Creato da plumbook il 23/07/2009
Tutto è voluto da Dio.
 

Blog dedicato a Luigi Bracco (1918-1996) che per tutta la sua Vita, pazientemente ha ripetuto pochi e chiari concetti, sia pure con infinite sfumature:

1- Tutto è voluto da Dio, beni e mali, Dio non è stato il Creatore, è il Creatore di ogni fatto piccolo o grande che avviene nella nostra vita.

2-Dio abita nel nostro pensiero, è un pensiero apparentemente uguale agli altri, come Cristo era un uomo apparentemente uguale agli altri.

3-Ogni uomo è stato creato per conoscere personalmente Dio, non per convertire gli altri, non per fare apostolato, non per aiutare i poveri, i malati o gli handicappati, non per cambiare il mondo come piace a lui, il mondo è e sarà come piace a Dio.

4-A Dio si giunge esclusivamente con il pensiero, non con sacrifici, rinunce, regole, istituzioni, creature, riti, canti, feste o modi di comportamento.

5-La vita eterna inizia quando conoscere Dio diventa il nostro prima di tutto nel pensiero.

 

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La luce, prima cratteristica.


La luce è ciò che ci annuncia il suo principio.Anzi la luce è l'unico esistente che non si separa mai dal suo principio. Tutti gli altri esistenti si separano dal principio, anche l'uomo ha la possibilità di separarsi dal suo principio e si separa dal suo principio. Tutte le creature si separano dal loro principio, i figli si separano dalla madre, tutte le cose si separano dal loro principio. La luce è l'unico esistente che non si separa mai dal suo principio e proprio per questo è luce perché ci riporta sempre alla sua origine. Ci annuncia la sua origine.


 

La luce, 2° caratteristica.


La seconda caratteristica della luce è l'invisibilità. Sembra una contraddizione: proprio la luce che ci fa vedere tutte le cose è invisibile. Eppure abbiamo anche detto che la luce non ha bisogno di testimonianze, perché quando c'è si vede e quando non c'è non si vede. La luce è invisibile, quello che rende visibile la luce è soltanto ciò che non è luce. Quello che evidenzia la presenza della luce è l'effetto che la luce opera su ciò che luce non è. Quello che rende evidente la presenza della luce è l'impurità, la luce si vede in quanto c'è un corpo diverso su cui la luce opera. È questa la Luce che arriva ad ogni uomo, che illumina ogni uomo e che ogni uomo avverte, avverte per l'impurità che porta con sé.


 

La luce, 3° caratteristica.

La terza caratteristica della luce è che è infinita, cioè la luce non finisce. Anche come segno la luce riesce ad attraversare miliardi di anni e non si estingue, questo è segno dell'intenzione, perché là dove c'è l'unità, dove c'è l'essere cosciente e l'essere cosciente è uno, lì c'è l'infinito. Il che vuole dire che questa intenzione infinita giunge dappertutto. Siccome noi siamo uno, abbiamo il pensiero del nostro io, noi portiamo con noi questa intenzione che ha la possibilità di riflettersi su tutto. Per cui se noi non raccogliamo in Dio, l'intenzione che noi proiettiamo sulle cose a un certo momento invade tutto e tutti, tutta la creazione di Dio e anche Dio stesso.

(Luigi Bracco)

 

La clorofilla.

