(SENZA TITOLO)ciò che si può fare con una biro in mano |
AREA PERSONALE
TAG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
UNO SGUARDO SUL MONDO
Post n°90 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da qatia
Voi che vivete sicuri |
Prima di andarsene, giusto sei anni fa, Joe Strummer ci ha lasciato questa cosetta. Per me Joe Strummer è ‘The Clash’ e un modo di essere senza strafare. A partire dal nome che si era scelto: ‘Strummer’, Strimpellatore. Se ne è andato mentre portava a spasso il cane. Spento da un difetto cardiaco congenito. Non proprio il tipo di morte che ci si aspetta da un punk-rocker. Ma è la conclusione adatta della storia di uno che non si è mai preso troppo sul serio |
Sulla strada verso casa ci fermiamo alla festa di quartiere, giusto per incoraggiare i volontari che l’hanno organizzata. C’è un palco semideserto con dei ragazzi che suonano musica da ballo sudamericana. Il bruco-treno, i tappeti elastici. Pochi banchi di prodotti artigianali, foto della zona archeologica intorno alla quale è sorto il quartiere. Mentre le bambine girano sul bruco-treno vado a parlare con un rappresentante dei GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) perchè vorrei crearne uno qui. E’ un uomo barbuto, dal sorriso semplice. Intanto si è levato un vento freddo e dispettoso. L’uomo parla, racconta di quando ha iniziato tre anni prima. Mi dà opuscoli e consigli. Io sento sempre più freddo. La maglia infilata sulla casacca di lino non serve a proteggermi. Raggiungo mio marito, mi faccio abbracciare per scaldarmi un po’. Non basta. Le bambine vogliono restare a giocare, ma io non ce la faccio. Decido di aspettarli in macchina, un bacio per saluto e mi allontano stringendomi nell’inutile maglia blu. Chiudo la portiera e sto già meglio. Accendo la radio mentre sfuma ‘Summer 68’. Conosco il programma e il conduttore, sono cascata bene. Alzo gli occhi sui palazzi intorno. Spenti e deserti. E arriva ‘Almost cut my hair’. Versione acustica. E penso che se avessi accanto … chi. Chi. No, nessun ‘ti ricordi’ andrebbe bene. Anche se eravamo insieme, non abbiamo sentito la stessa musica. Non allo stesso modo. E capisco la vastità della parola ‘solitudine’. Amplificata dal buio e dalla voce di David Crosby che lo squarcia solo per me. E l’accetto come si accetta la pioggia e il vento. L’accetto e la guardo come un mare che non fa paura. Perchè l’ho attraversato e mi ha lasciato passare. Con le mie barchette di parole che non trovano destinazione. Parole che sono un tentativo di ombrello alla pioggia, inadatte come la mia maglia al vento. Nessuno sgomento. Sarà questa la maturità, accettare serenamente la realtà che da giovani ci fa paura. Non c’è rimedio alla solitudine. Figlia non unica dell’incomunicabilità. Si vive tenendo a bada queste due pianticelle perchè non crescano troppo da soffocare tutto il resto. Imparando a non sorprendersi quando ci si inciampa col piede. Guadagnando terreno con mezzi di fortuna, consapevoli che estirparle è impossibile e forse sbagliato. Mio marito bussa sul vetro. E’ tardi e freddo anche per lui. Lui che spesso indovino solo, malgrado noi. Gli cedo il mio posto, faccio salire le bambine. Le guardo, eccitate e stanche di allegria. Mi chiedo se ci metteranno meno tempo di me ad attraversare indenni lo stesso mare. |
Inviato da: VAMOS-A-GANAR!
il 19/08/2017 alle 18:59
Inviato da: FEDERICO TRABUCCO
il 22/11/2015 alle 21:15
Inviato da: Jules_Maigret
il 13/06/2009 alle 00:40
Inviato da: ormalibera
il 01/05/2009 alle 10:10
Inviato da: Anonimo
il 28/11/2008 alle 18:46