Creato da aliantelibero il 15/08/2008
ovvero il fratello dello scemo del villaggio

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PICCOLA NOTA

L'intento di questo blog è di far conoscere da un punto di vista "altro" il mondo della malattia mentale e del disagio psichico. I contenuti del blog, in bilico fra cronaca quotidiana, letteratura scientifica e presunzione letteraria affronteranno con ironia e creatività, ma pur sempre con serietà e correttezza i temi più vari che attengono alla vita delle persone con disagio psichico e i loro familiari.

I contenuti e le immagini non intendono offendere nè stigmatizzare persone con disagio psichico o loro familiari. Termini crudi e forti sono usati, e talvolta abusati, non per connotare le persone in condizione di disagio psichico, ma per sottolineare e stigmatizzare precisi luoghi comuni e stereotipi sociali di cui è spesso intriso il linguaggio e il pensiero corrente

Il blog non pretende di far divulgazione nè scientifica nè di altra natura, ma offre solo le riflessioni e gli sfoghi di una persona che nel mondo della malattia mentale, per professione e per affetti familiari, ci vive ogni giorno.

Il personaggio narrante è frutto di pura fantasia e tutte le vicende narrate, devono intendersi fortemente romanzate, senza alcun riferimento intenzionale a persone reali... in quanto ai fatti, quando sarà necessario i riferimenti saranno seri e circostanziati e sotto stretta responsabilità dell'autore.

 

Foto e video pubblicati su questo blog, laddove reperiti sulla rete, sono utilizzati in perfetta buonafede e con l'intento di divulgare un messaggio sociale di promozione dell'integrazione.

Chiunque possa vantare diritti di proprietà o di utilizzo del materiale citato, e si ritenga leso dall'uso del materiale in oggetto, può richiederne l'immediata rimozione utilizzando uno qualsiasi dei canali di contatto con l'autore

 

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la fisica della carta

Post n°86 pubblicato il 10 Dicembre 2011 da aliantelibero
 

...e poi ci sono cose che accadono.

Accadono per la semplice ragione
che è quella
di dover accadere.

Figlie di una necessità silenziosa quanto ineludibile,
di un lavorìo alacre, sottopelle, dell'anima indomita,
che non abdica al regno dei propri sogni,
neanche quando tutto ormai sembra in rotta.

Il talento del punto a capo, come ho già un tempo confessato, io non ce l'ho (http://blog.libero.it/buonofiglio/8526329.html).

E pur vero, però, che anche per quelli come me esiste una salvezza.

Una salvezza che è insita nella fisica della carta sui cui scriviamo la storia della nostra vita.



Tanto banale quanto ineluttabile:


prima
o
poi
la
pagina
finisce.
E talvolta finisce anche il quaderno.

Un punto naturale.

Incontrovertibile.



Il mio "a capo" ha un nome dolce e un sorriso che scalda il cuore.
Anche se non lo sa.
Ed ha l'aroma di un caffè.

Amerigo ed un caffè...
E' buffo pensare quante strade del mio percorso abbia intrapreso partendo proprio da quell'angolo che nasce da Amerigo ed un caffè. C'è una strana costanza in questo binomio. Quasi una poesia.

Eravamo al bar io Amerigo, come tante altre domeniche pomeriggio di questo strano inverno che s'atteggia a primavera.
Lui conosce tutti.
Tutti conoscono lui.

Ogni volta è una litania di "come stai" e "di bene grazie", che si sgrana di avventore in avventore. Schermaglia di saluti posticci il più delle volte. Tributo al senso della buona educazione e della buona convivialità di comunità.

Diverso è per me. La mia semi misantropia, spesso mi esonera dalle convenienze di facciata .

Ma poi ci sono quelle cose che accadono..., dicevamo.

Maura è accaduta proprio un quella domenica là.

Era in compagna di Maristella, commessa di un negozio dove, per qualche mese, Amerigo ha lavorato in un progetto di integrazione lavorativa.

I pochi tavoli del locale erano già impegnati e, da buon cavaliere Amerigo (e anche da vecchio marpione visto che entrambe erano molto carine) propose alla due ragazze di sedere al nostro tavolo. Maristella accettò con piacere e fu l'artefice, insieme ad Amerigo di una briosa conversazione. Maura ed io, invece, interpretavamo con discreta immedesimazione un pacifico ruolo di carta da parati. Con Maristella e Amerigo in gran spolvero era impossibile prendere parola. Tre mesi di lavoro, giorno per giorno, nello spazio non troppo grande di un negozio di paese, avevano cementato una discreta complicità fra i due, e lasciato un repertorio di tanti aneddoti su clienti e fornitori, che ora rispolveravano con divertita ironia, provocando graziosi sorrisi.
Ma il silenzio è spesso linguaggio dell'anima e fra un sorso e l'altro di caffè, mentre prestavo le orecchie ai due mattatori, i miei occhi ascoltavano la storia scritta fra le pieghe dei suoi sorrisi malinconici e dei suoi sguardi un po' spaesati.

