«Il vivere mi inorridisce e affascina siamo minimi microbi in bilico distratto tra disperazione e presunzione».
Danilo Dolci
Una confidenza: quando anni fa discussi la tesi in filosofia teoretica mi fu negata la lode motivando il diniego per la sprovvedutezza nell'aver contestato la posizione dell'intoccabile S. Tommaso attorno ai tre trascendentali. Sostenevo infatti che è sostanziale all'Essere anche l'ALTERITÀ oltre all'Unità, Verità, Bontà (Bellezza). Ed oggi ne sono ancora più convinto. Questione di lana caprina? Per nulla, perché il pensiero (anche filosofico) ha ricadute sul nostro vivere quotidiano, sui rapporti personali più di quanto possiamo pensare, anche se non sempre ne siamo lucidamente consapevoli. Riflettere in proprio e in semplicità non fa male, forse, a volte, confonde, ma meglio essere mossi da interrogativi che rimanere beati nell'apatia, nella ripetitività e nel consueto e stereotipato. E per questo continuo la mia chiacchierata (sinteticissima e lacunosa) attorno alla ricerca del "chi siamo".
All'inizio di queste mie riflessioni scrivevo che "non solo il re è nudo (il modello di sistema), ma anche la nostra convivenza è nuda", cioè la relazionalità è malata. Per questo trovo fondamentale interrogarmi sul senso del mio "esserci con e tra... Altri". L'uomo nel suo essere cosmo, terra, cielo è "essere in relazione", essere aperto al Mondo e sul Mondo. Nel suo essere Parte del Tutto si sfila l'Alterità, una determinazione cui non si può sfuggire, come strumentisti in un'orchestra. Siamo costituzionalmente Relazione, siamo "fitta trama di rapporti" (Buber).Alterità è più che un concetto astratto o una parola: l'Altra/o è un essere in carne e ossa, una mente e un cuore che vibrano, luogo di emozioni e sentimenti, di ansie, di gioie e sofferenze, di tensioni ideali e di scelte concrete, vissuto... l'Altro è anche organismo (Terra e Cielo) che coesiste con me, domicilio del mio generarmi e svilupparmi. Siamo esseri coscienti, liberi e con una duplice possibilità,quella di negare ciò che siamo o evolverci in ciò che siamo: chiuderci alla relazione o aprirci alla relazione.Comincio dalla prima.
Mi chiudo alla relazione quando nego ciò che è "al di fuori" di me, cose e soggetti (persone), rinserrandomi nel mio individualismo, egocentrismo, egolatria: l'altro non esiste perché lo rifiuto o mi è indifferente, non è importante per me. Aristotele scriveva: "chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città, ma è una belva o un dio". La crisi che stiamo vivendo dal punto di vista antropologico, sociologico, politico, economico ci dà motivi non irrilevanti per sottoscrivere questa affermazione. L'individualità, che non può che costruirsi nell'abbraccio con l'alterità (Io-Tu), è infettata dal virus malefico dell'individualismo, la correlazione-integrazione (Io-Esso) con l'ambiente è infettata dal virus malefico della manipolazione strumentale: tutto è "cosificato", funzionale all'interesse utilitaristico. La negazione dell'Alterità. L'altra faccia della medaglia è un sentimento diffuso di SOLITUDINE, "malattia dell'esistere": una situazione concreta, tragica che invade il cuore di persone, giovani e meno giovani. Non bastiamo a noi stessi.La solitudine che separa, che esclude è condanna di esistere,come abbiamo testimonianza anche nella poetica leopardiana, intrisa di pessimismo esistenziale.
Se la vita è sventura, perché da noi si dura? [...] Questo io conosco e sento, che degli eterni giri, che dell'esser mio frale, qualche bene o contento avrà fors'altri; a me la vita è male.
