Creato da lesaminatore il 18/03/2012

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intermittenza...

Post n°31 pubblicato il 12 Giugno 2012 da lesaminatore
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luci intermittenti di un neon difettoso...pareti bianche...appena insultate da fili di ragnatela e polvere...sul tavolo tazzine sporche di innumerevoli caffé...cicche di sigarette dappertutto...una branda con una strana coperta rossa...in un angolo una tv perennemente accesa...quell'odore persistente di sesso e alcool...quella sensazione di stordimento che non lo lasciava mai...lo sguardo ipnotizzato dal neon...spento/acceso/spento/acceso, in pervasivo accordo con le sue cellule cerebrali, non doveva ridursi così...non sempre almeno...era una questione di sopravvivenza...non sarebbe durato a lungo....ma era giocoforza ritornare allo stesso bar...incontrare le solite ombre...incontrare sempre lei...musica, bere, guardarla muoversi, ancheggiare, ballare, era come una macabra danza distruttiva..sapeva di distruggersi, di perdersi, ma d'altronde lui era sempre stato perso, non si era mai ritrovato...e lei lo sapeva bene...lo possedeva...come solo una femmina può possedere un uomo....si divertiva a ucciderlo a consumarlo...a spegnere la sua anima tra lenzuola disfatte e sudore...a pretendere ed ottenere prima il suo piacere...più volte...per poi concederlo a lui...ma solo quando percepiva che la rabbia era ad un passo dalla violenza...questo era il loro gioco...che si ripeteva all'infinito...come una droga...non era sesso, non era amore, era una lotta, feroce, tra l'anima e il corpo...il vincitore...non era l'anima....

sapeva di essere schiavo dei sensi, sapeva di odiarla, disprezzarla, ma ogni sera era al solito bar...e chiedeva la solita birra...la volontà, soggiaceva alla volontà, la sua di sfuggirle, l'altra di averlo, entrambi consapevoli della diversità infinita che li divideva, della glaciale incomuinicabilità, della mancanza di parole, erano solo sguardi, mani che si cercavano, labbra che si fondevano, attratti e respinti in un moto inarrestabile, almeno era quello che vivevano, almeno si sentivano vivi, nel durante, non nel prima, non nel dopo..

decise di seguirla....si nascose e aspettò....dov'era lei quando non era con lui in quella maledetta amata stanza, dove portava i suoi fianchi, le sue gambe, il suo corpo,  i minuti, le ore, erano dense e eterne come una notte insonne, come il gocciolio della doccia rotta da sempre, non sarebbe uscita, sperava che non sarebbe mai uscita dal suo appartamento, ormai era sera e i passanti distratti non potevano non notare quello strano uomo  addossato ad un muro, fumare una dietro l'altra sigarette  e sigarette, ma non importava, era ormai folle, doveva sapere, doveva capire e cadere, cadere più in basso della semplice gelosia, doveva affondare nella conoscenza, lei salì in macchina, guardò nello specchietto e sorrise.

L'auto si fermò nei pressi di un noto locale, noto per essere uno di quei locali dove ti viene richiesto solo di pagare una grossa somma e associarti, poi dentro può capitarti di tutto, lei entrò e scomparve...

Non fu facile entrare, il suo aspetto non deponeva bene, all'ingresso due armadi con giacca di pelle nera fino ali polpacci, volto di chi ti misura in un attimo per il peso del tuo portafogli, e in un attimo ti rompe la mascella se gli giri male, era dentro, si respirava fumo e la musica era assordante, tre o quattro mignotte erano sedute al bar centrale e mostravano la merce con compiacimento, altri ballavano visibilmente sfatti, non ballavano, è riduttivo, saltavano, fottuti di cocaina e chi sà quale altra porcheria... coppie improbabili si baciavano oscenamente in pista, o su divani di velluto verde smeraldo, altri guardavano, altri bevevano divorando con gli occhi dei corpi femminili, se questo era l'anticamera dell'Inferno, allora ci si divertiva laggiù, era chiaro che non era un posto per scolari, per sani onesti impiegati del Comune, per solerti padri di famiglia, per ansimanti vecchi bavosi, anzi lo era, a giudicare dai soggetti,  si aggirò per ogni anfratto del locale, ovunque c'era un groviglio di corpi, a tre, a quattro, in coppia, il puzzo di malsano iniziò a nausearlo, doveva bere, scese al bar, si fece spazio tra una bionda con vestitino inguinale e una mora con labbra siliconate, dovette spingere per accostarsi al bancone, la nausea aumentava...

sentì la sua mano scendere sul suo sesso, esplicita avvolgente, era la bionda di fianco,  si girò con lentezza e la baciò, le strizzò una natica e sorrridendo le fece con il capo il segno di aspettare, sentiva il cuore pulsargli all'unisono con il battito dei woofer, doveva trovarla, doveva vederla, doveva capire fino a quanto in fondo potesse scendere, voleva scrutare l'abisso della sua fragilità della sua ossessione, senza accorgersi che era l'abisso che si impadroniva di lui... 

