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Il Medioevo dei bambini

Post n°414 pubblicato il 05 Agosto 2017 da cielostellepianeti

La voce dei bambini non è mai stata rappresentata, quindi l'opinione che possiamo farci dell'infanzia nel Medioevo si rintraccia solamente nelle parole degli adulti. La disparità sociale allora come adesso differenziava anche la vita dei bambini.
Nelle famiglie medievali le nascite erano frequenti ma la mortalità dei piccoli nel venire al mondo o nei primi anni di vita era elevata. Secondo la mentalità del tempo essere una buona moglie era inscindibile dall'essere una buona madre e le donne sposate erano destinate a generare figli fino alla morte.(Come dichiarava il domenicano Nicola di Gorran)
Superato il difficile momento della nascita, la sopravvivenza del piccolo era legata alla qualità dell'allattamento e alle condizioni igieniche. Quando le madri non potevano allattare il nascituro, anche perché si credeva che a causa delle continue gravidanze il latte fosse nocivo, nelle classi più agiate lo si inviava in campagna da una balia a pagamento, cosa che spesso si rivelava fatale per i neonati a causa delle carenti condizioni igieniche, delle poche attenzioni o della scarsa qualità del latte.
Nelle famiglie più povere, a sei, sette anni, soprattutto i maschi, erano assunti come garzoni di artigiani o affidati ai preti per essere avviati al sacerdozio. Le femmine invece andavano a servizio di qualche famiglia in cambio di vitto e alloggio.
Trovo interessante un passo del "Libro di buoni costumi" di Paolo da Certaldo, dove è evidente la diversa attenzione dedicata i due sessi: " Lo fanciullo lo si deve tenere bene
netto e caldo e poi fallo studiare o pollo a quell'arte che più si diletta...e s'ellé fanciulla femmina polla a cucire e non a leggere che non sta bene a una femmina saper leggere. Se la vuoli farla monaca mettila nel munistero anzi ch'abbia la malizia di conoscere la vanità del mondo. Vestila bene e come la pasci non le cale (non le importa) pur ch'abbia sua vita (cioè a sufficienza per mantenersi in vita). Insegnale a fare il pane, abbuterare e fare il bucato, filare e tessere, ricamare... e simili cose che quando la mariti non pare una decima (scimunita)".
Del resto tutti gli educatori dell'epoca, per i quali la funzione della donna era di essere riproduttiva, ossessionati dalla custodia del corpo femminile (quindi della virtù) proponevano durante l'infanzia il controllo alimentare, la proibizione del movimento fisico, del gioco e di ogni stimolo nell'educazione delle bambine.
La scuola e la lettura, tuttavia, rimasero per secoli appannaggio delle classi privilegiate, per le classi popolari, soprattutto nelle campagne (dove l'educazione restò affidata alla chiesa) l'opportunità di ricevere istruzione era pari a zero. Del resto come predicava Giordano da Rivalto, la condizione servile dei lavoratori era considerata espressione della volontà di Dio...

Così predicava quella domenica del 3 marzo 1305:
" Vedete quanta cura ha Dio di tutte le genti, egli ha cura di ciascuno come te. Perché fae Dio tante diversitadi nel mondo, i ricchi e i poveri, i forti, i deboli, se tutti fossero re chi farebbe il pane? Chi lavorerebbe la terra? Ha ordinato Dio che siano ricchi e poveri, acciocché' è i ricchi siano serviti dai poveri e i poveri sovvenuti dai ricchi. A che i poveri sono ordinati?
Acciocch'è ricchi guadagnino per loro vita eterna. Tutto questo è grande ordine di Dio e dimostra ch'egli è pastore universale, reggitore di tutto il mondo, perché ha cura d'ogni gente e d'ogni schiatta."

Quindi se la necessità di disparità sociale era considerata espressione della volontà di Dio...
assurdo ritenere la scuola alla portata di tutte quelle persone il cui unico dovere era di coltivare campi e svolgere mestieri servili.

Per tornare ai bambini del Medioevo, scarsa nutrizione, pericoli, malattie e doveri, rendevano breve la vita dell'infanzia, sia dei ricchi e ancor più dei poveri...per i quali da sopravissuti il destino non era dei migliori...

 

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