La caratteristica della luce è collegare il punto in cui ci troviamo alla fonte della luce stessa. La parola di Dio proprio in quanto è comunicazione del Principio, dell'assoluto, è luce, è luce per noi. Ma la parola va assimilata e cosa c'è in noi che dà a noi la possibilità di assimilare la parola di Dio? Non ci sarebbe niente sulla terra se non ci fossero gli alberi. Tutta la vita viene dal mondo verde. La caratteristica dell'albero è la fotosintesi cioè la captazione della luce. L'albero ha la possibilità, di captare la luce e di trasformarla in energia e attraverso questa energia produce tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno per vivere.  La clorofilla nell'albero è quello che assimila la luce.L'uomo capta in quanto è in sintonia con-. Ma la sintonia vuol dire stessa presenza di-. Cioè soltanto se nell'uomo c'è la stessa presenza di ciò che gli viene comunicato, l'uomo può captare quello che gli viene comunicato, soltanto se nell'uomo c'è un punto infinito, l'uomo può captare l'infinito di Dio che si comunica all'uomo. Allora la parola di Dio non fa altro che evocare ciò che in noi c'è di Dio e che il più delle volte è trascurato. Questo qualche cosa di Dio che portiamo in noi è il Pensiero di Dio. L'albero è luce trasformata e tutto ciò che è vivo nel mondo, è luce trasformata e anche noi spiritualmente siamo vivi soltanto in quanto siamo Luce trasformata.La luce ha questa meravigliosa possibilità che trasforma in luce tutto ciò in cui penetra. Trasforma in luce o riduce in cenere.  La clorofilla significa per noi questa capacità di assimilare la luce e questa capacità di assimilare la luce è data a noi dal Pensiero di Dio.Ma questo Pensiero di Dio deve essere attualmente presente nel nostro pensiero.

 

La notte.

Se ci fosse soltanto il pensiero del nostro io e non ci fosse il Pensiero di Dio, noi saremmo illuminati, avremmo la luce del nostro io: il cane non ha mica problema per vedere, l'animale vede. La notte non esiste, è fatta dalla luce. Due luci creano la zona di tenebre, è fisica. Due luci ti creano la notte, è la presenza di due luci, è l'interferenza di due luci che ti crea la zona d'ombra. Tu metti due candele, a un certo punto hai una zona nera, tu metti due candele, metti un foglio in mezzo e vedi un punto nero, c'è il punto cieco, c'è la notte, perché la notte viene data dall'interferenza di due luci. Se tu vuoi la luce devi avere una luce sola che t'illumina. Se tu sei illuminato da due cose c'è la notte. Il dubbio è dato dalla presenza di due cose, tutto lì. L'assenza è determinata da due presenze, la mancanza d'amore non è data dal non avere amore, ma dall'avere tanti amori.Non c'è uno che non abbia amore, c'è uno che ha tanti amori e allora i tanti amori ti creano l'assenza d'amore. (Luigi Bracco)

 

Il Cielo.

 Il pensiero di Dio l'hai, non sai che cosa sia, però il pensiero di Dio ce l'hai. Tu hai il pensiero di Dio, puoi trascurarlo, puoi dire che non ci credi, però ce l'hai. Il pensiero di Dio è dato a tutti. Non siamo noi i creatori, come faccio a dire che non siamo noi i creatori? Per dire che io non sono il creatore, devo avere in me il pensiero del Creatore, altrimenti non potrei dirlo e questo è il pensiero di Dio. Il fatto di accorgermi che non sono io a fare le cose vuol dire che ho presente Uno che fa le cose, pur non conoscendolo ancora. Questo è il luogo.Questo pensiero io l'ho in mezzo a tanti altri pensieri: ho il pensiero dell'albero, del marito, della montagna, dei fiori, ho tanti pensieri e tra questi pensieri c'è anche il pensiero di Dio. La nostra mente è un po' come il cielo stellato. Ci sono tante stelle. Tra tutte le stelle c'è n'è una particolare, diciamo la stella Polare, allora guarda che in quel punto lì, in quella stella lì tu trovi quella cosa lì. Quello diventa un luogo. (Luigi Bracco)

 

Il buco nero.

