Creato da: atomopulito il 23/05/2008
per garantire energia pulita

Francia

Ricerche sul trattamento delle scorie nucleari.

 

Nucleare –  in Francia una scelta strategica

La produzione di energia elettrica in Francia proviene per il 77% dal nucleare, le energie rinnovabili – prevalentemente quella idraulica – coprono a loro volta il 14% del fabbisogno nazionale. Si tratta di una scelta strategia politica e tecnologica che presenta numerosi vantaggi: non ultimo il costo dell’ elettricita’ che e’ tra i piu’ bassi d’ Europa, inoltre il parco attuale di centrali nucleari e’ in grado di rispondere alla futura domanda di energia (per i prossimi 20 anni e’ stimato un aumento del 57%). Ma va considerato anche il fatto che le riserve mondiali di combustibile nucleare sono sufficienti a coprire i consumi per  migliaia di anni, la produzione di energia nucleare non provoca emissioni di gas o inquinanti nell’ atmosfera. e che quando il gas o il petrolio estratti in aree geopolitiche instabili o sensibili subiscono forti innalzamenti dei prezzi, il nucleare rappresenta una alternativa a costi stabili.  Infine e’ accertato che la tecnologia piu’ avanzata consentira’ un allungamento della durata e un miglioramento delle prestazioni dei reattori.

 

Il problema delle scorie

Di contro il nucleare presenta un problema importante: quello costituito dalla pericolosita’ delle sue scorie e la questione del loro trattamento.

Numerosi enti ed istituti di ricerca studiano e sviluppano soluzioni tecniche piu’ sicure e alungo termine. In Francia attualmente il 90% dei rifiuti a scarsa o media attivita’ vengono stoccati in siti di superficie a cura dell’ Andra - che e’ l’ Agenzia Nazionale per la Gestione delle Scorie Radioattive ( www.andra.fr ) – in modo da controllare e garantire l’ assenza di impatto nel lungo periodo sull’ ambiente e sulla popolazione.

Il restante 10% delle scorie necessita’ di un confinamento che deve essere assicurato per un tempo previsto in migliaia di anni. Le cosiddette scorie a decadimento lento vengono imballate sotto forma di container e vetrificate. I risultati delle ricerche hanno portato a proporre lo stoccaggio in formazioni geologiche profonde.

Ma nel frattempo la ricerca prosegue e si prevede di modificare il processo di ritrattamento del combustibile in modo da produrre scorie che contengano quantita’ minime di elementi radiotossici a decadimento lento. Il nuovo processo prevede la separazione avanzata e la trasmutazione.

 

La separazione avanzata

Allo stato attuale questo procedimento non permette di evitare lo stoccaggio in profondita’ dei residui ultimi, ma le ricerche del CEA - www.cea.fr - per quanto riguarda il processo di separazione avanzata – hanno dimostrato che e’ possibile completare il processo industriale del trattamento del combustibile usato mediante la separazione dei radionuclidi a decadimento lento.

Sperimentazioni specifiche sono in corso a Le Hague presso l’ impianto di Cogema (www.cogema.fr). L’ obiettivo e’ quello di estrarre oltre al plutonio e all’ uranio anche gli attinidi minori che presentano una forte radiotossicita’ a decadimento lento. Con la separazione avanzata si mira ad ottenere come prodotto finale container di rifiuti che – dopo centinaia di anni – abbiano una radiotossicita’ simile a quella del minerale d’ uranio inizialmente utilizzato.

 

La trasmutazione

Le possibilita’ di trasmutazione sono state studiate simulando il funzionamento di reattori caricati con attinidi minori che presentano grandi difficolta’ di manipolazione poiche’ sono multo radioattivi. Al momento sono disponibili scenari teorici grazie ai quali risulta possibile riciclare gli attinidi minori.

Il confezionamento

Il confezionamento e’ una fase irrinunciabile del processo di gestione dei rifiuti radioattivi, esso permette di immobilizzare e di confinare le materie radioattive per il tempo necessario a ridurre a valori accettabili il possibile impatto sulla salute e sull’ ambiente.

