Blog
Un blog creato da chopin1980 il 17/12/2006

DIRITTO & ROVESCIO

Blog di informazione giuridica

 
 

PRESENTAZIONE E FINALITA'...

 

Ai lettori....

questo piccolo spazio su internet nasce con uno scopo ambizioso: è pretesa dell'Autore (Magistrato Ordinario di recente nomina, e forse poco modesto!!), fornire a tutti coloro che lo vogliano un luogo virtuale di confronto e di aggiornamento in materia giuridica, ricco di spunti (si spera) utili ai fini dell'approfondimento di tematiche legali. Tutto ciò senza perdere di vista l'attualità delle questioni poste all'attenzione del lettore, toccando i tasti dell'interesse e della curiosità che non renderanno pesante e noiosa la disamina degli scritti.

In sintesi, quindi, questo blog si rivolge principalmente agli avvocati, ai magistrati, a tutti gli operatori giuridici, che vogliano confrontarsi ed aggiornarsi, tuttavia senza perdere di vista il comune cittadino il quale, sentendosi bombardato da notizie mediatiche confuse ed approssimative, volesse approfondirne la genuinità giuridica. E' volontà ferma dell'Autore, in ogni caso, presentare gli articoli in una forma semplice e lineare, in grado di passare dalla specificità tecnica dell'analisi (percepibile dall'occhio del giurista) allo scambio di opinioni con chi legge, con sforzo di chiarezza e di esaustività.

Infine, questo spazio telematico vuole essere un trampolino di lancio verso la realizzazione di un vero e proprio corso on-line, nel quale lo scrivente offre la possibilità di fruire - a quanti volessero approfondire le tematiche trattate nel blog - di lezioni audio-video sugli argomenti più importanti della manualistica tradizionale, nonchè di apposite dispense dottrinali e giurisprudenziali riassuntive delle questioni più spinose. Ciò, allo scopo di accompagnare il discente verso il superamento del difficile scoglio concorsuale ovvero per il conseguimento della tanto agognata abilitazione professionale forense.

In conclusione, affinchè tutto questo non rimanga lettera morta è necessario esortare voi lettori ad intervenire, a commentare, a lasciare traccia dei vostri assensi e dei vostri dissensi, a formulare proposte, critiche e quant'altro....Qualsiasi contributo sarà preso nella massima considerazione e, di conseguenza, gradito.

Con la speranza che questo cammino tra le maglie del diritto "vivente" possa essere condiviso dal maggior numero di persone, chiedendo venia per le imperfezioni e le lacune che tale sforzo telematico comporterà inevitabilmente, auguro a tutti: BUON VIAGGIO!

 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: chopin1980
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 43
Prov: NA
 

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 

 

Al direttore della testata giornalistica on-line, non può essere esteso il regime dell’art. 57 c.p.

