C. DICKEY - G.C. KOVACH - Revered - and yet Repressed

Post n°35 pubblicato il 05 Settembre 2005 da antislamico
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Con taglio etnologico, il settimanale Newsweek analizza il ruolo ambivalente delle donne nell'islam integralista: represse ma rispettate, abusate ma venerate. La condizione oscurata e sottomessa della donna nei paesi musulmani è ormai innegabile e dimostra il suo stretto legame con l'integralismo islamico che la vuole assoggettata, confinata tra le mura domestiche, priva di un proprio riconoscimento sociale, vittima e insieme garante di una cultura antica.
Nell'articolo viene evidenziata la sorprendente affinità e continuità di modelli culturali tra il mondo musulmano e la sponda settentrionale del Mediterraneo, il nostro Sud, dove residuano ancora realtà in cui le donne hanno un ruolo subalterno e passivo, ritagliato esclusivamente nello spazio domestico. Il ruolo delle mogli degli appartenenti all'Organizzazione Al Qaid'a ricorderebbe, in particolare, quello delle mogli dei boss mafiosi riassumibile nel prendersi cura della famiglia, restando ignoranti e completamente estranee ai dettagli del business, eppure con un ruolo ben preciso.
Entrambe le subculture criminali, apparentemente diverse e lontane, hanno in realtà, secondo gli Autori, caratteristiche comuni. Prima fra tutte, la famiglia intesa quale struttura fondamentale di tipo matriarcale. In queste realtà la presenza della donna è riconosciuta nella propria soggettività soltanto nella sfera del privato, quale custode del culto domestico.
Le donne avrebbero insomma un ruolo determinante soprattutto per quanto riguarda l'educazione dei figli. Sono infatti esse ad avere un potere enorme, una grande responsabilità nel misurare il destino dei figli maschi e strutturarne la personalità.
Per converso, la dimensione pubblica, sociale, civile, è prerogativa esclusiva dell'uomo. Il riconoscimento della donna islamica quale soggetto di diritto e quindi titolare di una propria capacità giuridica è negato. L'apertura al mondo occidentale, inoltre, è vista come un ostacolo, una minaccia al mondo islamico per la potenziale influenza sull'emancipazione delle donne che ne fanno parte.
I talebani si assicurano che le donne non vedano niente, non sappiano nulla, non siano in grado di lavorare, di studiare, di esprimersi. L'obbligo di usare il burqa, abito che imprigiona la donna dalla testa ai piedi, è un modo per cancellare la loro identità corporea. In questo tipo di società l'aggressività degli uomini è stata in qualche modo indirizzata anche nei confronti delle donne: oggetto da proteggere ma, nel contempo, da sfruttare, simboli centrali dell'onore della lotta, dell'autorevolezza, dell'affermazione e della prevaricazione, ma sempre e comunque oggetti nelle loro mani.
Da queste brevi riflessioni sulla realtà femminile nasce la consapevolezza di quanto il tema del ruolo della donna sia un problema politico, che investe tutta la società nel suo insieme, anche nella prospettiva della futura evoluzione, poiché la richiesta di soggettività della donna è indispensabile per il cambiamento di tutta la società.
L'analisi condotta con questo articolo è dunque particolarmente interessante. Se da un lato mostra come culture e subculture apparentemente lontane siano in realtà prossime e simili nei confronti di valori sociali fondanti, dall'altro pone in evidenza come la problematica affondi in concezioni antropologiche ataviche che possono accomunare, paradossalmente, realtà e religioni distanti e diverse. Prima di essere mafiosi o talebani, cristiani o musulmani, si è infatti uomini, con le debolezze, i timori e le angosce, sulle quali si innestano la storia, la cultura, la civiltà e, drammaticamente, anche l'arretratezza, la violenza e l'abuso.
 

Musica- Lighthouse family- High

 
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Capitolo  5

Post n°34 pubblicato il 28 Agosto 2005 da antislamico
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Abdullah, il buon re saudita che perseguita i cristiani
Giovedí 25.08.2005 16:31


Di Antonino D'Anna

Non l'avrà presa bene, il Papa, la notizia che oggi rimbalza Asianews.it dall'Arabia Saudita: il re Abdullah, successore di Fahad, ha deciso di inasprire la persecuzione contro le religioni, in primis i cristiani. Che vengono perquisiti, specialmente se di nazionalità straniera e preferibilmente indiana, e non possono riunirsi per momenti di preghiera in casa e in privato. Tale e tanta è l'intolleranza, che l'ambasciatore indiano a Riyadh ha diramato un'istruzione per gli immigrati del suo paese, in cui si avverte che i casi di detenzione di indiani coinvolti in attività religiose nel regno saudita sono in aumento; per questo motivo, sono invitati a non portare in Arabia Bibbie, libri religiosi, foto, icone.

Non è tutto: l'istruzione invita anche a non organizzare gruppi di preghiera in residenze private o svolgere attività di predicazione. Questo perché il governo saudita impedice la pratica di ogni religione diversa dall'Islam wahabita; e se negli ultimi anni era stata permessa la pratica in privato di altra religione, ora Abdullah ha deciso il giro di vite, eventualmente torturando gli infedeli grazie ad un'apposita polizia religiosa, la Muttawa. Occidentali che però sono i benvenuti se portano tecnologia, investimenti e produttività. Preferibilmente in dollari.

Il Santo Padre ha incontrato i musulmani a Colonia. Ha chiesto loro, cambiando volutamente il testo del discorso, non di "rispettare" ma di "amare" reciprocamente i cristiani, facendo luce sugli errori storici delle Crociate e condannando il terrorismo. Re Abdullah, lei non prova neanche un po' di vergogna a perseguitare i cristiani in pieno XXI secolo? O l'importante è incassare qualche dollaro in più chiudendo un occhio sui ricchi occidentali e facendola pagare agli indiani?

Musica- Dione warwick - i'll say a little pray

 
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Capitolo 5

Post n°33 pubblicato il 25 Agosto 2005 da antislamico
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La mezzaluna rosa

La donna nell’islam…tenui .segnali di speranza!

“Non è cattivo, è la sua natura. Non penso di poter impedire questo comportamento ricorrendo alla magistratura. L’unica cosa che chiedo è che mi picchi solo una volta la settimana”. Questo il contenuto della deposizione che Mariam J., una donna iraniana di Teheran, ha rilasciato agli esterrefatti giudici di una corte locale. La sua storia è riportata dal quotidiano iraniano Aftab ed è stata ripresa dalle agenzie stampa di tutto il mondo.

La donna ha fatto causa al marito, ma non per ottenere il divorzio o per l’arresto del coniuge violento, bensì perché il tribunale dia cadenza settimanale alle percosse subite. Il marito, al momento della sua deposizione, ha dichiarato che “una volta ogni tanto questo trattamento è necessario, perché una donna deve avere sempre paura del marito per ubbidirgli”. Per la cronaca il tribunale di Teheran ha fatto firmare al marito di Mariam un impegno ufficiale a non picchiare più la moglie.

Le donne e il mondo islamico, un rapporto intenso e difficile. Nella cultura islamica, la donna ha un ruolo ben definito. A lei viene lasciato il compito della cura dei figli e della casa. Il problema si complica  quando vengono violati i diritti fondamentali . La contraddizione tra rispetto e sottomissione della donna che caratterizza il mondo dell’Islam è fatto di storie come quella di Mariam J., ma anche di storie di donne di grande coraggio e qualità.

