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Fantastoria (ogni riferimento è casuale)

Post n°392 pubblicato il 04 Giugno 2009 da clodclod

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Fantastoria (ogni riferimento è casuale)

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Don Ciccio , seduto sotto la veranda, il sole e le mosche  sulla pelle,  gli occhi chiusi, stava   immobile e inerte, come nu  murticeddu …

Ma non era catafero, no, non ancora. Un filo di bava gli scinniva da un lato della bocca abbandonata..

E stava a vardari lu film ca scibrisciava dietro le palpebre  abbassate.

Si vedeva  lui stesso medesimo,ancora picciriddu assai, quanno u parrino era u padreterno su questa terra:  a qualsiasi suo ordine si obbediva, fosse ammazzare, riscuotere, minacciare, ed altro. U parrinu potente era, e  manco l’esercito era mai riuscito a  smarazzare  parrini e famiglie. La famiglia era grande e sacra. La parola d’ordine era ‘rispetto’.

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L’addetta all’ufficio-stampa aveva incontrato , nella pausa pranzo,i due parlamentari dell’opposizione: e tutti e tre erano lì per conferire col Governatore della Duma regionale. Belle teste, anni di esperienza e non si sputtanavano mai.

L’aria quel giorno era surriscaldata e non solo per le temperature  superiori alle medie di stagione. C’entrava  il clima politico preelettorale ed altro ancora: troppi gli eventi messi in moto dalla maggioranza  sotto il segno dell’antidemocrazia e dei vantaggi personali, giù giù fino al peculato.  Ne era un esempio il nuovo sistema elettorale e il rafforzarsi del Potere  di un’unica Coalizione.  Fino al pericolo che il Grande Parlamento diventasse un guscio vuoto. E poi il controllo dell’informazione, dell’istruzione  e  della giustizia. Economia agli sgoccioli, bilanci falsati, tutelati gli evasori…

Ed infine  una linea d’azione riesumata o mai morta: quella de “gli infiltrati-siamo-noi-sotto-mentite-spoglie”. Finti scioperanti, finti dissidenti, finti estremisti: nei cortei e nelle piazze seminavano terrore, zizzania e caos, minando la base partecipativa della democrazia, e il diritto alla parola nella diversità…

 .

Don Ciccio era più grandiceddu adesso nel film dei ricordi…

Ma già  s’andavano ammunticchiando i primi segni del cambiamento. Le immagini, che trasivano silenziose dal buio degli occhi chiusi, parlavano di traffici di droga e  sesso,  di rapimenti, ricatti  e  rapine su scala sempre più vasta, di riciclaggio…Tutto  richiedeva protezioni molto in alto,in alto assai, presso gli uomini del potere e del denaro: ed ecco scorrevano scene e sequenze  di minacce e  accordi,  di scambi di favori, di connivenza, di controllo dei voti, dell’acqua, dei rifiuti,degli appalti …Don Ciccio vidiva che mentre  i  tentacoli si allungavano verso la politica  e l’economia,  la Famiglia si era allargata pure issa, fino a rendere sfocati i contorni del suo ricordo… Cioè fino a perdere la sua connotazione antica.

Le guardie del corpo dietro di lui erano immobili,  vigili

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L’incontro durò ben oltre la pausa pranzo. I quattro uscirono che già imbruniva e lasciarono il palazzo ognuno per vie diverse. Con diversi fardelli nella testa e sulle spalle.

L’informazione-bomba sugli uomini di governo sarebbe esplosa a metà settimana, quella successiva alla festa nazionale. La stampa estera era pronta anche lei a fare la sua parte. La verità si intuiva o sospettava, genericamente. Ma vedere l’organigramma della sua estensione e delle prove, nero su bianco,avrebbe fatto  spalancare occhibocca. Uno scandalo rivelatore. Vedere non bastava, tuttavia. L’indignazione doveva essere generale e non brevilinea…, nè fatta solo di parole.

Si doveva agireorganizzare brigate e squadre, arruolare staffette, affidare i ruoli e ipotizzare le azioni  dei combattenti , dare il via all’ uso delle armi e dei nuovi modelli di lanciafiamme.

Solo così si poteva estirpare il male alla radice e sperare di cancellarne la capillare ragnatela .

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Don Ciccio aprì gli occhi e al film si sostituirono i pensieri…. E adesso?

