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Double Whopper (Belfast)

Post n°121 pubblicato il 24 Gennaio 2008 da bartelio
 
Foto di bartelio







Abbiamo la macchina. Una Mercedes Vito nove posti, cambio automatico e puzza di formaggio andato a male. La donna del car rental è grossa e pesante come una credenza stile Impero. I capelli raccolti e un orecchino giallo orribile. Le chiedo alcune cose di routine. Fuori piove a secchiate.

"Quant'è la franchigia?"

Mi risponde masticando le parole come volesse sgranocchiarmi. Me la immagino con la frusta, la grassona. In piedi, shining boots of leather. La franchigia, dicevi? Piègati. Clothed female, naked man. Si dice così, verme?

"La franchigia è duemila euro" dice invece, aprendo le labbra quel tanto che basta per mostrarmi le chiazze bianche della lingua. Poi fa un segno come a dire basta domande del cazzo.

Io e Duns, sotto la pioggia, giriamo circospetti intorno al Vito. Non ho mai guidato una cosa del genere, penso.

"Non avrò mai una cosa del genere" dice Duns. Ci guardiamo.

"Vorrei una birra" mi fa.
"Cristo, sono solo le dieci. Ce la fai a tirare almeno mezzogiorno?"
"Ma come cazzo si mette la retro?"

"La retro", cerco di spiegare al meccanico del car rental. "La retro", ripeto, e faccio dei gesti. Mi guarda come fossi un'idiota. Devo averne tutto l'aspetto.

"Come si dice retro, Duns?"
"Go backward, backward, dirty fucking rotten bastard, backward", dice Duns ridendo. Lo spintono nel furgone.
"The reverse, this way" dice il tale del car rental. Poi sputa per terra.

Partiamo mentre piove ancora più forte. Duns guarda la cartina, io la strada. Mi dice che devo andare diritto. Mi accorgo di tenere un'andatura da pensionato con cappello. Il cambio automatico, la guida a sinistra e queste lettere incomprensibili: R, P, N. Vi sembra il caso di complicarsi così la vita? Attraversiamo tutta Dublino prima di arrivare al B&B. A un certo punto ripenso a quel tale nel racconto di Joseph O'Connor, il tassista che travolge la ragazza per strada. Mi aspetto che mi capiti, da un momento all'altro. Una ragazza che poi finge di esser morta, ma non lo è.

Al B&B parcheggio sul marciapiede, un paio di turisti giapponesi si danno alla fuga in una viuzza laterale. Raccogliamo donne e bambini, valigie, impermeabili e ombrelli, tutta la paccottiglia da viaggio.

Poi partiamo. Duns non capisce un cazzo e mi fa sbagliare strada. Di continuo. "Porca troia, ma dove cazzo stiamo andando."

Impieghiamo mezz'ora per uscire da Dublino. Un record, credo. Costeggiamo l'oceano per un tratto. "A sinistra" ripete Duns a ogni incrocio, "a sinistra." Belfast è più a Nord, direbbe Lapallisse.

"E' più a Nord" ci dice un tale a cui chiediamo lungo la strada. Dice Nord e fa segno con le dita. "Enne". Io vorrei rialzare il finestrino, ma il tale mette la testa nel vano. "Nutt's corner" dice ancora, e si mangia le parole come avesse un intero Mars in bocca. Ha come pezzi di pelle secca tutto intorno alla bocca. E' una cosa su cui si fissa anche l'attenzione di Duns. Me lo dirà in serata. Nel caldo della stanzetta, mentre ci facciamo un broda-caffè. Mi dirà, cristo ma che cazzo aveva quel tale intorno alla bocca?

Scendiamo a Belfast per Shankill, il quartiere protestante. Attraversiamo quartieri fotocopia, case basse, la union jack dipinta sui marciapiedi, murales di gentaglia col passamontagna e scritte deliranti. Un tale vorrebbe fotografarci sotto un murales.

"Cristo, piove da schifo non vedi" gli dico. Lui mi spintona e fa fucking italian bastard rottinculo materazzi mafioso e altre cose che non ricordo. Sono quasi commosso.

Ci allontaniamo di gran carriera da Shankill e cerchiamo un posto dove parcheggiare. Sotto la pioggia ci sono blindati bianchi della RUC che fanno la guardia al nulla.

"Fa tanto Irlanda del Nord", dice Duns, "potremmo dargli una mancia, eh? Credi che si farebbero fotografare?"
"Non me la sento di chiederglielo."

Ho l'acqua fin dentro le mutande. I bambini piagnucolano. Hanno fame. Una scenetta da stringere il cuore.

"E basta!" strillo.
"Tu come padre vali meno di zero" ride Duns.
"Ma fottiti."

Il cielo è nero come pece, giusto per usare un luogo comune. Belfast è pressoché deserta. Un enorme centro commerciale, spento. Appena fuori dalla via principale, edifici dai vetri rotti. Cerchiamo un posto dove mangiare. Mi guardo le spalle, ho visto un'ombra. Un mendicante con un ombrello ridicolo, le bacchette storte. Ha la barba gialla e un mozzicone spento tra le labbra.

