Creato da benedicaria il 16/09/2012

Benedicaria

La "Magia" Popolare Siciliana e non solo...

 

Messaggi di Maggio 2014

Orazioni in siciliano a Santa Rita da Cascia

Orazioni in siciliano a Santa Rita da Cascia

In siciliano:

Santa Rita, Santa Rita
ca di monaca fustivu zita
pi la vostra santità
ricintimi a virità.


S’è di beni:
facitimi viriri ‘na vigna carricata,
‘na tavula cunzata,
'na chiesa cunsacrata.

S’è di mali:
acqua currenti e focu ardenti.


In italiano:

Santa Rita, Santa Rita,
che di monaca foste fidanzata
per la vostra santità
ditemi la verità.

Se è di bene:
fatemi vedere una vigna abbondante,
una tavola apparecchiata,
una chiesa consacrata.

Se è di male:
acqua corrente e fuoco ardente.


Invocazione a Santa Rita per ottenere una grazia

In siciliano:

Santa Rita, Santa Rita di li casi dispirati, cussì afflitti e scunsulati, prutettrice siti. Iu ricorru a tia galanti Rita cunciditimi stu favuri (chiedere grazia) pi la spina di Gesù, Santa Rita aiutami tu.

In italiano:

Santa Rita, Santa Rita dei casi disperati, così afflitta e sconsolata, siete protettrice. Io ricorro a te gentile Rita concedetemi questo favore (chiedere grazia) per la spina di Gesù, Santa Rita aiutami tu.

 
 
 

Rosari in siciliano del mese di Maggio

Post n°134 pubblicato il 05 Maggio 2014 da benedicaria
 

Rosari in siciliano del mese di Maggio

Primo Rosario

Posta  

In siciliano:


Ch'è bedda sta rosa,
ch'è beddu stu gigghiu
ch'è bedda sta Matri
chi teni a stu Figghiu.
Ch'è beddu stu nomi
di Gesù Bamminu
ch'è biancu, che finu,
chi oduri chi fa
quantu è granni la vostra buntà.
Ch'è bedda sta vucca,
chi meli chi manna,
lu cori m’inciamma
p’amuri a Gesù.


In italiano:

Ch’è bella questa rosa
ch’è bello questo giglio
ch’è bella questa Madre
che tiene questo Figlio.
Ch’è bello questo nome
di Gesù Bambino
ch’è bianco, ch’è delicato,
che odore che fa
quanto è grande la vostra bontà.
Ch’è bella questa bocca
che miele che manda,
il cuore mi divampa
per amare Gesù.


Grani

In siciliano:


Aduramula a Maria
ca è rosa d’adurari.
Maria virgini e pura
lu to nnomu m’innamura.


In italiano:

Adoriamo Maria
ch’è rosa da adorare.
Maria vergine e pura
il tuo nome m’innamora.


Secondo Rosario

Posta    


In siciliano:


Maria la so biddizza
la nostra cuntintizza
priati a lu Signuri
chi perduna i nostri erruri
priatilu pi caritati
chi smuvissi in pietati.


In italiano:

Maria la sua bellezza
la nostra contentezza
pregate il Signore
che perdoni i nostri errori
pregatelo per carità
che si smuova a pietà.


Grani

In siciliano:


Maria nni vui vinemu
pi li grazi chi vulemu.
E a nui li cunciditi
ca la nostra matri siti.


In italiano:

Maria da voi veniamo
per le grazie che vogliamo.
E a noi le concedete
perchè la nostra madre siete.


(Tratto da: A Cruna. Antologia di Rosari Siciliani, di Sara Favarò. Ed. Città Aperta.)

 
 
 

Maggio: il mese mariano

Maggio: il mese mariano

La storia del mese mariano comincia nel Medioevo con il tentativo di cristianizzare le feste pagane in onore della natura in fiore con il Calendimaggio e i riti romani dedicati alle dee che vegliavano sul mese dei fiori sulle quali regnava la «regina» o «sposa di maggio». Evocando la Madonna, la creatura più alta, si potevano unire insieme i temi della natura e della Santa Vergine, eliminando gli aspetti orgiastici. «Fin dal secolo XII» scrive Cardini «i filosofi di Chartres avevano rielaborato il concetto di Natura incarnandolo in un'allegoria che, per molti aspetti, ricordava la Magna Mater. Ma Chartres non era soltanto una scuola filosofica illustre, era anche un grande santuario mariano. E così la "Madre Natura" andò sempre più assumendo i tratti della Vergine.»

Ma il primo ad associare esplicitamente la Madonna al mese di maggio fu Alfonso X il Saggio, re di Castiglia e León (nel secolo XIII), che la celebrava in Las cantigas de Santa María:

«Rosa delle rose, fiore dei fiori,
donna fra le donne, unica signora,
tu luce dei santi e dei cieli via».