Post n°6 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da chopin1980
 
Foto di chopin1980

La Cassazione si è pronunciata su una importante questione oggetto di querelle ormai da molti anni, ossia la applicabilità – ai mezzi di comunicazione elettronici e via internet (quali blog, newsletter, forum, social network, ecc.) – della disciplina prevista dal nostro diritto positivo per la stampa, ivi compresa la normativa sugli illeciti penali. La decisione della S.C., con argomenti molto netti e convincenti, opta per una soluzione contraria all’estensibilità della disciplina prevista per la carta stampata, anche al giornalismo telematico, così come è ugualmente avvenuto in precedenza per i contenuti su videocassette preregistrate, e per le trasmissioni televisive, per i quali mezzi di comunicazione la giurisprudenza di legittimità sembra essere pacifica e stabile. Non così, almeno perché vi sono diversi precedenti contrari soprattutto dei giudici di merito, per le pubblicazioni effettuate via internet, ad esempio su giornali telematici o blog, sui quali è presente spesso un contenuto offensivo e diffamatorio, al di là della critica valutativa riconducibile alla libertà di pensiero costituzionalmente tutelata (art. 21 Cost.). In breve, quindi, ci si è più volte chiesti se la normativa – specie penalistica – prevista in tema di stampa, possa essere applicata anche al di là della sua iniziale progettazione legislativa, coinvolgendo gli scritti diffusi in rete. Più in particolare, nella sentenza che si commenta, ci si è chiesti se al direttore di un giornale telematico possa essere applicata la disciplina dell’art. 57 c.p., il quale come noto, punisce il direttore responsabile del giornale che – per omesso controllo sul contenuto dello stesso – colposamente abbia consentito la commissione di reati, da parte dei redattori del periodico (beninteso, qualora egli partecipi attivamente e scientemente alla perpetrazione di un reato commesso da altri giornalisti, non potrà che essere punito secondo i dettami del concorso di persone ex artt. 110 e ss). Ebbene, sul punto la Cassazione ha affermato chiaramente che non sarebbe possibile – allo stato della legislazione vigente – operare siffatta estensione di normativa, evidenziando pertanto la presenza di un vuoto precettistico, che soltanto il legislatore può colmare. Diverse le ragioni a sostegno della suddetta affermazione. In primis, il Supremo Consesso ha evidenziato che il contesto normativo di riferimento, per ciò che attiene ai reati commessi con il mezzo della stampa, è la L. 47 del 1948, ed in particolare al suo art. 1, il quale richiede – perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico – due concorrenti requisiti: a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius); b) che il prodotto dell’attività tipografica sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius). Ebbene, rilevano gli ermellini, nelle pubblicazioni telematiche mancherebbe in maniera del tutto evidente, la produzione tipografico-meccanica dello scritto da diffondere presso il pubblico, ossia verrebbe meno il prius del concetto di “stampa” (tanto vero che usualmente si impiega l’analogo termine di “carta” stampata). Quindi, al giornale diffuso in rete non potrebbe applicarsi in via diretta la nozione normativamente stabilita dalla legge n. 47 del 1948. Inoltre, a tali forme di pubblicazione giornalistica la normativa in materia di stampa non potrebbe nemmeno applicarsi “per estensione”, ossia in via indiretta, atteso che in materia penale – stante il principio di tassatività enucleato dall’art. 25 Cost. e dall’art. 1 c.p. – non è utilizzabile il procedimento analogico, normalmente impiegato dall’interprete per colmare i vuoti normativi lasciati dalla legge vigente, la quale non potrebbe ragionevolmente occuparsi di tutte le innumerevoli fattispecie della vita quotidiana. Invero, estendendo la disciplina positiva prevista per la stampa anche ai prodotti giornalistici telematici, si farebbe uso dell’analogia in malam partem, ossia in danno del reo, operazione non autorizzata dagli argini garantistici contenuti nella Costituzione e nel codice penale, citati in precedenza. Infine, non soltanto argomenti di segno oggettivo deporrebbero per la soluzione negativa al quesito posto in epigrafe, bensì anche motivazioni di tipo soggettivo e psicologico. Assoggettare il direttore responsabile del giornale telematico alla disciplina dettata dall’art. 57 c.p. ed alla conseguente responsabilità per culpa in vigilando, costringerebbe l’interprete – al fine di non ricadere nella tagliola della responsabilità oggettiva c.d. occulta – a ricercare i profili di effettiva e concreta negligenza, imprudenza ed imperizia tenuti dal reo, nel consentire la pubblicazione del giornale contenente contenuti stigmatizzati dalla legge penale. E ciò, sostengono i Supremi Giudici, non sarebbe razionalmente possibile nel caso di specie, poiché la “interattività” del materiale telematico – ossia la possibilità di essere modificato da chiunque acceda al suo contenuto attraverso la rete – implicherebbe la oggettiva impossibilità, nonché la soggettiva inesigibilità dell’attività di vigilanza da parte del direttore responsabile, il quale non riuscirebbe mai ad assicurare un pieno e compiuto controllo dello scritto. Quindi, concludendo, la Cassazione non permette all’interprete – rebus sic stantibus – di estendere la normativa sulla stampa al prodotto giornalistico telematico, che lì non rientra, sollecitando l’intervento del legislatore per colmare il vulnus di tutela. Nemmeno può essere, tra le altre cose, invocata la disciplina della legge n. 62 del 2001 – la quale fornisce una definizione di “prodotto editoriale” comprendendo altresì gli scritti telematici ed ogni altro mezzo in grado di raggiungere la diffusività – considerato che l’ambito di operatività della normativa riguarda la concessione di provvidenze economiche agevolatrici per l’editoria, nulla disponendo relativamente al settore criminale

 
 
 

MEA CULPA, MEA GRANDISSIMA CULPA...

