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NAPALM GIRL

Foto di Convallaria_majalis

Compie 40 anni la foto simbolo della guerra in Vietnam e la «napalm girl» ora si racconta

 

Kim è la protagonista del celebre scatto di Nick Ut che ha vinto il Pulitzer ed è diventato un emblema del pacifismo.

 

 

 

«Ho passato la vita a cercare di scappare da quella bambina della foto, ma sembrava che quello scatto mi perseguitasse»: così parla Kim Phuc, che per la maggior parte dell’umanità è rimasta la bambina nuda della foto.

 

QUARANTA ANNI FA - Era l’8 giugno 1972 quando un aereo militare sud-vietnamita, che stava compiendo un raid a caccia di vietcong, sganciò il suo mortale carico di bombe al napalm sulla popolazione del piccolo villaggio di Trang Brang.

In un attimo avvenne il finimondo: la terra tremò e subito dopo calore e fiamme avvolsero tutto ciò che incontrarono. Si trattò di un errore, infatti di vietcong non c’era nemmeno l’ombra, ma l’effetto fu devastante.
Il fotografo Huynh Cong «Nick» Ut si trovava lungo la Route 1, quando vide arrivare i superstiti del bombardamento: la piccola Kim si era strappata i vestiti in fiamme e completamente nuda stava fuggendo e gridando «Brucia, brucia».

Il reporter scattò numerose foto, tra le quali quella che gli consentì di vincere il Premio Pulitzer.

«Piansi quando vidi quella bimba correre», spiega oggi Nick Ut, che trasportò subito i bimbi della foto nel più vicino ospedale e si assicurò che venissero curati. «Non avrei potuto accettare la morte di quella creatura innocente», ribadisce Ut, che nella guerra del Vietnam perse un fratello.

LE DUE FOTO SIMBOLO E HORST FAAS – Non appena Nick Ut fece sviluppare la foto si capì che poteva diventare un simbolo fortissimo delle atrocità che stavano avvenendo in nome di quella guerra. Ma molti pensarono che la nudità della bambina sarebbe stato motivo di censura in quei tempi.

Fu grazie a Horst Faas che venne pubblicata, divenendo ben presto un’icona del pacifismo americano, insieme all’immagine di Eddie Adams del generale vietnamita che uccide un prigioniero vietcong. Faas, che è morto recentemente, fu un grande fotografo dell’Associated Press, due volte premio Pulitzer, e in quegli anni capo dei fotografi di AP.

Fu proprio lui a prendere la controversa decisione di diffondere entrambe le foto simbolo del Vietnam e con il tempo arruolò un gran numero di giovani e bravi fotografi, anche vietnamiti, regalando a Associated Press la fama di essere l’agenzia che offriva le fotografie migliori dal Vietnam.

DOPO LA FOTO – Furono necessari 17 interventi e 13 mesi perché Kim Phuc fosse dimessa dall’ospedale. E per fortuna il suo visino di bimba non aveva subito alcuna ustione. La bambina che correva vide la foto, ma non sapeva ancora che le avrebbe cambiato la vita. Desiderava solo tornare alla normalità e da grande fare il medico. Tra lei e Ut si creò un forte legame e il fotografo iniziò a considerarla come una figlia. La aiutava e la andava spesso a trovare in quegli anni, incoraggiandola negli studi in cui Kim Phuc dimostrava grande impegno. Ma quella foto iniziò a perseguitarla dal momento i cui, nel 1975, le forze comuniste conquistarono il controllo del Vietnam del Sud.

«Mi tenevano gli occhi addosso e mi controllavano», spiega Kim, raccontando anche che continuò a stare male per lungo tempo in seguito a quell’esplosione. «Per loro io ero la napalm girl ed ero comunque scomoda». Alla fine fu costretta a lasciare il college e a tornare nel suo villaggio, anche perché il governo nord vietnamita la trasformò in un emblema della resistenza vietnamita, rendendola suo malgrado una persona anormale.

Da lì in poi, sotto il regime, la sua vita divenne un incubo e lei si sentì vittima due volte di quella guerra. A un certo punto però qualcosa cambiò e quella foto iniziò a diventare un’opportunità per lei. Il primo ministro del Vietnam ne fu turbato, la cercò e la aiutò a trasferirsi a Cuba per continuare gli studi.

IL PASSAPORTO PER LA LIBERTA’ – Tutto iniziò a funzionare, ma la vita di quell’ex bambina era ancora lontana dalla normalità. Continuava a essere monitorata e non era mai sola, tanto che nemmeno il suo grande amico Ut aveva modo di vederla mai in privato. Un giorno si innamorò, si sposò e fece il viaggio di nozze. Come tante ragazze normali. La coppia trascorse la luna di miele a Mosca e nel volo di ritorno verso Cuba i due neo-coniugi decisero si scappare: «Riuscimmo a scendere in Canada. Per la prima volta dopo le bombe al napalm e quella foto agghiacciante ero di nuovo libera».

UN’ALTRA VITA - Oggi Kim Phuc vive in Canada, è moglie e madre, e ha chiamato uno dei due figli Huan, Speranza. Dopo aver sposato il connazionale Bui Huy Toan è diventata cittadina canadese nel 1996. Nel 1997 è stata nominata ambasciatrice dell'Unesco e due anni dopo è stata pubblicata la sua biografia. Oggi in occasione del triste compleanno della foto Kim Phuc torna a parlare di sé e del desiderio di normalità che ha attraversato la sua vita. Anche se oggi ha capito che l’autore di quella foto le ha salvato la vita e che quello scatto che racconta l’orrore del Vietnam è stato una condanna, ma anche un’opportunità.




(Emanuela Di Pasqua)

 
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