In una cantiga dedicata alle feste di maggio, vede nella devozione a Maria il modo per coronarle degnamente e santificarle nella gioia. Anche il beato Enrico Susso di Costanza (secolo XIV) componeva «saluti» con cui dedicava la primavera alla Vergine.
La pratica delle prime devozioni risale tuttavia al secolo XVI quando si cominciò a reagire allo spirito rinascimentale giudicato troppo paganeggiante: sicché il mese di maggio assunse anche carattere riparatore. A Roma fu san Filippo Neri a delineare il futuro mese mariano insegnando ai giovani a ornare di fiori l'immagine della Vergine nel mese di maggio, a cantar lodi in suo onore e a compiere atti di virtù e mortificazione.

Un secolo dopo, e precisamente nel 1677, il noviziato di Fiesole in una terra dov'era vivissima la tradizione del Calendimaggio - fondò una specie di confraternita detta Comunella. «Essendo giunte le feste di maggio» riferisce la cronaca dell'archivio di San Domenico «...e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominciavano a "cantar maggio" e far festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla santissima Vergine Maria [...] e che non era dovere che noi ci lasciassimo superare dai secolari». Si cominciò con il Calendimaggio, poi si aggiunsero le domeniche e infine tutti i giorni del mese. Si cantavano le litanie lauretane, s'incoronava la statua della Vergine con rose e le si offriva, alla fine del mese, un cuore d'argento. Sicché alla «Regina della Primavera» si contrappose la «Regina del Cielo».

Queste pratiche fiorirono in tutta la penisola, dalla chiesa di Santa Chiara a Napoli, dove alla fine del secolo XVII si onorava ogni sera la Vergine con canti e si impartiva la benedizione, a Mantova dove le domeniche e le feste del mese erano solennizzate da devozioni a Maria. La formalizzazione del mese di maggio è dovuta però al gesuita Dionisi con il suo Mese di Maria, pubblicato nel 1725 a Verona, dove si suggerisce di compiere le pratiche devozionali anche in casa o nel luogo di lavoro, davanti a un altarino della Madonna, con preghiere (rosario e litanie), fioretti e giaculatorie, e con l'offerta, alla fine del mese, del proprio cuore alla Madre di Dio.

A questo libretto ne seguirono molti altri fino all'Ottocento, quando il mese mariano si era ormai diffuso in tutta l'Europa e nelle Americhe. Un'ulteriore spinta alla sua pratica venne dalla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione nel 1854.

(Tratto da: Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno, di Alfredo Cattabiani. Ed. Mondadori.)

 
 
 

BENEDIZIONE DEGLI ALBERI

BENEDIZIONE DEGLI ALBERI

"Ciò che io so della Scienza divina e delle Sacre Scritture l'ho imparato nei boschi e nei campi. I miei maestri sono stati i faggi e le querce, non ne ho avuti altri. Tu imparerai più nei boschi che nei libri. Alberi e pietre ti insegneranno più di quanto tu possa acquisire dalla bocca di un maestro." Con queste parole, all’inizio del XII secolo, Bernardo da Chiaravalle consigliava di guardare alla natura per trovare una risposta al mistero della vita. Parole valide da sempre, perché dai tempi più remoti e presso tutte le culture il destino dell’umanità fu strettamente legato alla presenza della vegetazione.

Fin dalla loro comparsa gli alberi hanno costituito un aspetto fondamentale dell’ecosistema: per il ciclo dell’acqua e della vita, per l’equilibrio del clima e per la sopravvivenza delle specie animali. Ma all’umanità, oltre alla possibilità dell’evoluzione materiale, era offerto ben di più. Ci fu un’epoca remota nella quale i boschi, riconosciuti come manifestazione immediata del divino, furono al centro della vita spirituale delle comunità e conseguentemente dell’organizzazione religiosa. Tanto che dallo sciamanesimo eurasiatico a quello dell’America del nord la natura nutrice, simbolo materno di fecondità e di trascendenza, venne adorata come una dea vivente. L’albero, sua espressione, si trasformò così in un potente simbolo del sacro.
Hermann Hesse soleva ripetere che “gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità”.

Presso ogni cultura, tradizioni mitiche e di folklore venerarono questi altari del cielo e della terra, carichi di valenze simboliche. A solo titolo di esempio si possono ricordare le seguenti raffigurazioni:
- l’albero come immagine dell’energia del cosmo in movimento, in quanto simbolo di rigenerazione allusa dalla ciclicità del seme;
- l’albero come microcosmo e sintesi dell’armonia degli elementi - l’aria, che filtra attraverso la chioma, il fuoco, energia radiante raccolta dalle foglie, l’acqua, assorbita dalle radici affondate in terra;
- l’albero come centro ideale del mondo o albero cosmico, asse di collegamento tra i regni sotterraneo, di superficie e del cielo, uniti tra di loro attraverso il tronco dall’apparato radicale alle fronde, ponte di passaggio dal fisico allo spirituale, e in questo senso metafora dell’uomo, a sua volta mediatore tra i mondi.