Dopo quella domenica, ce ne sono state altre. Sempre casuali, non preventivate ed ogni volta, nelle parole sottintese di una piega delle labbra o di uno sguardo verso qualcuno o qualcosa, mi accorgevo che della mia attuale pagina rimanevano sempre meno righe per toccare il margine.

Maura non è diventata una nuova pagina.

Non il chiodo che scaccia il chiodo come banalmente qualcuno potrebbe malignare.

Quando il punto a capo ti arriva fra capo e collo non significa che hai smesso di scrivere. Significa solo che non puoi più scrivere. Il che è sicuramente una tappa importante, ma non è l'arrivo. Non è il luogo della ripartenza.

Per una complicità benevola del destino è poi successo che io e lei ci incontrassimo da soli e per caso durante una fila nelle poste del paese. Poche parole di circostanza e forse anche un po' di imbarazzo reciproco.
La sensazione di qualcosa che forse sarebbe potuta essere, in altri tempi e con altre storie in eredità.
Il tempo necessario affinchè un pugno di vecchietti maligni e curiosi riscuotessero la pensione e saldassero i loro debiti energetici e/o telefonici.
Nulla più.
Ma sufficiente per me a raggiungere il fondo della mia pagina.

Capita talvolta di rivederla Maura.

Dopotutto il paese è piccolo.

Così piccolo da aver la sua fisiologica parte di gente che mormora.

E' stato così che poi ho scoperto che le nostre strade pur senza essersi mai incrociate, si sono snodate nel tempo, su terreni comuni.

Chissà... a voler scomodare il fato o la cabala, o qualsiasi altra scienza divinatoria, forse questo potrebbe voler significar qualcosa. Ma in qualche modo ho smesso di sognare. Ho smesso di percorrere i percorsi delle fantasie sentimentalmente orientate.
Se Maura abbia un senso del domani non è questione che affanni i miei pensieri oggi. Quel che mi basta è il senso che io le ho assegnato, qui e ora.

Ovvero il margine dalla pagina.

Il fittizio punto a capo dal profumo di caffè.

 
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LA FAMIGLIA BUONOFIGLIO

Amerigo Santacroce… mio fratello.

Uno dei tanti nati verso la fine degli anni 60, quando i parti si facevano in casa e il nascituro doveva affidare la sua sorte nelle mani di qualche buona praticona...

Lui non ebbe culo: una banale complicazione, una levatrice leggermente impreparata, un principio di embolia che blocca l’afflusso d’ossigeno al cervello e… buona notte al secchio…

Ecco dunque a voi, signore e signori l’iperbolica genesi dell’attuale detentore del titolo di “scemo del villaggio” di questo ameno borgo del sud Italia.


Io.. io sono Adalberto.

Adalberto Buonofiglio per la precisione. Figlio di secondo letto di mia madre. Potete tranquillamente risparmiarvi l’ironia a buon mercato sul mio nome: la conosco da quando sono nato. Per l’esattezza 7 anni dopo. In ospedale questa volta, a scanso di equivoci…


PierManfredo Santacroce, padre d’Amerigo era un artista di quelli che la critica colta ama chiamare “eclettico”. La gente comune, più grossolanamente, “svitato”. Di origine geografica ignota, girovago fin dall’adolescenza, la leggenda narra che non abbia soggiornato in un luogo mai più a lungo di 3 anni consecutivi.

Il matrimonio e la convivenza con mamma non contraddissero questa regola. Si racconta infatti che all’alba del mille e dodicesimo giorno di stanzialità nel nostro paese raccolse i suoi vestiti ed i suoi silenzi lasciando come ricordo di se un letto vuoto, un amore interrotto ed un figlio che era il giusto frutto di cotanto genitore.


Di Antonio Buonofiglio, mio padre c’è poca storia da raccontare… Buon uomo senza arte e senza dote. Semplicemente l’unico partito per rimediare alla “bianca vedovanza” di mia madre


Su Maddalena Santacroce Buonofiglio, angelo del focolare di questa nostra laconica famiglia, concedetemidi conservare un devoto silenzio, ché gia troppe son le parole spese su di lei…

 

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