BUONA BEFANA

Post n°6 pubblicato il 06 Gennaio 2009 da dolcesheva

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 29 Gennaio 2005 da orlazio2005

I momenti dell’amore

 

Tipicamente l’amore nasce dall’innamoramento. La prima esperienza dell’amare ha il carattere dell’evento subitaneo, spontaneo ed estatico. È un accadimento che improvvisamente sorprende, all’insaputa dello stesso interessato, che si trova coinvolto in una situazione nuova, in cui gioca un ruolo primario la spontaneità attraente del rapporto. Nella prospettiva dell’innamoramento l’amare appare come una fascinazione che crea attrazione e tensione volta alla soddisfazione. La sanità dell’innamoramento stesso dipende per questo dall’unità dinamica di questi momenti; la loro separazione, infatti, dà luogo a forme unilaterali e tendenzialmente patologiche. L’innamoramento ridotto a fascinazione decade a estetismo, l’attrazione ad emotivismo e la (attesa di) soddisfazione a edonismo. In tal modo l’innamoramento si raccorcia in forme di narcisismo, che gli impediscono di evolvere – come vedremo – nella pienezza dell’amore. L’innamoramento si rinchiude in se stesso, si nega alla sua esigita evoluzione e diventa sempre in qualche modo e misura distruttivo.

Estasi e movimento insieme caratterizzano l’innamoramento, che è già esperienza dell’intenzionalità centrifuga dell’amore, che si porta sull’essere dell’altro, benché nell’innamoramento sia tipico anche il fatto che tale movimento verso l’altro sia fortemente compensato e limitato dall’attesa di corrispondenza: l’altro affascina con spontaneità e con altrettanta spontaneità è attesa la soddisfazione, cioè il piacere della relazione corrisposta.

La spontaneità non ha nulla in sé di negativo. Al contrario, essa è profezia del senso più alto e globale di tutto il fenomeno amoroso come tale. L’attrazione che l’uomo prova per la spontaneità è infatti indice del radicale desiderio di una condizione trasfigurata dell’esistenza, in cui il rapporto del soggetto con sé, con altri e con le cose sia senza resistenza e senza fatica, ma di plastica armonia e di piena comunione4. Proprio perché l’intensità del piacere della spontaneità è tanto forte, esso è facile fonte di seduzione: la relazione ad altri viene commisurata all’aspettativa della spontaneità e dunque all’attesa della sua facile corrispondenza e della sua immediata piacevolezza. Se non si innesta un movimento qualitativamente diverso, nell’innamoramento l’apertura all’altro resta inevitabilmente limitata all’aspettativa della sua immaginata soddisfazione.

La concezione romantica dell’amore è la teorizzazione e la glorificazione della spontaneità come contrassegno e garanzia dell’amore; contro l’evidenza universale che in realtà nulla nell’esistenza umana è produttivo e fruttuoso senza un’elaborazione che, trasformando il dato iniziale, lo conserva e lo accresce. Il lavoro, e non la spontaneità, è la condizione universale della valorizzazione dei beni. Nulla dà frutto senza coltivazione. L’errore dell’innamoramento concluso in se stesso è paragonabile, a quello di colui che, trovatosi in un luogo di campagna, ameno e accogliente, pensasse di poterlo abitare stabilmente senza fare nulla, senza edificazione e senza coltivazione, coll’illusione che quella situazione graziosa e gratificante potesse in qualche modo permanere tale essendo solo fruita, come se non dovesse arrivare mai il buio della notte o il freddo dell’inverno.

Non è senza significato che la dimora di Adamo nel giardino primordiale, ove tutto era già favorevole e felicitante, fosse all’insegna del lavoro: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”. Anche l’episodio della trasfigurazione di Gesù, così com’è raccontata da Luca, è carico d’insegnamento al nostro proposito. Nella trasfigurazione del loro maestro gli apostoli prediletti hanno una straordinaria esperienza estatica, che Pietro, come sempre il più intraprendente, vorrebbe fissare. “Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosé e una per Elia””; ma osserva – forse con una certa ironia – l’evangelista, “egli non sapeva quel che diceva”5. Gesù infatti riconduce i suoi in pianura, dove li attende un grande lavoro tra la gente, dove solamente la trasfigurazione di Gesù acquista tutto il suo senso di anticipazione della gloria che sarà raggiunta attraverso il travaglio della passione e lo spogliamento della morte.

