Creato da ciacii il 17/10/2007

La Ciaci

Le storie della Ciaci

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ANGELO

 

RESPIRO

Respiro la vita attraverso i tuoi occhi.
Bacio il tuo  cuore sulle tue labbra.
Vedo i colori del cielo con le tue mani.
Riposo sereno sul tuo seno.
Sento il mio amore con i tuoi occhi.
Amo la forza della tua vita
che mi fa vivere.
Dentro te.

(Guidopardo1)

 

TRUCCO

 
 

STUPIDA

Che stupida che sei
tu non impari mai
il tuo equilibrio è un posto
che tu passi e te ne vai
e più stupida di te
sappi non ne troverai

quelle tue paure inutili
non finiranno…
Ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
che parli ad uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
tu non farai mai niente
sei una persona tra la gente ma
la gente mente sempre
imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei.
Che stupida che sei
che non ti sprechi mai
le tue poesie sono coriandoli
che non seminerai.
Se poi per ironia
prendessi quota
partendo da un palazzo punteresti in alto
ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
nuda di fronte a uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
fai pure finta di niente
lui si riveste soddisfatto
e intanto sai che mente
sempre imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei
stupida
stupida…
Hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei…
una stupida.

 

COMMENTI

Post nr. 33: l'ultimo incontro

E' veramente notevole e viva la tua capacità di raccontare per sensazioni. Sicuramente tra le migliori cose che ho letto in giro per blog negli ultimi mesi

il_ramo_rubato

 

QUANTI SIAMO?

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...

Ogni medaglia ha sempre due facce, quella principale con il decoro e quant'altro e quella con la semplice scritta dell'evento. Noi ogni volta che guardiamo la medaglia ci fermiamo solo su quello che ci piace, ovvero solo sul decoro o solo sulla scritta. Spesso dimentichiamo che quella medaglia va oltre il decoro e l'evento. Quella medaglia quando ci è stata consegnata ci ha dato gioia. 

(Santiago2008)

 

ATTRICE DI IERI

camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti

"tu muori se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori"

ma non una parola chiarì i miei pensieri

continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri

(Battisti)

 

