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Rodolfo Arata

Post n°148 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da bioantroponoosfera

"Attendere l'inatteso" nel pensiero di Teilhard de Chardin

FEDE APERTA PER L'UOMO DI OGGI

Due ostacoli hanno contrassegnato ed ancora oggi accompagnani il pensiero di  Teilhard de Chardin: la critica pregiudiziale e l'apologia incondizionata.

Lungo  la  traccia della prima categoria or non è molto uno storico professionale pretendeva di liquidare in poche parole il paleontologo che nelle millenarie rughe della terra, intravvide la perenne giovinezza dell'uomo.  Ricordo che mentre ascoltavo l'autorevole ben pensante faceva in me capolino la valutazione non mai abbastanza citata di un grande storico, Arnold Toynbee, il quale non temette di compromettere la sua fama mondiale  scrive3ndo: " Teilhard sarebbe già un grande  dell'intelligenza se si fosse limitato alla paleontologia soltanto, ma di fatto,è anche un grqnde poeta e un cristiano, e ciò fa di lui un gigante sia della spiritualità, sia dell'intelligenza.  Egli spezza le barriere fra le discipline specializzate che separano i mandarini accademici, perchè possiede un intelletto che va al di là delle convenzionali dicotomie del pensiero... Le Phenomene huomain è un atto di leberazione spirituale.  La sua visione unitaria va incontro a un bisogno spirituale del nostro tempo".

Inutile aggiungere che fra lo sbrigativo pregiudizio del primo e il moderato giudizio del secondo,  la  pigrizia la pigrizia si attesta automaticamente sulla linea del conformismo: quella che ripete gli stanchi formulari e ripudia le nuove motivazioni, sorda all'evoluzione del tempo e ferma su posizioni tagliate fuori dalla storia.  Perfino l'arcaico dualismo tra la scienza e la fede religiosa perde ilvalore di un confronto e scade in un monologo, dove sovente l'ascolto è solo formalistico.  Nessuno stupore se nella latitanza di un impegno è sorta la denuncia di una fede ancora impigliata nel chiuso della cosmogonia medioevale, che lasciava spazio ed iniziativa all'elaborarsi della dottrina materialista, ed alle forze dell'ateismo.  Teilhard de Chardin interrompe codesto percorso collocandosi al centro di una strategia in cui le due tensioni della sua sofferta esperienza personale - Dio e il cosmo - maturano e sanciscono la superiorità globale della concezione cristiana.

La strada è antica e nuova.  Ma i miopi non vedono le sorgenti e i presbiti hanno paura di avere coraggio.  A peggiorare la situazione sopraggiungono i panegiristi assai più sensibili alle rituali classificazioni delle analisi che non alle conseguenti definizioni della sintesi.  Vengono così contraffatte le basi della sua dottrina, i lineamenti della sua personalità:  E a seconda degli umori preferenziali di questo o quel commentatore, Teilhard viene posto fra questa o quella schiera di eterodossi.  Sembra che anche i suoi esaltatori siano in gara per inquadrarlo in un bersaglio di agevole colpibilità.

Si esercitano al tiro i discettatori dell'erudizione spicciola ed i "benemeriti" della centralità burocratica, che scambiano disinrteressatamente le "battaglie ideali" con i gradi della carriera.  Sennonchè nemmeno il fuoco incrociato della sospettosa malizia  riesce a cancellare i caratteri distintivi della concezione teilhardiana.  Come infatti essa poteva sopportare l'accusa di cedere alle illusioni e alle lusinghe di un fallace naturalismo,  che esaurisce in se stesso le prove di una falsa divinità, quando ogni aspetto di studio,  di indagine e di investigazione è rivolto a stabilire le profonde  relazioni intercorrenti  fra le strutture dell'universo e la complessione dell'uomo nella trascendente sovranità di Dio?.  Con l'anticipazione di settecento anni il maestro della scolastica Tommaso d'Aquino aveva segnato la strada che Teilhard doveva percorrere con l'ausilio del  nuovo patrimonio conoscitivo della scienza: "L'ultimo traguardo -  scrive  l'Aquinate - di tutto il processo della creazione è l'anima umana, e a questa tende la materia quale sua forma finale...perchè il traguardo di tutto il processo creativo è l'uomo".