"A che ora lo dobbiamo vedere?" chiede Duns.
"Nove e un quarto, davanti alla City Hall."
"Non ce lo sfanghiamo di dosso?"
"No. Problemi?"
"Non so, quando parla mi si chiude il buco del culo."
"Uh, smerdi?"
"Quasi. Quando beve e stringe le dita sul bicchiere, fa quel rumore coi denti..."
"Tranquillo."
"Ma il cinese che ha detto, esattamente?"
"Non parlargli del cinese, cazzo!"
"Ma non lavoravano a gomito?"
"Lascia perdere."

C'è ancora tempo. Il Siciliano lavorava ai docks prima che la crisi del porto mandasse tutto alla malora. Ora traffica nel Jeppsen. E' un tipo strano, basta non pestargli i piedi e potrebbe diventare quasi simpatico. E' piccolo con spalle così, tipo mediano di mischia. Tiene una collana d'ossi intorno al collo. Gente che gli ha attraversato la strada dalla parte sbagliata, dice. Mi è capitato di incontrarlo già altre volte, qui o Inghilterra, durante i viaggetti con Duns. Affari, diciamo così. Sopravvivenza.

Piove ancora a secchiate. Le donne si lamentano come solo le donne sanno fare. Io guardo in alto, l'ombrello non mi si apre e penso a chi cazzo ce lo ha fatto fare. Salire fin quassù con un tempo del genere. Ma del resto non se ne poteva fare a meno. Quando il cinese ha saputo del nostro mordi e fuggi irlandese, non si è fatto scrupoli. Visto che ci siete fate un salto dal Siciliano e parlategli del Nagravision. Voglio bucare i toreri, ha detto. Fanculo. Come potevo dirgli di no. Solo avrei voluto lasciare le donne e i marmocchi fuori da tutto questo.

Cerchiamo da mangiare nei pub. Un pub legnosissimo con gente addossata alle pareti, seduta al bancone, l'ennesima pinta in mano. Appena entriamo, molti si voltano. Un tale sputa per terra. Sembra il tizio di Shankill. Assomiglia anche al meccanico del car rental, ma gli irlandesi si somigliano tutti quanti, come i cinesi.

"To eat? here?" chiede il vecchio al bancone, mentre riempie di Guinness il bicchiere.

"Ah, to eat. Here." ripete e ridacchia.
"No" e scuote il capo. Ci indica l'ingresso.
"Next door please".
"Tanto non ci avrei mai mangiato, in un cesso del genere" dice Duns mentre riapriamo l'ombrello. Le donne e i bambini sono addossati alla parete dall'altra parte della strada. I Black Cabs passano di continuo, uno dopo l'altro, ma non c'è un becco di nessuno che abbia voglia di farsi un giro per la vecchia Belfast, stasera. Sapete, i Falls, il quartiere cattolico, poi Shankill e la peace line. Bobby Sands. C'è un tale alla fermata dell'autobus con un giubbetto nero del Sinn Fein e la maglietta che ricorda gli scioperanti morti per fame venticinque anni fa. Bobby Sands ha un tubo che gli spunta dalla guancia destra. Sembra un neo peloso. C'è un murales con scritto I Love Falls Road e un enorme cazzo disegnato sulla bocca di un bambino. Cattolici, protestanti, a chi frega veramente di tutto questo? La grande Irlanda, unita. Seeeh. Dateci un lavoro e da mangiare, prima di tutto.

Alla fine ci si rassegna sempre al peggio. Entriamo da Burger King.
All'ingresso c'è una commessa che pulisce per terra. Apre le porte e pulisce i pavimenti che sono come ricoperti di una perenne patina di unto. Ci accomodiamo a uno dei tavoli alle pareti. Le sedie sono cementate sul pavimento, forse per paura che qualcuno se le porti via. Non c'è quasi nessuno. A chi vuoi che venga in mente di mangiare da Burger King in una serata come questa. Un ubriacone è seduto tre quattro tavoli più in là. Sembra che dorma, ma ogni tanto alza la testa e biascica qualcosa a voce alta. Poi riabbassa il mento al petto e ridacchia. Prendiamo i nostri bravi meals con patatine, birra, coca, fanta e still water. Ci serve un ragazzo brufolosissimo. Mi faccio un double whopper, un hamburger con uno strato di carne e poi le cipolle, l'insalata, i cetriolini (pochi), il pomodoro, un'altra fetta di carne. Abbiamo un vassoio di patatine fritte. I bambini prendono il kids meal che è un hamburger liscio con patatine. Gadget, Bart Simpson piccolo e dorato. Se schiacci un pulsante, Bart dice cose tipo "Geronimo!". Ripete "Geronimo!" con una vocetta insopportabile. Alla fine viene voglia di prenderlo e passarlo al trapano a colonna.

I bambini sono strani. Davanti all'oceano, ieri pomeriggio, erano attirati soprattutto dalle pozzanghere. Tra le altre, una che ha colpito pure me: enorme, con increspature sull'acqua tipo lago e una striscia di terra da un lato che sembrava una spiaggia.