L’albero, con il significato di porta iniziatica, luogo dell’incontro tra le forze del cielo e della terra da dove attingere energia spirituale, venne utilizzato dalle religioni: l’Albero della Bodhi, dove il Buddha conseguì l’illuminazione, la scala di Giacobbe e soprattutto la Croce, nel suo valore di simbolo dell’unione tra la terra e il cielo. Ma anche l’albero-altare dei druidi, detti non a caso “uomini quercia”, o l’albero-totem degli indiani nordamericani, luogo magico di comunicazione con il divino. Ciò suggerì l’albero, nei millenni, all’umanità. E dalla profondità del suo impatto come immagine dell’inconscio, è possibile cogliere l’estrema varietà delle tipologie iconografiche ricorrenti, riferite nell’espressione artistica alle diverse specie arboree, fin dai tempi più antichi:

- l’albero-asse del Mondo: rappresenta la manifestazione che tende verso l’alto. Ispirò i costruttori delle piramidi, come gli architetti delle cattedrali, nella ricerca di un “centro” di partenza per orientare l’edificio rispetto al sorgere del sole;
- l’albero rovesciato: esprime il cosmo e le origini della creazione come manifestazione divina;
- l’albero della vita, o albero cosmico: è associato al piano della creazione e all’immagine femminile della divinità, dove l’albero alimenta con i suoi frutti e protegge, offrendo riparo con le fronde;
- l’albero della conoscenza del bene e del male: sorge nel Paradiso Terrestre e rappresenta la polarità tra gli opposti, appunto, bene e male, luce e ombra, permettendo così all’uomo di confrontare e in questo modo vedere i propri limiti;
- l’albero antenato, associato alla nascita e alla genealogia di individui o di comunità che in esso riconoscono un mitico antenato;
- l’albero di Jesse, tra i simboli più densi della mistica cristiana. Si può considerare come un esempio di albero antenato con riferimento alla Vergine ed è rappresentato come un albero che esce dall’ombelico o dalla bocca di una figura sdraiata, allusiva al progenitore; dai rami affiorano le immagini della Vergine e del Cristo, cui si associano angeli, profeti e altre figure;
- l’albero nella tradizione ebraica, dove rappresenta la vita spirituale e trova espressione nell’albero delle Sefiroth, un ideogramma che collega tra di loro dieci essenze metafisiche, le Sefiroth, citate nei testi biblici.

Queste le tipologie più diffuse. Senza contare l’interpretazione delle diverse specie come espressioni di valori morali veicolati dall’attribuzione agli dei e spesso integrati successivamente dall’etica cristiana: la vite, prima consacrata a Bacco, divenuta simbolo di prosperità spirituale conquistata con il sangue di Cristo. La palma, collegata alle origini di Roma, trasformata in simbolo del trionfo conseguente al martirio. L’alloro, sacro ad Apollo e perciò attributo dello spirito solare, della musica, della poesia e segno di vittoria, in quanto albero di Giove. Il pioppo, riferito ad Ercole e allo spirito di sacrificio. Il pero, albero di Venere e di Giunone, poi ricorrente nell’iconografia mariana in relazione all’immagine della Vergine con il Figlio. La quercia, robur come forza perché associata ai fulmini di Giove e al dono della veggenza. L’ulivo della pace, fatto germogliare da Minerva al termine della contesa per il possesso dell’Attica. Il salice, albero di Giunone e delle divinità lunari, ritenuto infecondo e perciò tramandato con valenza negativa di pianta funeraria. Come pure il cipresso, pianta dei cimiteri consacrata ad Ade ma trasformata in segno di virtù spirituale dal cristianesimo e in particolare da Origene, che l’associò alla Vergine per il suo andamento svettante verso il cielo. E ancora, l’albero di acacia, pegno di resurrezione, l’acanto, simbolo di trionfo, il melograno, pianta della fertilità, il castagno, dono della provvidenza, il noce, albero della profezia, il cedro, espressione dell’incorruttibile, il banano, invito a meditare sulla fragilità umana e il melo, simbolo della conoscenza suggerita dal pentacolo che risulta dalla sezione trasversale del frutto. Tanto per citare gli esempi più famosi.