E adesso, adesso non era rimasto più niente del passato, né Famiglia, né isolati Protettori politici nei posti-chiave.  Solo, sopravviveva – sempre più grande e inossidabile - il principio dell’organizzazione . E la mafia era l’organizzazione, era la politica, era l’economia su scala nazionale , ben presto planetaria, inserita nella logica della globalizzazione, oltre i limiti e i confini di gruppi e di stati. Non si chiamava più ‘mafia’ e sue armi più potenti erano  le crisi economiche mondiali, le guerre, le pandemie…O lo sarebbero state presto… Sopravvivevano, sì,  dei potenti, nei posti nodali, ma non si chiamavano più parrini. Avevano nome cognome, e di finto solo qualche mestiere di comodo o il paravento di qualche gossip-scenario o gossip-scandalo affollato e festaiolo, per nascondere lo scandalo vero di sit-in e rese dei conti con qualche politico di turno… Intrighi..

Don Ciccio non aveva rimpianti. Questo era l’ordine e il muoversi delle cose. E ridicolo era il tentativo di rivolta o di una guerra di popolo, là, nella regione di una lontana duma. Sempre che la notizia-bomba di uno scandalo tra tanti facesse ancora impressione e facesse da detonatore…

 

 

 

 
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Alice che dice?

Post n°391 pubblicato il 25 Maggio 2009 da clodclod
 

Alice che dice ?

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Per acuni  filosofia ha il potere che rafforza et consola. Pare. Et fa sentire capricorno o leone. Anche toro  e ariete va bene.

Quando la studi a scuola a te che te ne frega… E lo stesso forse dopo  , anche se ha – pare - nobile  scopo.

Tappa i buchi del  cattivo umore e depressivo. Rammenda punti consunti  a forza di pensare, o di tentativo tardivo.  

Spiega  mondo  vita  scopo di tutto e poi chi sei e perché . E l’uomo  è lui,  con sue forze, con sua  Ragione, a individuare risposte , a placare ansiedomande che infiniti umani da sempre frignando si fanno.

Che striscia a fare tra cielo e terra un uomo come me?  è  domanda iniziale, questa , anzi codesta,   onnipresente in all the times..

Ed ecco che  verme, benché tale, si chiede strisciando ‘ perché’ et si pone intelligentissimi dubbi, giunge persino a teorizzare se stesso come superuomo,  a scoprire che dio è morto,  a esaltare sua propria ragione come unico strumento per uscire da stato di minorità.., o si compiace a volte per  sue doti veggenti 

Elabora anche  idea di tempo dove il tempo non ti frega, né ti sfugge, anzi ti può tornare in gola con tutti suoi antichi sapori ma senza conati perfortuna.

Ah , se il verme  c’avesse azzeccato na volta, in questi ultimi millenni, nel trovare un dunque definitivo, risposta unavoltapertutte, coperta da garanzia …

Invece solo balle!....

Ah! Les balles philosophiques!

Dans la forêt sans heures / on abat un grand arbre./ Un vide verticale tremble en forme de fût:/ cerchez cerchez oiseaux / la place de vos nids,/ tant qu’ils murmurent encore…!

Il vuoto nella foresta trema,  vita ha incontrato  morte, niente ha senso se non   figli e  nidi , ma il futuro è per tutti , e da sempre, già sgualcito in partenza.

Sì, perché nato a sorte  mortale e a  circoncluso tempo di vita, svolazza l’uomo in cerca  di   eterno , di certezza senza limiti e confini. Giustificazioni controfirmate. Inspira  profond.nte  spirito di suo tempo,  crede dominare     vita e  proprio corpo,  pericolo,  natura e  piacere,  segreto di futuro. Ma poi Supereroi, antieroi, poeti e veggenti, maitres à penser...: morti tutti, in croce in bunker in mausoleo  in male tropicale  …

... Nessuna teoria vale. Nessun tempo ritorna... Nemmeno ciò che dice Alice risolve alcun problema, e forse va fuori tema. Mai nessuna scoperta su Senso e felicità, da che mondo è mondo. E nessun libello su  ciò che è  ( allegate istruzioni per l'uso del Sè )  

 

 

 

 

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Il tempo e la vetrina

Post n°390 pubblicato il 22 Maggio 2009 da clodclod
 

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Il tempo e la vetrina

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Al bar ‘Les fleurs du poète’,la vetrata è una grande vetrina che espone -a chi è dentro- la piazza , il sole o la nebbia; da fuori  espone signore un po’ snob sedute a farsi guardare. Nei palazzi barocchi , schierati lì intorno, il tempo è statico, fermo, marmoreo; sempre ammirato . Il tempo è comunque per loro finito, passato. Concluso.