OHHH

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Messaggi di Aprile 2008

Robert

Post n°49 pubblicato il 20 Aprile 2008 da ciacii

E' appena cominciata l'estate e a Milano fa già molto caldo, anche se nel 1992 ancora esistevano le mezze stagioni.
Improvvisamente Robert ha smesso di parlare. Muto.
Francesca all'altro capo del telefono ha dovuto chiedere ben 3 volte Robert ci sei? pronto, pronto...prima che lui rispondesse balbettando con un .
Lei gli ha appena comunicato che lui aveva commesso un errore nella trascrizione di un ordine del piu' grosso cliente che avevano. Un errore di almeno un miliardo di lire.
Un errore che può costargli il posto di lavoro.
Francesca ha il cuore che pulsa dentro il petto. Robert è un suo collega, che lavora presso la casa madre tedesca, lei lavora presso la filiale italiana. Si conoscono telefonicamente da due anni e non si sono mai incontrati. Sarà per il fatto che parlano tanto al telefono, che si sono raccontati tanto di loro, delle loro vite, dei loro sogni, dei loro desideri, che sentono di aver instaurato un bella amicizia.
Robert è dolcissimo. Il classico bravo ragazzo, con sani principi e il cuore pieno d'amore da donare.
Francesca è un casino di ragazza. Un vulcano, piena di voglia di vivere, di interessi, di sogni, di speranze, e anche lei, con il cuore pieno di amore.
E' in quel momento, quell'errore e da quell'errore, che prende vita il sentimento piu' profondo... nasce spontaneo, come un fiore sboccia a primavera.
Francesca pronuncia il suo nome con delicatezza "Robert..."
"Sì?" risponde lui con un filo di voce...
"Robert, parlerò col cliente e vedrò cosa si può fare..." cerca di rassicurarlo lei.
Francesca è in buoni rapporti con questo cliente e sa che può fare qualcosa per aiutare il suo amico Robert. Lui non si merita una punizione per quello che ha fatto, è un ragazzo in gamba che si dà sempre molto da fare e la sua carriera promette bene...
C'è voluta più di mezza giornata, ma è riuscita a trovare un compromesso col cliente.
Chiama Robert. E' così impaziente di comunicargli la bella notizia che le tremano le mani e sbaglia piu' volte a comporre il numero.
"Robert! Ce l'ho fatta!!!" esclama Francesca con un tono di voce alto.
"Davvero???" urla lui. Non sta nella pella per la contentezza.
"Grazie Francesca... ti voglio bene, lo sai? ti sono debitore... verro' a trovarti e ti porterò fuori a cena... come minimo". Ora è calmo, rilassato.. si sente risollevato e nel contempo euforico per la bella notizia, vorrebbe abbracciarla forte, stringerla a sè e... baciarla.
"Vuoi venire veramente a trovarmi? O lo stai dicendo così per dire....?" chiede lei timidamente.
"Verrò, Francesca... parola di indianino" risponde Robert imitando la voce di un bambino che dà la prola di scout.
Francesca lo saluta, riattacca il telefono e sorride ripensando alle parole di Robert.
Parola di indianino... dev'essere un modo di dire tedesco.
Sorride per tutto il pomeriggio e sente che anche il suo cuore è allegro.
Non ci aveva mai pensato, Robert è sempre stato un buon amico, ma ora provava per lui un qualcosa di diverso, di piu' profondo... ma come è possibile, si chiede, non ci siamo mai visti!
Da quel momento le loro telefonate hanno assunto un tono romantico.
Si sono trovati. La dolcezza e la tenerezza di lui arrivano subito al cuore di Francesca.
La forza di Francesca e la sua sensibilità diventano energia per Robert.
Ora si parlano come due amanti di lunga data. Hanno la sensazione di conoscersi da sempre.
Robert qualche giorno dopo le ha comunicato che fra due week-end sarebbe andato a trovarla.
I giorni passano e a Francesca sembra che il tempo si sia fermato. Non vede l'ora che arrivi Robert e l'attesa la consuma, è impaziente e irrequieta. Si pone mille domande, viene assalita da mille dubbi e incertezze. E se non ci piacciamo? E se IO non gli piaccio?