DENDRITI
Con questo termine (dal greco dendron, albero) si indicano gli asceti cristiani che, nell'Oriente bizantino, trascorrevano parte della loro vita dentro le insenature di grossi alberi. La categoria dei dendriti fu assai più ristretta di quella degli stiliti (asceti sulle colonne), né mai acquistarono la popolarità di quelli, pur conducendo un genere di vita ugualmente rigoroso e mortificato; furono pochi e solo noti in qualche regione vicina al luogo del loro ascetismo.

RITO PER LA BENEDIZIONE DEGLI ALBERI

Nella tradizione ebraica, nel mese di Nisan (marzo-aprile), con l’arrivo della primavera, viene recitata una particolare Benedizione degli Alberi (da frutto). Con questa speciale benedizione si ringrazia e loda Dio per il continuo rinnovarsi della Creazione.

Secondo la mistica ebraica (la Cabala), questa benedizione ha un significato speciale. Quando la si recita, si possono redimere le anime che sono state reincarnate nel regno vegetale, rendendo loro possibile di continuare o completare la rettificazione (purificazione) dell'anima.


(Si può accendere un cero ai piedi dell’Albero)

Ti sia gradito, Signore nostro Dio e Dio dei nostri padri, che in virtù di questa Benedizione degli Alberi, che reciteremo possa compiersi per noi ciò che è stato detto: “Dio ti conceda la rugiada del cielo e il grasso della terra, abbondanza di grano e di mosto. Ti servano i popolo e si prostrino davanti a te le nazioni, sii capo dei tuoi fratelli e si inchinino davanti a te i figli di tua madre, sia maledetto chi ti maledice e benedetto chi ti benedice” (cfr. Genesi 27,28-29). I detti della mia bocca e la meditazione del mio cuore siano graditi davanti a Te Signore, mia rocca e mio Redentore (cfr. Salmo 19,15). Possa la grazia del Signore nostro Dio essere su di noi, consolidare per noi l’opera delle nostre mani e rendere stabile l’opera delle nostre mani (cfr. Salmo 90,17)!

L’ALBERO COSMICO
 
Questo legno mi appartiene
per la mia eterna salvezza.
Io me ne nutro, me ne sazio,
mi radico nelle sue radici,
mi stendo sotto i suoi rami,
mi abbandono deliziandomene
al suo stormire, come al vento.
Fiorisco con i suoi fiori,
i suoi frutti sono per me
motivo di immenso godimento,
frutti che io raccolgo,
preparati per me
dal principio del mondo.
Per la mia fame
trovo delicato nutrimento;
per la sete una fontana;
per la nudità un vestito;
le sue foglie sono spirito vivificante.
Lontane da me sono le foglie del fico!
Ecco la scala di Giacobbe
sulla quale gli angeli salgono e scendono,
in cima alla quale sta il Signore.
Questo albero che s'allarga
come il cielo sale dalla terra ai cieli.
Pianta immortale,
si drizza nel centro del cielo e della terra,
solido sostegno dell'universo,
vincolo che lega tutte le cose,
basamento della terra abitata,
abbraccio cosmico
che chiude in sé
tutta la quasi inesauribile
varietà del genere umano;
fissato dagli invisibili chiodi dello Spirito
per non vacillare nella sua aderenza al divino;
pianta che con la sua cima tocca il cielo,
coi suoi piedi consolida la terra
e nello spazio intermedio
fra cielo e terra abbraccia l'atmosfera tutta
con le sue incommensurabili mani.
O tu che sei solo tra i soli,
e sei tutto in tutti,
i cieli ricevano il tuo spirito
e il paradiso la tua anima,
ma che il sangue tuo rimanga della terra!

(Inno di Sant’Ippolito di Roma, vescovo e martire – III secolo)

Dal libro dei Giudici (9,6-15)
In quei giorni, tutti i signori di Sichem e tutta Bet Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimèlec, presso la Quercia della Stele, che si trova a Sichem. Ma Iotam, informato della cosa, andò a porsi sulla sommità del monte Garizìm e, alzando la voce, gridò: «Ascoltatemi, signori di Sichem, e Dio ascolterà voi!
Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi.
Dissero all’ulivo: “Regna su di noi”.
Rispose loro l’ulivo: “Rinuncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?”.
Dissero gli alberi al fico: “Vieni tu, regna su di noi”.
Rispose loro il fico: “Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò a librarmi sugli alberi?”.
Dissero gli alberi alla vite: “Vieni tu, regna su di noi”.
Rispose loro la vite: “Rinuncerò al mio mosto, che allieta dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?”.
Dissero tutti gli alberi al rovo: “Vieni tu, regna su di noi”.
Rispose il rovo agli alberi: “Se davvero mi ungete re su di voi, venite, rifugiatevi alla mia ombra; se no, esca un fuoco dal rovo e divori i cedri del Libano”».