Al bar ‘Les fleur du poète’ è l’ora du petit déjeuner, in questa mattina di quasi printemps.. Qualcuno ha pensato  di  variare la lista o menu di caffè  cappuccini  .Ed ecco ad esempio ,col latte,  fettine di pane secco e raffermo. Come nel dopoguerra e più oltre. La clientela  plaude a questa pensata: originale trovata (?)…..   segno di distinzione….. o adatta ad una magia come quella  prustiana … ? Il tempo, altrove fermato tra volute barocche, è qui ritornato , nel pane di ieri inzuppato nel latte, in vetrata e in vetrina anche lui a conferma che non c’è cosa passata che non possa tornare, viva, con sapori e odori e sfondi di scenografie - se un tempo l’hai vissuta….. Ma qui è sotto forma di moda, guscio vuoto senza necessità, che non sia quella dell’eccentricità a rovescio o della pubblicità. O della crisi.

Il Tg presenta in un flash questa news, come curioso folclore. E passa ad altro. Io no. Io penso : non mi serve quel bar di ‘forse’ Torino pour tre à la page . A volte di notte prima di andare a dormire mi faccio una dolce zuppetta di lattepanvecchio, come da bambina. E a volte ritrovo il sapore speciale del pane che  nonna e  zia Dina facevano in casa, solo loro ormai, e un pezzo di rarità toccava anche a me purché mangiassi inghiottissi qualcosa. E sono su bici di mamma, seggiolino che punge le cosce, vestito azzurro diventato corto ma non devo sporcarlo. Cancello casa di nonna. Lei vestita di scuro . Stiamo salutare tornare a casa . Tra un po’  sirena di fabbrica e papà arriva. E nonna mi dà, come sempre, a me piccola piccola, la forma di pane. A casa mangio la rarità:  adagio per capire sapore che altro pane non ha, non ha. Sapore di cesta di vimini dove nonna lo tiene?.. sapore di mani che l’hanno impastato e di fatica di braccia?...O è perché  pane di casa è condito con chissà che magia? O la magia è stato   giocare con zii che mi sollevalto alto da terra, o magia è vedere  lassù su tavola  montagne formaggio che vien giù  da grattugia come neve : ne vuoi un po’? e poi parlare e ridere, e zia Dirce contafavole che solo lei conosce e ogni pezzo di storia un cucchiaio  di pasta e fagioli, uno solo, un altro dai.

E da grande la mattina all’alba, odore di legna e di stufa e caffè, prima di partire per scuola, e a volte papà per la caccia, in questa luce calda che dice è ancora buio là fuori, io cerco quante volte cerco quando mi ricordo ,cerco quel sapore anche se pane di nonna non c’è più, e senza dirlo a nessuno sono contenta quando mi pare di sentirlo arrivare nel palato e mastico ancora più adagio, mentre papà seduto vicino stufa parla sottovoce con carocucciolo cane più stupido del mondo.  

 

 

 
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Zio Grissom come Hamlet?

Post n°389 pubblicato il 15 Maggio 2009 da clodclod
 

TV, parole senza impegno...

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Grissom  come Hamlet?

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Da CSI se ne va  Grissom. Zio Grissom, mi verrebbe spontaneo dire. Come se fosse uno di famiglia, in un certo senso: perché non è buttato lì sullo schermo e sulla scena del crimine come un personaggio piatto… Cioè di lui non vengono  evidenziati solo il suo ruolo nella squadra, i tic e le competenze, che conosciamo bene... Di lui invece lo spettatore percepisce l’interiorità, il carattere e/o il caratteraccio.

Li  intuisce e percepisce da frasi disseminate qua e là, da situazioni dove i pensieri rimangono per la più parte sobriamente impliciti.

Tra le righe dei dialoghi e  dei silenzi, lo spettatore  coglie il rifiuto delle ‘mosse’ politiche, il mi spezzo ma non mi piego: come Hamlet, Grissom non potrebbe mai aver a che fare con tipi alla Rosencranz e Guildenstern, né potrebbe stimarli..

E ancora. Lo spettatore, dagli insetti più schifosi e dalle necrolarve, coglie in Grissom la natura del suo sapere:   monolitico, quasi un sapere-rifugio accumulato in una vita di studi e esperienze; un rifugio dagli spigoli o dalle dolcicurve dell’esistenza che egli non è pronto ad incontrare.