Per restare in Iran, come non parlare di Azar Nafisi? Il suo primo libro, ‘Leggere Lolita a Teheran’, è un caso editoriale in tutto il mondo. La scrittrice insegnava letteratura inglese all’università di Teheran dove, dopo la rivoluzione khomeinista, diventava ogni giorno più duro parlare della cultura di quell’Occidente simbolo di tutti i mali. Nel 1995 Azar si arrende e si ritira, ma non smette di credere nella forza delle pagine scritte da grandi autori stranieri. Come non smettono di crederci sette delle sue studentesse. Da quel momento, ogni giovedì mattina, le ragazze vanno a trovare Azar Nafisi a casa sua. Per
 leggere assieme, per parlare di letteratura, confrontarsi e arricchirsi.

Un gruppo di lettura clandestina insomma, come i protagonisti dell’Attimo fuggente, film di culto di qualche anno fa. Nel 1997 il loro segreto viene scoperto e, per il bene suo e delle ragazze, Azar interrompe le sue letture e accetta una cattedra di letteratura inglese all’università John Hopkins negli Stati Uniti. Della sua storia ha fatto un libro, che ha appassionato milioni di lettori. “Non credo al cambiamento imposto con la forza”, ha dichiarato recentemente Azar Nafisi, “credo al mito di Shahrazàd, la protagonista delle Mille e una notte che ha cambiato il sovrano malvagio con la forza del racconto, della pazienza, dell’intelligenza. La donna ha capito che non è la violenza a cambiare il mondo, ma la cultura”.

 

 

Arwa Shanti-Boxall vive negli Emirati Arabi Uniti. Arwa è la proprietaria del negozio ‘Petzone’, a Dubai. Il suo negozio di animali è uno dei più conosciuti del Paese ed è stato aperto grazie ai finanziamenti che il governo degli Emirati ha stanziato per l’imprenditorialità femminile. Di suo, Arwa ha colmato con le sue capacità il fossato che esiste nel suo Paese tra il ricevere un incentivo economico e la considerazione sociale di una donna che lavora. Lei lo ha fatto con eccellenti risultati. Questa piccola  e isolata storia può rappresentare  una  speranza per il futuro delle donne che vivono nel contesto islamico!

Come Rula Hannoun, che lavora in banca ricoprendo un ruolo di responsabilità. “A volte incontro uomini che hanno difficoltà a relazionarsi e a fare affari con me”, ha raccontato Rula alla Bbc in una recente intervista, “ma alla fine si pensa solo a lavorare. Le cose sono profondamente cambiate a Dubai, soprattutto negli ultimi dieci anni. Sono sempre di più le donne che si vedono nei posti di lavoro e sempre meno gli uomini che perdono tempo a rompere le scatole”.

L’esempio viene da una cooperativa di donne sole che, per mantenersi in una società dove se non sei una moglie, una figlia o una sorella di qualcuno praticamente non esisti, ha deciso di guadagnarsi la vita con i propri mezzi. Allora è nata una delle principali fabbriche per la produzione del velo.

Gli Emirati Arabi Uniti confinano con l’Arabia Saudita, un Paese dove la condizione femminile è molto differente. Alle donne è proibito anche guidare, figurarsi intraprendere un’attività da sole. Questo non sembra preoccupare Nadia Bakhurji. Un mese fa il governo saudita ha indetto per febbraio del 2005 le prime consultazioni elettorali della storia del Paese. Nadia, un architetto di 37 anni, ha deciso che se il momento è storico va vissuto fino in fondo. E si è candidata.

“Spero che tante donne non ritengano assurdo il mio gesto”, ha dichiarato Nadia in un’intervista, “sono una donna e sono una patriota. Voglio servire la mia comunità e il mio Paese”. L’Arabia Saudita vive il periodo più difficile della sua storia. La monarchia degli Saud è schiacciata tra le derive fondamentaliste dell’Islam e la richiesta di riforme che proviene dalla società civile. Il terrorismo ha causato centinaia di vittime in diversi attentati negli ultimi anni, eppure Nadia ha voglia di lottare per aiutare l’Arabia Saudita a cambiare.

“A volte ho paura, ma voglio provare. Non tornerò indietro”, ha concluso Nadia. Per avere la percezione del coraggio di questa donna, basti pensare che non è stato ancora chiarito dal governo di Riad se le donne saranno chiamate a votare. Esiste però un movimento di cui fa parte Nadia assieme a tante altre donne che ha deciso di battersi per ottenere il diritto di voto e per partecipare sempre più alla vita pubblica.

Speriamo che vinca la sua battaglia!

Musica-Giorgia- Come saprei

 
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Capitolo 5

Post n°32 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
Foto di antislamico

UNA sfida PER IL MONDO MUSULMANO
In Iran, islam contro islam


A due anni dalla sua elezione a presidente della Repubblica, Mohamed Khatami è partito per una tournée nel mondo arabo. La tappa più importante è stata l'Arabia saudita, una monarchia con la quale l'Iran rivoluzionario si è più volte scontrato. Il dirigente islamico ha così confermato l'intenzione di imprimere una svolta alla politica estera del suo paese. Ma è sul fronte interno, sul ruolo dell'islam e dei suoi rapporti con la politica che si gioca la dura partita tra riformatori e conservatori. L'esito di questa lotta deciderà il futuro dell'Iran, ma avrà anche pesanti ripercussioni su tutto il mondo musulmano

Dal nostro inviato speciale Eric Rouleau  ex ambasciatore in turchia ed in Iran.

