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Possiamo aprire la scatola nera dell'intelligenza artificiale?

Post n°2133 pubblicato il 23 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

22 ottobre 2016

Possiamo aprire la scatola nera dell'intelligenza artificiale?

Possiamo aprire la scatola nera dell'intelligenza artificiale?

L'intelligenza artificiale è ormai dappertutto, grazie al

dilagare delle macchine che sfruttano le capacità di

apprendimento profondo.

Ma prima che gli scienziati possano fidarsene tanto da

usarle nelle loro ricerche, devono comprendere in che

modo imparano, ed è un compito tutt'altro che semplicedi

Davide Castelvecchi/Nature

computer scienceapprendimentointelligenza artificiale

Dean Pomerleau ricorda ancora il suo primo braccio di

ferro con il problema della scatola nera.

L'anno era il 1991 ed era impegnato in un pionieristico

tentativo di raggiungere un risultato che oggi è comune

nella ricerca sui veicoli a guida autonoma: insegnare a un

computer come guidare.

Il progetto consisteva nel guidare un veicolo militare

Humvee appositamente modificato attraverso strade urbane,

ricorda Pomerleau, che allora era uno specializzando di r

obotica alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in

Pennsylvania.

Con lui nell'Humvee c'era un computer che aveva programmato

per guardare attraverso una telecamera, interpretare ciò che

stava accadendo sulla strada e memorizzare ogni sua (di Pomerleau)

azione di  risposta. Alla fine, sperava Pomerleau, la macchina

avrebbe avuto a disposizione un numero di associazioni sufficiente

per guidare da sola.

Possiamo aprire la scatola nera dell'intelligenza artificiale?

In ogni viaggio, Pomerleau addestrava il sistema per qualche

minuto, per poi lasciarlo andare a se stesso.

Tutto sembrava andare bene, finché un giorno l'Humvee,

avvicinandosi a un ponte, improvvisamente deviò da un lato.

Pomerleau evitò l'incidente solo afferrando velocemente il volanre

e riprendendo il controllo.


Tornato in laboratorio, Pomerleau cercò di capire dove aveva

sbagliato il computer.

"Una parte della mia tesi è consistita nell'aprire la scatola nera e

capire che cosa stava 'pensando' ".

Ma come? Aveva programmato il computer per agire come una

rete neurale - un tipo di intelligenza artificiale (IA) ispirata al cervello

che prometteva di funzionare meglio degli algoritmi standard nel

gestire le situazioni complesse del mondo reale.

Purtroppo, queste reti sono anche opache quanto il cervello.

Invece di memorizzare ciò che hanno appreso in un blocco

ordinato di memoria digitale, distribuiscono le informazioni

in un modo molto difficile da decifrare. 

Pomerleau riuscì ad afferrare il problema solo dopo un gran

numero di test sulle risposte del software a vari stimoli visivi:

la rete stava usando i margini erbosi della strada come indizio

per la direzione da seguire, per cui l'aspetto del ponte l'aveva

confusa.

Venticinque anni dopo, decifrare la scatola nera è diventato

sempre più difficile e più urgente.

La tecnologia è esplosa sia in complessità che in numero di

applicazioni.

Pomerleau, che ora insegna robotica alla Carnegie Mellon,

descrive il suo piccolo sistema sull'Humvee come "una versione

povera" delle enormi reti neurali che vengono usate per le macchine

di oggi.

E le tecniche di apprendimento profondo, in cui le reti vengono

addestrate su enormi archivi di dati, hanno applicazioni

commerciali che vanno dalle automobili a guida autonoma ai siti

Internet che consigliano prodotti in base alla storia di navigazione

di un utente.

L'apprendimento profondo promette di diventare onnipresente

anche in ambito scientifico.

I futuri osservatori radioastronomici ne avranno bisogno per t

rovare segnali utili nella mole altrimenti ingestibile dei loro dati;

i rivelatori di onde gravitazionali lo useranno per identificare

ed eliminare le più piccole fonti di rumore; e gli editori lo useranno

per setacciare e "taggare" milioni di articoli  e libri scientifici.

Alla fine, secondo alcuni ricercatori, i computer dotati di

apprendimento profondo potranno anche manifestare immaginazione

e creatività.

"Butteremo dei dati in pasto alla macchina, e quella restituirà leggi

di natura", dice Jean-Roch Vlimant, fisico al California Institute of

Technology a Pasadena.

Ma questi progressi renderebbero il problema della scatola nera

ancora più acuto.

Come fa la macchina a trovare i segnali utili, per esempio?

E come si può essere sicuri che non sbagli?

Fino a che punto dovremmo essere disposti a fidarci dell'apprendimento

profondo?

Possiamo aprire la scatola nera dell'intelligenza artificiale?

 "Penso che stiamo sicuramente perdendo terreno rispetto

a questi algoritmi", dice Hod Lipson, esperto di robotica alla

Columbia University a New York City.

Egli paragona la situazione all'incontro con una specie aliena

intelligente i cui occhi hanno recettori non solo per i colori primari

- rosso, verde e blu - ma anche per un quarto colore.

Sarebbe molto difficile per gli esseri umani capire come vede il mondo

l'alieno, e per lui spiegarlo a noi.

I computer avranno difficoltà analoghe nello spiegaci le cose a noi,

dice Lipson.

"In un certo senso, è come spiegare Shakespeare a un cane."

Di fronte a queste sfide, gli esperti di intelligenza artificiale

stanno rispondendo proprio come Pomerleau: aprendo la scatola

nera e facendo l'equivalente di ciò che fanno le neuroscienze.

Le risposte non sono però una vera comprensione, dice Vincenzo

Innocente, fisico del CERN, il laboratorio che ha aperto la strada

all'applicazione dell'IA nella fisica delle particelle.

"Come scienziato - dice - non mi basta saper distinguere i gatti dai

cani.

Uno scienziato vuole essere in grado di dire: 'la differenza è

in questo e in questo".

 
 
 
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