Riflessione
Gli alberi racconta Iotam vogliono crearsi un re. Per farlo re cercano un albero di grandi qualità, di grandi capacità, perché occorre che il re sia il migliore di tutti. Si rivolgono quindi all'ulivo, che produce l'olio, derrata tanto preziosa, l'olio che nutre, l'olio che serve per preparare rimedi, per preparare profumi, l'olio che può anche dare una fiamma che illumina. Ma l'ulivo rifiuta di diventare re. Si rivolgono al fico, il cui frutto è così squisito; il fico rifiuta. Si rivolgono alla vite: "Vieni, regna su di noi!", ma anche la vite rifiuta. Perché? Perché tutti questi alberi hanno un concetto bassissimo del compito di un re: dicono che il re "si agita al di sopra degli alberi". L'ulivo risponde: "Rinunzierò forse al mio olio, grazie al quale si onorano dei e uomini e andrò ad agitarmi sugli alberi?". Così viene descritta la funzione del re, la posizione del re: agitarsi al di sopra degli altri. E il fico: "Rinunzierò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito e andrò ad agitarmi sugli alberi?". E una grande lezione di umiltà per gli ambiziosi che aspirano al potere per essere al di sopra degli altri. La vera grandezza consiste nel servire umilmente, per amore. È la grandezza di Cristo, che non ritenne come un privilegio da conservare la sua uguaglianza con Dio, ma umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte nell’Albero della Croce (cfr. Fil 2, 8ss.). Per dare la Vita in riscatto di tutti!

(Si potrà avvolgere il tronco dell’Albero con un nastro, simbolo del nostro abbraccio, del nostro omaggio e della nostra preghiera)

PREGHIERA DI BENEDIZIONE DEGLI ALBERI

Benedetto sei Tu, o Dio, nostro Signore, Re dell'Universo, che il Tuo mondo non manca di nulla e hai creato in esso buone creazioni e buoni alberi per il piacere dell'umanità.

Preghiera per le Anime

Per reincarnazione si intende la rinascita dell'anima, o dello spirito di un individuo, in un altro corpo fisico, animale o vegetale trascorso un certo intervallo di tempo dopo la sua morte terrena.

La reincarnazione nel cristianesimo fu accolta solo presso ambienti cristiani poi ritenuti eterodossi. Origene sembrava accettare la possibilità di una preesistenza dell'anima anteriore alla nascita, ma contestava che lo spirito umano potesse reincarnarsi nel corpo di animali. In seguito la reincarnazione fu ribadita dal filosofo Scoto Eriugena. Secondo i sostenitori della reincarnazione nel Cristianesimo, alcuni passi del Vangelo farebbero indurre questa possibilità, ad esempio:
Quando Gesù chiede agli apostoli: «Chi credete che io sia?», essi rispondono: «Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia ed altri Geremia o uno dei Profeti». Ciò testimonierebbe l'accettazione della possibilità che un profeta del passato potesse reincarnarsi nel Cristo.
L'episodio della trasfigurazione sul monte Tabor: «“Ma io vi dico che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto”, allora i discepoli compresero che aveva parlato di Giovanni il Battista».
«“Tutti i profeti e la legge hanno profetato fino a Giovanni e, se volete accettarlo, egli è quell’Elia che doveva venire”».
Quando i farisei interrogano il cieco che annuncia la guarigione: «“Tu sei venuto al mondo ricoperto di peccati e vuoi farci da maestro”».
Quando i farisei interrogano il Battista su chi egli sia e con quale autorità compia il suo ministero, gli prospettano tre personaggi di cui uno sicuramente morto ovvero Elia, il Messia o il Profeta.
Nell'incontro con Nicodemo Gesù sembrerebbe suggerire una rinascita immediata ovvero una conversione dell'anima all'ipotesi di reincarnazione.
Anche in un testo gnostico denominato Pistis Sophia verrebbe prospettata la possibilità della reincarnazione, sempre però in vista di un suo superamento finale. Va però precisato che tra i tanti testi gnostici ed apocrifi la quasi totalità di questi, riprende l'idea della rinascita in questa vita e non in un'altra.

La dottrina della reincarnazione trova varie testimonianze come quella di San Gregorio Nisseno, fratello minore di Basilio di Cesarea, che affermò: «È una necessità di natura per l'anima immortale essere guarita e purificata, e quando questa guarigione non avviene in questa vita, si opera nelle vite future e susseguenti». Così Giustino: «Alcune anime che si credono indegne di vedere Dio a seguito delle loro azioni durante le reincarnazioni terrene, riprenderanno i corpi». Origene sostenne che «in quanto a sapere perché l’anima ubbidisce talvolta al male, talvolta al bene bisogna cercare le cause in una nascita anteriore alla nascita corporea attuale».

