Creato da Heidegger79 il 21/07/2009

CINEMA E LIBRI

qualche suggerimento su film e libri

 

 

VENEZIA 67 - BLACK SWAN

Post n°125 pubblicato il 01 Settembre 2010 da Heidegger79

Se avevo una sicurezza prima di vedere Black Swan, era la mancanza di certezze su questa pellicola. Fosse stata notevole, non mi sarei certo sorpreso, considerando quanto mi era piaciuto l'ultimo lavoro di Aronofsky, The Wrestler. Fosse stata orribile, mi sarei detto che con una storia del genere, il rischio di brutti scivoloni c'era. Insomma, le possibilità erano decisamente variegate. Black Swan non è certo un film perfetto, anzi è pieno di imperfezioni. Ma sono imperfezioni che non mi dispiacciono per niente, perché sono frutto dei rischi presi dal suo regista. Certo, di momenti che non funzionano ce ne sono diversi, ma non si scade mai completamente e a lungo nel ridicolo involontario (no, non è proprio il nuovo Showgirls, per fortuna).
Sarà facile dire che non si tratta di un film totalmente originale e che i modelli presi (Eva contro Eva su tutti) siano dei classici non facili con cui confrontarsi. Ma come capitava con
The Wrestler, a essere originale e soprattutto forte è il modo di raccontare questa storia. E' la credibilità nei minimi particolari a rendere Black Swan un film a cui attaccarsi e da difendere dalle critiche che arriveranno (a sentire certi "buuh" in sala, non saranno poche). Il modo in cui viene analizzata la routine dei ballerini è ammirevole, così come il coraggio nel mostrare il loro lato oscuro, fatto di corpi martoriati e di ferite continue non facili da osservare e che sconvolgono anche più di quelle di Mickey Rourke (anche perché il balletto, a differenza del wrestling, dovrebbe essere l'apoteosi della grazia). E poi, che dire dell'ottimo lavoro di regia di Aronofsky? Il fatto di seguire costantemente i suoi protagonisti e di rendere una sorta di balletto ogni scena è notevolissimo, con una camera a mano che non stanca mai ma ci fa vivere con i personaggi del film. Momenti supremi però sono quelli del balletto vero e proprio, all'inizio e alla fine, che sono assolutamente degni di essere paragonati al lavoro di Powell e Pressburger su Scarpette Rosse.
Ovviamente, Aronofsky conferma ancora una volta di essere un ottimo regista di attori. A meno che il film non venga massacrato, mi aspetto che la Portman venga nominata all'Oscar, perché la sua trasformazione è proprio incredibile e impressionante. E se la Kunis è al servizio della storia senza brillare troppo, le poche scene della Ryder sono da inserire nei momenti migliori della carriera di questa attrice. Anche Cassel, che ha una parte ingrata, se la cava benino e riesce a non strafare come temevo. Buona anche la prova di Barbara Hershey, capace di dar vita assieme alla Portman di momenti molto tesi.
Infine, per i grandi fan di Clint Mansell come me, il Maestro non delude neanche questa volta, riuscendo a utilizzare benissimo e in chiave moderna le musiche del Lago dei Cigni, aiutato da un ottimo lavoro sul sonoro. Peccato solo qualche scena volutamente eccessiva. Ma, come detto, meglio chi sbaglia perché osa di chi fa i compitini svogliati...

 
 
 

