Creato da blogtecaolivelli il 04/03/2012

blogtecaolivelli

blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli

 

 

« Uno scrittore lombardoARABELLA II Parte »

ARABELLA IIIParte

Post n°1006 pubblicato il 27 Maggio 2016 da blogtecaolivelli

Il Berretta rianimato dal tono più dolce con cui gli parlava quell'uomo tremendo, corse e girò la chiave dell'uscio, accostò una sedia al camino, sedette, appoggiò le mani sui ginocchi e ancor tutto tremante stette a sentire.

Il padrone con voce fredda e precisa, senza distaccar gli occhi dal fuoco, cominciò:

- Ora io vado di là a cercare una carta che mi interessa; ma tu devi giurarmi prima che non dirai a nessuno ch'io sono stato qui stanotte. Vedi questo foglio di carta? - e glielo mise sotto il naso. - Qui è scritta la denuncia del furto delle bottiglie, eccetera. Un avvocato mi ha detto che, trattandosi di un furto qualificato di un valore superiore a cento lire, con uso di chiave falsa, il reo non potrebbe cavarsela con meno di due anni di reclusione. Vedi, Berretta? io posso buttare questo foglio sul fuoco...

- Lo butti, in nome della benedetta Madonna! - pregò l'altro, alzando le mani.

- No, questa sarà la mia garanzia. Se tu ti lasci scappare una parola di quel che vedi e senti stanotte, sai quel che ti spetta.

E intascò la carta.

- Faccia conto che io sia un uomo morto.

- Per quante domande ti possa fare don Giosuè, l'avvocato Baruffa, Aquilino Ratta, la Giuditta, il mio Lorenzo, il tuo Ferruccio, o il mezzo avvocato... tu, tu non sai niente, non hai visto niente. [p. 26 ]

- Niente, niente - ripetè il Berretta, chiudendo gli occhi e spazzando l'aria colle mani davanti a sè.

- Ci sarà della gente che ti offrirà del denaro per farti cantare: ma tu sarai muto come questo sasso... - Il signor Tognino toccò tre volte col dito il marmo del caminetto.

- Come questo sasso, lo giuro: ma non mi faccia una brutta figura. O poveri morti, due anni di reclusione!

- Ben, sta zitto e tien vivo il fuoco. Ora vo di là.Il signor Tognino prese uno dei lumi, e girata la chiavetta nella toppa, entrò nella camera della morta, lasciando solo il portinaio davanti al fuoco.

L'ombra sconnessa di quest'uomo rannicchiato sulla sedia, sbattuta dalla fiamma sul soffitto, e ballonzolante alle scosse del fuoco sui murii e sui mobili, poteva dare un'idea dello stato d'animo e dell'agitazione di tutti i suoi pensieri, che guizzavano senza ordine e senza contorno nel suo povero cervello. Egli conosceva il sor Tognino, e sapeva che con quel carattere non c'era da scherzare. Aizzato negli interessi, il vecchio signore diventava una tigre. L'aveva visto sulle furie il giorno che colse la povera Santina in atto di far la spia dietro l'uscio; misericordia! se non la pigliò a colpi di piede, fu merito della donna, che seppe infilar l'uscio e le scale. Ma dovette far fagotto e andarsene col salario in mano, dopo quasi quindici anni di servizio. Che cosa arresta l'uomo aizzato nel suo interesse? che cosa arresta il toro quando vede rosso? Come, quando, aveva [p. 27]scoperta questa faccenda delle trenta bottiglie? e dire che egli non s'era manco accorto di berne tante... Lo bevevano tutti quel vino, lo beveva anche la Giuditta: e veramente la vecchia Ratta non poteva portarselo via nella cassa: e quando un pover'uomo è malato, e passa la sua vita in una tana scura e umida, se cede a una tentazione, Dio spaventato, non si dovrebbe parlare di furto qualificato e di cellulare!... E ora che cosa andava a fare, lui, nella stanza della morta?L'altro, rinchiuso colle spalle l'antiporto, si fermò sulla soglia un momento, sollevò il lume, cercò la sua morta.

La vecchia Ratta giaceva supina sul letto, col volto sprofondato nelle crespe della cuffia, colla povera gonnella indosso, da cui uscivano le gambe sottili, colle mani legate sul ventre, ferma, fissa in quella rigidità quasi violenta, che pigliano i corpi nei momenti che presentono l'ultima distruzione.

