Creato da cingomma il 06/09/2006

cingomma

Lana fuori..Cotone sulla pelle

 

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Post n°182 pubblicato il 14 Febbraio 2009 da cingomma
 

VESNA e MUSTAFA

 

Dopo un intero pomeriggio in casa - è anche venuta la Direttoressa a trovarmi!  prima volta in un anno - alle sette sono uscita per andare al supermercato. Inizialmente nella mattinata avevo in testa di uscire di casa all’ora di pranzo con l’intenzione di sbrigare tanto altro oltre la spesa, azzardando addirittura l’intenzione di spingermi persino all’autolavaggio per alleggerire la macchina da quella patina marroncina che la ricopre come una maschera purificante all’argilla, di quelle che ti dicono di spalmarti in faccia insieme a due fette di cetriolo sugli occhi e magari due cannuccette nel naso per non morire asfissiata col calco solidificato del rigor mortis . La giornata anche se fredda sospingeva verso la vita all’aperto come una mano incalzante alle spalle, con quel deciso sole dal sorriso dorato.  Poi invece tra una cosa, l’altra e la Direttoressa - Bevi un caffè?  Volentieri grazie. Non c’è di che - è finita che quando ho messo piede fuori c’era buio perché il sorriso del sole s’era ormai spento. Niente più entusiasmo né per l’autolavaggio, né per le maschere di bellezza o altro - men che meno per raggiungere la Direttoressa in palestra a fare la ola per sua figlia - solo la necessità di riempire la dispensa.



 


Arrivata al parcheggio del supermercato l’ultimo problema sembra essere un buco dove mettere l’auto. I posti occupati sono meno delle mie dieci dita. M’infilo proprio nello spazio che a memoria solitamente impegna Mustafa con la sua clio. Davanti alla vetrata. Dove lui stende i suoi teli coperti da banali oggetti etnici, confezioni d’incenso, piccoli elefantini portasfiga in finto avorio e capi Sgriffati che, come lui stesso mi dice, sono la sua vera fonte di sostentamento. Moncler, vulric, naic, diengi  …. montagnette di moda contraffatta che va a vestire buona parte degli squattrinati modaioli della zona. Sarò impopolare ma son contenta per Mustafa. E’ da tempo che fa sosta lì e in tutto gli avrò comprato si e no una stecca d’incenso, una pashmina e un portamonete ma ogni volta che mi vede arrivare i suoi occhi vivaci mi salutano ancora prima di spegnere il motore e scendere e, piu tardi, nel riporre la spesa nel baule si scambiano sempre due parole. Non gli fa schifo se spendi qualcosa da lui ma sembra gli bastino anche le chiacchiere. Mustafa in questo periodo dell’anno non c’è. A gennaio parte e sino a primavera inoltrata non si vede piu. Torna nella sua terra. Dalle sue donne. Anche se dice di averne soltanto due. 


E per un Mustafa che va c’è una Vesna che viene. Sta ai piedi delle vetrate all’ingresso seduta su una sedia da campeggio e un bimbo in braccio di un paio d’anni esagerando. Lei non vende niente e non chiacchiera. Semplicemente mendica. Senza nemmeno una gitana divinazione in cambio. Al massimo un tirchio stringato sorriso riconoscente come la volta della cocacola, quella del tonno e quell’altra del cioccolato per il piccolo. Oboli strappati solitamente all’uscita, pescati a caso dai sacchetti della spesa.


 


Scendo dalla macchina e uno schiaffo di aria fredda mi risveglia i sensi intorpiditi dal tepore dell’abitacolo riscaldato. Niente in confronto al freddo dentro di quell’innocente fagotto in balìa del solo timido calore di un incerto abbraccio materno dal basso della solita scomoda sedia a ridosso di una porta scorrevole che di tanto in tanto sbuffa fuori deboli calde carezze intermittenti.  Il bimbo dorme. Lei mi guarda e col suo tipico misurato sorriso mi rivolge la parola. Quando esci dammi qualcosa che ti avanza.  Cosa,ad esempio, le chiedo? Sebbene ultimamente c’è ben poco da avanzare. Quello che tu vuoi. Qualche cosa da mangiare. Entro nel supermercato scorrendo la lista della spesa e pensando a qualcosa di veloce e nutriente per Vesna. Opto per del prosciutto e del pane bianco a fette, chè le michette vista l’ora erano finite. Butto poi nel carrello latte pasta caffè e sciampo, punto verso le casse pago ed esco dove mi aspetta con tutta calma Vesna che ha l’aria di una che non deve andare da nessuna parte. Nemmeno quando sarà ora di chiusura, le luci si spegneranno e anche l’ultima cassiera dalle braccia anchilosate salirà stanca morta sulla sua macchina per guidare verso una calda doccia e recuperare le sue ultime forze probabilmente per una cena a lume di candela in questo sabato sera tradizionalmente riservato alle coppie innamorate o presunte tali.


Consegno a Vesna pane e prosciuto che prontamente butta in un sacchetto mai notato prima  strabordante insospettabile altrui generosità caritatevole. Quando vieni prossima volta portami lenzuola mi dice al posto di un grazie e… anche quelle cose… come si chiamano…  Le federe? Chiedo io. Si quelle, conferma. Va bene.. Vedo cosa posso fare, le rispondo mentre butto il magro bottino sui sedili. Quando vieni? Sabato prossimo? Io qui sabato e mercoledi… Non so quando torno, Vesna. Ma va tranquilla che non mi dimentico, aggiungo. E cmq la carità è come la Pasqua, vorrei dirle, quando arriva arriva.. Ma taccio e lo penso e basta..  … Ciao…   


Salgo in macchina metto in moto e torno verso casa lasciando Vesna e il suo bimbo nel gelido piazzale quasi deserto e con un nostalgico pensiero verso i grandi occhioni africani di Mustafa. Che sorride sempre senza chiedere niente in cambio.

 
 
 
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