Francesca si sente così sciocca per provare dei sentimenti per un ragazzo che non ha mai neanche visto. Ma il suo cuore parla e la rassicura. Sensazioni.
Robert è venuto in Italia in moto. Una bellissima Ducati rosso fiammante.
E' stanco. Il viaggio è stato lungo e la pioggia l'ha accompagnato per buona parte del tragitto.
Per tutta la sera c'e' un grande imbarazzo. Cercano piu' volte di non guardarsi negli occhi per ascoltare solo la loro voce, per riuscire ad associarla al volto, agli occhi, al corpo che hanno di
fronte. Robert è un bel ragazzo. Francesca è una ragazza carina. Ma tra di loro quella sera, non scatta nulla. Due sconosciuti, che si parlano, che si raccontano, che si dicono "ti ricordi..."
senza aver vissuto insieme niente di cio' che si dicono...
Il giorno dopo comincia con una  sensazione strana, come di delusione.
Quasi non sanno cosa dirsi. Sono imbarazzati. Tra loro c'è un distacco, una barriera da superare, sì, ma come? Vanno al lago, a Como, trascorrono una giornata piacevole, ma il loro conversare è molto diplomatico, amichevole, rilassato, ma senza alcun impulso, trasporto.
Alla sera decidono di restare in casa e di chiacchierare nella camera dove dorme lui.
La tensione sembra sciogliersi pian piano, i loro discorsi assumono un certo tono più intimo, affrontano l'argomento della loro conoscenza telefonica, si confidano le loro sensazioni, emozioni... e ridono.
Le ore trascorrono allegramente e la notte arriva in fretta.
Francesca dice a Robert che è ora di dormire.
"Sì... hai ragione, sono le 2 di notte... è ora di dormire..." risponde Robert pacatamente.
"... ma prima vorrei fare una cosa, Francesca..." ora lui la sta guardando fissa negli occhi.
Francesca si sente un calore nel petto e l'imbarazzo arriva fino alle sue guance, colorandole di rosso. E' passato più di un minuto prima che lei riesca a chiedergli stupidamente "cosa?".
Robert a bassa voce e con un sorriso malizioso le dice "... baciarti...".
Francesca abbassa il capo e sussurra "...non so se lo voglio, Robert...non ne sono sicura...".
Robert sembra non ascoltarla neanche, le alza il capo, si avvicina e appoggia le labbra sulle sue.
In quel momento è stato tutto chiaro. Francesca non aspettava altro. Il loro timido bacio è diventato un bacio passionale e i loro corpi si sono avvicinati per un forte abbraccio.
I loro cuori hanno cominciato a battere forte nel petto e la passione li ha travolti come un'onda si infrange sugli scogli.
E' stato un grande amore, il loro. Hanno trascorso le vacanze insieme in agosto.
Robert ha avuto diverse proposte di lavoro a Milano, che si potevano concretizzare con l'anno nuovo e la loro unione è andata consolidandosi man mano che passavano i mesi. I loro sogni erano gli stessi. I loro desideri combaciavano.
Nel loro futuro non vedevano altro: loro due insieme, per sempre. Loro due, una famiglia, dei figli.
A dicembre, poco prima di Natale, la mamma di Robert comincia a non stare bene e si prospetta un cambiamento dei loro progetti per il futuro. Lui non se la sente di lasciare la mamma da sola in Germania.
"Ne parliamo a Natale quando vengo su da te, Robert".
Non vogliono aspettare. La loro intenzione è di convivere al piu' presto. La distanza crea dei grossi vuoti nelle loro giornate.
Francesca preferisce passare il giorno di Natale in famiglia e così prende il treno dell 21 per raggiungere il suo amore.
Ma qualcosa in lei le sta creando dei pensieri che piu' volte ha cercato di allontanare.
Ha come un brutto presentimento... come se qualcosa di spiacevole debba succedere.
Ha cominciato a sospettare che l'improvviso cambiamento di idea di Robert, di non venire piu' in Italia a lavorare per la malattia della madre, celasse in realtà ben altri motivi.
Il mattino dopo arriva in stazione e lo vede. Lui è lì ad aspettarla davanti alla porta del treno.
Vestito in modo curioso. Lo trova quasi ridicolo. Diverso. Ma non sa perchè.
Lo vedeva come se lui non appartenesse al suo mondo. Come se non avesse la sua età.
