Creato da mago_dei_nodi il 12/06/2011
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Gelosìa

Post n°7 pubblicato il 28 Giugno 2011 da mago_dei_nodi

gelosìa    [ʤelo'zia]
s.f.

sf
ansietà tormentosa di chi teme di perdere l'amore della persona amata

sf
rivalità, invidia che nasce da vere o presunte preferenze

sf
cura attenta e scrupolosa

sf
piccolo sportello, praticato nella parte inferiore di una persiana, che si apre inclinandosi verso l'esterno; anche l'intera persiana

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Irrazionale, emotiva ma spesso impossibile da reprimere, la si può controllare, tenere a bada e impedirle di farci comportare in maniera insensata, è la gelosia. Forma d'amore forse sbagliata e morbosa perchè per sua natura tende a limitare la libertà del proprio compagno/a.

Ne soffro anche io anche se in maniera diciamo così silenziosa e quasi nascosta, me la tengo dentro. La cosa strana è che sono praticamente certo, al punto che metterei la mano sul fuoco, della meravigliosa donna che mi sta accanto eppure sono lo stesso geloso. Questa canzone di Vasco Rossi la trovo stupenda e adattissima come colonna sonora di questo post.

                                                                                               EuGeNiO

 
 
 

Il discorso tipico dello schiavo

Post n°6 pubblicato il 23 Giugno 2011 da mago_dei_nodi

Un bellissimo pezzo di Silvano Agosti sulla nostra società...

 
 
 

Venderò

Post n°5 pubblicato il 22 Giugno 2011 da mago_dei_nodi

OGNI COSA HA IL SUO PREZZO MA NESSUNO SAPRà QUANTO COSTA LA MIA LIBERTA'.

 
 
 

La ruota della vita

Post n°4 pubblicato il 21 Giugno 2011 da mago_dei_nodi

 

Salve a tutti, il post di oggi è un mio scritto di oramai un paio di anni fa. Si tratta di uno scritto se vogliamo anche molto personale e intimo ma mi piaceva l'idea di postarlo qua e renderlo in qualche maniera pubblico. Personalmente nel rileggerlo mi emoziono e spero sia gradito ai pochi lettori che passeranno dal blog.

 

La ruota della vita











Scritto il 12 e 13 Novembre 2009





Manca meno di una settimana al giorno dei morti ed è una mattinata grigia, autunnale. C'è una pioggerellina fine che a intermittenza bagna la città, oggi piuttosto cupa triste e ripiegata su una tipica atmosfera malinconica autunnale. Mantengo fede a una promessa, fatta a mia madre già da qualche settimana, per cui, che la cosa la ritenga sensata e giusta oppure meno non ha importanza. Si va al cimitero a trovare mio padre a portare dei fiori sulla sua tomba.

In auto si parla del più e del meno, soliti discorsi, mi racconta vita morte e miracoli di parenti che non vedo magari da anni, oppure della figlia della signora del palazzo di fronte che ha appena divorziato per la seconda volta. Poi mi dice di quanto è simpatico il macellaio o di come la commessa giovane dell'ipermercato è sempre carina e gentile con lei e l'amica con cui fa la spesa al mattino. Episodi semplici di vita quotidiana in un borgo antico della città. Ascolto ma rimanendo immerso nei miei pensieri, spesso le dico di si distrattamente in maniera quasi automatica ma si tratta di cose che spesso ho già sentito raccontare più volte. Il solito “furbo” che sorpassa a destra o un pedone che si butta sulla strada senza nemmeno guardare mi distraggono ancora di più. Non mi permettono di osservare qualcosa che probabilmente già so.

Un gran casino di auto che vanno e vengono o che attendono pazientemente di poter parcheggiare ci accoglie nei pressi dell'enorme cimitero centrale nonostante si sia scelta la metà della settimana per evitare il caos. Mentre cerco un buco non troppo lontano dall'entrata di cui ci serviamo solitamente per non far camminare troppo mia madre mi scaturisce la solita riflessione di ogni anno. Quanta ipocrisia e apparenza nonché business c'era in questo affannarsi a sistemare le tombe ed adornarle di belle e talora pure costose composizioni floreali solo in occasione di questo periodo dell'anno.

