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ANALISI VIBRAZIONALE

Post n°10 pubblicato il 13 Agosto 2008 da cidib
 

IL CAMPO PRIMARIO

   Il soggetto da testare sviluppa un determinato campo bioenergetico nel quale avvengono e sono avvenute tutta una serie di manifestazioni, fra le quali anche alcune “patologiche” di cui non sempre è consapevole. Avere coscienza vuol dire anche attivare certe aree cerebrali, come nel caso in cui un pensiero specifico attiva una particolare area cerebrale che, a sua volta, è in stretta relazione riflessologica con alcuni tessuti specifici, un organo, una emozione, ecc. Queste attivazioni possono essere misurate con l’elettroencefalogramma. Esse creano un “campo mentale” spiegabile dal punto di vista fisico, perché dove c’è un flusso elettromagnetico c’è anche un campo, che possiede l’energia in grado di superare i limiti del corpo fisico divenendo misurabile strumentalmente.

 

   Ma come avere un approccio diretto, diagnostico capace di farci individuare quali sono i veri problemi? Per questo è necessario decodificare il riconoscimento del campo.

   L’esperienza ci dimostra che questa decodificazione può avvenire per mezzo della risonanza con altri campi.  Ciò significa che se c’è un altro campo il cui contenuto è conosciuto, che può andare in risonanza con il primo, esso potrà servire come strumento per decodificare i significati del campo primario. [1]

·        [1] - libera rielaborazione di uno studio della Biomed srl - An

 IL CAMPO DI DECODIFICAZIONE

   Uno dei più importanti presupposti empiricamente riscontrati nei tests bioenergetici e kinesiologici è che questi sono possibili solo se è presente un tester in grado di produrre un campo di decodificazione con risonanze corrispondenti. Solo un secondo organismo umano coinvolto nel test con la stessa intensità del paziente da testare ed in “sintonia” con questi, pare essere in grado di produrre campi biologicamente e bioenergeticamente equivalenti, che hanno qualità di risonanza importanti (campo di decodificazione specifico).

 

   L’impiego di impulsi elettromagnetici (“digitalizzazione” di sostanze, nosodi, ecc. in diluizione omeopatica), fiale test omeopatiche, simboli grafici, segni alfa-numerici (algoritmici) nel procedimento del test, meccanismi di integrazione del test stesso, permette con una astrazione analogica, una elaborazione più veloce della interrelazione dei contenuti del campo.

   Appoggiando sul paziente una fiala test allopatica o omeopatica, eseguendo una localizzazione kinesiologica, eseguendo un “mudra”, visualizzando sentimenti, pensieri, ricordi, alimenti, oggetti, ecc. è possibile, nella pratica, impregnare il campo primario del paziente in modo tale da creare una risonanza specifica capace di fornire chiare indicazioni diagnostiche.

   Le spiegazioni più plausibili a tali fenomeni sono sostanzialmente di due tipi: la prima fa riferimento alla capacità innata dell’organismo del paziente (“saggezza intuitiva”) di riconoscere ciò con cui è in sintonia e ciò che non lo è; la seconda vede nel tester l’artefice di tale scoperta.

   Il fatto che, come è noto, testers diversi abbiano spesso risultati differenti con lo stesso soggetto, pur considerando l’intervento di diversi eventuali campi di disturbo nei tests successivi, deporrebbe per la seconda ipotesi. Eccezioni fortuite non sono la prova di una oggettività di questi metodi bioenergetici (Kinesiologia applicata, Vega test, Eav, ecc.), ma solo un segno del fatto che due persone diverse sono in grado di servirsi di “campi di decodificazione” (convenzioni psico-fisiche) strutturati in modo simile (questo è particolarmente frequente, ad esempio, nelle prove pratiche effettuate durante i seminari ed i corsi di insegnamento di tali tecniche, in cui più operatori diversi ottengono spesso risposte uguali).

   L’ipotesi più attendibile sembrerebbe quella secondo la quale qualsiasi localizzazione kinesiologica, mudra, fiala test o altro strumento usato con il paziente, permetta al tester di autospecificare sempre il campo di decodificazione mediante apposite “convenzioni mentali”. Il tester “sa”, nel momento in cui impiega una delle tecniche diagnostiche bioenergetiche quale è il parametro di riferimento per individuare la risposta più consona. Questo attiva naturalmente aree cerebrali specifiche del tester, e crea un “campo mentale” (risultante di più circuiti neuronali attivi) che si sovrappone e si integra al campo primario del paziente; diventa, così, una sorta di “filtro” attraverso cui poter rapportare e interpretare correttamente i segnali ricevuti di risposta.

