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Sonetti per Irene di Spilimbergo

Concludo con questo post la rassegna delle poesie scritte da donne in morte di Irene da Spilimbergo (vedi precedente post). I sonetti riportati sono i sei seguenti:

Lucia Bertana (157): Alma già illustre al mondo, il cui splendore
Olimpia Malipiero (167): Felice Irene, che 'l superno chiostro
Olimpia Malipiero (168): Dunque son pur d' Irene i lumi spenti
Olimpia Malipiero (168): Per mostrar quì del cielo il gran Motore
Olimpia Malipiero (169): Lascin le Muse il lor gradito canto
Virginia Martini (192): Asconda Phebo la dorata testa

Lucia Bertana

Alma già illustre al mondo, il cui splendore
Ogni favilla havea chiara, e gentile
Di vera cortesia, di gloria humile,
D'alta, e rara virtù, di puro amore;

Hor che 'n ciel chiara il tuo sommo valore
Dimostri; e che col dotto altero stile,
E con la man, che l'altrui vanto vile
Già fece con gl'inchiostri, e col colore;

Puoi ritrar opre si divine e belle,
Et del Tauro, e Monton calcare il dorso,
Contemplando l'erranti e fisse stelle;

Scendi talhora a consolarne: e 'l corso
Raffrena al duol, che le nostr'alme svelle:
A noi porgendo alcun dolce soccorso.



Olimpia Malipiero

1

Felice Irene, che 'l superno chiostro
Allumi co ' l tuo novo alto splendore;
E lasci il mondo in tenebroso horrore,
Ch' ornasti già d' altro che d' oro, & d' ostro;

Onde cagion eterna il secol nostro
Ha di pianger dolente a tutte l' hore;
E che l' invitto tuo santo valore
In ogni parte sia additato, & mostro;

Deh se pietà giamai ti strinse il petto;
Deh per l' alme virtuti amiche, & sole,
Ch' alla strada del ciel ti furon scorte;

Prega per noi l' eterno, & vivo Sole,
Che qui lasciando ogni terreno affetto
L' orme di lui seguiam sicure, e corte.


2

Dunque son pur d' Irene i lumi spenti,
Che accendevano l' alme all' alte imprese?
Dunque n' è il riso, il canto, e quel cortese
Parlar tolto? empia stella, a che il consenti?

Dunque son svelti i crin crespi, e lucenti,
E alla terra i rubin, le perle rese?
Dunque, morte crudel, le insidie hai tese
A lei per lasciar noi mesti, e dolenti?

Ahi, che ben scorsi questa alma beata,
Dove l' immortal gloria era nascosta,
Non poter abitar, molto fra noi.

Che Dio la volle, e ne' bei regni suoi,
De' rai del Sol, di stelle incoronata,
Donde dianzi la trasse, or l' ha riposta.


3

Per mostrar quì del cielo il gran Motore
L' alto poter, l' eterna sua bontade;
Mandò d' Irene in questa nostra etade
L' infinito, divino, almo splendore.

Dunque apparisca in ogni parte fore
Quanto senno, valore, & honestade
Sian ricchi fregi: & sian dirite strade
D' ergersi ad immortal seggio d' honore.

Che mentre ella qua giu visse fra noi,
Sgombrò di vitij ogn' atra nebbia oscura
Co i raggi ardenti del bel viso adorno.

O destin fero: in poca sepoltura
Morte hor la chiude: & ne l' eterno giorno
L' alma salì su ' l fior de gli anni suoi.


4

Lascin le Muse il lor gradito canto;
Vestan al duol conforme anco il colore:
Secchisi d' Hippocrene il vivo humore:
Et versi Febo un largo mar di pianto.

Spoglisi il mondo del suo verde manto:
Sterpisi da radice ogni herba, & fiore:
Spenga il Sol quanto ha in se luce, & splendore:
E ' l ciel fosco divenga in ogni canto.

Pianga natura l' opra unica altera,
Che sovra ' l suo poter fè si perfetta,
A un colpo svelta di mort' empia, & fera.

Ne speri Italia homai più gloria intera:
Poi ch' al partir di qui l' anima eletta
D' Irene, ha fatto a noi perpetua sera.



Virginia Martini

Asconda Phebo la dorata testa
Ne le fals'onde si, ch'oscuro il giorno .
Sempre si mostri, a quest 'aere dintorno:
Cui senza Irene è la sua  luce infesta.

L'antica madre piu non si rivesta
Di varij fiori: e de la copia il corno
Nieghi,: e del ricevuto oltraggio, e scorno
Al ciel si doglia ognihor turbata, e mesta.

Osservin sempre un tanto oscuro e nero
Giorno i pastor per infelice e tristo:
Ne di gregge, o di ninfe habbiano cura.

E d'Adria il mar di doglia, e d'ira misto
Si dimostri turbato in guisa, e fero;
Che tema n'haggia il mondo, e la natura.

 
 
 
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