Il signor Tognino, abituato a veder la vecchia cugina raggomitolata nella sua poltrona in preda a una tremolante convulsione, non potè sottrarsi a un senso di stupore, rivedendola a un tratto tanto ingrandita sul suo letto di morte; e suo malgrado fu tratto a riflettere qualche cosa su questa stupida commedia della vita, senza però sprofondarsi troppo nella filosofia, ciò che non era nella sua natura, anzi sforzandosi d'infuriare dentro di sè contro gli imbecilli, che non avevano ben chiuso e lasciavano che la neve entrasse dalla finestra. [p. 28 ]

La neve, fioccando nello spazio aperto, aveva già coperto il pavimento presso il candeliere in cui la candela benedetta, ridotta agli estremi, sbrodolava da tutte le parti. Collocato il lume sopra uno stipo, andò a chiudere in fretta i vetri e accostò con una certa furia le due imposte di legno, non osservando nel venir via che una di queste, respinta dal contraccolpo e dall'elasticità stessa del legno, tornò a poco a poco a lasciare un vetro scoperto, in modo che un curioso avrebbe potuto, supponiamo il caso, da una finestra del cortile spiare comodamente nella stanza.

Evitando, per un senso di rispetto, di guardare in faccia alla morta, trasse di tasca un mazzo di piccole chiavi e cominciò ad aprire il vecchio scrigno di mogano, di un bello stile napoleonico, ornato di massiccie borchie di bronzo dorato, nel quale la cugina custodiva gelosamente le gioie della sua giovinezza e le sue carte più preziose. Egli conosceva il mobile più che l'anima sua. Aprì, fece scattare i segreti, cavò fuori i tiretti, correndo presto coll'occhio prima ancora che arrivasse la luce della candela. Da un cassetto levò un grosso astuccio, di cui seppe far saltare la molla, afferrò colla sinistra tutto il barbaglio d'oro e di brillanti che riempiva il logoro damasco, intascò tutta sta bella roba come avrebbe fatto con un moccichino; mormorando mentalmente:

- A buon conto.

Posto il lume nel mezzo del mobile, la mano continuò ad aprire e chiudere. L'occhio entrava dappertutto, scivolando, inventariando, seguito da un pensiero non meno svelto dell'occhio che, infilando roba su roba, sommava, computava, registrava tutto in un certo libro. Ma non era venuto per la roba [p. 29]stasera. Era venuto per la carta, se veramente la vecchia aveva sottoscritta una carta, come dubitava la Giuditta. Visto e accertato che nello scrigno non c'era nulla d'importante, chiuse dappertutto, tolse un'altra chiavetta e cominciò ad aprire i tiretti d'un canterale pure di mogano, del medesimo stile dello stipo.

Nel primo tiretto trovò una sterminata quantità di calze, ripiegate, sciolte, irrigidite dal bucato, rattoppate, da rattoppare. Entrò colle due mani in quel caos di calze, smosse, palpò, ghermì quella che dette un tintinnìo, la rovesciò sul marmo del mobile... Con un rumorio squillante di gioia cento o centocinquanta vecchie doppie di Genova, d'un bell'oro giallo, uscirono dal pedule e si schierarono in fila, irritando Tognino, che cercava la carta, che, stizzito, votò tutto quel giallo nel tiretto, chiuse respirando forte a denti stretti: aprì l'altro tiretto... Che gl'importava delle doppie e dei marenghi? per lui era più una questione di puntiglio.

- La carta voleva!... E siccome aveva in testa che una carta ci doveva essere, secondo ciò che aveva riferito la Giuditta, così cominciava a irritarsi di non trovarla subito. Aprì un altro cassetto, dove la padrona teneva la biancheria. Entrò con le due mani in questa roba coll'avidità, colla nervosità di un gatto che graffia un canestro chiuso pieno di pesci.