Ma ciò che colpisce di più nel tuttotondo di zio Grissom è quell’ineffabile io amletico che l’attore (scespiriano ) ha assorbito, fatto suo e forse iniettato nel personaggio per via endovenosa con lente fleboclisi.  E viene infatti da chiedersi:  perché zio Hamlet-Grissom ci mette quattro o cinque serie a sfogliare dubitosamente ‘amo’ o ‘non amo’,  senza capire se stesso, o facendo finta di non capirsi?  E’ come se tentasse, con ciò, di  proteggersi dalle proprie paure o di proteggere ‘lei’ , Ofelia-Sara, da un non lieto fine…

O ancora, ci chiediamo:  perchè difende gli ‘uomini’ della sua squadra a muso duro, ma con altrettanta sferzante freddezza sa dire la parola così inaspettatamente aspra da  lasciarli muti, desolati, col senso dell’abbandono? E’ come se non sapesse mettersi nei panni di nessuno di loro, ma sappiamo che vero vero non è. Impossibile che non ne senta la mancanza quando se ne sarà andato; solo che non si macererà in nessuna stazione di via crucis, ma caccerà via i pensieri troppo grigi, come se fossero forfora sulle spalle.

Infine ci chiediamo, noi spettatori:  perché , come Hamlet, parla per enigmi, citazioni e sentenze, per poi pigliar su e  allontanarsi? Certamente è  più sibillino che  preoccupato di dilatare il suo discorso nella pianura della comunicazione. Difficile per lui il darsi agli altri,solitario fino a restare solo.

Non so ‘come’ se n’è andato o se ne andrà zio Grissom. Resterà vittima del crimine? Lascerà la squadra e cambierà orizzonti interessi e affetti? Non ne sapremo più niente?

Boh! Io so solo che William Petersen si darà – ritornerà - al teatro e so anche che non conosco l’epilogo perchè ieri sera mi sono addormentata davanti al telefilm, come spessissimo mi accade. Cercherò qualcuno che mi racconti uno straccio di trama e di the end…

 
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Una cura per il curandero

Post n°388 pubblicato il 12 Maggio 2009 da clodclod
 

Una cura per il curandero

Caro dottore,

ti ho appena inviato una mail con la richiesta di  tre ricette e due impegnative.

E’ un privilegio che mi hai concesso, questo – intendo – della comunicazione per via elettronica. D’altronde è una delle uniche due possibilità che ho, di contattarti. La seconda è quella per via telefonica, che di solito uso per descriverti i sintomi di qualche malanno cardiocircolatorio, respiratorio o  motorio o altro. Naturalmente li descrivo come posso, usando io il senso della vista e tu solo quello dell’udito. Per via telefonica mi fai la diagnosi veloce e mi prescrivi le medicine non mutuabili. Per quelle mutuabili, invece, lasci le ricette nell’anticamera : sta a me, poi, trovare qualcuno che le venga a ritirare….

Adesso, come vedi, sto sperimentando una terza modalità, che non abbiamo mai usato, io e te. Ti sto scrivendo una lettera, col computer s’intende, perche la mia mano si stanca facilmente. Ma poi questo foglio te lo spedirò per la posta normale, come si usava un tempo.Per il gusto di immaginare tra te e me un rapporto più umano, di confidenza.

E come nelle modalità tipiche del linguaggio epistolare, mi permetterò un parlare più disteso di quello delle sintetiche mail dettate dalla necessità.

Quanto tempo che non ci vediamo!

Sarà un anno? Nell’arco di due anni, comunque, sarai venuto a casa mia  due o tre volte. Eppure, eppure quando ero più sana, secoli fa, ci si vedeva forse di più… E adesso, adesso che il mio corpo è aggredito da tutte le parti, da nemici esterni ed anche da se stesso,adesso non vieni mai a trovarmi,a custodirmi per aver cura di me…

Lo so, c’è tanta gente con l’influenza, sei stanco e demotivato, non hai un ruolo sociale di tutto rispetto ( come sarebbe giusto che fosse),non sei equamente ricompensato dal trattamento economico,…

Ed è tutto questo insieme di cose che ti porta al disinteresse, allo spleen, alla distrazione….Sì, alla distrazione: quante volte sbagli nel compilare le ricette? Quante volte dimentichi degli esami nelle richieste per l’ambulatorio prelievi? E quella volta che mi hai prescritto una pomata confondendo estrogeni, progesterone e testosterone? E quella volta che, compilando un modulo, mi hai appioppato una malattia grave che non ho mai avuto?

La distrazione è un brutto segno. E il rimedio non è , come fai tu, quello di distrarsi dalla distrazione stessa facendo viaggi e vacanze e che altro ne so… Affronta il tuo disagio nascosto, prendilo per le corna!

E soprattutto, ti prego, non dimenticarmi: dimenticandomi non guarirai dai tuoi problemi .

(…..E nemmeno io dai miei…).

 

 

 

 
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