 INTERAZIONE TRA CAMPO PRIMARIO E CAMPO DI DECODIFICAZIONE

   Se il “campo primario” cioè il campo energetico del paziente, ed il “campo di decodificazione”, cioè quello del tester, con l’aiuto delle fiale test o del campo dei pensieri generato dal “mudra” o altra tecnica, corrispondono, si crea una risonanza, una corrispondenza del contenuto del “campo primario e del campo di decodificazione” assieme, che porta ad un “collasso” o ad una abolizione per qualche secondo del “campo primario”, per un fenomeno di “eliminazione” (disattivazione momentanea delle barriere inconsce di protezione dai possibili campi di disturbo esterni).

 

   Questo implica la risposta immediata sensoriale del test bioenergetico sotto forma di modificazione della resistenza cutanea sugli agopunti (Vega Test, Eav, ecc.) o la modificazione dei riflessi muscolari (kinesiologia), ecc.

   Con la ricerca del mezzo terapeutico più efficace (rappresentato ad esempio dalla fiala test di un farmaco omeopatico) si ottiene, quindi, la compensazione del deficit (disorder energetico) prima evidenziato in fase diagnostica: la risonanza di campo neutralizza il “campo di disturbo” relativo al problema evidenziato e il riflesso o il potenziale elettrico dell’agopunto ritorna nella sua situazione iniziale di normalità. In altri termini, si individua il processo che “formatta” il campo di decodificazione, che corrisponde, nel suo contenuto, al riconoscimento del campo primario: ad es. si scopre che “arnica 5 CH” è il rimedio per un dolore articolare.

   Pertanto, le condizioni indispensabili alla buona riuscita del Test risultano:

   -  esserci la compresenza del soggetto e del tester in grado di generare un “campo di decodificazione” di risonanza;

  -   essere vicini al paziente da testare o, ancora meglio, essergli “connesso” mediante contatto fisico (toccandogli la mano, ad es.) o strumentale (manipolo o elettrodo di un apparecchio bioelettrico);

   -  avere una tecnica specifica con la quale il linguaggio dell’inconscio, cioè le reazioni involontarie al test (variazioni elettriche degli agopunti, della traspirazione cutanea, dei riflessi muscolari e così via), possa essere stimolato e interpretato;

   -  avere una tecnica specifica con la quale possa essere definita la conoscenza sia del campo primario che del campo di decodificazione (fiale test, localizzazioni kinesiologiche, mudra, ecc.).

 INDUZIONE DI UN CAMPO DI DECODIFICAZIONE

   Ma come può essere indotto un tale campo di decodificazione in maniera ottimale?

 

   Si è constatato che la creazione di un rapporto empatico fra l’operatore ed il soggetto, messo a suo agio e tranquillizzato mediante un pacato approccio verbale e, a volte, con l’ausilio di alcuni mezzi di supporto (esercizi di respirazione, musicoterapia, stimolazioni riflessologiche, ecc.) è enormemente propedeutico alla buona riuscita del test: il paziente lascia momentaneamente cadere la reticenza, la sfiducia ed i blocchi energetici, quasi sempre inconsci, aprendo nuovi canali non verbali di dialogo che sviluppano un nuovo campo, frutto dell’interazione dinamica dei due campi con quello ambientale nel quale entrambi operano in quel momento (ecco l’importanza di ambienti confortevoli privi di fonti di disturbo elettromagnetico, geopatico, cromatico, ecc.).  Tale campo è strettamente proporzionale al campo di decodificazione generato dal tester e ne rappresenta una misura sia come potenza che come precisione della conoscenza, in grado di influenzare la qualità del test.   Un tale campo, in realtà, sembra essere “attivato” dallo stesso tester attraverso la focalizzazione ottenuta attraverso gli strumenti di bioelettronica, le fiale test, i rimedi “digitalizzati”, ecc. Un campo del genere sembra avere molti punti in comune con quello ipotizzato dal biologo inglese Rupert Sheldrake, il campo morfico.

 
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