L’esperienza dell’innamoramento è per sua natura solo introduttoria a quella più grande dell’amore. Questo è reso manifesto dal problema del tempo, vale a dire dall’interrogativo sulla durata dell’affezione. L’innamoramento, che già si gratifica dell’esperienza dell’attrattiva, della spontaneità dello slancio e forse dell’iniziale corrispondenza, è però un accadimento che non ha in se stesso il suo senso. L’innamoramento è uno stato inaugurale ed una condizione aurorale, che porta in sé l’interrogativo sulla sua durata, e perciò l’ansia della sua continuazione. Ma a questa sua urgenza l’innamoramento - con le sue sole risorse - non può rispondere che in due modi, tipici della mentalità contemporanea: la sua indefinita iterazione (è il criterio del don Giovanni), attraverso cui l’innamoramento cerca di perpetuare se stesso riproducendo continuamente la felice situazione di “statu nascenti”6; oppure, o insieme, la sua consumazione attraverso un’unione che immediatamente accompagni l’innamoramento stesso (è il caso sempre più spettacolarizzato della coincidenza di innamoramento e unione sessuale), quasi a volersi convincere che il punto di partenza è già subito anche il punto di arrivo e che quindi l’innamoramento è sufficiente a se stesso. In realtà, quello che si consuma è un errore di prospettiva, di cui più avanti potremo apprezzare tutta la gravità antropologica.

“L’essenza dell’amore è ‘lavorare per qualcosa’, ‘far crescere qualcosa’, […] amore e lavoro sono inseparabili. Si ama ciò per cui si lavora, e si lavora per ciò che si ama”7. Con queste parole di E. Fromm ritroviamo la prospettiva costruttiva sull’amore, di cui già si diceva. L’innamoramento è un’assegnazione, meglio un trovarsi assegnati a un ideale di felicità. L’amore invece non è un accadimento involontario, bensì è il frutto di un lavoro, con tutto ciò che questo termine significa. Un lavoro, infatti, implica consapevole investimento di risorse e trasformazione produttiva del dato di partenza. Il lavoro è impiego di risorse nella cui produttività si confida per raggiungere nuova e maggiore ricchezza attraverso elaborazione e collaborazione. Nel caso dell’amore esso significa che il dato spontaneo di partenza diventa oggetto di una trasformazione collaborativa, sulla base della premessa che anche l’altro sia portatore di una ricchezza che può essere messa in comune; per questo l’amore è come l’istituzione di una ’impresa cooperativa’ o di una ‘società per azioni’, fortemente interessate al fatto che la sinergia dia luogo ad un arricchimento comune.

Con l’amore si esce così dalla situazione della tensione estatica e si entra in quella dell’azione comune; in altri termini con l’amore si esce dal regime della dualità unificata e si entra in quello dell’unità duale. Preso in se stesso, infatti, l’innamoramento è rappresentabile come un cerchio che mantiene il suo centro, ma che, attratto da un altro punto del piano a lui esterno, si allarga (o si trova dilatato) fino ad includerlo come un ospite stranamente fascinoso. L’amore, invece, è come l’ellisse a due fuochi, in cui l’altro non è incluso nel cerchio altrui, ma è per così dire centro comprimario, anch’egli condizione di possibilità della figura stessa. Con altra immagine potremmo dire che se l’innamoramento è assimilabile alla concezione e alla gestazione dell’altro dentro di sé, l’amore rassomiglia invece alla nascita in cui l’altro è posto/si pone in relazione sulla base della sua irriducibile e manifesta identità. E, come fa intendere la figura dinamica del concepimento/nascimento, l’innamoramento è per sua natura a termine, superato il quale da situazione vitale diventa circostanza mortale, mentre l’amore ha la natura intima della perpetuità. L’innamoramento porta in sé il germe dell’amore, ma questo può crescere e maturare solo se l’innamoramento accetta la sua legge evolutiva e non le fa violenza … innamorandosi narcisisticamente di se stesso.