Farsi cacciare sulla porta della casa di un grande ayatollah, nel pieno centro di Qom, città santa, è un evento di per sé insolito.Tanto più che questo prelato, il più influente dell'alto clero dell'islam sciita, che fu per lunghi anni il delfino designato dall'imam Khomeiny alla testa della Repubblica islamica, era solito ricevere i visitatori stranieri con grande cortesia. Hossein Ali Montazeri, 77 anni, era caduto in disgrazia nel 1989 dopo aver criticato, tra l'altro, le esecuzioni di massa di prigionieri politici. E' stato incarcerato diciotto mesi fa dopo aver messo in discussione il carattere teocratico della Repubblica islamica, l'istituzione del Velayat Faguih (letteralmente il "governo della giureconsulta"), la più alta istanza politico-religiosa dello stato. Sostiene che il faguih, la "guida suprema" della Repubblica non ha legittimità divina e dovrebbe essere democraticamente eletto con un mandato limitato nel tempo e revocabile, che la sua funzione dovrebbe essere essenzialmente di natura spirituale e che la scelta potrebbe cadere su un laico, rispettato per le sue conoscenze teologiche e le sue qualità umane, piuttosto che un chierico sprovvisto di tali requisiti.
Il suo "crimine" supremo è di avere diffamato l'attuale faguih, il successore di Khomeiny, l'ayatollah Ali Khamenei, che ritiene sprovvisto delle qualità inerenti alla sua carica.
L'ayatollah Montazeri ha numerosi emuli nell'alto e nel basso clero, a volte più radicali di lui. Almeno due altri ayatollah sono agli arresti domiciliari. Altri ancora sono stati ridotti al silenzio, minacciati di non ricevere più i sussidi di stato, aggrediti da sicari di un gruppo paramilitare, i Partigiani dell'Hezbollah (il partito di Dio). Né è stato risparmiato il basso clero, che ha fama di esser in gran parte contestatario.
Numerosi mullah, entrati in rotta di collisione con la gerarchia ecclesiastica, sono stati spretati, e languono ora nelle carceri, o rischiano di essere tradotti tra breve davanti al temibile "tribunale del clero". Privati dei favori del potere, di cui beneficia soltanto una infima minoranza di religiosi, colpiti dall'impopolarità che investe indistintamente il clero, ritenuto dall'opinione pubblica collettivamente responsabile delle malefatte del regime, questi mullah hanno aderito a una visione dell'islam diversa da quella dei potentati religiosi. Alcuni arrivano fino a sostenere che il clero debba ritirarsi dall'apparato dello stato per ritrovare il ruolo morale, anche contestatario, che gli apparteneva prima della rivoluzione del 1979.
Prendere le distanze dai testi sacri Nel maggio 1997, l'elezione a presidente della repubblica di un riformatore, l'hojatoleslam Mohamad Khatami, ha amplificato il movimento di protesta. Il caso di Mohsen Kavidar è esemplare.
Nel corso di colloqui passati questo giovane mullah (39 anni), professore di filosofia, teneva discorsi poco ortodossi, ma a condizione che non gli venissero attribuiti. Da due anni è uscito allo scoperto, e approfittando delle libertà conquistate dalle nuove pubblicazioni dell'opposizione, da filosofo si è trasformato in militante politico: ha firmato scritti polemici, denunciando la natura teocratica del Velayat Faguih e accusando i detentori del potere di aver ripristinato le pratiche totalitarie del regime monarchico. Si è richiamato a Jean-Jacques Rousseau, per invocare "un contratto sociale" che regoli i rapporti fra stato e cittadini. Ma ha superato la soglia di tollerabilità quando ha preteso che fosse "fatta piena luce" sull'ondata di omicidi politici dell'autunno 1998, lasciando intendere che fossero stati telecomandati da alti responsabili, laici o religiosi. Gli assassini del politico di opposizione Dariush Furuhar, di sua moglie e di due scrittori laici sono stati arrestati, ma l'inchiesta, segreta, è ancora in corso. Kadivar, che insisteva perché fosse rivelata l'identità degli assassini e i loro processi fossero celebrati pubblicamente, è stato condannato a diciotto mesi di prigione, nell'aprile del 1999, dall'implacabile "tribunale dei chierici".
Il clero conservatore definisce i suoi avversari "revisionisti", un termine cui si attribuisce un significato ingiurioso. I dissidenti sostengono invece che l'ijtihad (lo sforzo di interpretazione dei testi sacri) rientra in una pratica riconosciuta e incoraggiata dall'islam sciita, confessione largamente maggioritaria in Iran. Il mojtahed ha anche il diritto di emettere giudizi innovatori, dato che in linea di principio la giurisprudenza islamica non è rigida. Questo privilegio ha portato in certi casi a giustificare la separazione tra stato e religione, a una laicità de facto, se non de jure. Vari esperti di giurisprudenza islamica, teologi e filosofi, hanno varcato questa soglia senza ammetterlo pubblicamente per evitare gli strali dell'apparato repressivo.
Il concetto di laicità, (termine intraducibile in persiano), ignorato dai testi sacri, è considerato dal potere come una triplice negazione, dell'islam, della Costituzione della repubblica islamica e della stessa rivoluzione.
Lo sceicco Mohamed Shabistari, mojtahed riconosciuto e rispettato in tutto il mondo musulmano, professore di filosofia islamica all'università di Tehran, viene descritto dai suoi censori come un "liberale". Alto, agile nel suo mantello musulmano, il turbante bianco su un viso dai tratti armoniosi, un filo di barba bianca ben curata, occhiali di tartaruga, il teologo si esprime scegliendo con cura le parole: "Nell'islam non esiste nessuna forma vincolante di organizzazione statale.
Mentre un governo ispirato ai valori supremi dell'islam è legittimo, soprattutto in un paese molto credente e tradizionalista come il nostro, uno stato islamico è un controsenso alla luce dei testi sacri. L'istituzione del Velayat Faguih attiene quindi al campo della politica, non a quello della religione. La nostra Costituzione, alla quale aderisco per dovere civico, giustappone i diritti divini ai doveri dei cittadini. Questa commistione di generi è alla base di molti nostri problemi. Un giorno bisognerà pur uscire da questa contraddizione, adattandosi alle esigenze della modernità".
Ecco una delle parole chiave che appassionano l'opinione pubblica. Il filosofo musulmano Abdel Kerim Surush, pure molto influente in seno al clero e alla società civile, è un innovatore audace, che si discosta decisamente dai testi sacri in nome della modernità; dall'elezione del presidente Mohamed Khatami, le sue idee "sono al potere", come è stato detto in modo lapidario. "Basta con l'illusione che l'islam fornisca insegnamenti conformi a tutte le esigenze di una società moderna, quali la democrazia o i diritti umani. La religione del Profeta definisce soprattutto gli obblighi dei credenti, mentre la democrazia garantisce i diritti dei cittadini. Spetta a noi, intellettuali del terzo mondo, renderle compatibili".
Come? "Semplicemente, cercando di immaginare quali sarebbero le prese di posizione del Profeta se dovesse ritornare sulla terra per vivere tra i nostri contemporanei. Lui saprebbe fare la distinzione fra i pochi principi fondamentali del Corano e i numerosi giudizi congiunturali, riferiti, quattordici secoli fa, a una società ben diversa dalla nostra".
Perciò spiega a titolo di esempio le istituzioni di diritto divino (il Velayat Faguih), le sanzioni penali dette islamiche, la pena capitale per gli apostati (un'allusione, tra gli altri, al caso di Salman Rushdie) sono caduche, così come la disparità tra uomo e donna e le discriminazioni verso i non musulmani (gli jimmis) all'interno di uno stato musulmano.
Fino a poco tempo fa, Abdel Kerim Surush camminava in punta di piedi sul terreno religioso, e sosteneva di non voler affrontare temi politici. E' dunque il caso di meravigliarsi che sia stato privato della cattedra di filosofia all'università, che non possa più prendere la parola in un luogo pubblico senza essere fisicamente aggredito dagli hezbollah, che non si avventuri mai in città, se non in macchina e accompagnato, che stia pensando di espatriare? Eppure avrebbe buone ragioni per essere soddisfatto, dato che è un autore di libri di successo, la cui tiratura media è da due a tre volte superiore alla media delle opere pubblicate. E' letto soprattutto nella città santa di Qom, dove può contare, più che nel resto del paese, su molti sostenitori tra il basso clero e i seminaristi.
Le libertà pubbliche, in particolare quella della stampa, hanno conosciuto uno sviluppo senza precedenti dopo l'elezione a presidente di Mohamed Khatami, che ha fatto di questo tema il suo principale cavallo di battaglia. Ma la repressione esercitata dallo stato sotto la guida del faguih, l'ayatollah Khamenei, si è inasprita in egual misura. Il leader dei conservatori vede in Khatami il capo dell'opposizione liberale.
E questa "coabitazione all'iraniana", la cui posta in gioco è il potere supremo e forse il futuro stesso della Repubblica islamica, ha assunto le caratteristiche di una guerriglia larvata, o di una guerra di posizione, di cui le opposte interpretazioni dell'islam costituiscono solo un aspetto parziale. I media sono diventati l'arena centrale dello scontro. A fronte della radio, della televisione e delle numerose pubblicazioni controllate dai conservatori, una pleiade di riviste e quotidiani milita in favore di un aggiornamento.
I giornalisti evitano di affrontare esplicitamente questioni troppo "sensibili", quali il divieto del consumo di alcool o l'obbligo del velo per le donne, che oltre tutto sono di importanza secondaria nel dibattito in corso; mentre difendono coraggiosamente i principi che il presidente aveva posto al centro della sua campagna elettorale: lo stato di diritto, le libertà pubbliche, i diritti della persona, il pluralismo, la legalizzazione di tutti i partiti fedeli alla Costituzione (pur contestando alcune delle sue disposizioni), il funzionamento del sistema del Velayat Faguih (mentre non è sotto tiro la persona del faguih, alla quale è attribuita l'infallibilità di un papa). I giornali riformisti delle diverse tendenze, quali ad esempio Sobhe Emrouz e Khordad, vicini alla presidenza della Repubblica, Salaam (organi della sinistra islamica) Nachat e Kian (sinistra indipendente), Zanan (femminista), Hamshahri (destra modernista), pubblicano i testi e le dichiarazioni dei teologi "revisionisti", che pur rimanendo religiosi conservatori sono favorevoli alle libertà.
La risposta del potere a queste sfide ha assunto forme diverse: soppressione di pubblicazioni, che subito rinascono con nuove denominazioni; arresti di giornalisti e di cronisti, che una volta liberati tornano alla carica; campagne mediatiche di intimidazione, aggressioni fisiche, minacce di morte anonime o firmate da organizzazioni fantasma, e infine assassinii, dei quali il ministero dell'informazione è stato costretto ad attribuire la responsabilità ad alcuni suoi agenti, che avrebbero agito di propria iniziativa. "L'era degli assassinii è finita", ha esclamato recentemente in un suo discorso Mohamed Khatami; e gli ha fatto eco il suo ministro dell'informazione, Ataollah Mohajerani, il quale non si stanca di ripetere che "la soppressione della censura è irreversibile". Di fatto, ha autorizzato numerose opere letterarie e cinematografiche politicamente o moralmente "scorrette", con la sola eccezione di quelle che contengono scene sensuali. Ha riconosciuto, in attesa della sua legalizzazione, l'associazione degli scrittori iraniani, notoriamente laica e di sinistra, fuori legge sia all'epoca della monarchia che sotto la Repubblica. Mohajerani ha subito una denuncia per attività "anti-islamiche" davanti al parlamento nell'aprile scorso, ed è sfuggito per un soffio alla destituzione, grazie a una maggioranza risicata di deputati che hanno votato contro la mozione di censura, certo per timore della riprovazione popolare.
Una spada impugnata dal Signore Nell'arena del confronto, un posto d'elezione è occupato dall'istituzione giudiziaria, che rientra nell'ambito riservato del faguih, e sfugge si conseguenza al controllo dei poteri esecutivo e legislativo. "La spada del giustiziere è nelle mani dei nostri avversari", è l'amaro commento di Mohamed Atrianfar, direttore di Hamshahri, il quotidiano a più alta tiratura del paese. Una spada tanto più temibile in quanto a impugnarla è il Signore. "La giustizia è di essenza divina", spiega Assadollah Badamchian, uno dei dirigenti più influenti dello schieramento conservatore. "La giustizia non trae la propria legittimità dal popolo, bensì dall'islam", precisa l'ayatollah Mohamed Yazdi, capo dell'istituzione giudiziaria. Ma molte leggi sono talmente ambigue da consentire ogni sorta di manipolazioni. La libertà d'espressione ad esempio è garantita a condizione che "non sia lesiva dell'islam", o, meglio ancora, "quando non viene utilizzata per seminare la confusione nelle menti".
Grazie allo strumentario delle leggi in vigore e ai tribunali speciali incaricati di applicarle, il potere giudiziario ha varie corde al proprio arco. Se l'opposizione considera che i "tribunali clericali" e quelli "rivoluzionari" appartengano ormai al passato, ovviamente i detentori del potere sono di parere diverso. "Contrariamente a quanto pensano certuni, la nostra rivoluzione è permanente" spiega il dr. Hassan Ghafoorifaard, membro della presidenza del parlamento, molto vicino ai conservatori; "e noi abbiamo bisogno di questi tribunali per proseguire la lotta". Quale lotta, e contro chi?
"Abbiamo il dovere di lottare contro i nemici interni ed esterni della Repubblica, e in particolare contro l'invasione culturale dell'Occidente", risponde impassibile questo fisico nucleare, di formazione statunitense, che oltre tutto occupa in omaggio alla coabitazione la carica di consigliere per l'alta tecnologia presso il presidente Khatami. Pur essendo suo avversario e potenziale rivale alle prossime elezioni presidenziali, precisa poi, è ciò nondimeno "suo amico di lunga data".