Finalmente vedo relativamente vicino all'ingresso del cimitero una fiammante mini grigio topo, alla cui guida c'è una bella donna, fare retromarcia per abbandonare il parcheggio. Mi ci accodo subito e mi infilo di corsa nonostante anche di fianco si stia liberando un altro posto. Arriva subito un auto a occupare quel posto, la guida un signore piuttosto anziano e canuto che si posteggia vicinissimo, quasi appiccicato alla mia. Lo guardo e forse ho un aria di rimprovero, poi scendo dalla parte del passeggero non senza aver prima notato la fatica di mia madre ad alzarsi. L'anziano mi guarda e si scusa a suo modo con fare garbato e se possibile maniere anche timide e riservate e mi chiede se poi ce la faccio ad uscire dal parcheggio. In quel momento la tentazione di rispondere in modo ironico e con un piccolo rimprovero è forte ma poi lo guardo bene. E' tutto quello che credo sarebbe stato mio padre oggi se il destino gli avesse concesso di vivere la sua vecchiaia. Lo rassicuro anche con un sorriso e lo lascio a dirigersi verso la fioraia nella strada di fronte. Noi dei fiori non ne abbiamo bisogno dato che mia madre ci ha pensato già da ieri. Li ha presi al mercato al fine di risparmiare qualche euro fedele a quello che da sempre è il suo stile di vita votato al risparmio dove è possibile.

Varchiamo l'ingresso e scendiamo la breve scalinata lentamente. Uno scalino alla volta perché lei ha paura di cadere, non c'è niente di nuovo nell'incertezza che dimostra ma oggi la noto e mi fa un effetto diverso, più forte.

C'incamminiamo verso il campo dove si trova il loculo in cui riposa mio padre, il tragitto è relativamente breve per un adulto nel pieno delle forze, ma lungo e stancante per una donna anziana e nemmeno tanto in forma come lei.

La vedo ma in una maniera diversa, forse più limpida del solito oggi. Le chiedo più volte se sia stanca, se abbia voglia di fermarsi, sentendo magari nel suo respiro breve e veloce un accenno di fiatone. I suoi passi sono piccoli e lenti ed il suo incedere risente degli acciacchi di una vecchiaia che per lei avrebbe potuto anche essere meno dura, avendo già vissuto un'infanzia non facile. Il morbo di parkinson la frena nei movimenti e l'osteoporosi la indebolisce rendendola fragile. Si rende perfettamente conto che è invecchiata e me lo dice un po' con tono fatalista, un po' con tono malinconico. La rassicuro poi dico che è una ruota ed è già bello il semplice arrivarci alla vecchiaia, che bisogna saper vivere al meglio ogni età. Lei mi sorride e gli occhi mi paiono gonfi della nostalgia e dei ricordi. Nel suo sguardo, nel suo modo di ascoltarmi nella luce dei suoi occhi vedo un modo diverso di stare con me. Oggi i suoi piccoli e bellissimi occhi azzurri luccicano di una luce differente, mi guarda, mi parla e sorride affidandosi completamente a me come se gli ruoli si fossero invertiti e ora fosse lei il bimbo indifeso da proteggere. Ora i suoi modi, i suoi atteggiamenti, tutto quanto in lei nonostante la fragilità e la debolezza che la caratterizzano sembrano dire “ Ora son con mio figlio, lui mi protegge e si prende cura di me, con lui non mi può succedere nulla.”. Il guaio è che purtroppo quel totale affidarsi agli altri lo mette anche con chi non dovrebbe dimostrando una ingenuità di ritorno che non le ho mai visto. Vedo i suoi occhi mi ci perdo quasi, penso, mi fa una tenerezza incredibile e mi emoziono anche, quasi un groppo in gola che ovviamente dissimulo ostentando l'atteggiamento di sempre. Mi pare cosi strano, incredibile, come oggi, lei che rappresentava l'universo intero per me che la vedevo invulnerabile e invincibile, che mi ha cresciuto proteggendomi dal male e dandomi quei valori e i principi su cui fonda la mia esistenza, consideri me il suo di universo. Vuole dipendere completamente da me, mi si affida ciecamente certa che nulla di male le farò mai.


Finalmente siamo in prossimità del loculo dove riposa mio padre, lei al solito osserva i cognomi dei trapassati rilevando come ogni volta quelli più strani che oramai potrei citare a memoria. Le chiedo se vuole sedersi per riposarsi un po' su di una di quelle enormi scale metalliche usate per visitare i loculi situati più in alto. Ma non vuole, comincia ad armeggiare con la sua borsa cercando forbici e piccoli stracci per sistemare e ripulire un po' il loculo dove riposa il compagno di una vita intera. La foto di mio padre sorridente campeggia sul marmo e sembra guardarci benevolo.