Come se fosse un uomo di altri tempi.
Si abbracciano, si baciano e si incamminano verso l'auto.
Il paese è piccolo e tutto innevato. E' ancora buio e non c'è in giro anima viva.
Tutto tace. Tutto è immobile. Ha la sensazione di essere in un altro mondo, come se il tempo si fosse fermato a 50, se non cento anni fa.
Arrivano a casa, fanno colazione, fanno l'amore, si guardano e finalmente Francesca riesce a chiedergli qualcosa "come sta tua madre?".
Robert comincia a parlare e sembra un fiume in piena... è agitato e sembra seriamente preoccupato per la situazione. Francesca lo ascolta per un po', poi le parole di Robert diventano come dei suoni, una lingua straniera a lei incomprensibile. Le orecchie cominciano a farle male. La testa sembra scoppiarle dal rumore. Eppure non ha mal di testa.
Francesca si alza dal letto accende una sigaretta e si dirige verso la finestra.
Robert continua a parlare, come se nulla fosse.
Francesca oramai non lo sente neanche piu'. Improvvisamente le sembra di essere diventata sorda.
Fissa la neve che cade lievemente e abbondante. La neve non fa rumore.
La neve e' soffice e le dà una sensazione di pace. Si sta rilassando guardando la neve cadere.
Tutt'un tratto sente un forte colore dentro al petto che sale fino al viso e alla testa. Mette a fuoco la vista.
E comincia ad osservare il panorama. Vede delle casette carine tutte ricoperte di neve. La strada, i giardini delle case, le macchine parcheggiate.
Tutto è immobile come in una cartolina.
Il cuore comincia a batterle cosi' forte che sembra voglia uscirle dal petto.
Resta ancora per un attimo a fissare il paesaggio, ansimando. Le tempie cominciano a pulsare. Si gira di scatto, guarda l'orologio appeso alla parete e si dirige verso la valigia, raccoglie velocemente i vestiti, li butta dentro. Prende i vestiti appoggiati alla sedia, se li indossa nervosamente e senza guardare Robert, gli dice "vestiti e portami in stazione. Il treno parte fra un ora... e se ci muoviamo, faccio ancora in tempo...".
Robert come un automa si veste e non le chiede niente.
Salgono in macchina. Non si parlano.
Arrivano in stazione. Compra il biglietto. Il treno parte fra venti minuti.
Si siedono nel Cafè. Robert le chiede cosa vuole bere.
In quel momento Francesca si rende conto di tutto. Si rende conto che sta tornando a casa in anticipo di 10 giorni. In quel momento Francesca viene assalita dal dubbio: "sto facendo la cosa giusta??". Forse è stata troppo frettolosa. Forse.
Francesca comincia a sperare che lui le chieda di restare. La convinca a rimanere con lui, a parlarne.
Invece Robert le porta il caffè, si siede e non proferisce parola. Muto.
La rabbia la assale. Vorrebbe quasi picchiarlo. "Possibile che non ha niente da dirmi, da chiedermi??? Possibile che non voglia sapere neanche il perchè??"
E' ora di andare, il treno è in arrivo.
Robert l'accompagna. Ecco il treno.
Francesca si volta, lo fissa per l'ultima volta diritto negli occhi, con rabbia.
Robert non riesce a sostenere il suo sguardo e abbassa il capo.
Le si avvicina, le dà un bacio lieve sulle labbra e le apre la porta del treno.
Francesca sale, chiude la porta e lo guarda ancora. Il capotreno fischia.
Il treno si muove e lei non toglie lo sguardo da Robert, che in quel momento le grida: "TI AMOOOO".
Ma oramai è tardi, Robert, è troppo tardi.
E' inutile, adesso è inutile.
Così come è stata inutile la sua telefonata il giorno dopo con le mille scuse banali che lui ha cercato di trovare: le sue insicurezze, il panico per il passo da compiere, la paura che lei non si potesse ambientare in un paesino...
Tutto inutile. Tutto così finto. A che servono le bugie?
A che serve mentire e non confessare che il vero motivo è un altro?
Il loro amore è finito e poteva non finire, forse, se solo lui avesse avuto il coraggio di dire la verità che le ha confessato solo 3 anni piu' tardi:
Che lui non poteva avere figli. Mentre il sogno di Francesca era di averne?