L'UOMO FIAMMIFERO

Post n°124 pubblicato il 29 Agosto 2010 da Heidegger79

Ero molto curioso l’altra sera quando ho avuto la possibilità di partecipare alla proiezione di questa opera prima, nominata ai David di Donatello, a una rassegna cinematografica a Roma, con relativo dibattito dopo la proiezione moderato da Nanni Moretti. Pellicola a due facce, questa. L'uomo fiammiferoDa una parte, un talento visivo assolutamente notevole e poco comune nel panorama nostrano. Nonostante un’evidente mancanza di mezzi, le idee sono tante e molte deliziose. Pensate (anche se i paragoni in questi casi sono sempre complicati) a un misto tra il Richard Lester più spensierato, il primo Jean-Pierre Jeunet (quello che lavorava con Caro) e magari un pizzico di Svankmajer nelle parti di animazione. Dove però il lavoro di Marco Chiarini torna purtroppo nella media italica, è nella storia. Come spesso capita a un certo cinema d’autore, non si capisce bene dove si voglia andare a parare. Film di formazione? Fiaba delicata e visionaria? Rapporto padre-figlio? O storia del primo amore? La carne al fuoco è tanta, purtroppo non sempre gestita perfettamente. Peccato anche per il doppiaggio, a tratti decisamente poco convincente. Comunque, un nome da tenere d’occhio… P.S. Fenomeno interessante durante il dibattito: fa le domande Moretti, tutti fermi sulle loro poltrone; appena dà la parola al pubblico, la gente scappa…

 
 
 

UN DESTINO PARALLELO

Post n°123 pubblicato il 28 Agosto 2010 da Heidegger79

Appassionante e scorrevole, Un destino parallelo è una grande introduzione alla fede professata da più di un miliardo di esseri umani. Con una prosa colloquiale e un senso acuto per la scelta di aneddoti rivelatori, Tamim Ansary ci guida attraverso quasi 1.500 anni di storia islamica, dalla rivelazione del Corano e la vita delle prime comunità musulmane fino agli inizi del ventunesimo secolo. La storia del mondo, scrive Ansary, non è una lista cronologica di tutte le cose che capitano: è l’arco che conta. Grazie a una comprensione di questo arco, l’autore condensa quindici secoli di storia in cinquecento pagine. Sebbene il libro sia principalmente una storia politica, Ansary descrive bene anche i cambiamenti sociali e culturali che hanno dato forma alla civiltà islamica. E lo stile confidenziale non toglie nulla alle credenziali storiche dell’autore. L’idea più rivoluzionaria è quella alla base del libro: come offrire una versione alternativa della storia mondiale, attraverso il punto di vista dell’islam. Ne risulta ben più di una litania di eventi passati. È anche una guida indispensabile per capire i conflitti di oggi.

 
 
 

THE AMERICAN

Post n°122 pubblicato il 27 Agosto 2010 da Heidegger79

C'era di che essere sospettosi di fronte alla visione di The American. Veniva infatti naturale chiedersi come mai un titolo americano così atteso, con una star in grado di attirare l'attenzione di pubblico e critica, non sia stato selezionato al Festival di Venezia. Decisamente non era un buon segno, anche se non è detto che le scelte al Lido debbano sempre essere perfette.
In realtà, The American non è un film orrendo e/o invedibile. Semplicemente, è una pellicola decisamente noiosa e poco appassionante. La descrizione più semplice che mi verrebbe da fare è Antonioni che gira un thriller. La prima scena è la migliore del film, per come ribalta certe aspettative e mette il protagonista di fronte a una scelta difficile. Peccato che, da quel momento in poi, sia praticamente impossibile provare un minimo di empatia per il personaggio di George Clooney, che durante l'intero film non verrà (volutamente) approfondito.
Ma la freddezza la fa da padrone anche per tutti gli altri, a cominciare dalla prostituta dal cuore d'oro Violante Placido (un'abruzzese che parla bene inglese e senza traccia di inflessioni dialettali, che peraltro va a vedere al cinema film americani in lingua originale... nei paesini abruzzesi?), il cui rapporto con George Clooney è quanto mai bislacco e poco credibile. Ma anche il prete ficcanaso che nasconde qualcosa non è certo un mostro di efficacia, mentre sembra sempre sul punto di virare verso la macchietta (cosa che succede, non per colpa sua, nel finale).
The AmericanVa detto che, almeno, ci viene risparmiato buona parte del folclore sull'Italia che vediamo spesso nelle pellicole americane in visita da noi, a parte qualche momento straniante che non convince proprio e soprattutto l'idea che nessuno indaghi su morti violente (sottinteso, tanto la legge in Italia non esiste). Il problema è che il resto sa già di stravisto (tanto da farti pensare, chissà perché, che stai assistendo a un remake), dal killer che si deve nascondere a tante altre piccole cose, senza che ci siano dei guizzi capaci di risollevare la piattezza della vicenda. Certo, quando la maggiore scena d'azione è un inseguimento assurdo, non è il caso di chiedere il bis.
In effetti, il maggiore brivido che si prova durante tutta la pellicola dipende da un 'Buu!' con l'audio a palla, mentre per il resto si prosegue avvertendo un interesse quasi nullo nei confronti di questa vicenda. 'Merito' anche del modo in cui Anton Corbijn mantiene slegate le scene, con momenti francamente inutili, se non per farci capire l'isolamento del protagonista (ma alla sesta volta non dovrebbero esserci dubbi). E francamente, con quell'ambientazione, non sarebbe stato difficilissimo provocare qualche brivido in più (ma con quella fotografia, soprattutto di notte, magari non c'era proprio intenzione di farlo).
Insomma, in attesa di vedere se il
Festival di Venezia ha scelto bene i titoli in cartellone, per ora non è il caso di rammaricarsi della pellicola che ha scartato... 