                                         continua sotto...

per leggere questo super post, della musica come sottofondo è indicata... Annie lennox- little bird

 
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Capitolo 5

Post n°31 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
Foto di antislamico

Coabitazione "all'iraniana" "La situazione attuale è insopportabile, denuncia Saeed Hajlarian, politico molto in vista e consigliere tra i più ascoltati del presidente della Repubblica. In Iran procediamo su un terreno minato, senza sapere dove si trovano le cariche esplosive; mentre in altri regimi analoghi al nostro in Turchia ad esempio i cittadini possono evitarle, perché almeno sanno dove stanno". "Preferirei mille volte fruire di libertà limitate ma garantite, piuttosto che di libertà ampie ma virtuali come le nostre", rincara Abbas Abdi, dirigente della sinistra islamica.
I nostri interlocutori sono membri fondatori del Fronte della partecipazione, una delle due formazioni riformiste legalizzate. Il loro obiettivo prioritario è favorire il sorgere di altri contropoteri, di pubblicazioni indipendenti, di associazioni professionali, di sindacati liberi, e soprattutto di partiti politici in grado di affrontare le formazioni conservatrici una cinquantina che sono state invece autorizzate senza difficoltà.
Benché il pluripartitismo sia riconosciuto dalla Costituzione, esiste una commissione preposta a limitarlo in maniera considerevole, mediante l'applicazione di una legge che esclude le formazioni con orientamenti "incompatibili con l'islam".
Queste ultime sono suddivise in due categorie: khodi (letteralmente: "i nostri"), e gheir khodi ("gli altri). Tra questi ultimi figurano ad esempio due partiti fuori legge, ma tollerati: il movimento dei musulmani militanti e il movimento di liberazione dell'Iran, diretti rispettivamente da Habibollah Peyman e Ebrahim Yazdi. Entrambi hanno partecipato alla rivoluzione, ma si sono opposti senza mezzi termini all'introduzione del concetto del Velayat Faguih nel testo della Costituzione, sostenendo invece quello di democrazia. In seguito, hanno dichiarato la loro lealtà alla Costituzione adottata, pur chiedendo che venisse emendata. Ma questo non è bastato a "riabilitarli".
Le attività di queste due formazioni sono tollerate a livello semiclandestino; non possono tenere riunioni pubbliche né disporre di locali o pubblicare giornali. I comunicati e le dichiarazioni che rilasciano nella loro qualità di movimenti politici non vengono riprodotte dai media governativi; i loro militanti sono talora aggrediti o arrestati con pretesti vari.
"Continuiamo a subire un sistema che assomiglia molto all'inquisizione, spiega Yazdi, che è stato ministro degli esteri nel primo governo della Repubblica. La mia candidatura alla presidenza della Repubblica, nel maggio 1997, è stata scartata". La sua opinione, condivisa dagli altri dibattiti dell'opposizione, è che solo la legalizzazione di tutti i partiti politici, senza distinzioni, "è suscettibile di porre termine a un equilibrio instabile, in cui la pace civile è in pericolo".
La "coabitazione all'iraniana" è caratterizzata essenzialmente da uno squilibrio strutturale, nel quale un potere assoluto si contrappone alla legittimità conferita dal popolo. Il presidente della Repubblica, Mohamed Khatami, è stato eletto, con voto plebiscitario, da più del 70% dei suoi concittadini, una prima volta in occasione della sua elezione, nel maggio 1997, e la seconda alle elezioni locali e municipali del marzo 1999. Ma in pratica, è impotente davanti al faguih, che grazie alle sue prerogative può fare a meno di tener conto della sconfitta dei suoi sostenitori nelle due ultime elezioni. La Costituzione gli conferisce in effetti, tra l'altro, il controllo esclusivo del potere giudiziario, dell'esercito, dei pasdaran (i "guardiani della rivoluzione", guardia pretoriana del regime), di centinaia di imam della preghiera del venerdì, incaricati di diffondere la buona parola, dei media e dei grandi quotidiani governativi, dei quali nomina i direttori. Inoltre è incaricato di definire l'applicazione della politica generale della Repubblica, soggetta alla sua supervisione; di avallare l'elezione del presidente della Repubblica, e se necessario di destituirlo; di dichiarare la guerra e di concludere la pace. In un certo senso, è al disopra delle leggi, dato che è l'interprete della volontà del Profeta e dei suoi successori, i dodici santi imam, e non deve rendere conto a nessun altro che al Signore .
D'altro canto, il faguih raccoglie, in tutto o in parte, i proventi delle cosiddette fondazioni caritative. In realtà si tratta di holding economiche tentacolari, costituite all'indomani della rivoluzione, soprattutto grazie ai beni confiscati alla famiglia imperiale, che rappresentano fonti di proventi considerevoli, dei quali il faguih dispone a suo piacimento. In particolare, gli servono per finanziare il clero e le sue istituzioni: un ulteriore mezzo per garantire la loro dipendenza nei suoi riguardi.
Considerando questo manifesto squilibrio dei rapporti di forze, il bilancio della coabitazione è però tutt'altro che negativo per il presidente della Repubblica. In capo a due anni, a metà del suo mandato, Mohamed Khatami è riuscito a rendere popolari i concetti di stato di diritto, di pluripartitismo e di alternanza; a consolidare l'estensione delle libertà pubbliche; ad affidare a uomini di sua fiducia alcuni dicasteri chiave, quali il ministero dell'interno e quelli della comunicazione e della cultura; a silurare il ministro dell'informazione, dopo che questi era stato costretto ad ammettere i delitti politici dell'autunno 1998; ad assicurare la convocazione di elezioni locali e municipali, le prime dall'instaurazione della Repubblica, benché previste dalla Costituzione.
Non è riuscito invece riequilibrare le istituzioni, né a rilanciare l'economia e a migliorare le condizioni sociali, e neppure a condurre a buon fine la sua strategia di normalizzazione dei rapporti internazionali dell'Iran, in particolare con gli Stati uniti. Ma a giudicare dalla larghissima maggioranza ottenuta dal suo schieramento alle elezioni locali, l'opinione pubblica non lo ha stigmatizzato, dando prova di grande maturità: evidentemente, ha saputo misurare i limiti del suo potere, la sua onestà intellettuale, il suo coraggio e la garbata tenacia di un uomo di forti convinzioni, che ha dato prova di una fedeltà puntigliosa alle sue promesse elettorali, apparentemente modeste ma fondamentali per l'avvenire democratico della Repubblica.
Per converso, il faguih, l'ayatollah Khamenei, contestato nell'ambito del clero non meno che dalla popolazione, è ormai largamente screditato. Tanto che il direttore del quotidiano liberale Hamshahri, Atrianfar, ha potuto dire: "Il movimento riformista è come un razzo a più stadi, di cui l'ultimo, il formidabile appoggio popolare che ci sostiene, è l'equivalente di un ordigno nucleare".
La duplice vittoria riportata dai riformisti alle elezioni presidenziali e municipali riflette le profonde mutazioni intervenute nella società: il 75% dei cittadini è di età inferiore ai trentaquattro anni, e non ha quindi partecipato alla rivoluzione del 1979. Questa generazione è cresciuta nell'era dei satelliti e di Internet (i cybercaffè si stanno diffondendo nelle grandi città) e aspira a uno stile di vita moderno, europeo o americano, con tutte le libertà individuali che comporta. In questo modo, spiega lo scrittore Mohamed Sadek el Husseini, essi ricuperano le tre componenti della loro cultura ancestrale, che era "occidentale", "nazionale" e "islamica": sotto l'influenza del regime khomeinista, quest'ultimo elemento ha messo in ombra i primi due.