 
 
 

non sei solo...

Post n°48 pubblicato il 09 Aprile 2008 da ciacii

Sono passati 20 anni.
Erano gli inizi di novembre.
Mi sembra ieri quando, tornata da Zagabria per un viaggio di piacere con la mia amica del cuore, in casa vi ho trovato solo mio padre....
"Dov'è la mamma??" ho chiesto con immenso stupore.
"Dalla nonna, non stava bene, ma non preoccuparti, non è niente di grave" mi ha risposto lui serafico.
Non mi sono posta altre domande. Mio padre è sempre serafico, calmo, tranquillo.
Mia nonna aveva 67 anni ed era in splendida forma. Non poteva essere nulla di grave.
"Ahh, domani alzati presto che devi venire con me..." mi dice mio padre prima di andare a letto.
"Dove dobbiamo andare al 2 di novembre? A lavorare?" chiedo io.
"Sì, da un cliente" risponde.
"OK, svegliami tu alle 7 per favore".
Vado a letto, ancora col lo strascico della gioia, dell'euforia dei 4 giorni passati a Zagabria con amici.
Sono serena, il mondo mi sembra piu' bello, nonostante la stanchezza del viaggio, la nebbia e la pioggerellina fine, che non ci da' tregua da diversi giorni.
A 21 anni sì è giovani. Il futuro appare sempre lontano, non ci si accorge del tempo che scorre.
Non ci si pensa. Di tempo ne si ha tanto, per fare tutto quando ci pare e piace.
Ho sempre avuto tanti desideri, sogni, facevo progetti per il futuro, ma con la consapevolezza che non dovevo farlo per forza subito. Il subito esisteva solo per cio' che desideravo fare ottenere in quel preciso momento. Son cresciuta in una famiglia fantastica, che mi ha sempre dato tanto amore.
Tante cure. Tante attenzioni. Non ho mai desiderato altro.
Loro c'erano, sempre. Con queste certezze nel cuore, ho cercato sempre di non accontentarmi di briciole di amore del primo uomo incontrato. Ho sempre scelto, scremato, valutato e poi deciso.
Serenamente. Non avevo bisogno di niente in particolare. Gli affetti che avevo per me erano il massimo.
Per te non è stato cosi', piccolo mio.
A 4 anni sei stato messo a dura prova dalla vita e a 19 anni ancora una volta hai dovuto affrontare un'altra durissima prova. In più con tuo fratello non vai d'accordo da anni, non avete rapporti.
Ti ho perso quel giorno ai primi di novembre, di 20 anni fa.
Ti ho ritrovato a 19 anni, 4 anni fa. Tua madre se lo sentiva che non stava bene e voleva affidarti proprio a me e alla mia famiglia, alla quale ti ha strappato con violenza 15 anni prima.
15 anni di rancori, di rimorsi, di incertezze, di sofferenze.
Poi una telefonata. Poi l'incontro. Non volevi vedermi.
Eri pieno di rabbia. Avevi ragione. Ci siamo arresi davanti agli ostacoli posti da tua madre.
Non abbiamo lottato a sufficienza, forse.
Poi, ci siamo conosciuti, scoperti, trovati e ritrovati.
Un mese dopo il nostro incontro, tua madre ti ha abbandonato. Tu e tuo fratello l'avete trovata addormentata per sempre nel letto.
Aveva 48 anni. Non mi hai mai voluto dire la causa della morte. Non ne abbiamo mai parlato.
Ti faceva troppo male e non volevi piangere davanti a me. Tu sei forte, indipendente e tanto responsabile.
Anche fisicamente sei un ragazzo davvero splendido. Alto quasi due metri, scuro di capelli e gli occhi azzurri.
Hai tante ragazzine che ti corteggiano. Ma tu hai la tua ragazza, di 3 anni piu' grande di te. La classica brava ragazza molto pacata, educata e con un forte senso materno.