Una importante fase della ricerca riguarda la matrice di contenimento. Il vetro, grazie al suo carattere amorfo, sopporta bene la diversita’ degli elementi presenti all’ interno del combustibile usato. Il vetro e’ una matrice di stoccaggio ideale anche per alcuni prodotti puri per i quali la trasmutazione risulta difficile. In questo campo la Francia ha prodotto matrici di imballaggio ceramiche e vetro-ceramiche a lunga durata. E’ in atto una seconda fase delle ricerche mirata a sviluppare sistemi di confezionamento specifici per ogni categoria di scorie prodotte o da produrre in vista del loro deposito in profondita’.

 

 

Il comportamento a lungo termine

Lo studio del comportamento a lungo termine dei container mira a garantire la qualita’ del confezionamento nel tempo. Le ricerche puntano a sviluppare una vera e propria capacita’ di previsione del comportamento dei container, soprattutto in situazioni di stoccaggio in formazioni geologiche profonde. Per quanto riguarda il vetro la garanzia si misura in migliaia di anni.

 

Conclusioni

Grazie a queste ricerche, a breve, l’ energia nucleare potra’ riciclare le sue stesse scorie tramite la separazione avanzata. Percio’ la quantita’ di scorie a decadimento lento sara’ estremamente ridotta e potra’ essere confezionata in modo da impedire ricadute negative e pericolose nella biosfera. 

Fonte Citef - Conférence Internationale des formations d'Ingénieurs et de Techniciens d'Expression Française   www.citef.refer.org

 

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Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 30 Maggio 2008 da atomopulito

Componenti affacciati al plasma

Il divertore, il componente affacciato al plasma in cui viene convogliato e smaltito il calore emesso dal plasma sotto forma di particelle energetiche, deve smaltire un elevato flusso di calore ed essere ricoperto di materiali compatibili col plasma. Il calore depositato è dell’ordine di 10 MW/m2 in regime stazionario e raggiunge valori fino a 20 MW/m2 in fasi transienti. La realizzazione di un componente, rivestito di materiale compatibile col plasma, capace di resistere ai carichi termici suddetti ha richiesto un complesso sviluppo tecnologico durato molti anni. Per qualificare le tecnologie sviluppate sono stati realizzati prototipi in scala reale, basati sull’impiego di tubi in lega di rame (scambiatori di calore) protetti da piastre di tungsteno e CFC (materiali sacrificali resistente alle alte temperature). Per garantire un buon contatto termico tra i materiali di protezione e il tubo stesso sono state sviluppate le tecnologie per il trattamento superficiale del

tungsteno e della CFC e i processi di giunzione per diffusione. Parti delle piastre sono state provate per migliaia di cicli ai valori di carico termico massimo che si verificano in ITER. La tecnologia sviluppata è tra le migliori al mondo. Un mock up di divertore realizzato in ENEA ha superato brillantemente i test di fatica termica, fino a 25 MW/m2, e ha permesso per la prima volta in assoluto di fare test di crisi termica in un componente ricoperto con materiale di rivestimento (fino a 35 MW/m2).

Manutenzione remota

Con le piattaforme sperimentali DTP (Divertor Test Platform) e DRP (Divertor Refurbishment Platform) del Centro ENEA del Brasimone sono state sviluppate e provate, rispettivamente, le procedure di montaggio e smontaggio del divertore e la sostituzione dei componenti ad alto flusso termico di ITER. Nel Centro di Frascati, oltre a contribuire alla attività del Brasimone con la realizzazione del sistema di controllo, è stato sviluppato un sistema innovativo di visione e metrologia laser ad alta definizione che è diventato il sistema di riferimento per ITER.

Moduli di mantello fertile (Breeder Blanket)

Altro componente molto importante, il primo di tipo nucleare sviluppato per la fusione, è il modulo del mantello fertile da testare in ITER. La funzione del mantello fertile è triplice:

  • assorbire l’energia dei neutroni;

  • produrre il trizio sfruttando la reazione 6Li(n,Tα);

  • schermare le strutture esterne.