Noi siamo creati per diventare pensiero di Dio ma diventiamo quello che Dio ci ha voluti, soltanto in quanto noi superando noi stessi pensiamo Dio. Se invece noi pensiamo a noi, diventiamo pensiero del nostro pensiero: ci annulliamo, diventiamo niente. Proiettiamo il nostro pensiero su tutti i doni di Dio ma proprio proiettando ed estendendo il nostro pensiero, il pensiero del nostro io sul tutto di Dio, annulliamo tutto, perché nel pensiero del nostro io non si giustifica niente. La vita ci viene là nella conoscenza, là dove c'era giustificazione, la giustificazione in Dio. Il pensiero del nostro io è un recettore, non è un creatore. Il nostro io deve essere giustificato e deve trovare la sua giustificazione. Quindi noi proiettando il pensiero del nostro io su tutte le cose e lo proiettiamo perché abbiamo la passione dell'assoluto e non possiamo farne a meno, proiettando il pensiero del nostro io su tutti doni di Dio, su tutto l'universo, su tutte le cose, cioè estendendo il pensiero del nostro io all'infinito, noi ci riduciamo a zero, a niente. Cioè ci collassiamo nel nostro finito. Ecco il significato del buco nero, il nostro pensiero è come una stella che a un certo momento collassa tutta su se stessa e diventa un annientamento di tutto l'universo, perché tutto l'universo precipita in questo niente. Ѐ un segno del nostro io che parlando di sé, pensando a sé, si riduce a niente, collassando tutto l'universo su se stesso.

 

L'universo.

L'infinito ha la caratteristica di non poter essere scomponibile, non è divisibile. Vuol dire che l'infinito è infinito in ogni suo punto. Noi abbiamo già questo nel campo dei segni, poiché Dio in tutta la sua opera, non fa altro che significare Se stesso ed essendo Egli infinito perché è Uno, significa Se stesso e noi vediamo che nella creazione, l'universo intero che apparentemente per noi è infinito, è infinito in ogni suo punto. In ogni punto dell'universo c'è tutto l'universo! Non è necessario correre attraverso l'universo, di qua o di là, per conoscere universo: basta fermarsi in un punto dell'universo per scoprire tutto l'universo, perché l'infinito è infinito in ogni suo punto. La realtà è questa: in ogni punto dell'universo c'è tutto l'universo, in ogni punto dell'infinito c'è tutto l'infinito. Noi ci mettiamo a correre per il mondo per conoscere il mondo e facciamo un errore. Se vogliamo veramente conoscere il mondo non dobbiamo correre ma, dobbiamo fermarci in un punto e approfondire, perché in quel punto mi è dato tutto l'universo: è questione di profondità.

 

La stella alpina.

La verità ha bisogno di una dimensione interiore, altrimenti non possiamo identificarla, non possiamo dire:"È vero". Non possiamo dire: "Questo è vero" se non l'abbiamo già dentro di noi. Abbiamo fatto l'esempio delle stelle alpine e qualcuno si è anche stufato... Ma l'esempio delle stelle alpine è molto efficace.... È sufficiente richiamare quello che si è detto in questi giorni: "Beati sui monti i passi di Colui che viene parlandoci di Dio" e abbiamo detto che i passi sui monti sono proprio queste stelle alpine, perché la stella alpina vuol dire "Piede del Leone" e Gesù Cristo nemmeno a farlo apposta è il Leone di Giuda ("Ma uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli".)Ap 5.5 Quindi c'è un rapporto e anche queste cose servono, anche le stelle alpine servono a glorificare Dio. Abbiamo detto che la condizione per riconoscere, individuare una stella alpina è quella di averla dentro di noi. Uno che non sappia personalmente, nel suo intelletto che cosa sia una stella alpina, può trovarsi di fronte a migliaia di stelle alpine ma non la può individuare e non può dire :"Questa è una stella alpina". La stella alpina, bisogna che prima sia concepita da noi e si concepisce in quanto si fa il confronto fra la stella alpina e tutti gli altri fiori e quindi si arriva ad individuare la singolarità della stella alpina: quello che determina la singolarità della stella alpina. Conosciuta questa singolarità, adesso, trovando la realtà la possiamo individuare e riconoscere. La realtà è opera di Dio, non è opera del nostro pensiero però il nostro pensiero è la condizione essenziale per poter riconoscere la stella alpina, per poterla individuare. Ecco che noi abbiamo la sintesi. L'individuazione, l'identificazione della stella alpina, è opera di Dio creatore che crea la stella alpina, ma richiede il nostro pensiero.

 

La stella d'assenzio.