Anche in mezzo alle camicie e ai corsetti non c'eran carte. Aprì allora il terzo cassetto, l'ultimo, che depose sul pavimento, quindi piegato il ginocchio, mentre colla sinistra faceva chiaro, coll'altra mano toccò, palpò, agitò, sconvolse la roba - giubboncini [p. 30 di lana, cuffie di renza e di tulle, gonnelle di varie stoffe, sottovesti, una quantità di vecchi guanti, borsette, manichette, scapolari, boccette d'acque odorose, mozziconi di candela benedetta... tutta roba che la mano eccitata dalla passione scrollò nell'aria, ributtò con rabbia, per tornare di nuovo a toccare, a palpare, a premere. Non c'era uno straccio di carta a pagarlo un milione. Si fermò a riflettere. Che i preti avessero ritirata la carta per farla saltar fuori a tempo opportuno? ciò era in contraddizione con quanto aveva riferito la Giuditta, la quale aveva visto a firmare una carta, ma da quel momento nessuno aveva accostato la vecchia padrona, tranne lei e il sor Tognino. O la Giuditta aveva fatto un sogno o la carta doveva essere in casa.Intanto il Berretta, cogli occhi addolorati dalle lagrime, sempre fisso nel fuoco non poteva a suo dispetto non sentire il rimestare e il tabussare che faceva il padrone nella stanza della morta. Parlando al fuoco con l'aria di canzonatura, disse (tra sè, s'intende): - Ecco il galantuomo che vuol mandar me al cellulare per una dozzina di bottiglie... ah! - e allungò un muso che non seppe più disfare.

La notte, cessato quasi subito il vento, ricadde nel freddo silenzio di prima.

Unico rumore era il rimestare, l'aprire, il chiudere, che faceva quel diavolo d'uomo, con nessun rispetto al cadavere, accecato dalla cupidigia della roba, più ladro lui cento volte in quel momento che non possa esserlo in cento anni un poveraccio di portinaio che [p. 31 ]patisce la sete. Ma così va il mondo. O non bisogna rubare o bisogna rubar bene. La discrezione è l'asinità dei ladri.Rimesso a posto non senza qualche stento il cassetto, l'altro si alzò col corpo indolenzito, girò gli occhi per la stanza, li fissò sul letto, sul corpo della cugina, che giaceva colle mani legate nella sua impetuosa immobilità, sentì il freddo della notte cadergli addosso e col freddo un risentimento d'indignazione, che aveva bisogno di scatenarsi sopra qualcuno. Si mosse, tornò in salotto, e stette un momento in mezzo alla stanza come perduto e sconcertato ne' suoi pensieri.

- Tu hai ricevuto del denaro - uscì un tratto a dire con furia irragionevole, correndo sopra il Berretta, che trasalì, vedendolo comparire così livido e stravolto. - Tu sai che c'è stato don Giosuè uno di questi giorni, ma ti hanno pagato a tacere. Giura un po' che non ci fu don Giosuè stasera.

- Caro sor Tognino - rispose il Berretta colla voce del fanciullo che piange - lei può dire che ho ammazzato quella povera donna.

- Andiamo, non farmi delle commedie - soggiunse il padrone più rabbonito. - Non sai che mia cugina abbia sottoscritta una carta?

- Gesù, come posso saper io...

- Vuoi guadagnare qualche cosa subito? devi aiutarmi a cercare una carta che mi preme. Si tratta forse di un intrigo e di un tradimento a danno... della povera gente e dei parenti, capisci? Vieni di [p. 32 ]là, immagino dov'è la carta, ma non posso cercarla da solo. Fammi chiaro.

Alle scosse violente il Berretta trascinato da quella forza che s'impadronì della sua volontà, dopo aver girato gli occhi trasognati, barcollando come un ubbriaco, mosse i piedi, prese il lume dalla mano del padrone andò dietro a quel demonio incarnato che lo tirava per la manica, che gli parlava quasi senza voce col fiato, cogli occhi, si fermò sull'uscio, mentre gli orecchi fischiavano come il vapore. Una volta ancora si sentì tirato innanzi, spalancò gli occhi per veder fuori e scorse il padrone in ginocchio nella stretta del letto, che cacciava la mano tra i materassi, dando certe scosse alla donna... Chiuse gli occhi. Era... era un'infamia, un sacrilegio, per la roba, manomettere i poveri morti. No, Gesù, non si può, non si deve in coscienza benedetta!

- O Signor, Signor... - sospirò stillando ad una ad una le sillabe con un brivido di raccapriccio. L'altro gli rispose con un soffio di noia.

Nel cacciar le mani sotto il materasso aveva sentito qualche cosa di nascosto. Bisognava mandar via il portinaio, che scrollando la candela con scosse di paralitico, buttava sego dappertutto e pareva sul punto di cadere in terra sfasciato.