Khatami, l'ultima opportunità L'osservatore straniero è colpito dall'ostentato attaccamento dei giovani ai valori strettamente nazionali, a discapito dell'eredità musulmana . Ad esempio, è sempre più diffusa l'usanza di imporre ai neonati nomi preislamici; mentre il numero degli alunni che frequentano i corsi di arabo (la lingua coranica privilegiata dal potere) è in caduta libera. A quest'evoluzione hanno contribuito almeno tre fattori: l'urbanizzazione accelerata che ha trasformato la popolazione rurale, federata dai clan e dalle moschee, in cittadini integrati nella comunità nazionale; la guerra contro l'Iraq (1980-1988), che ha dato un potente impulso al patriottismo; e infine il discredito in cui è caduta l'ideologia arcaica dello stato islamico. L'incuria e le turpitudini dei governanti, l'indebito arricchimento dei potentati religiosi e dei commercianti del bazar (legati tradizionalmente a quegli ambienti) e il deterioramento delle condizioni sociali contribuiscono indirettamente ad alimentare il sentimento di appartenenza nazionale.
Paradossalmente, la Repubblica islamica ha generato o amplificato le forze che la minacciano. La sua politica di natalità incontrollata, portata avanti per svariati anni, ha modificato la struttura demografica della società a favore della sua componente giovanile. La vigorosa campagna di alfabetizzazione e l'istruzione gratuita generalizzata hanno ridotto del 75% il tasso di analfabetismo (che attualmente è del 15%) decuplicando al tempo stesso il numero dei diplomati universitari (più di 4 milioni, senza contare i 2 milioni di studenti delle scuole superiori) che vanno a infoltire la schiera dei disoccupati.
Suprema ironia, l'obbligatorietà del chador, o del velo islamico, ha dato un impulso irresistibile all'emancipazione delle donne. E' stato in effetti il copricapo islamico a consentire l'ingresso in massa delle ragazze nelle scuole e nelle università, mentre ai tempi della monarchia, quando, al contrario, era vietato portare il velo, le famiglie tradizionaliste rifiutavano di far studiare le figlie. Le studentesse costituiscono più del 60% della popolazione universitaria, contro il 25% all'epoca dello scià. Inoltre sotto la Repubblica le donne, "pudicamente" vestite, hanno invaso il mercato del lavoro, anche perché costrette a fornire un'integrazione indispensabile al reddito familiare. E rivendicano a un tratto la piena uguaglianza dei diritti, segnatamente nel campo dell'eredità e in quello del divorzio: diritti sacrileghi per i sostenitori conservatori dell'islam.
Evento senza precedenti: le organizzazioni femministe, islamiche e laiche, hanno deciso di creare un fronte comune per avere partita vinta . "Abbiamo preso coscienza che la difesa dei diritti umani passa per il riconoscimento dei diritti della donna", osserva una delle militanti islamiche, l'avvocato Shireen Ebadi.
Le donne quindi, in particolare le più giovani, sono divenute così la punta di lancia del movimento riformista. Fatto senza precedenti sul piano mondiale, ben nove donne salvo errore hanno presentato la loro candidatura alle elezioni presidenziali.
E si può essere tentati di credere che una di esse sarebbe stata eletta alla magistratura suprema, se queste candidature non fossero state scartate a priori dai rappresentanti del faguih. In effetti, una delle caratteristiche delle recenti elezioni municipali è stata la vittoria di numerose donne. Nei grandi centri urbani le donne hanno riportato spesso risultati superiori a quelli dei loro colleghi di sesso maschile: ad esempio, nella città santa di Qom un'infermiera "moderna" ha battuto svariati concorrenti con tanto di turbante. Il Consiglio municipale di Tehran comprende due donne, una delle quali è sorella di Mohsen Kadivar. Un'evoluzione notevole per una società di tradizioni patriarcali, che rimane altro paradosso profondamente segnata dal maschilismo.
Il prossimo confronto elettorale, quello delle legislative del marzo 2000, preoccupa entrambi gli schieramenti: i conservatori temono una sconfitta, che dopo la presidenza della Repubblica e le giunte municipali, consegnerebbe ai sostenitori di Khatami anche il potere legislativo. I riformisti si chiedono se una prospettiva del genere non comporti il pericolo di incitare i più estremisti tra i loro avversari a commettere l'irreparabile. Si prevedono scenari drammatici. Akbar Gaju, giornalista di sinistra celebre per i suoi articoli di denuncia del "fascismo islamico", non esclude "l'assassinio di 200- 300 intellettuali che stanno conducendo la lotta democratica". Si è pensato anche all'eventualità di un colpo di stato, ma apparentemente senza molta convinzione.
Il direttore del gabinetto di Mohamed Khatami, l'hodjatoleslam Mohamed Ali El Abtahi, fedele tra i fedeli del presidente della Repubblica da una ventina d'anni, respinge categoricamente un'ipotesi del genere: "Gli uomini dell'esercito e i pasdaran sono gente del popolo, che non accetterà mai di rivoltarsi contro il presidente e la legalità che rappresenta", afferma, per precisare subito dopo: "in ogni caso, le trasformazioni intervenute nella società, la ritrovata dignità degli iraniani, le libertà conquistate dal popolo sono irreversibili, con o senza Khatami al potere, e persino nell'ipotesi che quest'ultimo subisse una metamorfosi tale da diventare un nuovo Stalin" Nonostante tutto, in attesa delle elezioni legislative, la prudenza caratterizza la strategia dei riformisti; i quali ripetono instancabilmente che la Costituzione, compreso anche il Velayat Faguih, va benissimo, a condizione che venga applicata onestamente. Peraltro è il caso di ricordare che la revisione della legge fondamentale è praticamente impossibile, tenuto conto dei molteplici meccanismi di sicurezza introdotti dal legislatore. Abbas Abdi, uno dei teorici di questa strategia, sembra più convinto quando dichiara: "Ci sforziamo di persuadere i nostri avversari che il loro avvenire sarà meglio garantito in una democrazia fondata sulla regola dell'alternanza, piuttosto che in una dittatura. Perciò consigliamo alla stampa dell'opposizione di frenare i suoi ardori, e al governo di rallentare il ritmo delle riforme, mentre noi ci dedichiamo al compito di consolidare le conquiste della presidenza di Khatami, inimmaginabili appena due anni fa".
A giudicare dalle dichiarazioni dei più realisti tra i dirigenti conservatori, si può pensare che la ragione finirà per prevalere.
"Giocheremo il gioco della democrazia, anche a costo di finire minoritari nel prossimo parlamento", assicura ad esempio Hassan Ghaffoorifard. Mentre l'hodjatoleslam Nataq Nouri, presidente del parlamento e candidato sfortunato alle ultime elezioni presidenziali, che pure si esprime in termini analoghi, non può fare a meno di suonare il campanello d'allarme: "Dobbiamo rimanere vigilanti, dato che questi sedicenti riformisti cercano di instaurare un sistema democratico, e non una democrazia islamica; puntano a una repubblica laica, non a una repubblica islamica, come vorrebbero far credere".
L'accusa, a malapena velata, è che l'obiettivo ultimo dei sostenitori del presidente sia quello di "dekhomeinizzare" lo stato. Il giornalista Akbar Ganji, uno dei capofila dell'opposizione, lo nega, e al tempo stesso traccia un parallelo tra Khatami e Gorbaciov: "Il nostro presidente vuole un islam dal volto umano, esattamente come il leader sovietico cercava di umanizzare il comunismo per assicurare la sua sopravvivenza. Provocando la caduta di Gorbaciov, i suoi avversari hanno involontariamente favorito l'ascesa al potere di Eltsin. E inoltre, i nostri conservatori non hanno compreso che Khatami è la nostra ultima opportunità, e che la sua sconfitta porterebbe alla liquidazione di tutti gli islamici, siano essi riformisti o conservatori". Come si legge è in ballo una partita che potrebbe portare l'iran verso la democrazia o farla cadere ulteriormente indietro.

