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LIVIO BERRUTI, Una curva, un rettilineo, una storia

Post n°101 pubblicato il 08 Giugno 2012 da labuonastregadelnord

Livio Berruti

Una curva, un rettilineo, una storia

Campione italiano di atletica leggera, Livio Berruti nasce a Torino il 19 maggio 1939. Il suo nome è inciso in modo indelebile nella storia dello sport nazionale dal 1960, quando vinse alle XVII Olimpiadi di Roma la gara dei 200 metri. Quella vittoria fu simbolica anche perchè Berruti spezzò il dominio statunitense in quella specialità e fu il primo atleta italiano a gareggiare e vincere una finale olimpica.

La famiglia apppartiene alla buona borghesia piemontese; Livio inizia a praticare sport al Liceo Cavour di Torino. Presto attratto dall'atletica leggera, la disciplina che più lo appassiona è il salto in alto.
Inizia anche a frequentare il centro sportivo della Lancia nella speranza di poter praticare il
tennis. Poi a diciassette anni sfida per gioco il campione della scuola nei 100 metri piani: lo batte.
Scoperto il proprio talento nella velocità, si dedica a questa specialità. Alla fine dell'anno scolastico sarà uno dei migliori velocisti dell'Italia intera. Quell'esplosività nelle caviglie covata con il salto in alto sarà una qualità che si renderà preziosa nelle partenze.

Ha solo diciotto anni quando nel 1957, a quasi 20 anni di distanza, eguaglia il record italiano dei 100 metri (10"4) stabilito nel 1938 da Orazio Mariani.
Il padre Michele quando viene a sapere che facevano provare i 200 metri al figlio, invia una lettera allo staff della Nazionale, diffidandoli dal proseguire, preoccupato per il gracile fisico di Livio. Non gli daranno retta.
Nel 1958 abbassa il record di un decimo: il tempo di 10"3 vale a Berruti il primato mondiale juniores.



Passa un anno ed eguaglia, prima, e migliora, poi, il record italiano dei 200 metri: a Malmoe in Svezia, porta il tempo a 20"8.
All'Arena di Milano, su una pista di 500 metri (quindi con curva più breve), corre in 20"7. A Duisburg supera nei 100 metri il fortissimo Hary; nei 200 batte il francese Abduol Seye, detentore del miglior tempo europeo.

Alla fine del mese di maggio 1960 corre a Verona in 10"2 i 100 metri, stabilendo un nuovo primato italiano; poi però viene sconfitto a Londra sulla stessa distanza da Radford. A Varsavia conferma il 20"7 nei 200.
Si avvicinano le
Olimpiadi: Aristide Facchini, tecnico della squadra delle Fiamme Oro e suo allenatore, convince Berruti a puntare solo sulla gara dei 200 metri, senza correre i 100.

Arrivano finalmente i Giochi Olimpici di Roma: i principali antagonisti sono i tre statunitensi Norton, Johnson e Carney, oltre ai due europei Radford e Seye. Berruti gioca "in casa" e, forte dell'incitamento del pubblico, realizza i migliori tempi sia in batteria, sia nei quarti di finale. Il grande favorito sembra essere comunque Seye, il quale domina la prima semifinale; nella seconda semifinale Berruti deve lottare anche mentalmente con il fatto di trovarsi ai blocchi con a fianco tre detentori del primato del mondo: Norton, Johnson e Radford. Corre una curva perfetta e quando entra nel rettilineo, una colomba si leva in volo proprio dalla corsia dell'italiano. Berruti, che è solito farsi notare indossando occhiali scuri e calzini bianchi, domina la corsa e, pur non spingendo sino in fondo sul suo acceleratore, conclude eguagliando il vigente record mondiale di 20"5.
Sono passate solo poche ore dalla semifinale: sono le ore 6 nel pomeriggio di sabato 3 settembre quando parte la finale. Berruti, 180 cm per 66 kg, sembra divorare la curva: all'ingresso del rettilineo è in testa. Seye e Carney stanno rimontando, ma è Livio Berruti che taglia il traguardo del filo di lana per primo. Fa segnare nuovamente il tempo di 20"5.
Prima di questo giorno nessuno sprinter azzurro è mai riuscito a entrare in una finale dei
Giochi Olimpici. Bisognerà attendere Pietro Mennea nel 1980 per eguagliarlo.

A coronamento della sua Olimpiade, Berruti parteciperà (con Sardi, Ottolina e Colani) alla staffetta 4x100: la squadra manca per un centesimo la medaglia di bronzo, ma stabilisce con 40"0 il nuovo primato italiano.

Per la sua storica prestazione riceve una "500" dalla Fiat, 800.000 Lire dal CONI per la medaglia d'oro e 400.000 Lire per il record mondiale.

La carriera agonistica di Berruti attraversa poi fasi alterne. Si presenta nella sua forma migliore alla vigilia dei Giochi Olimpici di Tokyo 1964: corre la semifinale in 20"78 arrivando quinto nei 200 metri, primo bianco e primo europeo. Con la squadra di staffetta 4x100 arriva settimo e abbassa il record nazionale a 39"3.

Il 1968 è il suo ultimo anno ad alto livello. Corre i 200 m in 20"7 a Trieste e partecipa alle Olimpiadi di Città del Messico: ancora una volta con la staffetta 4x100 arriva settimo e ottiene un nuovo primato italiano (39"2). I problemi ai tendini si fanno più acuti e decide di ritirarsi.

A 45 anni di distanza in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006, Berruti è uno degli ultimi tedofori che apre la manifestazione.

Un suo motto è: «Lo sport è cultura, spero che continui a esserlo.»

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1489&biografia=Livio+Berruti

 
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