 
 
 

UNA COMMEDIA NOTEVOLE

Post n°121 pubblicato il 26 Agosto 2010 da Heidegger79

Ottimi attori, uno script accattivante e delle scene grottesche. Eppure, il film non ha funzionato al botteghino come sperato. Si tratta di Hot Tub Time Machine. Ogni tanto, è difficile capire perché un film ha successo e un altro simile molto meno. Prendiamo il caso di Una notte da leoni e di Hot Tube Time Machine, il primo un enorme successo mondiale, il secondo un titolo che probabilmente ha recuperato i soldi spesi solo con i mercati extracinematografici.
Hot Tub Time MachineCerto, Una notte da leoni funziona meglio e ha alcune scene culto, senza considerare dei titoli di coda ormai leggendari. Eppure, la differenza tra questi due titoli non è certo enorme. Allora, cos'è che non ha funzionato con Hot Tub Time Machine?
L'idea magari non è originalissima, visto che sembra di vedere una sorta di remake di Ritorno al futuro (saga citata espressamente in questo film, anche nella conclusione), con una vasca idromassaggio al posto della DeLorean e gli anni ottanta in luogo dei cinquanta. Ma difficile pensare che sia stato questo l'elemento negativo, considerando che tanti grandi trionfi al box office non sono certo dei mostri di innovazione.
Di sicuro, il problema non è la prima mezz'ora, che funziona veramente bene. La presentazione dei personaggi è assolutamente fantastica, con menzione particolare per come ci vengono mostrati i ruoli di Craig Robinson e Rob Corddry, senza ovviamente dimenticare John Cusack, sempre in palla in parti del genere. I dialoghi poi risultano perfetti per le situazioni descritte, come l'incredibile elenco delle cose per cui suicidarsi. L'impressione è così di vedere una pellicola grossolana ma con un cuore enorme, che passa da momenti veramente intimi a situazioni decisamente rozze nel giro di pochi secondi. Insomma, quello che un tempo facevano benissimo i Farrelly, dimenticandosi per fortuna il politically correct. Qui, di sicuro, quello che viene fatto al personaggio di Crispin Glover non si vede spesso nel cinema comico moderno...
Non mancano, evidentemente, le scene culto, come quella in cui i protagonisti si rendono conto di essere tornati negli anni ottanta, tra Ronald Reagan, Alf, i Poison e tante altre 'icone' di quel periodo. O una telefonata surreale, che ha il piccolo problema di essere stata fatta... con 25 anni di anticipo. Così come è adorabile la citazione di Alba rossa, che funziona benissimo anche per descrivere il clima di paranoia di quegli anni.
Tuttavia, è abbastanza chiaro che la parte centrale non funzioni come dovrebbe. Sembra proprio che ci sia stata una certa mancanza di idee da parte degli sceneggiatori, che porta solo ad allungare il brodo, senza creare una vera e propria sostanza. Quello che, a un certo punto, pare proprio non esserci è un senso i malinconia e di amicizia perduta, che dovrebbe poi essere il tema del film, ma che non viene espresso completamente.
Ma il dubbio, comunque, rimane: perché una pellicola gradevole e apparentemente commerciale (nel senso migliore del termine) come Hot Tub Time Machine non ha avuto successo? Come diceva William Goldman, Nobody knows anything...

 
 
 
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