Mentre mangiamo, il tipo brufoloso continua a riempire di patatine i cartocci e poi li appoggia sui vassoi.

"Ma dici che la maionese se la spreme direttamente dalla testa?" chiede Duns. Io osservo che c'è una strana corrispondenza tra il colore della carne dell'hamburger e il colore della sua faccia di cazzo brufolosa. Ha i brufoli fino sui capelli.

"Secondo me questi brufoli gli hanno impedito un rapporto sereno con le donne."
"Vuoi chiederglielo?" dico.

Per tutta risposta, Duns rutta e si stappa l'ennesima lattina di Murphy's. Non so dove cazzo le tenga, ma ha sempre una Murphy's da qualche parte.

"Bella seratina di merda" fa, mentre si beve un sorsone di Murphy's. "Beh, meglio di ieri" dico.

Ieri eravamo a cena al Ballymac Hotel, appena fuori Dublino, un posto dove si mangia pure discretamente, anche se la carne era ricoperta di una crema marrone che sembrava cioccolata, ma dal gusto indecifrabile. Se ci ripenso, sono portato a rimettere in discussione il concetto di discreto. Una cameriera dall'aria poco sveglia a un certo punto ha fracassato dei bicchieri sul pavimento. Li stava portando in sala e le sono caduti. Il capocameriere si è avvicinato per aiutarla e questa diceva "sorry" e, beh, faceva cadere un altro bicchiere e poi un altro ancora senza pietà. Poi quella dannata crema scura. All'uscita c'era un concerto di un tale con fisarmonica, un certo Bernard-qualchecosa. Mentre suonava, coppie di anziani ballavano vorticosamente. Beh, se ci ripenso potrei rimettere in discussione il concetto di vortice. C'erano un paio di slot machine all'ingresso. Step step stop! vincita massima 25 euro. Cristo, ho pensato, ora ci manca solo una bella corsa coi ponies.

Andiamo al bagno. I bambini fanno cadere un'enorme piramide gialla Wet Floor. Una negra esce da dietro e sacramenta. Wet Foor ripete wet floor o qualcosa del genere. La guardo e non dico nulla. Faccio scivolare una moneta da cinquanta nel piattino. Nel bagno piscio sopra le palline azzurre dentro gli orinatoi. Sembrano caramelle alla liquirizia.

"Duns, te ne faresti una?" chiedo indicandole.
"Ma fottiti" dice.

Torniamo al tavolo. Suona il telefono. E' il Siciliano. Rispondo. Sono nervoso.
"Sì" faccio.
"Dove siete?" chiede.
"Burger King."
"Alla City Hall tra venti minuti. Portate i soldi" dice.
Chiudo il telefono.
"Ha chiesto dei soldi" dice Duns.
Faccio segno con la testa.
"Ha chiesto del cinese?"
"Abbiamo parlato per tredici secondi, Duns, te ne sei accorto?"

I bambini hanno terminato gli hamburger. Le donne chiacchierano e bevono broda-caffè. Vado alla porta e mi accendo una sigaretta. Guardo il cielo che continua a pisciarci in testa.

"Piove sempre così a Belfast?" chiedo a un tale fermo sulla porta con lattina di birra e sigaretta. Mi fa un mezzo ghigno.
"Abbiamo visto cose peggiori da queste parti."
"Non c'è dubbio, è un buco di culo di posto" dico, più o meno. Risponde ridendo. Ha i denti anneriti dal fumo, un collo tozzo e dita che sembrano cetrioli. Gli occhi sbiaditi, un orecchino al lobo destro.
"E sai di chi è la colpa di tutto quanto?" dice.
"Uh?"
"Di quel rottinculo del Papa di Roma."
"Hai ragione, fratello, quel culattone tedesco."
Alza la birra verso di me.
"E' una Heineken da far schifo" dico.
"Sì, ma ai bambini piace questo cesso di posto."

Spengo il moccino. E' tardi.
"Andiamo" faccio al resto della compagnia. Ci incamminiamo sotto l'acqua. La pioggia batte sui giubbetti, l'ombrello non mi si apre più: lo butto in un cassonetto. Restiamo fermi imbacaliti sotto la pioggia di fronte alla City Hall, bianca, imponente di fronte a noi. Tutt'intorno alla City, i giardinetti dove i froci di Joseph O'connor si incontravano.

Perché le donne, perché i bambini, mi chiedo. Duns ha la faccia verde.
Dopo pochi minuti una macchina scura si ferma davanti a noi, sull'altro lato della strada. E' il Siciliano. Scende e viene verso di me. E' piccolo e grosso, con un giubbetto di jeans. Ha gocce di pioggia sulla cicatrice. Tiene una mano in tasca. Fa un segno goffo. Saliamo in macchina tutti quanti senza distinzione, giovani vecchi donne bambini. Ci porta via. Come un cane venuto dall'inferno. Piove a dirotto. Che merda di posto.

 
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