(Canto notturno di un pastore errante dell'Asia)
Il vivere con gli altri, quando l'Altro è il grande sconosciuto o la nostra condanna, sarà un "vivere - per - la morte" (Heidegger). L'Altro: esito di morte per me. L'attivismoche contraddistingue l'agitarsi attuale e il dimenarsi convulso (spesso senza senso) in una società mai doma di rincorrersi non è forse tentativo di fuga dall'Altro, perché l'Altro è minaccia, imbarazzo, ci interroga, ci disagia, provoca la nostra Soggettività? Al massimo, ci si sfiora per paura di toccarsi (contaminarsi umanamente). La seduzione personale e istituzionale, pilotata senza ritegno anche attraverso i mass media, non è forse manipolazione utilitaristica e spesso spudorata dell'Altro? L'aggressività dilagante, la violenza dissennata, lo sfregio e lo stupro di corpi illibati non è forse negazione dell'Altro, grido strozzato di impotenza e disperazione, lacrime inasciugabili? Il becerismo razzista(anche se edulcorato da pseudogiustificazioni) nei confronti delle diversità non è forse cecità, tracotanza culturale, paura dell'Alterità? La cinica prepotenza del capitaleche getta in miseria e condanna alla morte per fame milioni di bambini, mamme, babbi non è forse disconoscimento e disprezzo dell'Altro? La ricerca esclusiva del proprio interesse economicoche abbandona ad un destino di ansiosa incertezza migliaia di lavoratori, famiglie, visi smarriti, pianto, tragedie non è forse fredda noncuranza, insensibilità nei confronti dell'Altro? La follia dello sfruttamento selvaggio, dello scempio e della manomissione dell'habitat non è forse rinnegare l'Alterità generatrice, l'humus che alimenta la convivenza?.. e, purtroppo, si potrebbe continuare.
La morte dell'Altro è il canto stonato e funereo del cigno, è anche la mia morte, la morte di tutti.
Ma vi è un'altra possibilità: aprirci all'Altro e "vivere-per-la vita". Alla prossima.
Che post interessante! Condivido in pieno la tua analisi soprattutto nella parte finale in cui metti in luce i mali della nostra società che potrebbero condurre ad un esito terribile: la morte dell'umanità! Terribile... Voglio sperare che sempre più ci si apra all'altro! Un caro saluto da luisa
Luisa, sta nelle mani di ognuno di noi il senso di vita o di morte delle nostre relazioni. Dostojevskij scriveva: "Siamo tutti colpevoli di tutto verso tutti ed io più di tutti gli altri". Sperare è già essere in cammino. Grazie. Un saluto sincero di stima. Luciano
Con questi tuoi scritti altamente riflessivi, una tesi in filosofia era scontata...è impossibile non aprirsi alla relazione...individualismo, egocentrismo...è come nn esistere..dolce sera
Rosanna
Rosanna, a volte mi confondo, ma, come scrivo, meglio essere confusi perché si cerca che lucidi nell’apatìa della supponenza. La tesi, ha rappresentato una novità anche in ambito universitario, nessuno immaginava ancora il fenomeno della globalizzazione con tutto quello che avrebbe rappresentato nell’incontro con le culture. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
grande post nel senso piu ampio del termine.
mi associo e condivido parola x parola.
d'altra parte basta Osservare (non guardare)il mondo x rendersi conto di quanta verita hai appena scritto,obiettivamente e kiaramente.
centrando in pieno il discorso.
da bloggista in erba...mi inkino davanti a questo post.e'il minimo.
sei x noi ke siamo alle "prime armi",davvero un Grande esempio Luciano.complimenti.
un sorriso
Morganna, non basta notare i fenomeni, è opportuno osservarli, decifrarli con mente e cuore e magari trasformarci in testimoni di cambiamento. Grazie per i complimenti che accolgo con piacere cospargendoli con la semplicità di un sorriso. In questo hai ragione: non scrivo per riempire un blog, ma per aiutarmi e aiutarci ad allungare la vista. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Il post, oltre che condivisibile, induce a profonde riflessioni... Ho l'impressione che l'uomo non sia più in grado di confrontarsi, preferisce "contendersi" gli stessi trofei, competere... trascinare nel fango quando non riesce ad affermarsi, essere rivale nella logica di essere uniti. Invece è solo accogliendo l'ALTRO, donandosi e ricevendosi, che raggungiamo il completamento... Siamo porte che si aprono, cuori che conoscono la pace nel momento in cui riconoscono L'ALTRO come uomo...
