Creato da carpediem56maestral0 il 23/09/2006

come le nuvole

le guardi e credi di poter parlare di loro, di aver catturato la loro essenza ed ecco che sono altro e ancora altro e non le puoi incasellare, descrivere e neppure toccare...

 

 

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Non dite che non vi...

Post n°618 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da carpediem56maestral0
 

 “Il genio è per l’1% ispirazione per il 99% traspirazione!” (Thomas Alva Edison)

 

                             Pecorelle di pasta reale

(ricetta della bisnonna Pasqualina ritrovata in una intercapedine del muro maestro della casa avita poco prima del suo abbattimento assieme alle lettere di bisnonno Ferdinando scritte dalla trincea di fango sul Piave)

                                                                        

Rimboccatevi le maniche e dopo esservi assicurati, col collaudato metodo che utilizzate col vostro pusher quando vi consegna la dose di cocaina settimanale, assaggiate qualche grammo di polvere di farina di mandorle che, se pura, metterete in un capiente pentolone.

Anche la bianca e costosa farina di mandorle può infatti essere tagliata con della vil farina 00 o dell’ ancora più vile “pruvulazzo” (polvere da strada!). Sorvegliate!

 

Aggiungete al chilo di farina anche un  chilo di zucchero, cento grammi di acqua e una bustina di vanillina. Mettete sul fuoco e cuocete, mescolando e mescolando, l’impasto che man mano diverrà sempre più duro.

Utilizzate quindi tutte le fasce muscolari delle braccia e degli addominali che avete accumulato in anni di frequentazione intensiva della palestra e date fondo alla vostra capacità di soffrire e di sorridere.

Quando l’impasto si staccherà dalle pareti del pentolone e sentirete sgorgarvi dal cuore un grido di gioia, astenetevi: la vostra opera è ancora all’inizio.

                                 

A questo punto dovete infatti scodellare la poltiglia, il cui calore in scala Fahrenheit sarà di circa 3500 gradi, su di un ripiano e iniziare ad impastare con le vostre tenere manine il magma incandescente.

 

“Qui si parrà la vostra nobilitate” perché potrete umiliare i segnali di dolore inviatevi dalle ustioni di primo grado alle palme delle mani, utilizzando il collaudato metodo zen di immaginarvi mentre palleggiate delle fresche palle di neve.

Siate consapevoli tuttavia che se anche riuscirete a convincere la vostra suggestionabile mente di trovarsi davanti all’innevata casa di Heidi, ciò non impedirà alla vostra pelle di sollevarsi in indignate bolle di pus.

Proseguite come un fachiro indiano e ignorate il lacerante segnale che i vostri polsi vi invieranno quando, dopo venti minuti, non avete ancora smesso di impastare.

                                   

Poco prima della completa paralisi  dell’articolazione dovreste raggiungere l’apice dell’opera perché la pasta reale comincerà a “sudare” olio di mandorle, divenendo lucido.

E’ il segnale che avete vinto i limiti imposti dalla vostra parte corporea e che il vostro spirito è il più forte (per non parlare della vostra golosità che vi farà aggiudicare un posto d’ onore nel terzo girone dell’Inferno dove stanno i crapuloni come voi!)

 

Non ve lo chiederò in quanto darò per scontato che vi siate procurati per tempo le simpatiche formine che (a detta di qualcuna) assomigliano alle due metà di un fossile preistorico dentro il quale, invece di una conchiglia o di un dinosauro, c’è inopinatamente un incavo che rappresenta, in forma concava, una mansueta pecora.

Bene. Schiaffategli dentro la pasta reale e sovrapponete le due parti. Tenetele unite per un tot di tempo, poi aprite con cautela.

                            

Se non volete che venga fuori lo stesso impasto informe dell’inizio dei lavori, provvederete a cospargete “prima!!” la formina di amido di mais.  Impedirà che il naso o le orecchie dell’ovino si attacchino e che voi meritiate altre pene accessorie perchè avete utilizzato un sacco di sostantivi che richiedono abbondanti sciacqui del cavo orale con sapone di Marsiglia.

Adesso, a lume di naso, dovreste avere davanti a voi una simpatica pecorella: il vostro capolavoro e una vera squisitezza!

                                                              

Se siete giunti a questo punto credo di potervi annoverare tra gli eroi del nostro tempo e certo non vi accontenterete di una opera mirabile ma incompiuta.

Bene.

Prendente allora un rosso confetto di laurea (se non lo avete potrete utilizzare la cosa per cazziare a dovere vostro figlio/a che ancora non ha ottenuto l’agognato  “pezzo di carta”) con cui dipingerete le labbra della bestiola e del cacao che diluito in un po’ d’acqua fornirà il colore marrone con cui apporre artistiche striature sul candido manto dell’ovino. 

Se infine avete ancora la forza, mettete tra le zampe della pecorella una bandierina come fece Messner quando raggiunse la cima dell’ Everest.

 

                             

P.S.: A questo punto, nel foglietto di carta ingiallita, la bisnonna Paqualina aveva vergato un post scriptum che diceva testuale: ”Cari posteri, avete considerato la possibilità di una salutare passeggiata fino alla pasticceria all’angolo dove, con un modico esborso di vil denaro, potreste comprarvi una simpatica pecorella di pasta reale già pronta?

P.P.S.: Non so se potete fidarvi di questa ricetta della bisnonna Pasqualina…non ho nessuna ascendente con questo nome…ho tuttavia un bisnonno Ferdinando….

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