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All the lonely people...

Post n°6 pubblicato il 18 Maggio 2010 da dollmaker2
 
Tag: diario

Detesto viaggiare. L’ho scritto anche sul mio profilo. Non fraintendiamoci, però: se devo viaggiare per vacanze/piacere/turismo/cazzimiei, allora la cosa non mi dispiace affatto. Però odio esservi costretto. Come in questo periodo, con tutte le allegre gite che mi tocca organizzare per cercare casa. Oggi sono stato dalle parti di Como, ho fatto una capatina anche a Maslianico e Cernobbio. Belle cittadine. La prossima volta faccio un giro a Laglio (sobborgo di Lacipolla) e se incontro George Clooney gli mostro il dito medio, perché sto cominciando a odiare la gente ricca. In ogni modo, stamattina, quando ho preso il treno a Lugano, ho fatto uno strano incontro. Era un uomo dal volto comune, baffi, guance cadenti, occhi scuri e opachi, fronte ingigantita da un principio di calvizie. O almeno così mi è parso; ho smesso da un pezzo di guardare i volti dei matti che incontro. Si avvicina e me e mia madre (viaggiavo con lei) e ci chiede di offrirgli una sigaretta. Rispondiamo che non fumiamo.
“Ma guarda, ho chiesto a quattro persone e non fuma nessuno.”
Lo osserviamo in silenzio. Ci concentriamo affinché le parole Chi Se Ne Frega lo raggiungano telepaticamente. Invece la sua voce strana e cantilenante continua:
“Non mi piace fumare da solo, in compagnia è meglio. Non fumo mai da solo, perché...”
“Non fumiamo. Ci dispiace.” E ci allontaniamo dandogli le spalle solo in parte, perché la prudenza non è mai troppa. Lui ci sorpassa di gran carriera e in un minuto sparisce in una zona in cui la folla è più densa. Che strano, sembrava zoppo quando ci ha avvicinato. Mi volto e noto che stanno arrivando due sbirri. Non sto insinuando che i due eventi abbiano un nesso, ma scrivo ciò che ho visto.
Ore 12,33: riprendiamo il treno a Chiasso (famosa freddura: perché a Como si dorme male? Perché vicino c’è Chiasso). A Balerna (la fermata dopo) salta sul treno il nostro fumatore. Rieccolo. Cammina dondolando. Ha le spalle curve, dettaglio che conferisce un aspetto sinistro alla sua figura alta almeno 1 metro e 80. Ci chiede se sono liberi i posti dirimpetto. Ma prego. Tanto noi ci alziamo subito e cambiamo carrozza. Ho già detto che la prudenza non è mai troppa? E poi io odio gli incontri che sembrano casuali ma non lo sono, a meno che la persona incontrata non sia Jessica Alba. Nella nuova carrozza siamo soli e beati per circa 4 minuti, perché a Mendrisio i sedili sono invasi da una decina di liceali ciarlanti. La cosa positiva è che ciarlano in tedesco e perciò non capiamo quel che dicono, e ci risparmiamo le varie frasi da slang adolescenziale. Altra cosa buona è che nessuno si siede davanti a noi; nessuno tranne una ragazza che sale per ultima, affrettandosi a cercare un sedile e quasi cadendomi addosso quando il treno parte, tanto che mi sorride imbarazzata. Poi la ragazza resta in silenzio per tutto il viaggio, si mantiene in disparte. Chiaramente viaggia col resto della comitiva, ma gli altri la ignorano, non le rivolgono mai la parola, non le offrono il cibo che sgranocchiano. Poi scendono tutti a Melide, e la carrozza ritorna deserta eccetto che per un tizio che dorme con la testa ciondoloni ma incredibilmente si sveglia in perfetto orario per scendere a Lugano (sono svizzeri anche quando dormono).
All’una e 15 decidiamo di pranzare fuori. Mia madre prende la pizza e io provo un piatto di pasta gamberi e pomodorini. Durante il pranzo conveniamo di essere rimasti entrambi colpiti dall’immagine della ragazza emarginata dal resto della classe, brava biondina acqua e sapone che probabilmente ha un animo sensibile, ama la natura e la lettura, non trova nulla di esaltante nelle serate a base di red bull e discoteca, e non trova noiosa la posizione del missionario, neanche a luci spente e sotto al piumone, purché ami veramente l’uomo che l’abbraccia. Confesso alla mia commensale che ho avuto periodi così anch’io, sono stato emarginato anch’io. Non in tutte le classi che ho frequentato (ne ho cambiate molte) ma in alcune sì. Lei mi risponde che è stata nella stessa situazione ai suoi tempi. Le avevano appena regalato una cartella nuova, di cartone rinforzato invece che di pezza, che nella Basilicata degli anni ‘50 equivaleva a una borsa di Louis Vuitton. All’uscita da scuola un ragazzino gliela prese a calci, danneggiandola oltre il punto di non ritorno, al che mia madre inveì contro di lui dicendo “Vuò sc’ttà lu sagn da’a’cann” (traduzione: ti auguro un’emorraggia carotidea). Il ragazzino, che era un galantuomo in erba, le diede un cazzotto sui denti.
Annuisco gravemente. “E da allora ti hanno etichettata come debole e perciò ti hanno emarginata, giusto ma’?”
“No. È che dopo ho mandato i miei tre cugini di 14 anni a riempirlo di mazzate e a rompergli la cartella (Esodo 21, 24) e da allora gli altri avevano paura di me.”
“Ah.”
Ma il punto è che l’emarginazione è qualcosa che potrebbe capitare a chiunque, o meglio, a chiunque sia abbastanza coraggioso da rifiutare le mode e i comportamenti della massa, a chiunque scelga di essere “diverso” in un modo che potrebbe offendere o disgustare i “normali”... o i termini virgolettati dovrebbero essere invertiti?
Quando vedo persone solitarie o penso ai miei stessi periodi solitari, mi torna sempre in mente Eleanor Rigby dei Beatles. 

All the lonely people,
where do they all come from?
All the lonely people,
where do they all belong?

 

 
 
 
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