Sprofondò in una poltrona, seminascosto da un drappeggio pretestuosamente barocco, aveva troppo in mente. aveva un overdose di pensieri e sensazioni, come era arrivato a questo?

non c'era poi molto da rinvangare, la sua era stata una vita priva di scossoni, abituato ad accondiscendere agli eventi, accettarli, mai causarli, si era sempre lasciato: educare, amare, sposare, separare, scopare, mai una volta nella vita che avesse cercato di costruire, lui era sempre stato il mattone di altre costruzioni, di altrui volontà, si era sempre definito un uomo qualunque matrice, non per questo non ne era stato maledettamente cosciente, e forse in questo non rientrava esattamente nel ruolo di qualunque, ma qualcuno, ecco era qualcuno, un pò più di qualunque, un pò meno di nessuno, non era il tempo ad essere passato, era semplicemente passato lui.... 

una vita da mediano, proprio come quella canzone che ascoltava spesso, sempre a metà, non concludeva mai nulla, non era completo lui stesso, sorrrideva pensando che a volte si muore incompleti, inesatti, insensati, l'avevano sempre preso per mano e portato da qualche parte, non che lui ci andasse di malanimo, per carità, molte volte erano situazioni e persone tutt'altro che spiacevoli, ma non era lui a prendere quella mano, era un fottuto marcio dentro...e ci era nato con quel marciume...non disseccava mai, era inquieto e disfatto come una domanda sospesa...in eterno..

  da piccolo, quando aveva paura, di notte, di quei rumori che non sai mai spigare, si ficcava sotto le lenzuola le coperte, e nel tepore si sentiva abbastanza protetto, restava in ascolto per minuti interminabili, poi sopraggiungeva il sonno, la chiamava la tana della talpa, era il suo rifugio, d'inverno soprattutto era davvero piacevole crearsi quel microcosmo caldo, magari fuori pioveva. riusciva sempre a cavarsela, la sua fragilità era schermata dalla parola, era in gamba con le parole, gli riusciva facile giocare con le parole, ne era attratto dal suono dai possibili significati, mascherava la sua ignoranza con valanghe di parole, ma erano parole scelte, colte, come fiori, diciamo che era un ignorante curioso o un curioso ignorante. quanti professori ha tratto in inganno? quanti esami ha rubato con il suo sorriso e le sue argomentazioni strambe? molti, non tutti, e poi la vita in fondo, è una serie infinita di esami. 

si interruppe il flashblack dei ricordi, intermittenza, si riaccese, si alzò da quella poltrona, era trascorsa solo un'ora, non potè fare ameno di pensare di quanto poco si ricordi davvero e quanto poco serva per raccontarlo, anche a se stessi, riprese la ricerca in quell'inferno, era pieno di dannati, i 7 peccati capitali di sicuro albergavano in quell'edificio, in quelle stanze, in quei corpi che si accoppiavano, la trovò, lei lo guardò e non sorrise, ma gli piantò i suoi occhi azzurri nei suoi, era carponi su di un letto, mentre un uomo la possedeva da dietro, quell'uomo era il suo migliore amico, il suo compagno di mille notti, di mille avventure, non provò nulla.......nessuna gelosia...nessuna emozione...era naturale dividere una donna con lui, era già successo......si spogliò...e partecipò.......

si risvegliarono contemporaneamente a casa di lei, lui fece il caffé, gli piaceva farlo, gli piaceva l'attesa del caffé che sale lentamente e il profumo che si diffonde nella stanza, li guardò, i suoi seni superbi erano uno spettacolo, i suoi fianchi anche, lui era curiosamente vestito con indosso una camicia sgualcita bianca, e i soliti jeans Lee, che era successo dopo il locale? vuoto, e mal di testa, mentre le porgeva la tazzina, lei le disse: io vi amo, e rivolta anche alui ripeté ...Vi Amo...entrambi...

continuò...io vi amo in modo diverso...siete diversi e io diversamente vi amo, non posso rinunciare a nessuno dei due, e pianse........non dissi nulla......andò alla porta e uscì....

era l'alba...una meravigliosa alba......montò sulla sua ducati.....pensò per un attimo alla parola "amore"..., non si poteva sporcare quella parola, è già tutto così sporco.....diede gas e partì a manetta.....

sirene.......sirene......è l'ultima cosa che sentì...ed un senso di pace.....a parte una strana sensazione di appiccicaticcio e caldo sulle labbra e sulle mani......era sangue...il suo sangue.....libero in fine di scorrere alla terra....in quel eterno ritorno che ci accomuna tutti.....addio...non c'era ormai più quella maledetta intermittenza...era solo buio...

 
 
 
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