Benché sia una concezione non presente nella Torah scritta e non esplicita nel Talmud la credenza nella reincarnazione non è estranea nemmeno all'Ebraismo. Definita Ghilgul è insegnata infatti dalla Cabala, la componente mistico-esoterica della religione ebraica basata in buona parte sul valore mistico-occulto dei numeri e delle lettere alfabetiche ebraiche, grazie al quale vengono estratti dai testi sacri dei significati nascosti e più profondi rispetto a quelli ottenibili dallo studio ordinario.


Padre nostro misericordioso, agisci in nome della Tua santa Legge, in nome dei Tuoi santi Nomi scritti e allusi in essa, in nome del merito di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Aronne, Giuseppe e Davide; abbi pietà, clemenza e misericordia e agisci con la Tua grande misericordia e bontà su tutti i soffi vitali gli spiriti e le anime, che ancora non hanno la forza per giungere nel loro luogo di riposo; sui soffi vitali, gli spiriti e le anime che sono presenti nei minerali, vegetali, in esseri viventi che non hanno la facoltà di parlare o in esseri viventi che possono parlare. E Tu, Dio che conservi bontà per migliaia di generazioni, con la Tua grande bontà elargirai loro grande abbondanza di luce, nella luce della vita. Dà loro forza, sostegno e coraggio affinché si purifichino e si rettifichino nella giusta misura. Completa prontamente, con la luce del Tuo volto, la loro purificazione e la loro rettificazione, salvali da qualunque oppressore, nemico e accusatore; che i difensori raccomandino per loro il bene. Agisci nei loro confronti con bontà, poiché questa è la Tua via: prodigare il bene gratuito a ogni generazione.

Sia benedetto il Nome glorioso del Suo regno per sempre.


Al termine della Benedizione degli Alberi si possono sotterrare 3 monete per la carità, corrispondenti ai tre livelli spirituali dell’uomo: spirito, anima e corpo.

SULLA REINCARNAZIONE DELLE ANIME

- Edmond Bertholet, La Reincarnazione nel mondo antico, ed. Mediterranee, 1978.
- E. Bertholet, op. cit., pag. 280.
- Prophet, Reincarnazione. L'anello mancante del cristianesimo (v. bibliografia).
- Matteo 16,13-14.
- Matteo 15,10-15.
- Matteo 11,13-14.
- Giovanni 9, 34.
- Giovanni, 3.
- Gregorio Nisseno, Grande discorso catechetico, tom. III.
- Edmond Bertholet, La Reincarnation, Paris, 1972.

BIBLOGRAFIA

- I GRANDI ALBERI, TRA SIMBOLOGIA E MITO di Moris Lorenzi
- Le preghiere ebraiche sono state liberamente tratto dal Siddùr Sìyakh Yitzkhàk - Libro di Preghiere - Ed. Mamash.

 
 
 

Mille volte Gesù… La festa della Santa Croce del 3 maggio

Mille volte Gesù… La festa della Santa Croce del 3 maggio

Il 3 maggio la Chiesa celebrava, fino alla riforma del Calendario Liturgico, l’”Invenzione di Santa Croce”, dal popolo intesa Festa d’u Crucifissu.
La commemorazione fa riferimento al ritrovamento della Croce, nel 326, per merito di sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino.
La Croce si trovava a Gerusalemme, sotto un tempio dedicato alla dea Venere, e con essa ne erano state sotterrate altre due. Si narra che per sant’Elena fu facile scoprire quale delle tre fosse quella che aveva visto morire Gesù. Ella fece avvicinare una donna ammalata che, accostandosi ad una delle croci, guarì immediatamente.
Questo è quanto riferiva il “Messale Romano Quotidiano”, prima che la riforma del Calendario Liturgico, seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II, accorpasse l’”Invenzione di Santa Croce” con la festa del 14 settembre, data in cui la Chiesa ricorda l’”Esaltazione della Santa Croce”.
Tale celebrazione è riferita alla restituzione della Croce da parte del figlio di Cosroe II (il re persiano che l’aveva trafugata nel 614), all’imperatore bizantino Eraclito I che la riportò a Gerusalemme nel 628.
E’ proprio sulla scia dei “ritrovamenti” che la memoria popolare ci tramanda mirabolanti storie di recupero di crocifissi. Racconti che, di solito, non hanno un’esatta collocazione storica, ma sono storie che si riferiscono ad un tempo imprecisato che si racchiude nell’espressione popolare ‘na vota (una volta).