Cari amici e lettori di questo blog, volevo esprimervi le mie più calorose scuse per l'ingiustificata assenza. E' quasi un anno che non aggiorno quello che per me era ed è molto di più di un esperimento informatico. Peraltro, ho avuto il profondo dispiacere di non poter stare vicino ad un amico (psicologiaforense) nel momento del bisogno e della solidarietà...spero non sia troppo tardi. Ad ogni modo, è ovvio dire che auguro a tutti un felice anno nuovo (anche se in ritardo), e che nelle prossime settimane cercherò di ritornare a scrivere di diritto, ciò che più mi appassiona e che mi coinvolge al punto tale da tralasciare aspetti (forse) più importanti...Ad maiora.

 
 
 

LA CASSAZIONE APRE UNA NUOVA FRONTIERA SUI PARCHEGGI?

Post n°4 pubblicato il 25 Marzo 2007 da chopin1980
 
Foto di chopin1980

Recentemente la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite con sentenza n. 116 dell'anno in corso, si è pronunciata in tema di illegittimità delle numerose multe per divieto di sosta comminate agli automobilisti fermi presso gli spazi pubblici di parcheggio. Nel caso in esame, invero, un avvocato cagliaritano si opponeva all'intimazione di pagamento di alcune sanzioni amministrative elevate perchè aveva parcheggiato la propria autovettura, in zona a "strisce blu", senza esporre il "grattino" comprovante il versamento della somma dovuta al Comune per la sosta. Il ricorrente deduceva la violazione, da parte dell'ente comunale, dell'art. 7, 8° comma, del D. Lgs. n. 285/92 (codice della Strada) il quale prevede che <>. Ebbene, la doglianza è stata riconosciuta fondata dalla Suprema Corte, dando così la stura a reazioni mediatiche convulse ed imprecise, già predicendo un'interminabile serie di ricorsi dei cittadini di tutta Italia causativi di catastrofici effetti sui bilanci degli enti pubblici.
Per la verità, pur riconoscendo la bontà delle argomentazioni dell'avvocato sardo, la Cassazione ha immediatamente precisato la portata della propria decisione. Infatti, vero è che le amministrazioni comunali devono predisporre, accanto alle zone di parcheggio a pagamento, anche delle zone libere e gratuite ma tale obbligo non deve ritenersi sussistente (prosegue il medesimo art. 7, comma 8) quando: 1) Vi è un'area pedonale, ossia una zona interdetta alla circolazione di veicoli; 2) Vi è una zona a traffico limitato, ove l'accesso e la circolazione veicolare sono limitati ad ore o a giorni prestabiliti ovvero a determinati veicoli; 3) Per quelle zone definite "A" dall'art. 2 del D.M.LL.PP. n. 1444/1968, cioè le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale.

In definitiva, quindi, sarebbe più opportuno parlare di una mini-rivoluzione in quanto se il Comune deliberasse un provvedimento amministrativo mediante il quale si integrerebbe una delle ipotesi sopra esaminate, l'unica via sarebbe l'impugnazione dell'atto al Giudice amministrativo o, al massimo, la proposizione di un ricorso amministrativo in autotutela. Ad ogni modo se, al contrario, l'area di sosta non rientra tra le stesse eccezioni, il Comune è obbligato a predisporre spazi adibiti a parcheggio con striscia bianca (ovvero gratuite). Come afferma la Cassazione, nel caso venga elevata contravvenzione, essa è illegittima e nulla è dovuto all'ente locale.

 
 
 

VIZIO TOTALE O PARZIALE DI MENTE? UN PROBLEMA ATTUALE.