Un caro saluto Luciano, Monica
(p.s.: ovviamente approvo la tua "sprovvedutezza": (assai) più lodevole della lode... Baci ^__^) M.
Lady, la storia dell’umanità è un confronto, a volte doloroso e spietato, tra unità e alterità che si contendono il campo per un trofeo di univocità o equivocità, ma il vero trofeo è quello della reciprocità critica e amorosa: donandosi e ricevendosi. Un sorriso per avermi concessa a distanza “la lode” alla mia sprovveduta tesi. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Cassandra, quanto scrivi mi convince della validità della riflessione: temo sempre di proporre parole vuote che lasciano il tempo che trovano. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Non possiamo vivere senza gli altri...siamo con e tra gli Altri perchè quello è il nostro posto. Solitudine, egoismo e la negazione dell'altro non possono che portare alla malattia dell'essere umano. Ho scarsa cultura Luciano per cui credo che alcuni passi del post non li ho capiti, spero di non essere andata molto fuori tema :-) So che comprendi...Un bacio di buona domenica :-)
Carmen
Carmen, la cultura è in ciò che il nostro intimo origina con criticità, profondità e autenticità, non dobbiamo confonderla con la retorica delle quantità di nozioni (anche se possono essere utili). Quello che tu scrivi è cultura, è ricerca del tuo grande animo. “Siamo con e tra gli altri”: sei pienamente in tema. Quel “so che comprendi”, mi fa piacere, perché sei tu “a comprendermi” nel mio sforzo di succhiare ciò che altre menti e altri cuori manifestano. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Il tuo post mette in evidenza quanto l'uomo si stia chiudendo alle relazioni sociali prediligendo uno stile di vita che lo allontana dagli altri e vivendo prevalentemente nel proprio egoismo e solitudine,perchè così facendo evita dei confronti in cui teme di uscirne sconfitto.Praticamente isolandosi dagli altri crea una specie di isola tribale nella quale son esclusi chi non è come lui e questo è terribile,perchè l'uomo ha bisogno di confrontarsi,di aprirsi agli altri per poter comunicare e progredire come essere facente di una società che deve assolutamente evolversi e non rimanere statica.L'uomo ha bisogno d'amore e l'amore si dona,si riceve,si condivide,ma questo atteggiamento lo stà allontanando da ogni forma di vera felicità.Grazie per questa bella riflessione Luciano e a te va tutta la mia stima e il mio affetto.Buona giornata.Giulia
Giulia, integri perfettamente quanto ho cercato di esprimere: è lo stile di vita che connota il nostro modo di guidare la relazionalità. La chiusura, ogni chiusura, è sempre un’autoreferenzialità improduttiva per lo spirito, perché ci si ripete identici in eterno e invece l’evoluzione è cambiamento, scambio, sguardo ininterrotto verso nuovi orizzonti. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Fà molto riflettere il tuo post,e son convinta anch'io che se l'uomo non riesce a modificare la visione che ha della vita e l'atteggiamento che lo allontana sempre più dagli altri chiudendo la porta alle relazione interpersonali invece di aprirsi e confrontarsi ,l'esito finale,come ha espresso una tua amica sarà proprio la morte dell'umanità,eppure basterebbe così poco per osare e iniziare ad aprirsi agli altri .L'uomo ha bisogno di comunicare,ha bisogno di misurarsi per trovare quegli stimoli che li consentano di amare col cuore e progredire socialmente vivendo consapevole dei propri limiti.
Lieta serata caro Luciano con tanta simpatia e amicizia.