Quando ci siamo visti, un mese dopo la scomparsa di tua mamma, siamo andati a casa di mio fratello e abbiamo passato la serata in spensieratezza. Tipico della mia famiglia fare finta che... tutto va bene.
Hai voluto solo parlare dello sport - il tuo lavoro -, dei tuoi amici, della tua fidanzata.
Ti ho osservato tutta la sera. Cercavo di leggere nel tuo cuore, nella tua anima.
Ci vedevo tanto dolore.
Non lasciavi trasparire nulla. Non volevi piangere davanti a me.
E così quella sera ridevi sempre. La tua ironia era ed è travolgente, esagerata, pungente e a tratti devastante come quella di tuo padre, mio zio. Da piccola mi faceva piangere da tanto che era spietato nel prendermi in giro.
Ci siamo fermati lì a dormire, da mio fratello. Non hai voluto dormire nella stanzetta da solo.
Hai chiesto di dormire nel lettòne con me.
Ti sei spogliato con naturalezza, senza vergogna e ti sei infilato il pigiama.
Abbiamo chiacchierato per quasi due ore seduti sul letto. Mi ha chiesto di raccontarti chi era tuo padre.
Avevi solo 4 anni quando ha lasciato parte del suo cervello in autostrada sul cartello "fine Marche/Inizio Abruzzo". Era fine ottobre e c'era quella pioggerellina fine. Guidava veloce, come sempre. Tua madre non si è fatta niente, per fortuna.
Di lui, tu conoscevi solo le parole, i sentimenti, le emozioni che ti ha tramandato tua madre.
Quella nostra chiacchierata per te era importante. E anche per me.
Mi son sentita parte di te. Il tuo passato. La tua memoria. Responsabile del tuo futuro.
Ci sono delle verità però che non ho potuto raccontarti, perchè avrei dovuto anche dire "chi" erano in realtà tuo padre e tua madre. Cosa avevano fatto e detto.
Il vero motivo della mia latitanza per ben 15 anni.
Il tuo ricordo di lei si deve limitare a cio' che tu hai vissuto in prima persona con lei.
E l'immagine che hai nel cuore di tuo padre deve restare cosi' come ti è stato dipinto da tua madre.
Mi son limitata a raccontarti degli episodi divertenti, che riguardavano la mia famiglia e delle situazioni vissute insieme a mio zio.
Che strana la vita.
Io a 20 anni non avevo problemi. Non dovevo preoccuparmi di elemosinare amore, affetto.
Non avevo conosciuto la crudeltà della vita. Non fino a quel punto.
Lui aveva già vissuto quanto di più orribile possa capitare: rimanere soli al mondo, senza genitori e con un fratello "inesistente".
E sentirsi impotenti davanti al destino.
Dormiamo?
Abbiamo spento la luce. Ci siamo infilati sotto il piumone. Mi son girata sul fianco e ho sentito la tua grande mano che si posava delicatamente sulla mia spalla. Ho sentito che ti avvicinavi.
Mi hai sussurrato nell'orecchio: "Anto, posso abbracciarti forte...?"
Era la voce del cuore di un bimbo, che si trova solo al mondo, supplicare briciole di amore.
Un uomo, ancora bimbo che ha bisogno del calore di un abbraccio materno.
Quell'abbraccio che gli è stato strappato prematuramente.
E che cerca nella sua giovane fidanzata... ma che non avrà mai. Non sarà mai come quello della sua mamma.
Hai passato tutta la notte a stringermi forte e ad accarezzarmi il braccio. Quando mi giravo, cercavi la mia mano. Non mi hai lasciata un attimo.
Ti ho sentito piangere.
Per una notte sono stata la sua mamma.
Il calore che ti ha scaldato il cuore.
La certezza di non essere solo al mondo.
Anche se non ci sentiamo di frequente. Anche se ci vediamo raramente.
Anche se le nostre vite percorrono strade diverse.
Tu lo sai che non sei solo.
 
