Creato da siupostar il 15/02/2008
I teorici del nazismo sostenevano che piu' fai cose assurde piu' il popolo ti segue. Si trattava solo di avere scorte economiche sufficienti per sopravvivere ai disastri combinati... ...ma hanno fatto la fine che li aspettava. Just because there's a reason It doesn't mean it's understood: se c'e' una ragione non significa che sia sottintesa. "Doesn't Make It Alright" (Jerry Dammers, Dave Goldberg) ...qui sotto puoi vedere le poche idee di Francesco Salzano su attualità politica trasporti sport musica

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Pubblico questo articolo di Repubblica con l'invito a fare tutti tanto rumore.

Post n°40 pubblicato il 14 Ottobre 2008 da siupostar

La confidenza di un pentito di camorra alla procura di Napoli
"Gomorra ha fatto troppo rumore". Al vaglio nuove forme di tutela
"I Casalesi prima di Natale
uccideranno Saviano e la scorta"

di ANGELO CAROTENUTO e CONCHITA SANNINONAPOLI -
Hanno stabilito una data, come stessero scrivendo il loro "romanzo"
nero dei conti da regolare. Stavolta i padrini che dirigono il gruppo
stragista del clan dei casalesi avrebbero deciso persino un termine per
distruggere la vita di Roberto Saviano. Ed è la prima volta che affiora
una dead line. "Entro dicembre morirà", racconta un ex criminale ormai
diventato collaboratore di giustizia da oltre un decennio.

 
I casalesi stavolta
tirano in ballo anche la sua scorta, i sette carabinieri che sono il
suo scudo e i suoi amici, la sua ombra e la sua compagnia. "Succederà entro la fine di dicembre. Quel libro ha fatto troppo
clamore", aggiunge il superpentito dei casalesi. Si tratta di un
personaggio che da tempo, come ovvio, risulta estraneo agli affari
criminali, e tuttavia è radicato in quei luoghi d'origine e considerato
troppo attendibile per non far sospettare che abbia colto voci
convergenti dalla sua Casal di Principe, nel cuore della provincia di
Caserta, devastata dal disegno stragista di questi mesi, con 15 morti
innocenti in poco più di cinque mesi.
Il clan del terrore alza
dunque il tiro sullo scrittore-simbolo di Gomorra. Ma lui, sorriso
sghembo di sempre, finge normalità. "Che dovrei fare? Continua tutto
come prima. Non ho mica altra strada che resistere, resistere,
resistere". Poco dopo, a chi lo strattona, risponde ironico: "Una cosa
mi hanno insegnato questi due anni passati in solitudine: cucino,
elaboro ricette; ehi, sto diventando un cuoco". Fuori dal suo itinerante covo protetto, l'ultima minaccia contro
Roberto Saviano è ritenuta "attendibile". Sono in corso ulteriori
accertamenti, è stata registrata nelle ultime ore agli atti della
Direzione distrettuale antimafia della Procura di Napoli. È un foglio
datato 1 ottobre 2008. Venti righe. E si riferisce a un incontro
avvenuto tre giorni prima. Quelle venti righe che
continuano a sbarrare la fiducia in una vita normale, per il giovane
autore diventato emblema della lotta alle mafie, alle collusioni e
all'omertà dei territori che piegano la testa. In gergo giudiziario si
chiama "annotazione".

Quattro righe, a metà foglio, riportano
fedelmente la confidenza che il superpentito della cosca mafiosa dei
casalesi ha affidato, a fine settembre, ad un funzionario dello Stato,
che ha poi riferito tutto alla polizia. Un incontro non casuale, ma
dettato probabilmente da motivi di vecchia consuetudine. Forse i due si
sono fermati a parlare intorno a un caffè; forse a cena. Durante quel
colloquio, il pentito dei casalesi, uno dei primi a collaborare con lo
Stato, già imparentato con le famiglie più in vista del gotha
criminale, spiega di aver saputo che a ridosso di Natale scatterà la
tragica vendetta contro lo scrittore. Perché? "Troppo caos ha provocato
quel libro, un fenomeno", spiegherà a voce la persona che assume le
informazioni dal pentito. Nella trascrizione l'alto esponente della polizia, da Milano, scrive:
"Quest'ultimo (il pentito dei casalesi, ndr) avrebbe riferito (al
funzionario) che entro fine dicembre il famoso scrittore del libro
Gomorra, Saviano Roberto, sarebbe stato ucciso insieme alla sua scorta,
in quanto con il suo libro aveva fatto troppo clamore". La segnalazione
investe subito i vertici della polizia e del Comando generale
dell'Arma. Si restringono ulteriormente le maglie della protezione:
cautela massima, non c'è spazio per minimi cedimenti all'impenetrabile
rete dei controlli e delle bonifiche previste a ogni spostamento di
Saviano. C'è chi, dai massimi livelli delle forze dell'ordine, valuta
anche la necessità di misure radicali: non ultima quella di prevedere
un temporaneo trasferimento all'estero. Franco Roberti, il
procuratore aggiunto antimafia, non entra nel merito della vicenda ma
ribadisce: "Sappiamo da tempo che lo scrittore Saviano è esposto, le
misure di protezione intorno alla sua persona saranno le più adeguate".
Ma nessuno può escludere, rispetto all'eco dettagliato di questa
presunta sentenza di morte - "entro dicembre, con la scorta" -
eventuali collegamenti con l'agghiacciante scenario di vendetta che
emerge dopo i blitz messi a segno da polizia e carabinieri, in Terra di
Lavoro, con il pool esperto di casalesi della Dda di Napoli. Più circostanze giustificano la massima allerta degli inquirenti
Quell'incontro tra il superpentito e il suo ospite risale al 27
settembre scorso. Cioè: nove giorni dopo i 7 morti innocenti (prima
Antonio Celiento, ammazzato perché un confidente di polizia; poi i sei
ghanesi massacrati nella sartoria); e tre giorni prima che lo Stato
assestasse un colpo di maglio al gruppo stragista, con la cattura di
tre dei suoi più fidati killer, Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia e
Oreste Spagnuolo, e il sequestro di uno spaventoso arsenale - 11 armi,
tra cui un kalashnikov. Proprio Spagnuolo il 6 settembre decide di
collaborare con lo Stato. Il 7 racconta un dettaglio che oggi,
collegato alla minaccia indirizzata a Saviano, mette i brividi. Setola
infatti, il superlatitante in fuga, il killer ritenuto ideatore (con
placet del boss Bidognetti) della sequenza di omicidi e terrore contro
imprenditori coraggiosi e parenti di pentiti, da alcune settimane "era
a caccia di un detonatore con un telecomando". Lo racconta il
neopentito Spagnuolo. "Setola mi ha parlato del fatto che cercava di
procurarsi un detonatore con telecomando. Diceva che era un modo facile
per uccidere", ha precisato. Roberto Saviano oggi ripete: "Non cambia niente, l'importante è tenere
la testa sollevata". È la stessa cosa che ripetè, il 17 settembre del
2007, in piazza a Casal di Principe, l'ultima sua apparizione in una
piazza: "Ragazzi, non fatevi strappare il diritto alla felicità".
Forse, lo stava dicendo anche a se stesso.





(14 ottobre 2008)

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