musica  Chicago- hard to say  I am sorry

 
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Capitolo 5

Post n°30 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
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Non più corte marziale per il pastore protestante convertito dall'islam

Teheran (AsiaNews/Compass) – Niente accusa di “spionaggio” per il pastore protestante iraniano Hamid Pourmand, che lascerà la prigione militare dove ha trascorso gli ultimi 3 mesi di detenzione. L' uomo arrestato 5 mesi fa per la sua fede, dovrà rispondere solo dell’accusa di apostasia e proselitismo. Questo ribadisce che il processo a suo carico è motivato esclusivamente dall'intolleranza religiosa della teocrazia iraniana verso le minoranze nel paese.

La scorsa settimana Pourmand si è presentato per la prima volta davanti alla corte marziale per difendersi dall’accusa di aver tradito l’esercito a causa della sua religione. Ex musulmano, convertitosi 25 anni fa, il pastore è colonnello dell’esercito iraniano nella città di Bandar-i Bushehr. Arrestato il 9 settembre 2004 a Karaj (30 km a ovest di Teheran) in un raid della polizia contro una riunione del Consiglio generale della chiesa di cui è parte, Pourmand era stato trasferito a metà novembre in un carcere militare nella capitale. La decisione aveva aumentato l’apprensione per la sua sorte: la corte marziale poteva aggiungere a suo carico l’accusa di “spionaggio militare” per l’estero, che in Iran prevede la pena capitale.

Durante il processo della scorsa settimana si è stabilito il suo ritorno al carcere di Bandar-i Bushehr (sud di Teheran), dove affronterà le accuse distinte di proselitismo e apostasia. I giudici hanno dichiarato che Pourmand “ha fatto parte per diversi anni di una chiesa sotterranea attraverso la quale molti hanno tradito l’islam per il cristianesimo”. Ora l’accusato sarà costretto a ritornare musulmano o ad affrontare problemi molto grandi.

Pourmand ha continuato il suo lavoro di ufficiale sebbene la legge iraniana proibisca ai non musulmani di ricoprire incarichi di responsabilità nell’esercito. In tribunale il pastore ha dichiarato che i superiori erano a conoscenza della sua conversione ancora prima di assegnarli il grado di ufficiale. “Hamid non ha mai tenuto nascosta la sua conversione al cristianesimo” ha dichiarato un suo amico all’agenzia Compass.

Il governo iraniano considera le “religioni straniere” una minaccia alla sicurezza nazionale. Negli ultimi anni numerosi musulmani convertiti ad altre religioni sono stati giustiziati con l’accusa di “spionaggio” per l’estero. La legge iraniana prevede la pena capitale per l’apostasia, l’omicidio, la rapina armata, il traffico di droga.