- Non c'è nulla, tanto meglio così.... Avevo sospettato un tiro. A ogni modo non dire a nessuno che son venuto a cercare. Va a prender dell'aria, Berretta, e in quanto alla denuncia sia per non detto, ma guarda che io so tutto, che a me non la si fa. Va a dormire adesso. Resto io fino a domani. Ho piacere che non ci sia nulla; ma avevo motivo di dubitare. Su, su, non hai ammazzato nessuno, [p. 33 ]perbacco! Non dirò nulla della faccenda delle bottiglie al tuo Ferruccio; ma segreto per segreto, va bene? E se mai vedessi che il mio Lorenzo ripiglia a passare di qui, metto sulla tua coscienza l'obbligo d'avvertirmene, ve'... O che ora non conosci nemmeno l'uscio? - Il sor Tognino rise un poco freddamente, mentre apriva l'uscio di scala e spingeva fuori con una certa furia amorosa il più spaventato degli uomini. Gli mise nelle mani il candeliere, chiuse l'antiporto colla chiave e venne di nuovo a sedersi innanzi al caminetto, aprendo le mani al fuoco, coi tratti del volto induriti e contraffatti a un amaro sogghigno, fisso a una cosa sola, che nella rigidezza della mente non sapeva esprimere che con una sola parola, con penosa e irritante monotonia: - la carta, la carta, la carta... - Questa non poteva essere che là, sotto, tra un materasso e l'altro.Rimasto a tu per tu colla morta, non avendo ora da fare che con lei, con lei sola, si accorse che anche i morti hanno della forza. In certi casi ne hanno forse più dei vivi. Un vivo lo puoi battere e ammazzare: ma un morto no. Questo nella sua rassegnata impassibilità ti si stende davanti e ti sfida. Forse siamo noi che gli diamo della forza e che lo armiamo delle nostre paure; o è lui che ci disarma là dove la natura è più forte, nell'orgoglio. Non era filosofo abbastanza per risolvere, e neanche per proporsi delle questioni di questo genere: ma se le sentiva addosso, sotto la forma di un malessere che non si sa da dove viene, ma che tiene il corpo in brividi. Si pentì [p. 34 d'aver mandato via il Berretta, che colle smorfie irritava gli spiriti e rendeva almeno grottesca la paura.

Palpando nei materassi gli era capitato di sentire sotto la mano il grosso e il liscio d'una certa borsa di seta, che la povera Carolina era solita portare sul braccio e recare tutte le sere in letto, con dentro, insieme al manuale di Filotea, le più care e gelose memorie, in mezzo ai gomitoli e alla calza. Gliel'aveva vista sul braccio fino agli ultimi momenti, e là dentro, senza dubbio, bisognava cercare il documento, se Giuditta non aveva visto male. La curiosità non ammetteva indugio e titubanze...

Saltò in piedi di scatto, prese di nuovo il lume, traversò la stanza, pose il ginocchio in terra, ficcò la mano sotto, dove aveva sentito prima il grosso, tirò...

Il corpo oscillò sul suo duro giaciglio e mentre Tognino si alzava colla candela in una mano, la preda nell'altra, l'ombra grande della cuffia che il lume prima proiettava sul soffitto, svolazzò abbassandosi sulla parete, si sciolse e lasciò vedere un enorme profilo umano, un fantasma che balzò al capo dell'uomo e l'avviluppò come l'ombra d'un uccellaccio. Fu un colpo di pietra al cuore: ma subito il vivo riprese vantaggio. Alzò il lume, sprofondò l'ombra sfigurata, si volse dall'altra parte, buttò la borsa sul cassettone, ne sciolse i cordoni, la sventrò di tutte le anticaglie che conteneva e vide uscire santini, corone, occhiali, gomitoli; e finalmente una carta ancor fresca, piegata in quattro, che Tognino ghermì, svolse, portò sotto la fiamma.

Era una scrittura grossa, sconnessa, traballante che cominciava precisamente nel nome della SS. Trinità e sotto, dove corse l'occhio saltando il testo, uno [p. 35 ]scarabocchio di firma, il solito Carolina Ratta, che visto da lontano dava l'idea d'uno scorpione schiacciato, colla sua bella data fresca vicina, tutto in perfettissima regola. E lo scritto, forse copiato da un modello, diceva... Provò a leggere qualche cosa di quelle cinquanta righe, ma alle prime parole gli occhi si fecero pieni di sangue, le lettere balzarono fuori dalla carta, un gruppo di biscie lo morsero alla gola, mentre due piccole lagrime di veleno uscivano a irritare le pupille. Con un secondo sforzo afferrò il senso, e il primo atto fu di voltarsi verso la morta, e la guardò con occhi cattivi come se la provocasse. Che parole gli venissero alla bocca non si può dire perchè più che parole erano frantumi d'immagini e di sensi, impastati tutti insieme sotto il peso d'una collera terribile. Finì col sorridere e ciò lo sollevò.