Laura
Laura, la chiusura all’altro non è la salvaguardia ma impoverimento della nostra identità. Certo che costa aprirsi, anche se è richiamo ontologico, ma ne vale la pena per trovare sempre nuovi stimoli per il cambiamento. Laura, buona giornata e un saluto sincero di stima. Luciano
Se l'altro è vissuto come alieno (in quanto tale portatore di novità) e se il nostro essere è chiuso alle novità in una sorta di conservatorismo autodifensivo, l'alterità è sicuramente fonte di ansia, angoscia, panico; tutte sensazioni che inducono la mente, refrattaria al nuovo, a chiudere “il fortino” rendendo i confini impermeabili. Qualsiasi individuo che reagisce così non può crescere ma soltanto "stereotiparsi" nell'ambito di un gregge che gli dà la sensazione di esistere; ma è esistenza? La crescita senza la diversità, l'alterità, l'alienazione altrui e l'immensità dell'universo umano si cristallizza e rende l'uomo un motore a scarsissimo rendimento spirituale, mentale e sociale. La paura del confronto-incontro è la morte della creatività nell'incontro con l'altro. Se “l'io-tu” non va verso il “noi” ma verso l'altro "pericolo" per la propria soggettività-individualità, allora l'uomo vive come in enorme condominio con infiniti appartamenti ben separati in cui al di fuori di un formale buongiorno con l'inquilino dello stesso pianerottolo non va! La paura dell'alieno aliena il sé, poiché questo si nutre solo di rapporti veri, completi e vivificanti. Persino l'eremita può avere un sano sé al patto che l'io-le cose-gli animali che lo circondano siano vissuti con pienezza relazionale.
Persino “Dio”, quello Aristotelico, nella sua immensa solitudine si circondò di altri Dei e si mise a “giocare a dadi” con gli uomini, ma era un “Dio imperfetto”… Ciao Luciano. I tuoi post meritano altri post come commento. Mi freno! Alla Prossima, Franco.
Franco, vivere nel proprio “fortino” per difenderci dall’altro “alieno” è una forma di autoesclusione dall’umanità di cui ognuno di noi è irripetibile tassello. Ci si trasforma in “monadi” impermeabili alle ragioni della mente, ma soprattutto del cuore: condomini abitati da inquilini anonimi da pianerottolo formale. Il tuo riferimento a Aristotele mi consola: un dio che gioca a dadi, è il grande “Altro”, che non ha bisogno di comandi o di eserciti, ma di “gioco esistenziale”, un Grande Bambino che comunica con noi piccoli-grandi uomini. Avrei continuato a leggerti volentieri, ma ti capisco, siamo frenati da tempo e spazio. Grazie e un saluto sincero di stima. Alla prossima. Luciano
L’ufficio in cui lavoro ha la porta di vetro, la mia scrivania è rivolta verso la porta e passano tante persone nel corridoio. A volte quella porta è aperta perché io sono volta a qualsiasi occasione di dialogo si presenta, a volte è chiusa per cercare il mio silenzio. Bellissimi i momenti che è chiusa: vedo sorriso, vedo preoccupazione, tristezza, tensione, superficialità, tanta profondità …e penso a me, rivolgo quelle espressioni a me, scrutandomi. Bellissimi i momenti di dialogo, volgo il dialogo alla riflessione di me stessa. Senza l'alterità quanto perderei. Un caro saluto Lady
Lady, monologo e dialogo, silenzio e socialità, il tuo ufficio è la finestra del tuo animo rivolto al mondo. Levinas direbbe: “il volto è visitazione”, quando è originato e accolto nel silenzio. Essere noi stessi con gli altri, non oltre gli altri. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Caro Luciano,