Certo il binomio di spontaneità e di lavoro può apparire antitetico, e così anzi appare ‘spontaneamente’; nel senso che da un lato sembra stare l’immediatezza della corrispondenza e della soddisfazione, mentre dall’altro sembra imporsi un processo di scambio e di impegno che significa anche resistenza, fatica, rischio. Se le cose stessero veramente così, si dovrebbe concludere che è preferibile la piacevolezza spontanea dell’innamoramento, seppur fragile e breve, alla durata laboriosa (e quindi in fondo penosa) dell’amore. È difficile negare che questo sia un pensiero comune molto diffuso, come si riscontra nel detto secondo cui “il matrimonio è la tomba dell’amore”. Ma dal nostro punto di vista il detto è vero solo se per amore si intende quello “romantico”; così come è vero il suo simmetrico, secondo cui si potrebbe dire che l’amore romantico è la tomba del matrimonio. L’equivoco fondamentale cade sull’idea di lavoro, di cui non si apprezza l’essere fonte straordinariamente ricca di legame e di soddisfazione, anzi l’unica fonte di soddisfazione vera e propria, rispetto a quella piuttosto solo intuita nell’innamoramento. Il lavoro non è perciò il momento penoso che succede all’entusiasmo iniziale, ma ne è piuttosto la ripresa che lo può far fruttificare: è avviato dalla fiducia nel possibile frutto ed è sostenuto dal gusto e dal piacere della sua stessa costruttività. Il lavoro è infatti sempre lavoro della libertà nel tempo, che assumendo responsabilmente il rapporto, è già di per sé esercizio e crescita gratificante della libertà, in grado di gioire per i benefici che riceve e che sa procurare.

Dobbiamo allora ribadire il carattere originario della bipolarità di innamoramento ed amore. Questa è probabilmente la struttura del mondo affettivo come tale; cioè del mondo della relazioni umane, che sono sempre relazioni d’amore. Tale struttura è più evidente nella relazione sessualmente rilevante del maschile-femminile, ma vale in modo analogico ai diversi livelli e ambiti dell’esperienza. Sempre l’attrattiva affettiva nasce spontanea e sempre questa nuova situazione di per sé introduce la mozione di una messa a frutto del bene incontrato. In tal modo innamoramento e amore restano momenti distinti e irriducibili, ma anche correlati. L’uno non abolisce l’altro, né gli si può sostituire, ma neppure l’uno deriva dall’altro, quasi il primo fosse la premessa e il secondo ne fosse il compimento. Piuttosto bisogna pensare, quasi a rovescio, che l’innamoramento introduce un’intuizione globale felicitante che l’amore coltiva e mette a prova nella sua capacità di portare beneficio concreto per i soggetti coinvolti nella relazione. Se l’innamoramento ha un carattere prevalentemente estetico, l’amore ne ha uno principalmente agonico.

 

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 25 Gennaio 2005 da orlazio2005
Foto di orlazio2005

vivi come puoi, ma non come vuoi, perchè non puoi!!!!!

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 25 Gennaio 2005 da orlazio2005

Non posso tediarvi o pingermi continuamente addosso, ma la negatività della giornata è del tutto particolare, sentita, avvertita, palpata sin dal suo inizio....diciamo che è iniziata male ed è finita peggio! Le ragioni sono molteplici: benedetto il lavoro, unica fonte di soddisfazione.....per il resto mi manca tutto, la mia stellina in particolar modo!

O me scellerato che come Ulisse non seppe resistere al richiamo delle sirene, non ho resistito un solo attimo allo sguardo, dolce, furbo, innocente, di una stellina!

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 24 Gennaio 2005 da orlazio2005
Foto di orlazio2005

Oggi almeno s'è lavorato.......non è che la mia autostima sia cresciuta molto.....in mattinata sono stato arrogante, antipatico, presuntuoso ed ho portato all'antenzione degli altri solo la presunzione di un capoufficio stupido burocratizzato, "vittima" di predeterminati schemi di porsi in modo solo di soddisfare l'esigenze del dei Mega galatiici capi. Devo chiedere pubblicamente scusa a chi ha partecipato ad una riunione per la volgarità con la quale mi son posto, e per presunti obiettivi "raggiunti" ........che non sono miei ma di chi ci ha lavorato per tanto tempo......nel pomeriggio, nell'altra riunione mi son messo in un cantuccio giustamente "ridimensionato" da ben altri personaggi presenti (capi mega galattici!!) che mi hanno ricordato senza parlare qualìè e quale deve essere il mio ruolo...IMAPARA ANTO! ANCORA HAI TUTTO DA IMPARE DALLA VITA!!!!!!!!!

 
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