Quando Tognin Maccagno tornò il solito Tognin Maccagno, ripiegò lentamente la carta in quattro, se la cacciò in tasca accanto alla denuncia che doveva mandare il Berretta al cellulare. Raccolse con calma, fin con precisione i gomitoli, gli occhiali, i santini, ne riempì di nuovo il ventre della borsa, tirò i cordoni, l'attaccò alla maniglia dell'uscio e uscì mormorando in fondo dell'anima una frase scomposta e indecisa, qualche cosa che mirava ad augurare la buona sera... e tornò nel salotto.

- Svelti i pretoccoli! - fu la prima espressione, che dal guazzabuglio di tante sensazioni uscì con una formula logica.

Buttò un'altra fascinetta sulla brace, e nel crepitìo allegro della fiamma colorita, rallegrò, riscaldò gli spiriti, dissipò le ombre e il ribrezzo.

- Svelti i pretonzoli! - tornò a dire mentalmente, [p. 36 ]corrugando nella piccola fronte un fascio di rughe. - E dunque un uomo furbo come lui aveva lavorato tre anni a salvare la sostanza Ratta dalle mani degli intriganti; un uomo abile come lui aveva ristaurato una ricchezza che dilagava come un vino prezioso da una vecchia botte fessa; per tre anni egli aveva sopportato le più strambe fantasie d'una vecchia bisbetica, diviso con lei i suoi pranzi di magro e i due soldi delle eterne partite a tarocco; si era fatto odiare e maledire per venire a questo bel costrutto, che un pezzo di carta, richiamando in vigore il testamento del 78, la dava vinta all'avvocato Baruffa e lasciava il sor Tognin Maccagno con tanto di naso. Oltre il danno, si vide davanti la bocca larga di don Giosuè Pianelli, e a questa idea della canzonatura, lo spirito selvatico si arruffò... Ma il più dannato era il pensiero di dover rendere dei conti a questa gente, di dover forse restituire ciò che non si poteva più restituire... Carta per carta, valevan di più quelle che da sei mesi egli aveva consegnate al notaio Baltresca.

La fiamma, dopo aver avviluppato il grosso della fascinetta, scoppiò in una vampa rossastra che vibrò e ruggì nella piccola gola, riempiendo il salotto di vita e di calore, ammaliando colle sue lingue serpentine il vecchio affarista, che data un'occhiata intorno, cacciò la mano nella tasca di sotto. Le due carte uscirono insieme: confrontò alla luce del fuoco, ne scelse una, e obbedendo a uno scatto nervoso, vide il bianco nel fuoco prima che avesse deliberato di buttarvela. Le fiamme mordevano il cartoccio, destando nell'uomo quasi un senso di meraviglia. il cuore d'acciaio picchiò cinque o sei colpi, la bocca si [p. 37 storse a un sogghigno senza gioia, le mani si apersero irrigidite e si aggrapparono alle due gambe anteriori della sedia, come se cercassero un appoggio. La carta ripiegata in quattro resistette più che potè alle lame taglienti, si accartocciò sugli angoli, mostrò nella brace purpurea i graffi della scrittura, ma la SS. Trinità non potè impedire che una sostanza di quasi quattrocento mila lire, scritta in quel foglio, diventasse per chi l'aveva scritta un pizzico di carbone.

Tognino Maccagno rimase a contemplare indurito in un senso di stupore quel pugnetto di carta nera, che si ostinava a star compatta in bocca al fuoco, mostrando i segni rossastri della scrittura. Era un acre piacere che lo inchiodava a contemplare gli avanzi di un tradimento. Tradimento di chi? non andò a cercare. Prese le molle e con un colpo violento sfondò, sparpagliò, confuse, scombuiando nella cenere e nel fuoco la carta, che mandò molte piccole anime nere su per la canna.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

prefazione09m12ps12vittorio.59dony686miriade159tirchio2000blogtecaolivelliellistar2012Draiostre.sa47bibanna545annamatrigianoLoneWolf1822Miele.Speziato0
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

TAG CLOUD

 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963