A novembre scorso in un documento ufficiale indirizzato a Teheran, l’Unione Europea ha chiesto la liberazione di Pourmand, esigendo anche il rispetto della libertà religiosa nel paese. (MA)

Cade l'accusa di “spionaggio militare”, rimangono in piedi quelle di “apostasia” e “proselitismo”. Il pastore rischia ancora la pena di morte.

 
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Capitolo 5

Post n°29 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
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Iran: Akhbar Ganji e Manuchehr Mohammadi in sciopero della fame

Amnesty International chiede l’immediato rilascio di Akbar Ganji, in sciopero della fame da circa due mesi, e di Manuchehr Mohammadi, in coma dal 24 luglio a seguito di un prolungato sciopero della fame.

Akhbar Ganji è stato arrestato nell’aprile 2000 insieme ad altri 17 giornalisti e intellettuali iraniani. È stato condannato una prima volta a dieci anni (ridotti a sei mesi in appello) per “aver preso parte a un tentativo di azione contro la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il sistema islamico”. Nel luglio 2001 è stato nuovamente processato per “aver raccolto documentazione confidenziale per minacciare la sicurezza dello Stato” e “diffusione di propaganda” e condannato a sei anni di carcere. A metà giugno ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la propria detenzione e per l’assenza di cure mediche adeguate. Il 14 luglio è stato posto sotto osservazione medica nell’ospedale della prigione. Tre giorni dopo, al trentasettesimo giorno di rifiuto del cibo, è stato trasferito urgentemente all’ospedale Milad di Tehran.

Manuchehr Mohammadi è accusato di aver guidato la protesta degli studenti del luglio 1999. Le autorità lo hanno costretto ad apparire in televisione per “confessare” i suoi rapporti con “agenti controrivoluzionari” e successivamente lo hanno incriminato per reati contro la sicurezza nazionale. Dopo un processo-farsa, è stato condannato a 13 anni di carcere, ridotti a sette anni in appello. Alla fine del novembre 2003, la pena è stata allungata di altri due anni: uno per aver rilasciato interviste a mezzi d’informazione stranieri mentre godeva di un permesso fuori dal carcere e l’altro per aver diffuso “dichiarazioni politiche” all’interno del carcere. Il 6 luglio di quest’anno ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro l’assenza di un trattamento medico, necessario per curare i traumi della tortura e delle condizioni di prigionia; il 24 luglio è entrato in coma.

Amnesty International è preoccupata per il clima di repressione che sta colpendo persone coinvolte nella vicenda di Akhbar Ganji. Il 30 luglio Abdolfattah Soltani, uno degli avvocati difensori, è stato arrestato mentre stava partecipando a un sit-in di fronte alla sede dell’Ordine degli avvocati di Tehran. Shirin Ebadi, Nobel per la pace 2003 e a sua volta avvocata di Ganji, è oggetto di dichiarazioni intimidatorie da parte della Procura di Tehran. Masoud Bastani, giornalista, è stato arrestato il 25 luglio mentre stava scrivendo un articolo sullo sciopero della fame di Ganji.

Roma, 8 agosto 2005

 
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Capitolo 5

Post n°28 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
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Arresti e uccisioni in Iran, Amnesty sollecita un'inchiesta

Amnesty International ha espresso il proprio allarme per la recente ondata di violenza nella provincia iraniana del Kordestan e nelle zone limitrofe curde, che ha provocato almeno venti morti e centinaia di feriti, oltre a numerosissimi arresti tra cui quelli di noti difensori dei diritti umani e attivisti curdi. Amnesty International ha sollecitato il governo di Tehran a condurre un’inchiesta urgente, imparziale e indipendente e a renderne pubbliche le conclusioni.

Tra gli arrestati figurano: Roya Toloui, attivista per i diritti delle donne, accusata di “disturbo alla pace” e “atti contro la sicurezza nazionale”; Azad Zamani, esponente dell’Associazione per la difesa dei diritti dei bambini; Jalal Qavami, giornalista e membro del comitato di direzione della testata “Payam e-Mardoum”; e Mahmoud Salehi, portavoce del Comitato organizzativo per l’istituzione dei sindacati. Le autorità hanno inoltre chiuso due quotidiani curdi.

Secondo le ultime notizie, il governo iraniano ha inviato nella zona un ingente numero di soldati, sostenuti da elicotteri dotati di mitragliatrici. Amnesty International esorta l’Iran a rispettare gli standard internazionali in materia di condotta dei pubblici ufficiali, in particolare il diritto alla vita, alla libertà dalla tortura e dai maltrattamenti e alla libertà dagli arresti arbitrari.

L’organizzazione per i diritti umani chiede alle autorità iraniane di fornire immediatamente i nomi di tutte le persone arrestate, chiarendo l’attuale luogo di detenzione, le ragioni dell’arresto e le eventuali imputazioni a loro carico. Tutti i detenuti dovranno essere trattati umanamente e dovrà essere loro consentito immediato accesso agli avvocati, ai familiari e ai medici qualora necessitino di cure sanitarie. Chiunque non sia accusato di un reato di accertata natura penale dovrà essere rilasciato immediatamente e senza condizioni.

Roma, 9 agosto 2005

 
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Capitolo 5

Post n°27 pubblicato il 22 Agosto 2005 da antislamico
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Un consiglio

In molti commenti ho letto che l'islam è solo una religione e in quanto tale è da rispettare. L 'islam solo una religione? E dove? In occidente forse. In oriente l'islam è il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario, è quello che devi pensare, il come devi vestire , il come vivere! l'islam è tutto! in altre parole è un totalitarismo!  io parlo dell'oriente nel mio blog e non dell'occidente! tenete conto di questo elemento fondamentale mentre leggete il blog! Voglio finire questo post con un augurio. Auguro agli arabi che un giorno l'islam sia solo una religione in cui credere per libera scelta!

 
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Capitolo 5

Post n°26 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Non lo fare ti prego!  Ferma la tua mano, ti supplico!!!

 
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Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Immagini di educazione al martirio

Jahad ed il martirio in Islam fondamentalista.

E' legittima domandarsi: Il diritto di autodeterminazione di un popolo autorizza la negazione dell'infanzia ai bambini?

Chi ruba l'infanzia ai bambini non è un criminale?

Chi non ama i suoi figli può rivendicare l'amore per la patria?

Una organizzazione che rivendica la lotta per la liberazione del proprio paese è autorizzato a ignorare diritti dell'infanzia sancito dalle Nazioni Unite?

Le immagini sono della festa di fine dell'anno scolastica in una scuola palestinese gestita da fondamentalisti islamici.

Questo non è un gioco.

 Questi bambini saranno  prossimamente  kamikaze.

Questa immagine è orribile! Come può una madre sorridere mentre sfregia il proprio figlio? Ma che mostrosità produce questa cosidetta cultura islamica?

 
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capitolo 5

Post n°24 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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DECAPITAZIONE

(tempo di sopravvivenza: 1-2 minuti)
Metodo usato in base al quale la testa del condannato viene staccata dal corpo per mezzo di una spada. Lo shock provocato alla colonna vertebrale dovrebbe provocare l'immediata perdita dei sensi, ma possono rendersi necessari parecchi colpi per provocare il distacco della testa. In Arabia Saudita, nei casi che le autorità ritengono più seri, può essere prevista la crocifissione dopo l'esecuzione.

 
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Capitolo 5

Post n°23 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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LAPIDAZIONE

(tempo di sopravvivenza: sino a 4 ore)
Il condannato viene solitamente sepolto nel terreno fino al collo, o bloccato in altri modi. La morte può essere causata da danni al cervello, da asfissia o da una combinazione di ferite. La persona può essere colpita più volte senza perdere conoscenza: di conseguenza la morte può essere molto lenta.