La stella di cui parla l'Apocalisse si chiama Assenzio, e precipitando sulla terra avvelena, intossica tutte le acque. Questa stella sono le scienze dell'uomo che sono costruite su due grandi categorie di causa ed effetto ma non considerano il fine. Ma proprio perché non considerano il fine delle cose non tengono presente Dio e proprio in questo diventano motivo di annullamento del significato delle cose. Attraverso le scienze dell'uomo fa asservire tutte le opere di Dio ai suoi fini ma, proprio facendole servire ai suoi fini, l'uomo si priva del significato vero delle cose. Privandosi del significato delle cose, si priva della vita. Possiamo anche dire che tra le scienze e la vita c'è un conflitto. Le scienze hanno poco a che fare con la vita vera dell'uomo, perché non parlano del fine delle cose, le scienze rendono il mondo invivibile all'uomo. Non bastano le lotte degli ecologisti per riparare il mondo da questa invivibilità alla quale approda la conoscenza dell'uomo, perché se l'uomo non ha Dio come fine, per la passione di assoluto che porta in sé, deve distruggere tutto, perché deve asservire a sè tutto, deve fare il niente e facendo niente lui stesso diventa niente. L'unica soluzione per rendere vivibile il mondo, è quella di collegare tutte le opere di Dio con il loro Fine. Perché la Vita sta nel Fine e il fine è il Pensiero di Dio e solo se noi cerchiamo in tutto il Pensiero di Dio, anche l'ambiente attorno a noi diventerà per noi aiuto di vita. In caso diverso noi verremo a trovarci con un mondo che c'intossica e renda a noi impossibile il vivere.

 

Il luogo dei funghi.

Il luogo di Dio è il suo pensiero. Ma il luogo per essere luogo deve essere comune anche a colui che cerca. Quindi deve essere comune all'uomo. Perché se non è comune, se non c'è un punto in comune, non c'è la possibilità di passare, di trovare colui che si trova in quel luogo. Se io non conosco il luogo dei funghi certamente non posso trovare i funghi. I funghi non li vedo, però andando in un certo luogo ho la possibilità di trovarli. Perché i funghi si trovano lì. Tutto è segno ed è segno di Dio, segno di Dio per noi. Dio ci significa che soltanto se noi cerchiamo Lui nel suo luogo, non nei nostri luoghi, lo possiamo trovare. Perché il suo luogo è il suo pensiero, la sua Intenzione, non le nostre intenzioni. Qui possiamo capire perché l'uomo, fintanto che non cerca Dio nel Pensiero di Dio, non trova Dio. Ma abbiamo detto però che questo sfuggire di Dio non è per sottrarsi ma è per dare a noi la possibilità di trovarlo. Lui sfuggendo ci indica il luogo in cui Lui si trova. Quindi fintanto che noi lo cerchiamo altrove, non nel Pensiero di Dio, ma in altro da Dio, proprio questo suo sottrarsi a poco per volta ci fa pensare. Se io non trovo i funghi in un campo di grano sono costretto a pensare.

 

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Il Battesimo di Giovanni.

La preparazione di Giovanni sta sopratutto nella giustizia. Dare a Dio quello che è di Dio. Tutto viene da Dio e tutto va riportato a Dio. Questo è il battesimo di Giovanni Battista. Quindi tutte le cose che arrivano a noi vanno riferite a questa giustizia. Da questa giustizia nasce l'interesse, nasce l'amore che tende a vedere tutto come lo vede l'essere amato, ad ascoltare tutto ciò che dice l'essere amato, a desiderare di capire, tutto ciò che capisce e tutto ciò che fa l'essere amato. Perché l'amore si trasferisce nell'essere amato. Vive nel pensiero dell'altro.  

 

Il niente.

Il niente non è concepibile perché non esiste. Se esistesse non si direbbe niente. Eppure l'uomo lo esperimenta. La parola "niente" è una delle più usate dalla bocca degli uomini. Il niente di per sé non esiste. Esiste in relazione a ciò che noi desideriamo. Quando è che noi diciamo "niente"? Quando cerchiamo una cosa, quando abbiamo una cosa presente nel nostro pensiero, però non la notiamo davanti a noi, non l'abbiamo presente nella realtà sensibile in cui la cerchiamo. C'è niente in relazione a quello che io ho in testa. Quindi il niente è relativo a un nostro desiderio quando questo desiderio non trova esaudimento.