"Una volta, - riferisce lo storico Giuseppe Pitrè, nel suo libro "Feste Patronali nella Sicilia Occidentali" - nei tempi antichi, alcuni cristiani delle vicinanze di Palermo, e propriamente di Monreale, di Boccadifalco e di Altarello di Baida s’imbarcarono per andare in Barberia. Erano provvisti di molto danaro e si proponevano di tornare con grandi e preziose mercanzie. Cammin facendo s’incontrarono in una nave turca, il cui equipaggio si baloccava con un Crocifisso capitatogli non si sa donde e come. Scandalizzati a quella profanazione vollero riscattare il Crocifisso, e spesero tutte le somme che possedevano; e tornarono a Palermo; ma nel tornare sorse tra loro la questione a chi il Crocifisso dovesse appartenere, e in qual sito lo si dovesse portare, a Monreale, o a Boccadifalco o ad Altarello. Però la questione fu subito risoluta di comune accordo: adagiando la statua sopra un carro tirato da buoi, a’ quali si lascerebbe libertà di andare alla ventura senza guida e pungiglioni. I buoi,  abbandonati a se stessi, andarono dritto a Monreale, fermandosi nel punto che è ora la Collegiata, ove il Crocifisso venne senz’altro accolto e conservato."

Tutt’oggi Monreale, il 3 maggio, rende onore al Santissimo Crocifisso con grandi festeggiamenti.
Sono tanti i comuni siciliani che riservano grandi festeggiamenti al Santissimo Crocifisso, che è patrono o compatrono di: Acquaviva Platani, Lucca Sicula, Menfi e Siculiana in provincia di Agrigento; Bompensiere, Resuttano e San Cataldo nella provincia di Caltanissetta; Baronia nella provincia di Catania; Forza d’Agrò e Ucria nella provincia di Messina; Belmonte Mezzagno, Carini, Ficarazzi, Giardinello, Lascari, Monreale, Montelepre, Montemaggiore Belsito, Palazzo Adriano, Roccapalumba, Sciara, Trabia e Villafrati nella provincia di Palermo; Calatafimi e l’isola di Favignana nella provincia di Trapani. In alcuni luoghi tale festività ricorre a maggio, in altri a settembre.

ROSARIO “U MISTERU DA SANTA CRUCI”

Il “Misteru da Santa Cruci” (Mistero della Santa Croce) è un Rosario molto particolare che pare rispecchiare l’Esicasmo. Si compone da un mistero, intervallato da una giaculatoria ripetuti alternativamente 10 volte ciascuno e intervallati da 10 invocazioni del nome di Gesù. A Rosario concluso si sarà pronunciato 1000 volte il Santo Nome di Gesù.
È necessario che il conto millesimale sia esattissimo, così ci si attrezza come si può. All’antica pratica di tenere il conto con dieci sassolini o dieci pezzetti di legno, lasciandoli cadere, sembra ormai essere subentrato il metodo del rosario (prima utilizzato solo per contare le dieci invocazioni del nome di Gesù). Utilizzando infatti una comune corona del Rosario si usa recitare sul grano grande il mistero e su quelli piccoli semplicemente “Gesù”:

Posta 

In siciliano:

Arma mia,
pensa pi tia:
pensa c’hai a muriri.

Munti ribellu (Valli i Giosufà)
s’avi a ribellari,
lu nemicu 'nfernali
t’avi a scuntrari
e tu ci ha’ diri:
«Vattinni, brutta bestia ‘nfernali,
ca cu mia nun ci hai a chi fari,
ca lu iornu di la Santa Cruci
aiu dittu milli voti: Gesù, Gesù, Gesù...»


In italiano:

Anima mia,
pensa per te:
pensa che devi morire.

Monte ribelle (Valle di Giosafat)*
si deve ribellare.
il nemico infernale
ti deve scontrare
e tu ci devi dire:
«Vattene brutta bestia infernale,
che con me non hai cosa fare,
che il giorno della Santa Croce
ho detto mille volte: Gesù, Gesù, Gesù...»


Poi si dice:

In siciliano:

Santa Cruci, aiutatini Vu!

In italiano:

Santa Croce, aiutatemi Voi!

E per dieci volte: Gesù!

Quindi si comincia di nuovo con: “Arma mia...” e si finisce solo quando il nome di Gesù è stato pronunziato mille volte.

* La valle di Giosafat è un nome dato al luogo del giudizio finale Gioele 3,2-12. Siccome Giosafat vuol dire “Dio ha giudicato”, è probabile che sia una descrizione simbolica (come "valle del Giudizio" nel versetto 12) piuttosto di un luogo geografico. Se è un luogo particolare, la valle più probabile è la Chidron, che viene chiamato appunto la valle di Giosafat (a causa di questo versetto) dal quarto secolo d.C.

