima di andare incontro a Cristo?
Un servo non è più grande del suo padrone, nè un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose sarete beati se le metterete in pratica.
Spogliarsi, farsi schiavi, mettere il grembiule. E' un cammino che sembra avere come meta ultima il dolore, l'umiliazione, la morte.
Una certa spiritualità del passato ha difatti presentato l'adesione a Cristo come una ricerca della sofferenza e del dolore come un mezzo per piacere a Dio. Da qui è derivata la convinzione che la vita cristiana non sia fonte di gioia, ma di angoscia e paura.
L'uomo cerca la felicità!
E' Dio che gli ha posto nel cuore questo incontenibile desiderio. Difficile è però individuare il cammino per raggiungerla ed è facile puntare su obbiettivi sbagliati e ritrovarsi delusi e avviliti.
Si pecca quando si punta su una felicità illusoria.
Il Vangelo è lieta notizia, propone la beatitudine.
Contro tutte le logiche umane, Gesù garantisce a coloro che si fidano della sua proposta: "Sarete beati!"
Ecco la sorpresa: il dono di sè è l'unico cammino che porta alla gioia.
E' la prima delle due beatitudini che si trovano nel Vangelo di Giovanni.
La seconda Gesù la rivolgerà a Tommaso: "Beati coloro che, pur non avendo visto, crederanno". (Gv20.29).
Due beatitudini: una per chi pratica la carità, l'altra per chi ha la fede.

                                                (p.F.ARMELLINI biblista)

 
 
 
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