 

Il paradiso e l'inferno.

Il paradiso o l’inferno sei tu; paradiso o inferno è ognuno di noi, è uno stato d’animo. L’anima che è capace, che ha la grazia, che ha la possibilità di conoscere Dio, di pensare Dio, di guardare le cose dal punto di vista di Dio è nella pienezza della gioia: Paradiso. L’anima che ad un certo momento si è chiusa, si è fossilizzata nel pensiero dell’io, che è diventata una pietra, che non riesce più a ricevere niente d’altro, quella diventa inferno.


 

Il Purgatorio.

Adamo era nel tempo perché stava crescendo. Anche il purgatorio è nel tempo. Il purgatorio è soggetto al tempo, perché sono creature in formazione. Quando io dico che la morte è mandata da Dio, io me la debbo digerire nel purgatorio, altrimenti non entro mica. E quindi mi devo digerire tutto, non sono più disturbato dai problemi del mondo ma sono sempre nel tempo. Sono in maturazione come Adamo era in maturazione. C'era tutto questo divenire che tende verso questa grande conclusione: concepire Dio, altrimenti non puoi dire chi è Dio.


 

Il Demonio.

Non ci sono due creatori. Ed è per questo che non puoi attribuire nulla di ciò che esiste o avviene ad altro da Dio. Il demonio è uno che non raccoglie in Dio e non riferisce le cose a Dio. E questo può essere il nostro io, perché il demonio ha un io che non riferisce le cose a Dio ma non è per nulla creatore come nessuno di noi è creatore. Uno solo è il Creatore vuol dire che non devi riferire nulla di tutto ciò che esiste e accade ad altro da Dio.


 

Il peccato.

Il peccato sta nel disunire le opere di Dio da Dio, nel non riportare a Dio le cose che Dio ci fa arrivare.Tutto è di Dio e il peccato sta nel non dare a Dio quello che è di Dio.C'è in noi questa possibilità: non riportare a Dio quello che è di Dio, disunire le creature, le cose dal Creatore,.Tutte le cose arrivano a noi da Dio e non tutte le cose vengono riportate a Dio da noi. Quello che non riportiamo a Dio, forma in noi il peccato.


 

 

« L'ultimo giorno di festa.

Biografia Luigi Bracco.

