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Canto III. Ponzio Pilato

Post n°3 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Majakovka
 

 

Il Maestro e Margherita non è solo un romanzo sullo stalinismo, o anti stalinista, è invece un romanzo totale, un capolavoro in cui l'autore, Michail A. Bulgakov mescola, con la maestria di un druido celtico, fantasia e ironia, satira sociale e politica, le inquietudini della metafisica, i conflitti tra la fede e la ragione, la visionarietà ora comica ora ansiogena all'interno di un unico calderone, il romanzo, riuscendo a fonderli in un meraviglioso equilibrio.

Chiunque abbia letto, legga o leggerà questo capolavoro ne sarà certo rimasto affascinato. Il romanzo, col suo ritmo incalzante ma per niente pedante, non lascia spazio alla noia o alla riflessione o alla pausa; il tutto avverrà in un secondo momento, perché come ogni grande romanzo, non lo si dimentica più.

Michail A. Bulgakov terminò il romanzo nel 1940, poco prima di morire; a causa del suo travagliato rapporto con la critica, ma più in generale con il sistema politico, dell'epoca non ebbe mai il piacere di vedere pubblicata la sua opera che in URSS uscì solo nel 1966.

Bulgakov era conservatore, come suo padre, e proprio questa sua caratteristica ha fatto sì che vivesse in un clima di costante allerta; è stato infatti vittima di sequestri, persecuzioni, ecc. La sua carriera di scrittore non fu mai esplicitamente interrotta, lo fu solo informalmente. Grazie all'appoggio di Stalin, infatti, poté continuare a lavorare a Mosca (non gli fu concesso l'espatrio, come in realtà aveva chiesto) come aiuto regista, ma di fatto dal 1930 nessuna delle sue opere sia teatrali che di prosa fu pubblicata. È solo dagli anni '60 che l'URSS e l'occidente hanno cominciato a conoscere, a capire e ad apprezzare, ciò che fino a quel momento gli era stato sottratto.

La tematica cristiana, in Bulgakov, non la si trova solo in questo romanzo. Si può azzardare di pensare che faccia da sfondo a quasi tutta la sua produzione. In uno dei suoi racconti, oserei dire il più bello, intitolato Cuore di Cane si parla non a caso di trasfigurazione e a renderlo più esplicito è il nome del professore che opera tali esperimenti, Preobraženskij, il cui sostantivo in russo significa proprio trasfigurazione. Ma non solo, nel racconto ricorrono anche sentimenti come la pietà e addirittura, se proprio si vuol cercare il "pelo nell'uovo", tutti o quasi i 7 vizi capitali. Ma certo è che l'opera omnia in fatto di cristianità è il Master.

Questo lo si deve alle origini dell'autore il cui padre, infatti, era un teologo rettore dell'università di Kiev e la sua famiglia, quindi, era praticante. Lo stesso Bulgakov nella sua biografia racconta di come il padre insegnava alla usa famiglia i precetti della religione. Nonostante la prematura perdita del padre, l'autore, è comunque riuscito a coltivare questi insegnamenti, tant'è che si può dire o pensare che, grazie anche alla sua fervida fantasia, si sia inventato una religione.

Il mio lavoro vuole essere proprio questo, osservare in che modo egli sia riuscito a mettere in relazione le sue conoscenze in fatto di religione all'interno di alcuni capitoli del Master, in particolare del II.

Il capitolo II del romanzo, dall'eloquente titolo Ponzio Pilato,riguarda appunto il procuratore romano in Terra Santa.

A differenza dei Vangeli Canonici, qui nel romanzo la sua è una figura essenziale, anche se secondaria; è infatti intorno a lui che ruota il tutto. Bulgakov però non si limita a descrivere solo ciò che è riportato nei Testi, ma addirittura va ad arricchire di particolari la scena e il personaggio, creando una vera e propria "variazione sul tema".

La stesura di questo capitolo si può dire sia "a due piani": il primo é legato ai Vangeli Canonici, soprattutto quello di Giovanni, il secondo invece agli Apocrifi. L'autore, con un procedimento pittorico, utilizza il piano canonico come sfondo del quadro, mentre lascia la parte più importante, e succulenta, agli Apocrifi. Per non cadere nella mera trascrizione i dialoghi tra i due protagonisti, Yeshua Hanozri (Gesù, come lo chiama Bulgakov) e Pilato, riprendono per la maggior parte quelli che, nel Vangelo di Nicodemo, vedono coinvolti i Giudei e l'egemone.


I Giudei dicono a Pilato: "Costui ha detto: Io posso distruggere questo Tempio e riedificarlo in tre giorni" (Vangelo di Nicodemo, Testo greco A, IV-I).


Gli anziani e i sacerdoti e i leviti dicono a Pilato: "Se uno bestemmia contro Cesare, é degno di morte o no?" (Vangelo di Nicodemo, Testo greco A, IV-I,2).


Pilato tacque per un istante, poi chiese piano in aramaico: "Sei tu che inciti il popolo a distruggere il tempio della città di Jerushalajim?"


"Senti, Hanozri,- disse il procuratore guardando Yeshua con una strana espressione: il suo volto era minaccioso, ma gli occhi inquieti,- Hai mai parlato del grande Cesare? Rispondi! Ne hai parlato? ... O ... non ... ne hai parlato?- Pilato prolungò la parola "non" alquanto più di quanto si convenga in tribunale, e lanciò un'occhiata a Yeshua come se volesse suggerirgli un pensiero. (p. 34)


Anche per certi stati d'animo, soprattutto l'inquietudine o la paura, di Pilato l'ispirazione al modello di Nicodemo é evidente.


