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« Grazie a Gori che sa dis...Compromessi e trasformismi »

La pensione rapita..?

Post n°92 pubblicato il 23 Novembre 2017 da claudionegro50
 


Finalmente! Si sentiva la mancanza del richiamo alla lotta, del conflitto sociale, del ruggito delle masse. Sarà anche per il pathos del centenario della Grande Rivoluzione che finalmente la più grande organizzazione del proletariato (la CGIL) ha scelto di rompere la tregua con il Comitato d'Affari della borghesia (il Governo) e chiamare alla lotta, gli oppressi, gli sfruttati, coloro che nulla hanno da perdere se non le proprie catene (ossia i 5 mesi di lavoro in più per andare in pensione).


Tutto questo è legittimo: se sia necessario,opportuno o ridicolo lo dirà il giudizio della gente (non della Storia, perché di questa lotta annunciata tra qualche mese si sarà persa la memoria).

Ma qualche considerazione mi pare necessaria.


Innanzitutto: sembra che si stia parlando della cancellazione di un diritto fondamentale per la vita stessa dei lavoratori. Attenzione: non stiamo parlando di perdere il lavoro, ma di lavorare 5 mesi in più per andare in pensione. Non del diritto alla pensione o del suo ammontare. Senza contare che nella proposta del governo numerose sarebbero le eccezioni, sulla base della gravosità dei lavori svolti. Ma davvero il vulnus è così grave ed insanabile da dover chiamare alla lotta?

E' chiaro che non è così: né i diritti fondamentali né le condizioni di vita sono messe in discussione. A dire le verità trovo difficile comprendere l'accanimento dei sindacati per una questione che ha un impatto concreto del tutto marginale per i lavoratori, e nell'orizzonte di 4-5 anni, per un numero molto limitato di loro. Così come l'affannarsi del Governo ad offrire limature del provvedimento. Abbiamo rischiato una bella guerra per qualche mese avanti e indietro per qualche migliaia di pensionandi. Manco la Secchia Rapita..!

Buffa poi l'argomentazione insinuata, che sa vagamente di scie chimiche, per cui non è attendibile la statistica sull'aspettativa di vita: sembra quasi che sotto sotto alligni una vaga speranza che la speranza di vita diminuisca!

C'è da rallegrarsi che la maggioranza dei Sindacati non abbia spinto fino in fondo il ricatto dello stato di agitazione in pieno periodo elettorale, e che il Governo abbia scelto di non ripetere la capitolazione accettata per i Voucher!


Ma la scelta di lotta della CGIL, è evidentemente non tanto per i 5 mesi e relative limature, quanto per la questione di fondo (il problema è sempre a monte, nella storia culturale della sinistra). La questione di fondo è relativa al fatto che saranno 5 mesi in più nel 2019, ma poi ce ne saranno verosimilmente altri alle successive verifiche statistiche circa l'aspettativa di vita.

Si tratta di un meccanismo finalizzato a tenere in equilibrio entrate contributive e uscite per pensioni: se vivi più a lungo dovrai versare più contributi, quindi lavorare più a lungo, per pagarti una pensione che durerà più tempo. L'alternativa è che i giovani versino più contributi (per pagare la pensione e te, non a loro stessi).

Ma è proprio questo "determinismo" che a molta sinistra ripugna. Il fatto, cioè, che le vicende della previdenza debbano tenere conto più della statistica che della volontà politica; e che pertanto la pensione tenda ad assomigliare più ad un'assicurazione sociale che ad uno strumento di welfare erogato dallo Stato con criteri egualitari e risarcitori.


La CGIL non riesce ad accettare il fatto che se la gente vive di più deve lavorare di più per pagarsi la pensione. Ma se invece diciamo "per avere la pensione" allora entriamo in un ambito in cui la pensione è un risarcimento per il lavoro. E allora è comprensibile che si rivendichi per il "risarcimento" un criterio politico e non oggettivo. Però siccome nessun pasto è gratis, l'indulgenza ai pur comprensibili desideri di chi andrà in pensione nei prossimi anni verrà pagata da qualcun altro. Ma evidentemente è un problema del domani, non dell'oggi ("ci penserò domani: domani è un altro giorno!") E la CGIL si mette a posto la coscienza rivendicando garanzie previdenziali per i giovani per i tempi a venire. Ai quali, par di capire, si garantirà anche il lavoro tramite la sostanziale cancellazione dei contratti a termine e la resurrezione dell'art.18.


Sostiene Folli su Repubblica che questo sussulto insurrezionale ha soprattutto una spiegazione tattica: preparare un terreno comune tra sinistra-sinistra e CGIL in funzione delle elezioni. Certamente sortirà questo effetto, ma testimonia anche di una barriera culturale che divide sempre più in due campi quella che fu la sinistra. E che rende sempre più simile ad un vaniloquio anacronistico parlare di una "sinistra che deve riunificarsi".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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