Post n°39 pubblicato il 12 Aprile 2020 da plumbook

Biografia di Luigi Bracco. Di Gianpiero Pettiti per “La Fedelta” di Fossano. -

“Noi abbiamo un contabile che fa meditazione”: è il commento, tra lo stupito e lo scandalizzato, che si bisbiglia a Fossano sul conto di un ragioniere, tal Luigi Bracco, che un bel giorno, di punto in bianco, abbandona un posto di lavoro dalla promettente e ben remunerata carriera, per dedicarsi, in casa propria, alla preghiera e alla meditazione. Se l’esperienza delle “monache di casa” non è certamente nuova nella storia della Chiesa, bisogna però dire che questo “monachesimo domestico” si è sempre quasi esclusivamente espresso al femminile, e non è mai stata così comune, specie dalle nostre parti, una sua versione maschile. Si capisce allora lo sconcerto del rilevatore del censimento che alla domanda “professione?”, sentendosi rispondere da Luigi “Faccio la volontà di Dio”, si trova nell’imbarazzo di cosa scrivere, finendo poi per faticosamente concordare con il diretto interessato la formula “religioso laico” che più si avvicina, pur senza centrarla in pieno, con la particolare ed esclusiva “ricerca di Dio” che l’uomo sta conducendo. Nasce nel 1918, ereditando una particolare predisposizione per gli studi dal padre e dal nonno: come loro in prevalenza autodidatta, con spiccata preferenza per gli studi filosofici e teologici, ma anche portato per le scienze esatte, in nome delle quali si diploma ragioniere da privatista, con l’aiuto e sotto l’assistenza del futuro cardinal Pellegrino, esigentissimo e per niente disposto a fare con lui brutta figura. Un rischio abbastanza remoto, vista la promozione a pieni voti e la totale applicazione negli studi, per i quali sacrifica tutto, anche i giochi e i divertimenti classici dei bambini. Orfano di padre nel 1927, che muore in conseguenza della “spagnola” contratta nella prima guerra, ancor prima del diploma di ragioniere comincia a lavorare all’Ufficio Imposte, dove dimostra di sapere il fatto suo e si impone per la serietà e la diligenza nel lavoro. Arruolato durante la seconda guerra (anche se in teoria dovrebbe esserne esonerato in quanto orfano di militare deceduto per causa di servizio) viene spedito alla Cecchignola, da dove fa ritorno dopo l’8 settembre 1943, attraversando fortunosamente l’Italia a piedi e vivendo poi, fino alla Liberazione, tappato in casa. Ufficialmente disertore, che rischiava grosso, anche la deportazione; concretamenteun giovane uomo che non può aderire alle forze armate della RSI e combattere a fianco dei Tedeschi. L’autosegregazione nella sua cameretta è forse il preludio alla sua successiva vocazione: studio continuo e preghiera lo modellano alla vita contemplativa e meditativa che si esprimerà al meglio a Liberazione avvenuta. Luigi è assunto alle dipendenze della Cassa di Risparmio: si impone come sempre per capacità e professionalità, gode della stima dei superiori ed è facile pronosticargli una brillante carriera (qualcuno già lo vede direttore di filiale, tutti comunque avvertono di aver a che fare con uno che “farà strada”). Invece qualcosa in lui si rompe e la prima ad accorgersene è la mamma, che lo vede ammalarsi, diventare inappetente e insonne, reso perennemente triste da un tormento interiore che Luigi non vuole svelare, quasi vergognandosene e che tira fuori un giorno solo perché pressato dai famigliari: “Non voglio mica passare la mia vita dietro una scrivania”. È l’inizio della crisi interiore, dalla quale sa di non poter uscire senza abbandonare quel lavoro, che tuttavia gli è indispensabile perché unico mezzo di sostentamento della famiglia. Mamma, dopo la vedovanza, ha allevato, mantenuto e fatto studiare i figli, imparando anche a fare la maglierista e riuscendo alla fine a comprare, di seconda mano, una macchina per lavorare a maglia. Si rende quindi perfettamente conto che, qualora venisse a mancare lo stipendio del figlio, dovrebbe continuare a mandare avanti la famiglia come aveva fatto fino ad allora, tuttavia, da donna cui non manca la fede, sprona il figlio a lasciare il lavoro ed a seguire la sua “strana” vocazione, “perché”, dice, “la Provvidenza ci penserà”. La gente commenta e non approva: nulla sarebbe stato se Luigi avesse abbandonato il lavoro per entrare in convento o in seminario, ma il dedicarsi esclusivamente alla preghiera e alla meditazione restando in casa è davvero troppo per il comune sentire. Così c’è chi lo giudica uno scansafatiche, chi lo critica per aver buttato alle ortiche un posto in banca che tutte le persone “normali” si sognerebbero e c’è anche chi commisera quella mamma che ha fatto tanti sacrifici per mettere quel figlio all’onor del mondo e che si vede ripagata a quel modo. Siamo nel 