Allora il governatore cominciò a tremare e disse a tutta la folla dei Giudei: "Perché volete versare il sangue di un innocente?" (Vangelo di Nicodemo, Testo greco A, VII).


Il procuratore si alzò allora dalla scranna, strinse la testa fra le mani, e sul giallognolo volto sbarbato si dipinse il terrore. (p. 29).


La costruzione del personaggio é anch'essa debitrice a Nicodemo. In questa sede la statura dell'egemone assume uno spessore che nei Canonici é impensabile. Solo l'evangelista Giovanni si distacca leggermente dall'evanescenza dei Sinottici, presentandoci un procuratore più dubbioso, ansioso di capire chi sia l'uomo che sta processando e poco incline ad adempiere alla volontà del Sinedrio.


Pilato quindi disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge." I Giudei gli dissero: "A noi non é lecito far morire nessuno". [...] Allora Pilato gli disse: "Ma dunque, sei tu re?" Gesù rispose: "Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque é dalla verità ascolta la mia voce". Pilato gli disse: "Che cos'è la verità?". (Giovanni 18 31,37-38).


Questa tendenza é ancor più marcata nel Vangelo di Nicodemo dove l'egemone, dopo aver interrogato Gesù e ascoltato i testimoni guariti da lui , accusa i Giudei di essere una razza sempre in ribellione e di contrastare continuamente i propri benefattori. Ancora una volta Bulgakov mescola sapientemente i vari ingredienti creando un personaggio profondo e controverso. Il Pilato bulgakoviano é un uomo amante della giustizia e, allo stesso tempo, consapevole del delicato compito di governatore. L'autore inoltre solleva un legittimo sospetto nel procuratore: Yeshua é un medico, uno stregone o cos'altro? Di nuovo il debito verso Nicodemo si fa sentire e le citazioni che ora proporrò penso basteranno per dimostrarlo.


Il giudeo disse: "Per trentotto anni sono giaciuto in un letto, tormentato dai dolori. quando venne Gesù, molti, posseduti dai demoni e soggetti a malattie diverse, furono da lui curati." (Vangelo di Nicodemo, Testo greco A, VI)


"La verità innanzitutto é che ti fa male la testa, ti fa talmente male che pavidamente pensi alla morte. Non solo non sei in grado di parlare con me, ma ti é perfino difficile guardarmi. E adesso sono involontariamente il tuo torturatore, il che mi amareggia. Non riesci neppure a pensare e sogni solo che venga il tuo cane, l'unico essere, evidentemente, al quale sei affezionato. Ma il tuo tormento cesserà subito, la testa non ti farà più male." (p. 29)

Si udì allora la voce rotta e rauca del procuratore che disse in latino:"Slegategli le mani." Uno dei legionari della scorta batté la lancia in terra, la passò a un altro, si avvicinò e tolse le corde all'arrestato. [...] "Confessa- disse piano in greco il procuratore- sei un grande medico?". (p. 30)

Fedele alla complessità che lo caratterizza l'egemone bulgakoviano, come quello apocrifo, continua ad interrogarsi sulla correttezza del suo operato. Chiuso nel suo palazzo, reso spettrale nella notte palestinese illuminata solo dalla luna, egli si tormenta nel sonno straziando la propria coscienza con la certezza di aver condannato a morte un giusto. Un sogno premonitore gli annuncerà il perdono:

"D'ora in poi staremo sempre insieme, - gli diceva in sogno il lacero filosofo vagabondo, comparso non si sa come sulla strada del Cavaliere Lancia d'Oro, - non ci sarà l'uno senza l'altro! Se parleranno di me parleranno subito anche di te!" (p. 361)

"Ed ecco, appena Pilato ebbe terminata la preghiera, venne una voce dal cielo che disse: - Tutte le generazione e le stirpi dei Gentili ti chiameranno beato, perché sotto di te hanno avuto adempimento tutte queste cose preannunciate dai profeti, e tu stesso, come mio testimone, comparirai alla mia seconda venuta." (Ciclo di Pilato, Paradosis di Pilato, 10.)

Il perdono giungerà alla fine del romanzo, col procuratore che assieme al suo fedele cane, Banga, salirà al cielo con il filosofo-vagabondo.

Le precedenti comparazioni tra i due testi hanno dato un sufficiente sguardo d'insieme, nell'ambito limitato di questa relazione, sulle influenze apocrife in Bulgakov. Nel romanzo la tematica della passione ricompare ancora ma, in questo caso, l'autore salda il suo debito con le fonti apocrife aprendone uno nuovo con quelle canoniche. Infatti nel capitolo dal titolo Il supplizio la Via Crucis e gli eventi ad essa conseguenti sono palesemente ispirati ai Vangeli del Canone; l'unico personaggio che potrebbe essere ispirato alla figura della Vergine del vangelo di Nicodemo è Levi Matteo,fedele seguace di Cristo-Yeshua.

La conclusione del romanzo vede tutti i personaggi ascendere alla pace, seguendo ancora la scia dei precetti cristiani: "Io non sono venuto a chiamare dei giusti ma dei peccatori a ravvedimento"(Luca, 5, 32).



Giulia

 
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