Jacques Maritan, nel tanto discusso libro: Il Contadino Della Garonna" quasi pentito di aver riconosciuto nella incrollabile certezza della realtà del mondo" il punto di incontro fra S.Tommaso e il sacerdote-paleontologo, cerca di sminuirne il valore,  facendo slittare la valutazione dal piano filosofico, teologico e scientifico a quello immaginativo della poesia.

Un comodo stratagemma per evitare il dibattito suelle questioni aperte e arroccarsi nei turriti castelli di una prevalenza assai più enunciata che acquisita e dimostrata.

Sembra che con il mutare dei tempi non cambi il destino di Teilhard, mentre mutano gli orientamenti ed i pronunciamenti del veneraldo filosofo e del prestigioso diplomatico.  Fin dall'inizio, infatti della mistica  e scientifica peregrinazioni cosmica, il gesuita aveva chiesto che le proprie intuizioni ancora frammentarie sulla crescente convergenza liberatrice delle forze fisiche ed umane, fossero poste al vaglio di un dibattito ampio e approfondito.  Egli avvertiva la difficoltà di versare il vin nuovo nei vecchi otri o, se più aggrada, di sistemare le idee insorgenti dalle continue trasformazioni della realtà nel quadro della speculazione filosofica e teologica.  Ebbe risposte evasive o imperative:  le une avrebbero incoraggiato all'errore se errore vi fosse stato; le altre per naturale reazione avrebbero rafforzato il perseguimento della verità.

Mancò comunque l'incontro o  lo scontro delle idee inutilemte coperte da una forzata clandestinità che fece fiorire una sintomatica aneddotica.  Ad uno dei tentennanti amici che fra l'amletico essere o non essere, cli chiesero di ritrattare una locuzione, Teilhard risponde: " non si tratta di mutar parole ma di discuterne il senso.  Le ritrattazioni non servono: quella di Galileo fu solenne, ma non per questo la terra cessò di girare intorno al sole.  I fatti sono più grandi  dei vocaboli che tentano di designarli e di raffigurarli.  L'ingresso del consorzio umano nell'età cosmica non si può frmare con i formulari accademici, è tangibilmente e visibilmente in atto".

Ad un altro candido consigliere che vuol porre  Teilhard al riparo da fastidiosi contrasti e gli chiede se vale la pena di provocarli e di subirli, definì con Eraclito vano ed ozioso  l'interrogativo.  Se non "t'aspetti l'inaspetttato" abbandona i grandi temi dela civiltà e della cultura.

Colombo sapeva di poter raggiungere l'Oriente dall'Occidente attraverso una strada diretta, ma preferì avventurarsi nell'ignoto e l'inatteso. lo premiò con la visione di nuove terre.  La scoperta dell'elio nell'atmosfera solare  e della emissione del radio con il numero di elio acquisirono elementi conoscitivi, che dovevano avviarci alla rivelata frammentazione dell'atomo.

A chi voleva confonderlo menando il can per l'aia dellepompose e togate citazioni buone a tutto fare, suggeriva la saggia letturadi quanto galileo aveva scritto tre secoli e mezzo prima sul "saggiatore": "Parmi di avere per lunghe esperienze osservato, tale essere la condizione umana, intorno alle cose intellettuali che quanti altri meno ne intende e  ne sa, tanto più risolutamente voglia discuterne e che, all'incontro, la moltitudine delle cose conosciute e intese renda più lento e irresoluto al sentenziare circa qualche novità".

Ma a prescinde dagli episodi più o meno veritieri sta il fatto che Teilhard dovette superare difficoltà spesso contraddittorie per restare fedele alla Chiesa ed ai suoi ideali: quando enunciava pensieri isolati ma pur sempre obbedienti all'organicità di un disegno, veniva tacitatodi frammentarismo dispersivo: allorchè fromulava studi completi nelle premesse, nello svolgimento e nelle conclusioni era accusato di invadere campi proibiti, discipline riservate all'empireo dell'ufficilità.

Eppure nelle svolte più significative e tormentose non cedette mai alla tentazione di allentare i prorpri vincoli con la comunità cristiana:"Veramente - (e prroprio in forza di tutta la struttura del mio pensiero ) scriveva nell'ottobre del 1951 - mi sento più irrimediabilmente legato all Chiesa gerarchica e al Cristo del Vangelo di quanto lo si stato mai in alcun momento della mia vita".

 RODOLFO ARATA

da Il Popolo 20 febbraio 1971

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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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