BELLA AMICA SCIENZA

Emigrando nelle tenebre dell’essenza
Trascini pesante la tua testa, come un subisso di pesanti persuasioni, in questi sentieri solitari che vorresti dimenticare.

Parcheggi le speranze presso le tue disillusioni, in una sera in cui corteggi e deponi le tue pene.
Danzano sullo sfondo montagne e falchi, e prevedi l’ennesimo sacrificio di cui sei martire e carnefice.

Corvi ti sorridono di provvidente indulgenza.Estorci al silenzio il suo ultimo grido e divaghi con garbo l’afrore dell’olocausto. Sotto l’ombra inquieta degli antichi arbusti mitighi e adagi, con accuratezza, l’oppressione delle tue miserie.  Ti sconforta, il cielo, con l’apatica percossa dei meriggi di primavera.

Lusinghi la notte col tuo pianto, scegliendo di non-essere, alieno dalla luce di un fulgido neon.

Celebrano la notte grilli e cavallette, stolti e ribelli, ostili all’oblio che traccia nei tuoi occhi una meschina croce, ti chiedi se mai abbiano essi placato la loro sommessa sedizione a un sistema d’adulatrice vessazione.
E ti deplori impunemente per tutte le volte che hai vagliato la tua solitudine come vizio sorpassato, delle tue letizie ora arde il tuo inferno.
Dinieghi con ultima veemenza la vita che ti adula con la sua lordura, ma non c’è morte che ti sussurri una credibile redenzione.
Circondi da solo il tuo giardino del filo spinato che ti umilierà, patisci gli avviluppi di una sinfonia disgustante, che non avresti mai voluto ravvisare e che ti scarna l’anima furente.
Travagli dell’opulenza che ti eluderà. La natia limpidezza dei tuoi specchi si è infranta nell’impudico stagno dei tuoi falli e vergogne. Adagi il capo sul tuo capezzale di foglie aride e confidi con viziosa bramosia di non risvegliarti più.