Prendo i fiori ed anche il vaso, mi dirigo alla fontana per cambiare l'acqua, immerso nei pensieri per il tempo che fu, quando c'erano mamma e papà a proteggerti e il mondo era un posto meraviglioso che sembrava a portata di mano e pronto per essere conquistato da te. Il caso vuole che davanti a me, intento a sciacquare il suo vaso vuoto, ci sia proprio il signore che ha parcheggiato di fianco a me, lo guardo sorridendo cordialmente. Sorride anche lui, ma c'era un contrasto enorme con gli occhi lucidi, si asciuga una lacrima dignitosamente, si sente in dovere di spiegarmi ora con una voce sottile e meno sicura che da quando non c'era più la sua Marcella erano tre anni che al cimitero proprio non riusciva a trattenere qualche lacrima. Rispondo che posso capire ma provo una gran pena per lui, per quel dolore composto e quel mostrarsi agli altri in tutta la sua sensibilità e debolezza senza paura. Penso di nuovo che se ne avesse avuto modo mio padre sarebbe diventato così. Cambio l'acqua e risciacquo il vaso dato che dietro di me ci sono già altre due signore in attesa, quindi torno da lei. Per qualche istante pensieri ed emozioni lasciano spazio a cose pratiche, sistemiamo fiori e vaso facendo modo che trovino ancora spazio anche quelli finti messi in passato, finiamo di pulire e nel frattempo notiamo altre belle composizioni floreali nei loculi vicini.

Lascio che lei inizi il suo monologo, perché lei comincia a parlargli come se lui fosse davvero lì e la sentisse. Talvolta si ferma anche, come ad aspettare una risposta che chissà come o perché nella sua mente arriva anche. Si scusa perché non riesce ad andare a trovarlo tanto spesso, ed io lì a provare per lei un amore indescrivibile. Appoggio una mano sulla spalle per farle sentire mia approvazione, poi le do anche un buffetto su una guancia, mi chino per darle un bacio, sorride e poi gli dice che sono il bastone della sua vecchiaia, che senza me è persa, ed io minimizzo il tutto, lascio intendere, che poi è quello che effettivamente penso, che poi così tanto non faccio. Dopo le raccomandazioni di rito, di proteggere tutte le persone care, da l'ultimo bacio alla foto e lentamente cominciamo a tornare indietro. Si comincia a parlare di ricordi e ora mia madre ritrova un po' della se stessa che fu e racconta nei particolari, anche quelli più piccoli, aneddoti e curiosità di quando io non c'ero ancora. Lascio il fiume dei ricordi viaggiare sereno. Son tutte storie che so oramai già quasi a memoria ma risentite ora hanno un'altra luce, come se le emozioni di quella mattinata le avessero donato un bagliore particolare, impreziosendole.

Arriviamo all'auto, come pensavo ho ancora di fianco parcheggiata strettissima l'auto del tenero signore anziano, salgo io dalla parte del passeggero poi come posso da dentro do una mano a mia madre. Fatica un po' ma alla fine appena sistemata si gira verso me prima che metta in moto e mi ringrazia per averla portata, i suoi occhi son pieni di gratitudine e la cosa oggi mi commuove visto che dovrei io ringraziarla per aver dedicato anche a me una buona parte della sua vita. Scaccio via la commozione metto in moto, comincio prima a chiedermi se riuscirò a fare manovra per uscire poi passo a battute spiritose e piccole scherzi che so la divertono.

Usciamo dal parcheggio e riprendiamo la strada di casa, sento finire un momento particolare di vita, una piccola parentesi di consapevolezza dell'importanza reciproca che abbiamo l'uno per l'altro, di quanto lei anche se invecchiata indebolita e confusa sia ancora cosi presente e indispensabile per me.

Finisce tutto nel ritorno alla normalità di tutti giorni ma rimane dentro me un'amore pazzesco e incondizionato per lei.





Dedicato a mia madre.



EuGeNiO




 

 
 
 

Bloc notes

Post n°3 pubblicato il 17 Giugno 2011 da mago_dei_nodi

 

Quello ritratto nella foto sembra soltanto un banale bloc notes piuttosto piccolo. Con qualche appunto scritto con una grafia minuscola e disordinata, stile zampe di gallina, appoggiato per lo più su un banalissimo tappeto di un macchinario industriale. Ragion per cui si ritiene ci si trovi all'interno di una fabbrica.

Eppure a quel banale notes il sottoscritto è affezionatissimo perché poco più di cinque anni fa in un freddo pomeriggio invernale su quel blocco nacquero le prime righe de “Il volo di Matteo” il romanzo che ha segnato il riesplodere in me dopo anni in cui era stata sopita per vari motivi la passione di scrivere, racconti e romanzi più o meno brevi. Passione che sono fermamente deciso a non abbandonare perché più che mai negli ultimi mesi regala soddisfazioni enormi. La pratica di scrivere le idee per i miei racconti mentre lavoro va avanti ancora oggi, certamente solo quando le lavorazioni da svolgere (non spesso!) me ne lasciano il tempo. Ora vi chiederete perché sta foto e perché questo post ma non lo so nemmeno io, il punto è questo. Spero non venga visto come un attacco di immodestia, mi piaceva semplicemente condividere con voi qualche informazione in più su come nascono almeno i primi abbozzi dei miei scritti.

                                                                            EuGeNiO

 
 
 
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