Il capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere anche senza l’accordo con il presidente del Consiglio; e il premier non potrebbe rifiutarsi di controfirmare quella decisione. Su questi punti concordano due presidenti emeriti della Consulta, Cesare Mirabelli e Antonio Baldassarre.
La pensa così anche il costituzionalista Michele Ainis, a condizione però che il ricorso alle urne venga disposto dal presidente della Repubblica in presenza di una paralisi delle Camere o di una «guerra tra istituzioni».
«Il potere di scioglimento delle Camere non è un potere duale, ma un potere eccezionale del presidente della Repubblica, che lo esercita sentiti i presidenti delle Camere - spiega Mirabelli - Occorre la controfirma come per tutti gli atti del capo dello Stato, ma questo non implica una condivisione, cioè che incida la volontà del governo; insomma non occorre dal punto di vista sostanziale una doppia volontà. Per questo se ci sono i presupposti, la controfirma non può essere rifiutata». Un’ipotesi «da scongiurare», secondo Mirabelli, che è comunque convinto che Napolitano con la nota di sabato «abbia voluto esprimere un ammonimento, rivolgere un invito a un rapporto istituzionale più sereno, non annunciare un’intenzione».
«Lo scioglimento delle Camere è un potere esclusivo del presidente della Repubblica. E il presidente del Consiglio non può rifiutarsi di controfirmarlo, perché la sua firma attesta la provenienza dell’atto dal capo dello Stato, non è un concorso alla decisione» conviene Baldassarre. E spiega: «La tesi secondo cui lo scioglimento anticipato comporti necessariamente il contributo positivo del presidente del Consiglio andava bene prima del mutamento del nostro sistema parlamentare, intervenuto con le leggi elettorali del ’93-94. Ora il presidente del Consiglio è il capo di una coalizione potenzialmente maggioritaria; se vi fosse una co-decisione nello scioglimento delle Camere, significherebbe, dato l’attuale sistema, che questo potere è scivolato nelle sue mani. Si tratta comunque di una decisione estrema, che va presa in presenza di una grave difficoltà del sistema costituzionale».