1946, nell’immediato dopoguerra, c’è fame di lavoro e tanta povertà, soprattutto spirituale, cui Luigi cerca di ovviare intensificando il suo rapporto con Dio. Il lavoro principale, se non esclusivo, di Luigi Bracco diventa così la ricerca di Dio, la meditazione della sua Parola, l’annuncio di uno stile nuovo di vita modellata sul Vangelo. Nascono i “gruppi del Vangelo” a dimensione domestica, ospitati cioè nelle case di amici e conoscenti che si lasciano affascinare dalle sue proposte e dalla radicalità con cui annuncia ed attualizza il messaggio evangelico. Non si limita ai confini fossanesi, facendo anche qualche puntata fuori diocesi, addirittura a Peveragno, che raggiunge in bicicletta oppure a piedi perché rifiuta, coerentemente con lo stile povero di vita che si è imposto di servirsi del treno o di accettare passaggi in auto. Nel 1948, insieme a don Antonio Gazzera e Cina Ramonda, dà vita alla “Messa del Povero”, mutuandone nome ed idea dall’analoga esperienza avviata da Giorgio La Pira a Firenze nella chiesa di San Procolo, ma soprattutto attingendo allo spirito più autentico del Vangelo. Sono le Domenicane ad ospitare, all’inizio, questi incontri domenicali dei vecchi e nuovi poveri, ai quali insieme all’annuncio della Buona Notizia di Gesù e alla celebrazione eucaristica, viene offerta la colazione, magari qualche vestito o un po’ di viveri per la settimana. Per qualcuno è anche l’occasione per lasciarsi sbarbare e ripulire, per tutti è sicuramente il posto in cui trovare un incoraggiamento o una parola di conforto. Gli appuntamenti si spostano poi, e continuano tuttora, alla chiesa di San Giorgio e nei locali attigui, che certamente meglio si prestano a questo genere di accoglienza, ma la domenica caritativa di Luigi non si limita qui, prolungandosi nel pomeriggio con la visita dei malati, nelle corsie dell’ospedale o nei sanatori, dove lascia un segno di amicizia, una parola buona, una rivista. Di pari passo con l’intensificarsi della sua attività a servizio della Parola di Dio, cresce anche una sorta di diffidenza nei suoi confronti, soprattutto in alcune frange del clero fossanese. “Più che diffidenza, ricorda oggi un testimone di quell’epoca, direi una certa difficoltà a capirlo; si avvertiva il rischio che si travisasse il suo messaggio, perché Bracco volava alto, molto alto e mica tutti riuscivano a seguirlo”. D’altronde, non bisogna dimenticare che, soprattutto in epoca preconciliare, una certa diffidenza circonda la stessa Parola di Dio, soprattutto se lasciata in mano ad un laico. Dal 7 settembre 1966 le meditazioni di Luigi vengono pubblicate sul “La Fedeltà” a cadenza settimanale nello spazio “Oasi dello Spirito”, offrendo ai lettori “la ricchezza del suo pensiero, la profondità del suo spirito e anche la squisita delicatezza dei suoi sentimenti che trapelano, ora qui ora là, con accenti di alta e velata poesia prorompente da un cuore appassionato per Dio, da quasi tutti i suoi scritti”. Sarà una collaborazione che durerà trent’anni, cioè fino alla sua morte, anzi anche dopo, visto che a cura dei suoi amici si continuerà per alcuni mesi a pubblicare i suoi scritti inediti. Ma già da ben prima le sue meditazioni hanno una loro divulgazione attraverso semplici fogli ciclostilati che a pacchi vengono spediti e diffusi anche a Torino, dimostrando quanta sete di Dio alberghi nel cuore dell’uomo. Luigi muore il 14 aprile 1996, domenica in Albis, dopo aver ultimato il suo calvario di sofferenza in unione a quello di Gesù. Proprio il Venerdì Santo è confortato dalla visita e dalla benedizione di mons. Natalino Pescarolo, che lo ringrazia del servizio di preghiera e testimonianza reso per mezzo secolo, definendolo poi, durante la veglia funebre, “maestro e testimone della Parola di Dio”. Una testimonianza, forse meglio di altre, prova a sintetizzare la sua eccezionale esperienza del divino:“La sua vita era caratterizzata da un’autenticità, una schiettezza e una coerenza sorprendenti e anche da aspetti apparentemente contrastanti: severo e gioviale; riservato ed aperto; staccato (“bisogna saper far l’orso se si vuol salvare il tempo interiore per Dio”, soleva dire) e disponibile ; amico dei poveri e amico dei ricchi; netto, radicale, senza mezze misure nelle scelte di vita e amante delle cose belle, della natura, dell’arte, della musica, dei fiori e soprattutto della montagna...”.Insieme alla sua testimonianza di vita e alla sua costante ricerca dell’Assoluto restano oggi di lui, la Casa di preghiera, ancora aperta sul Coniolo, le sue pubblicazioni, le registrazioni delle sue meditazioni, qua e là i suoi spunti e le sue meditazioni, che continuano a circolare. e che si trovano anche in internet.

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