In siciliano

Pâ Santa Cruci, ù tri Maju

Oggi è lu jornu
di la Santa Cruci,
e n'atri dicemu
milli voti Gesù.
Santa Cruci Biniditta,
ncelu fustivu scritta,
fustivu scritta cu littri d'oru,
Santa Cruci iu v'adoru.

In italiano:

Per la Santa Croce, il tre di Maggio

Oggi è il giorno
della Santa Croce,
e noi altri diciamo
mille volte Gesù.
Santa Croce Benedetta,
in cielo foste scritta,
foste scritta con lettere d’oro,
Santa Croce io vi adoro.

(Liberamente tratto da: “A Cruna. Antologia di Rosari Siciliani”, di Sara Favarò. Ed. Città Aperta.)

 
 
 

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a mia nonna Concetta e a mia mamma Domenica, memorie storiche e depositarie della Benedicaria siciliana.

 

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Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio; ut non pereamus in tremendo iudicio.

 

LE FASI LUNARI

"Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo" (Qoèlet 3,1)

- LUNA NUOVA (Luna nera): in questo periodo si può pregare per la nascita di qualcosa di nuovo e che ancora non c'è.

- LUNA CRESCENTE: in questo periodo si può pregare per la crescita di qualcosa o per incrementare qualcosa che è al suo nascere.

- LUNA PIENA: in questo periodo si può pregare per ogni tipo di coronamento, compimento, fecondità, piena realizzazione.

- LUNA CALANTE: in questo periodo si può pregare per far decrescere qualcosa, eliminare degli ostacoli, pregare per la purificazione e la liberazione.

 

LA BIBLIOTECA DI BENEDICARIA

Biblioteca della Benedicaria

- Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno, di Alfredo Cattabiani. Ed. Mondadori.

- Lo Stivale Magico. Magia Popolare e Stregoneria del buon paese, di Andrea Bocchi Modrone. Ed. Il Crogiuolo.

- La Stregoneria in Italia. Scongiuri, amuleti e riti della Tradizione, di Andrea Romanazzi. Ed. Venexia.

- Guida alle Streghe in Italia, di Andrea Romanazzi. Ed. Venexia.

- I Guaritori di Campagna. Tra magia e medicina, di Paola Giovetti. Ed Mediterranee.

- I Benandanti, di Ginzburg Carlo. Ed. Einaudi.

- Patri, Figliu e Spiritu Santu. Viaggio alla scoperta delle preghiere dialettali recitate a Gangi, di Roberto Franco e Salvatore Germana. Ed. Arianna.

- Nnomini Patri, Figghiu e Spiritu Santu. Antiche preghiere in dialetto siciliano, di Antonina Valenti. ilmiolibro.it.

- A Cruna. Antologia di Rosari Siciliani, di Sara Favarò. Ed. Città Aperta.

- Pasqua. Dalla terra il cielo. Simboli, numeri, misteri, preghiere e riti popolari in Sicilia, di Sara Favarò. Ed. Le Nuove Muse.

- Chisti lodi e chisti canti. Antiche preghiere siciliane delle Madonie, Nebrodi e dintorni, di Giuseppe Calmieri. Ed. Kalós.

- Dalla terra al cielo. Raccolta di antiche preghiere gelesi, di don Lino di Dio.

- Il Libro della Magia Popolare Siciliana – Anonimo.

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- Il Libro Magico di San Pantaleone. Centro Editoriale Rebis.

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- La Magia Astrale degli Angeli, di Pier Luca Pierini R. Centro Editoriale Rebis.

- Invocazioni e Preghiere agli Angeli, di di Pier Luca Pierini R. Centro Editoriale Rebis.

- Il Grande Sacramentarlo Magico, di Abate Julio. Centro Editoriale Rebis.

- Il Vero Libro dei Segreti Meravigliosi, di Abate Julio. Centro Editoriale Rebis.

- Il Libro dei Salmi, di Abate Julio. Centro Editoriale Rebis.

- Preghiera dei Giorni, a cura del Monastero di Bose. Ed. Qiqajon.

- Benedizionale, a cura della Conferenza Episcopale Italiana. Ed. Vaticana.

 

I MEGALITI DI ARGIMUSCO

La Stonehenge siciliana

Alla "Vergine Orante" dei Megaliti di Argimusco

I Padri ti videro in spirito come una grande montagna, o Genitrice di Dio, dalla quale si staccò una pietra che rovesciò gli idoli dei demoni.
Una pietra angolare, non tagliata da mano d’uomo, si staccò da te, o Vergine, montagna non tagliata: Cristo che riunisce le nature separate.
Il profeta ti vide sotto l’aspetto di un monte, o Vergine senza macchia; da te si staccò una pietra gloriosa che salva veramente l’universo.

 

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