qui c’è un problema difficile da risolvere. Le “menti raffinate” che guidano le sorti del mondo non vogliono proprio che avvenga l’incontro con l’altro, come bene tu hai esaminato nei risvolti sociologici ed economici del tema da te affrontato. Avere consapevolezza di tutto ciò non é di tutti. Ci vuole un buon bagaglio culturale e una spiccata tendenza alla critica oltre che all’autocritica. La maggior parte della popolazione vuole panem et circenses, sia perché a ciò è abituata, sia perché la pigrizia mentale e la tendenza al conservatorismo fanno parte della natura umana; il nostro cervello, da un punto di vista neurormonale, è strutturato per ripercorrere strade già percorse e tale atteggiamento biologico si amplifica con l’avanzare dell’età (vedi anziani e meno anziani che si lamentano se tu gli sposti un oggetto da una stanza all’altra perché ciò provoca disorientamento spaziale). Le menti raffinate che ci governano sanno di tutto ciò e ti dicono: “ Noi ti garantiamo ordine e vedrai che la tua vita sarà serena nella ripetersi delle cose che noi ti proponiamo; ma se tu vuoi novità, sappi che ti guidiamo, al patto che queste siano le nostre; dunque stai sereno che a tutto provvediamo noi: dall’educare i tuoi figli e i tuoi nipoti sino all’età della pensione”. Tu mi dirai che occorre un risveglio delle coscienze ed io sono concorde. Quello che m’inquieta è se partire dall’individuo o da chi ci governa? Probabilmente la risposta è in entrambi. C’è la volontà dell’individuo? C’è la volontà “nelle oligarchiche democrazie” occidentali? L’individuo potrebbe; ma quant’è la percentuale rispondente? La “democrazia oligarchica” potrebbe ma ne ha volontà? Andrebbe contro l’interesse dei “pochi comandanti”. Il mio non mi sembra pessimismo esistenziale ma constatazione di come la nostra società si sia infilata in un vicolo cieco. Ciao, Franco.
Giustissimo quello che scrivi Franco, a volte penso che sia tutta un'illusione esterna ma se non si fa attenzione anche interna. Come fare per "svegliarsi"? costa tanta fatica quanto vedere se stessi attraverso gli altri....arrivare a vedere tramite il cuore è un lavoro arduo e tortuoso ma vale davvero la pena. E come dici tu...c'è la volontà? Un saluto Lady
Franco, la tua analisi si sposta sulla gestione antropologica nel sociale e tutto si fa più complicato. Quando la complessità si fa consapevolezza, di primo acchito siamo sorpresi, confusi, storditi, poi con pazienza e lucidità si approfondisce e vengono a galla le incongruenze che toccano l’animo umano, sia di chi governa (comanda) sia di chi segue (ubbidisce). A confine, rimane sempre però la possibilità dell’interpretazione: qui si giocano le scelte che seguono al moto di consapevolezza. E allora, torniamo entusiasticamente ad essere noi stessi, torniamo a riprenderci in mano il destino. Non tutto è scritto, la storia è sempre libro aperto, anche se appesantito da pagine scopiazzate nei secoli. La raffinatezza della mente non sta nel fermare la storia o guidarla a proprio interesse, ma nel proporre prospettive di convivenza più dignitosa. Le tue domande non sono scoraggianti, anzi le trovo molto stimolanti per proseguire nella ricerca di un mondo più umano. Porsele è già preludio di possibili risposte. Grazie e un saluto sincero di stima. Luciano
Ritengo interessante, semplice nelle parole e allo stesso tempo complesso nei contenuti, come affronta un aspetto del tuo post il prof. Giovanni Salonia.
http://www.youtube.com/watch?v=Ysbdo-K8nBU&feature=share
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Ho l'impressione che l'uomo non sia più in grado di confrontarsi, preferisce "contendersi" gli stessi trofei, competere... trascinare nel fango quando non riesce ad affermarsi, essere rivale nella logica di essere uniti.
Invece è solo accogliendo l'ALTRO, donandosi e ricevendosi, che raggungiamo il completamento...
Siamo porte che si aprono, cuori che conoscono la pace nel momento in cui riconoscono L'ALTRO come uomo...
Un caro saluto Luciano, Monica
(p.s.: ovviamente approvo la tua "sprovvedutezza": (assai) più lodevole della lode... Baci ^__^) M.