Post n°3 pubblicato il 04 Febbraio 2007 da chopin1980
 
Foto di chopin1980

Le recenti vicende di cronaca nera hanno portato alla ribalta una questione giuridica mai sopita e di grande rilevanza pratica: l'importanza dello stato psichico nella commissione di un reato. Deve, invero, rilevarsi che la spinta della dottrina penalistica all'analisi della tematica in oggetto ha condotto a diversi esiti: vi è stato chi ha considerato l'incapace di intendere e di volere quale soggetto da tutelare, privilegiando le istanze protezionistiche a quelle custodialistiche improntate sulla emarginazione del soggetto ritenuto pericoloso; altri, al contrario, hanno rilevato la necessità di escludere l'incapace dalla vita sociale al fine di assicurare una più adeguata tutela della sicurezza della collettività dagli individui potenzialmente offensivi.
Ad ogni modo, il legislatore afferma chiaramente che "nessuno è punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile" e quindi " è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere" (art. 85 c.p.). Ora, secondo diffusa opinione, la capacità di intendere si avrebbe nel soggetto che sia in grado di percepire consapevolmente le conseguenze delle proprie azioni, mentre la capacità di volere consisterebbe nell'idoneità dell'individuo a portare a compimento - mediante un'azione pratica - le proprie pulsioni e intenzioni.
Nonostante sembri piuttosto chiara la definizione di imputabilità penale (capacità di intendere e di volere in grado di giustificare la sanzione penale), sono altamente discusse le ipotesi in cui questa venga meno, determinando di conseguenza la non punibilità dell'imputato di un fatto-reato. Il codice penale individua soltanto alcune cause di esclusione della medesima capacità quale la minore età (artt. 97 e 98), il sordomutismo (art. 96), l'ubriachezza o l'intossicazione da sostanze stupefacenti (artt. 91 e ss.) ed il vizio parziale e totale di mente (artt. 88 e 89). Con particolare riferimento a quest'ultima situazione, la legge prevede che non è punibile ovvero è punito con una pena minore chi, nel momento di commettere il reato ed a causa di <<un'infermità>>, non aveva la capacità di intendere e di volere o questa era grandemente scemata. E proprio attorno al concetto di infermità che sia la dottrina che la giurisprudenza si sono più concentrate.
Infatti, mentre inizialmente la Corte di Cassazione si orientava per un'interpretazione fondata sulla considerazione dell'infermità soltanto come malattia psichica medicalmente accertabile e conosciuta, di recente si è prospettata una lettura diversa delle norme citate. Infatti, con la famosa decisione a Sezioni Unite 25/01/2005 n. 9163, la Suprema Corte ha aderito ad una tesi che la dottrina minoritaria aveva precedentemente avanzato: il concetto di <<infermità>> sarebbe da intendersi come riferito a qualsiasi disturbo della personalità, stato emotivo, disturbo border-line, reazione a corto circuito, ecc. in grado di incidere concretamente sulla capacità dell'autore del fatto annebbiandogli completamente i sensi ovvero alterandoli sensibilmente. Come è stato attentamente rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, ciò che interessa al legislatore non è il tipo di disturbo che affligge il reo, piuttosto la mancanza di autocontrollo del medesimo nella commissione del fatto. Si adotta, così, una prospettiva non medica o psichiatrica ma prettamente giuridica. Di talchè non sarebbe necessario accertare (eventualmente con la famigerata perizia psichiatrica!) lo stato patologico di cui fosse affetto il soggetto-agente, ma il suo grado di sconvolgimento ed obnubilamento psichico tale da depotenziare i freni inibitori e da condurlo, quindi, a delinquere. In estrema sintesi: non è importante capire di quale malattia soffra il criminale ma semplicemente verificare che nel momento di delinquere la sua capacità di intendere e di volere fosse inesistente o fortemente limitata.
Da ultimo, e data la grande importanza sul piano afflittivo, giova precisare che sarebbe compito del giudice - con l'indispensabile aiuto dello strumento della Consulenza Tecnica d'Ufficio - individuare i casi in cui il disturbo mentale (o anche fisico, secondo taluni) sia stato in grado di offuscare completamente l'agire del reo - così da renderlo totalmente incapace ed esentarlo da pena ex art. 88 c.p. -  e le ipotesi nelle quali, viceversa, il vizio sia stato tale da limitare grandemente la capacità di intendere e di volere - ragion per cui la pena sarà comminata ma in misura minore ex art. 89 c.p. -. E' fuor di dubbio, allora, che l'accertamento del giudice presenterà rilevanti profili di complessità e di opinabilità, con buona pace del tanto sospirato canone della certezza del reato e della pena.


 
 
 

EUTANASIA: LIBERTA' DI SCELTA E INDISPONIBILITA' DELLA VITA

Post n°2 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da chopin1980
 
Foto di chopin1980

Negli ultimi tempi si è fatta sempre più pressante l'esigenza, già da tempo avvertita da parecchi studiosi, di approfondire giuridicamente il problema della c.d. eutanasia, ossia la "buona morte" o la "morte pietosa" così come è stata da alcuni definita. Senza nessuna pretesa di completezza, nelle righe seguenti è opportuno avanzare qualche riflessione meditata sul tema, in prospettiva di un futuro (e necessario) intervento del legislatore. Giova premettere che la questione si incentra sulle ipotesi in cui un soggetto - solitamente gravemente ammalato e/o affetto da rilevante infermità psico-fisica - decida, più o meno liberamente, di porre fine alla propria esistenza ed alle proprie sofferenze mediante la prestazione del consenso alla causazione dell'evento letale.
In dottrina, al riguardo, si suole distinguere una eutanasia attiva, qualora la morte sia provocata dall'attività di un terzo (in prevalenza un familiare o un professionista sanitario) da una eutanasia passiva, nella quale il decesso verrebbe provocato da una omissione di cure, da parte del medico responsabile della terapia assistenziale, in seguito ad un rifiuto delle stesse da parte del paziente. In entrambe le ipotesi, come è agevole verificare, il consenso dell'ammalato assume un ruolo determinante.