 

 
 
 

tu come il vento

Post n°47 pubblicato il 09 Aprile 2008 da ciacii

Le finestre aperte e io sono distesa sul mio letto aspettando di addormentarmi.
E' una notte chiara, illuminata dalla luna e nel delicato silenzio riesco a riconoscere in lontananza battiti di cuori colmi di passione. Mi sto lasciando cullare dai suoni delle dolci parole sussurrate dagli amanti, che giungono lievi alle mie orecchie.
Quando, sei arrivato tu. Inaspettato.
Sei entrato in punta dei piedi, leggero, fresco come il profumo delicato dei fiori appena sbocciati.
Ora i tuoi soffi si son fatti piu' intensi, li sento sfiorare la mia pelle e brividi di piacere percorrevano il mio corpo nudo.
Ti insinui con leggerezza nei miei capelli, scompigliandoli un po'. Una ciocca si posa sulla mia bocca, solleticando le labbra rosse, calde, asciutte che bramano le tue per unirsi in un dolce, gustoso bacio.
Istintivamente schiudo le gambe, inarcando leggermente la schiena e ti sento scendere ad accarezzarmi l'intimità.
Il tuo tocco sapiente e delicato di esperto amante fa vibrare il mio corpo e gemere di piacere.
Apro gli occhi lentamente e mi accorgo di essere sotto il piumone da sola.
Era un sogno.
Eppure ho ancora sulla bocca il sapore delle tue labbra morbide e carnose.
Il mio ventre continua a pulsare e penso a quanto sarebbe stato bello se fosse stavo vero.
Sorrido. Mi vergogno di me stessa per aver fatto un sogno tanto ardito, di averti desiderato e di aver goduto di te, a tua insaputa.
"E' stato il vento", penso. Mi sento di dover liberare la coscienza da questo senso di colpa.
Mi manchi, amico mio.
Tu sei come il vento. Sei entrato nella mia vita come un tornado, mi hai portato gioia, risate di gusto,
angosce e tristezza. Mi hai travolta e sconvolta.
I tuoi forti soffi, come dei lunghi tentacoli, mi hanno rapita e portata da te, bambino in cerca di coccole innocenti.
Ora, travestito da cattivo ragazzo, con grandi buffi, poco alla volta mi hai allontanata.
Come il vento sei capriccioso, incostante e irregolare.
La tua forza è dirompente se lasciata libera, senza controllo...
Ed è proprio in quei momenti che esce la tua maliziosa bellezza, il tuo indiscutibile fascino, la tua grande intelligenza e la tua voglia di costruire, di creare.
Poi la forza cala e le tue fragilità prendono il sopravvento.
Inizi a distruggere tutto senza ritegno, cercando persino di cancellarne le tracce, di mascherare le tue debolezze dietro una precisa volontà di tener appositamente lontano tutti e tutto.
Mi manchi, amico mio.
Io sono un vulcano, lo so.
Il fuoco brucia, scotta fa male.
Ma il fuoco dà calore, se amico, puo' riscaldare il cuore di un giovane vento freddo.
E tu, amico mio, puoi aiutare me, vulcano, a spazzare quella nube tossica che mi accompagna da sempre, da un eternità.
Due forze della natura che possono essere amici complici, complementari.
Ma mai nemici.
 
Io sono qui e adesso vieni a prendermi
io sono qui e stringimi,
vento sì gelido

 
 
 

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...

Ti guardo con il mio desiderio
mentre dormi serena.
Senza svegliarti vorrei

odorare il profumo dei tuoi capelli,
lambire il candore dei tuoi seni,

passare la mia mano

nel tepore tra le tue gambe.

No, non svegliarti, ti prego!

Come potrei altrimenti,

confessarti che mi perdo

nella voglia di te?

Come potrei osare,

con le mie labbra sulle tue,

dirti che ti amo?

(Guidopardo1)

 

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Sulla tua pelle morbida
scivolano le mie parole
e come gocce stillano sul tuo seno.
La mie labbra vogliose
lambiscono il tuo ventre.

Le mie dita come ali

sfiorano le tue fragranti cosce.

Riveli a me ogni tuo mistero
finalmente aperta e indulgente.
Ti osservo intimorito:
tanta disponibilità

potrei ferirla con l’egoismo.
Ed io non voglio.

(Guidopardo1)

 

PICCOLA STELLA SENZA CIELO

Cosa ci fai
in mezzo a tutta
questa gente?
Sei tu che vuoi o
in fin dei conti non
ti frega niente?
Tanti ti cercano
spiazzati da una luce
senza futuro
altri si allungano
vorrebbero tenerti
nel loro buio.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

Tieniti su,
le altre stelle
son disposte
solo che tu a volte
credi che non basti
forse capiterà
che ti si chiuderanno
gli occhi ancora
o soltanto sarà
una parentesi
di una mezz'ora.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

(Liga)

 
 
 

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