Spesso la comunità assiste o partecipa alla lapidazione. .. Il codice penale iraniano descrive minuziosamente le modalità dell'esecuzione ("le pietre non devono essere così grandi da far morire il condannato col lancio di una o due di esse; non così piccole da non poter essere definite come pietre) e .. dispone che le donne siano seppellite fino alle spalle, gli uomini invece fino alla vita. Se durante il supplizio, che avviene normalmente il venerdì nello stadio dopo la partita, riescono a liberarsi, ottengono la grazia, poiché quella è stata la volontà di Allah. Eventualità che può riuscire agli uomini, impossibile alle donne.

 
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Capitolo 5

Post n°22 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Mutilazione in pubblico

Un guardia della Rivoluzione Islamica legge la condanna: Sig. Seyyed Taqhy Tabatabaiy, figlio di Seyyed Reza si condanna a cavare gli occhi. Questo ordine si esegue alla base del ordinanza n° 191 del 01.05.1463 emesso da sezione 132 del tribunale penale di teheran. Confermato da corte suprema sezione 16. Accusato è condannato a cavare tutti e due occhi. Se condannato non avesse commesso altri reati dopo la esecuzione sarà libero immediatamente. Onorevole direttore di carcere, direttore d'infermeria, rappresentante del medico legale e fratelli della polizia giudiziaria devono monitorare l'esecuzione. Dopo l'esecuzione sono a disposizione del condannato tutte le assistenze mediche e sanitarie necessarie.

 
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Capitolo 5

Post n°21 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Le Guardie della Rivoluzione Islamica in Iran portano condannati dopo l'esecuzione in giro per la città cantando inni islamici, rivendicando la vittoria di Dio sui peccatori.

 
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Capitolo 5

Post n°20 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Taleban di Afghanistan usavano la spada proprio come 1400 anni fa.

Le persone condannate a morte secondo la Sharia devono restare più a lungo possibile in vista della gente perché i fedeli sappiano trasgredire che conseguenze può avere. Esecuzioni per varie reati è di ordinaria amministrazione

 
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Capitolo 5

Post n°19 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Le mani come trofeo!

 
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Capitolo 5

Post n°18 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Le Guardie della Rivoluzione iraniana hanno inventato questo apparecchio per rendere più moderno esecuzione dell'amputazione della mano. La pena prevista dal Corano per furto.

 
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Capitolo 5

Post n°17 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Corano prevede per molti reati la punizione con le frustate in pubblico. Per il numero il teologo islamico (giudice) ha piena libertà. Questa scena si ripete spesso in Repubblica Islamica dell'Iran. Gli studenti spesso vengono puniti per aver offeso onore dell'Islam. E' frequente anche i casi in qui la persona viene punito per aver bevuto le bevande alcolici.

 
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Capitolo 5

Post n°16 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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LA SHARI'A

Gli strumenti giuridici sui quali viene definita la colpa, e la punizione, sono essenzialmente due (hanno meno rilievo l'Ijma', l'Iltihad, il Qyas, l'Istisla, l'Istihsan, l'Aurf). Uno è Al Quran, il Corano, cioè il libro sacro dei musulmani, che contiene le rivelazioni di Allah a Mohammad e fissa la raccolta delle regole divine nel codice della Shari'a; l'altro è la Sunna [Per i sciiti i Hadis che significa racconto di come si è comportato in situazioni precise il profeta), che esprime il pensiero autentico del Profeta e include la definizione di specifiche fattispecie e la condotta da tenere al riguardo. L'uomo, dice la concezione islamica, è creato debole e commette errori: la legge (la Shari'a) e la giurisprudenza (la Fiqh) valutano i comportamenti e giudicano le colpe. Queste colpe sono definite secondo una graduatoria crescente di gravità: 1) gli sbagli (sayyi'a, khati'a - sura 7:168, 17:31, 40:45, 47:19, 48:2); 2) le immoralità (i'tada, junah, dhanb - sura 2:190 e 229, 17:17, 33:55), 3) le trasgressioni (haram - sura 5:4, 6:146), 4) le malvagità e le depravazioni (ithm, dhulam, fujur, su', fasad, fisk, kufr - sura 2:99 e 205, 4:50 e 112 123 136, 12:79, 38:62, 82:14), 5) la negazione dell'unicità di Allah (shirk - sura 4:48).

A ogni categoria di peccato corrisponde una specifica punizione, e Allah potrebbe comunque perdonare qualsiasi colpa tranne il peccato di shirk, che nega che esista un solo Allah (Dio). Scendendo alle fattispecie concrete, ci sono quattro categorie di colpe che individuano le responsabilità più gravi: 1) l'adulterio, 2) il furto, 3) la rapina, 4) la diffamazione; per molti dottori ( per sciiti) della legge islamica, hanno comunque lo stesso rilievo ancora tre categorie di comportamenti vietati: 5)la ribellione, 6) il consumo di alcol, 7) l'apostasia (ovvero l’abbandono della religione islamica in favore di un altro credo).

L'adulterio comporta la condanna alla lapidazione se il colpevole è sposato; la lapidazione viene praticata con l'uomo interrato fino alla vita. e la donna fino al petto. Ma se l'adultero non è sposato, o il coniuge era lontano o malato, la pena comporta allora - secondo la sura 24:2 - la commutazione in una condanna a 100 frustate (Allo stesso livello di gravità viene posta la colpa della sodomia omosessuale: gli uomini sposati debbono essere arsi vivi o gettati da una rupe; quelli invece non sposati e maggiorenni vengono giustiziati - i sodomizzati - o ricevono 100 frustate, i sodomizzatori).

Il furto viene punito con il taglio della mano destra, e in caso di recidività viene mozzata anche la sinistra. La rapina è punita con la decapitazione, se il rapinato è stato ucciso; con il taglio della mano destra e del piede sinistro, se c'è stato solo furto di beni; con la crocefissione, se c'è stato l'omicidio e il furto. La diffamazione - considerata un'accusa non provata di adulterio - procura un verdetto di 80 frustate e la perdita della capacità di testimoniare; ma non commette diffamazione il marito che accusa la moglie e però non documenta credibilmente la propria accusa.

Sulla ribellione contro un potere ingiusto ci sono vari gradi di punizione, e il consumo di alcool comporta una condanna da 40 a 80 frustate. L'apostasia confermata decide un verdetto di pena capitale. Se questo è, con qualche evidente approssimazione, il quadro giuridico di riferimento, la realtà processuale ha tuttavia una connotazione molto più articolata nel suo svolgimento, perchè molti giuristi islamici fanno una netta distinzione tra i precetti definiti Mukhamat, che sono inderogabili, e invece i Mutashabehat, la cui applicazione muta a seconda delle circostanze della fattispecie giudicata. E comunque, tra definizione del "peccato" e accertamento della fattispecie intervengono molte forme di relativizzazione (per l'adulterio, per esempio, in teoria l'imputazione dovrebbe essere comprovata da almeno 4 testimoni oculari che confermino di aver assistito all'atto della penetrazione - ogni atto sessuale distinto dalla penetrazione non costituisce causa di adulterio).

Corano prevede per molti reati la punizione con le frustate in pubblico. Per il numero il teologo islamico (giudice) ha piena libertà. Questa scena si ripete spesso in Repubblica Islamica dell'Iran. Gli studenti spesso vengono puniti per aver offeso onore dell'Islam. E' frequente anche i casi in qui la persona viene punito per aver bevuto le bevande alcolici.

 
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