L’ENEA è fortemente impegnato in questo campo grazie al know how acquisito sia nella tecnologia dei metalli liquidi che in quella dei sistemi raffreddati ad elio. I due concetti di riferimento Europei sono basati uno sul ‘breeder’ solido (composti ceramici di litio, Li2SiO4) e uno a breeder liquido (leghe eutettiche di litio e piombo, allo stato liquido).

I moduli sono ambedue raffreddati con elio gassoso ad alta temperatura e pressione. Queste tecnologie hanno una forte analogia con quelle relative al programma Generation IV della fissione; si potrebbero, pertanto, attivare sinergie tra i due programmi.

I materiali

La fattibilità della fusione in termini economici e sociali dipende dalla disponibilità di materiali idonei con i quali realizzare i componenti chiave del reattore. Da un lato, i materiali utilizzati devono presentare caratteristiche di bassa attivazione indotta da neutroni e devono presentare caratteristiche di resistenza per tempi sufficientemente lunghi (almeno circa 5 anni) sotto flussi neutronici tipici del reattore.

I neutroni prodotti nelle reazioni D-T interagendo con i materiali provocano dislocazioni dei nuclei dai siti reticolari e trasmutazioni che modificano la struttura microscopica dei materiali stessi. Tali modifiche originano una degradazione delle proprietà fisiche e meccaniche, quali conducibilità termica ed elettrica, indurimento, riduzione della duttilità, degradazione della resistenza alla frattura ecc..

I livelli di flusso neutronico in DEMO, e più a lunga scadenza nel reattore, richiedono che i materiali impiegati mantengano buone caratteristiche fino a 80 dpa (150 dpa nel reattore) (1 dpa = 1 displacement per atom, equivale a circa 1025 n (14 MeV)/m2 in Fe).

Inoltre, debbono poter essere impiegati ad alte temperature di lavoro in modo da raggiungere buoni valori dell’efficienza complessiva dell’impianto.

L’ENEA sta contribuendo a sviluppare tecnologie per i processi fabbricativi di materiali ceramici compositi come il SiCf/SiC.

Neutronica e dati nucleari

I neutroni prodotti dalla fissione hanno una energia di molto superiore a quelli prodotti dalla fissione. Si è posto quindi il problema della caratterizzazione dei materiali sotto l’effetto di neutroni così energetici.

Per ovviare, almeno in parte, alla mancanza di sorgenti intense di neutroni per l’irraggiamento di materiali e componenti, l’ENEA si è dotato fin dall’inizio degli anni ’90 di una sorgente di neutroni da 14 MeV, il Frascati Neutron Generator (FNG, intensità 1011 n/s). FNG ha permesso di effettuare la caratterizzare nucleare (sezioni d’urto, attivazione, calore di decadimento) di materiali e componenti.

I numerosi esperimenti condotti con FNG hanno permesso di validare gli aspetti nucleari del progetto di ITER, e le librerie europee e internazionali di dati nucleari per la fusione.

Ciclo del combustibile

I processi di trattamento dei gas esausti è una delle peculiarità degli impianti a fusione. Il trizio deve essere separato dagli altri gas sia per problemi di economicità sia per problemi si sicurezza. L’ENEA ha sviluppato reattori catalitici a membrana capaci di separare l‘idrogeno con efficienze prossime al 100%. Durante questi sviluppi si sono brevettati sia i processi fabbricativi dei reattori sia le membrane di PdAg che ne costituiscono l’elemento più importante. Le tecnologie sviluppate in ENEA sono utilizzate nei sistemi progettati per ITER. Queste tecnologie hanno una importante sinergia con quelli per la produzione di idrogeno e per l’alimentazione delle celle a combustibile.

Sicurezza e Impatto Ambientale

Anche dal punto di vista delle analisi di sicurezza i reattori a fusione presentano delle sostanziali differenze rispetto a quelli a fissione. È stato quindi necessario dotarsi di procedure e criteri di valutazione originali per analizzare gli impianti a fusione dal punto di vista della safety e quindi del licencing. Un grosso contributo è stato dato dall‘ENEA alla definizione dei requisiti in termini si sicurezza di ITER e alla preparazione della documentazione di licensing di Cadarache. Questa attività è stata possibile grazie alla capacità sistemica che un così ampio spettro di attività ha consentito di acquisire.

 
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