Con particolare riferimento alla prima fattispecie evidenziata, è utile rilevare che diversi autori hanno paventato la possibilità di configurare una responsabilità penale a carico del soggetto che intervenisse a cagionare la morte dell'infermo. Invero, si è sostenuto che il nostro ordinamento giuridico tutela il bene della vita umana in modo pregnante tale, cioè, da non essere riguardato in un'ottica meramente privatistica bensì interessare la prospettiva pubblica e sociale; di conseguenza, seppure mediante il consenso della persona sofferente, la relativa condotta omicida sarebbe punibile alla stregua dell'art. 579 del codice penale, ovvero l'omicidio del consenziente. Al limite, quand'anche il comportamento del terzo non sia causativo in via esclusiva dell'evento mortale o si sia concretizzato nella determinazione morale o nel rafforzamento del proposito suicida dell'ammalato, egli risponderà pur sempre ex art. 580 c.p. ovvero quale istigazione o aiuto al suicidio. E' di tutta evidenza, allora, che nessuna collaborazione potrà essere prestata dal familiare, dal medico o da chiunque altro, ai fini della provocazione della morte del richiedente, almeno allo stato della legislazione attualmente vigente.

Diverso, tuttavia, sarebbe l'approccio dottrinale in riferimento all'eutanasia passiva o mediante omissione. Infatti, in  tal caso si assisterebbe ad uno scontro tra due principi fondamentali, pilastri del nostro odinamento costituzionale: la libertà di scelta e la tutela della salute, nella forma primaria della salvaguardia dell'esistenza umana. In virtù dell'art. 13 Cost. il paziente godrebbe della libertà di autodeterminazione terapeutica ossia di consentire il trattamento curativo proposto e debitamente illustrato dal sanitario; senza il via libera dell'ammalato, infatti, nessun intervento medico potrebbe essere realizzato, nemmeno per proteggere la salute del bisognoso. Dall'altro lato si osserva, come anticipato, che la vita è un bene assolutamente indisponibile da parte del singolo individuo così che, se ciò si dovesse rivelare necessario, ben potrebbe il medico procedere al trattamento terapeutico più idoneo ed opportuno a salvare il sofferente (restando in tal guisa la relativa condotta giustificata dallo stato di necessità, previsto dallart. 54 c.p.). A complicare la già intricata matassa, è opportuno ricordare che parte della dottrina richiama, nel caso di specie considerato, il divieto di accanimento terapeutico, cioè l'obbligo gravante sul personale sanitario di non procedere alle operazioni curative qualora le possibilità di guarigione siano scarsissime se non nulle, in quanto ciò determinerebbe una ingiustificata ostinazione medica solamente lesiva della salute del moribondo (come, ad esempio, nelle ipotesi di c.d. coma irreversibile nel quale vi è la cessazione delle funzioni cerebrali del paziente).

In conclusione, non è possibile sintetizzare utilmente tale fondamentale problematica in brevi note ma è d'uopo - comunque - destare l'attenzione del lettore sul punto, rilevando che, sulla base della normativa attualmente esistente, la giurisprudenza trova enormi difficoltà ad ammettere una tale pratica "omicida". E', allora, necessario rimettersi alla volontà del legislatore il quale - se riterrà opportuno - dovrà intervenire con una regolamentazione giuridica che sia in grado di fronteggiare e dare risposta alle più svariate questioni che la società gli pone. Compito arduo, ma tuttavia non impossibile anche se (ed è tale l'opinione di chi scrive) tutto ciò dovrà passare per una rivisitazione dapprima delle convinzioni e dei valori fondanti l'attuale società, poi del sistema dei principi costituzionali regolatori dei beni primari dell'individuo.
 

 
 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

psicologiaforensegianf.mariaWIDE_REDbal_zacunamamma1cristine1965matteomoxadoro_il_kenyastrong_passiongirellechopin1980STREGAPORFIDIADiabolicamente_TuadgInvisibileTraccia
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

TAG

 

I MIEI BLOG AMICI

 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963