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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

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sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 10/04/2014

 

Chiamata diretta

Post n°2793 pubblicato il 10 Aprile 2014 da fabiana.giallosole
 

Da “OrizzonteScuola”


Chiamata diretta dei docenti. Ministro incassa sì dell'opposizione. Centemero: "Legare reclutamento a scuole in rete e non a graduatorie" Così si valorizzano abilitati TFA e PAS


red - Le affermazioni del Ministro Giannini che più volte ha ribadito, tranne durante l'audizione presso la VII commissione cultura, di voler assegnare alle scuole un maggiore peso nel reclutamento, ha avuto il niet da parte di alcuni sindacati, ma incassa il sì di Forza Italia.

Certo è che ci troviamo davanti ad una situazione politica anomala, se da un lato il PD dichiara apertamente di non essere per la chiamata diretta e dall'altro il Ministro trova appoggio da parte dell'opposizione.

Sulla vicenda reclutamento, che, ricordiamo, sarà riformata, almeno secondo quanto scritto nel DEF, è intervenuto il responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero, che così ha commentato:  "Se la Ministra Giannini consentirà davvero alle scuole di scegliere gli insegnanti non potremo che essere con lei". Continua, poi, ricordando come questa battaglia sia "un nostro obiettivo da sempre".

"I percorsi di formazione come i TFA o i Pass - prosegue Centemero - permettono l'acquisizione dell'abilitazione all'esercizio professionale, ossia all'insegnamento, ma non danno diritto ad altro. Ripensare il sistema di reclutamento, legandolo alle scuole in rete, e non a graduatorie ad esaurimento che alimentano solo il precariato, è la via giusta per valorizzare le competenze e il merito dei nostri docenti".

"È chiaro - conclude la deputata - che il passaggio ad un nuovo sistema richiederà una fase di transizione e una programmazione seria"

 

 
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DEF

Post n°2792 pubblicato il 10 Aprile 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: DEF

Da “Wired.it”


Def, cosa c’è per scuola e innovazione


Confermati 2 miliardi per l’edilizia e 600 milioni per la ricerca. Largo anche alla valutazione e all’insegnamento di materie non linguistiche in inglese. Spazio per wi-fi negli istituti e dottorato industriale

Il Def, il Documento di economia e finanza approvato ieri da un rapido Consiglio dei ministri, è un atto programmatico. Importante, perché rientra nell’armonizzazione dei bilanci europei. Non a caso dev’essere trasmesso alle autorità di Bruxelles dopo il passaggio in Parlamento previsto poco prima di Pasqua, il 17 aprile. Ma i cui contenuti possono in fondo essere smentiti in meglio – come ha detto di augurarsi lo stesso Matteo Renzi – o in peggio dall’andamento dell’economia reale nei prossimi mesi. È dunque un documento molto tecnico, in buona parte finanziario, nel quale tuttavia non mancano alcuni elementi legati per esempio a scuola e innovazione.

Molti erano già stati annunciati dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini nelle scorsesettimane. Altri addirittura impostati dal precedente governo Letta, altri ancora frutto della volontà del nuovo esecutivo. In quanto programmatico, il Def non può entrare nel dettaglio di alcuni provvedimenti, che dunque vengono solo accennati ma tracciano comunque la strada. Come per un nuovo contratto per l’istruzione pubblica destinato a velocizzare il reclutamento di insegnanti e dirigenti nonché a diversificarne la carriera. Il passaggio più importante è tuttavia quello dedicato ai due miliardi di euro stanziati per gli interventi di edilizia scolastica. Soldi a cui potranno attingere Comuni e Province (che in realtà non avranno più questa competenza). A cosa serviranno? Messa in sicurezza, efficienza energetica, rischio antisismico e nuove scuole. Sono fondi che arriveranno da canali diversi come Inail, mutui della Banca europea per gli investimenti e vecchi e nuovi fondi Ue. È anche prevista l’attuazione dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, per sapere come stanno i posti in cui bambini e ragazzi studiano e trascorrono gran parte delle loro giornate.

Un altro aspetto essenziale è quello del rapporto dell’istruzione con il mondo del lavoro. Al netto della Garanzia giovani, ormai in partenza per contrastare l’esplosione dei Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non fanno tirocinio), il Def prevede un aumento delle ore trascorse in azienda durante il periodo scolastico. Ma anche un piano di rafforzamento dell’istruzione tecnica, sulla scia del modello degli Itis. Un po’ alla Obama e alla De Blasio, che dei poli tecnici e informatici d’eccellenza, le Pathways in Technology Early College High School, hanno fatto una sfida. Il documento del governo prevede anche misure per i ricercatori, per esempio con l’introduzione del dottorato industriale sostenuto da un credito d’imposta da 600 milioni in tre anni, anche questo già comunicato in precedenza, nel famoso mercoledì da leoni delle slide. Credito anche per gli investimenti in ricerca e sviluppo. Quanto alle startup, a parte il poco approvato dai precedenti piani Letta, c’è il rinnovo della scommessa sui Contaminations Lab del ministero dell’Istruzione e la spinta agli spin-off universitari.

Non mancano poi alcuni obiettivi di massima, le cui strategie sono tutte da implementare con dispositivi specifici. Diffusione massiccia della lingua inglese dalla primaria all’università secondo il Clil, il metodo Content and Language Integrated Learning di fatto già applicato da quattro anni nei licei linguistici. In pratica, si insegneranno discipline non linguistiche in lingua straniera: matematica, storia, filosofia, informatica. Che è un passo sacrosanto e, questo sì, di respiro europeo nel senso positivo del termine. Spazio anche alla diffusione del wifi negli istituti oltre a generici rilanci dell’“integrazione delle tecnologie digitali” in ambito didattico. Ultimo punto, la scelta di risorse open source come strumenti informatici soprattutto a livello superiore.

Darà invece filo da torcere il capitolo dedicato alla valutazione. Nel Def si indica infatti la necessitò di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (Anvur)”. Si punta insomma al merito per raffrontare i nostri istituti, che rimediano sempre pessimi giudizi Ocse-Pisa, a quelli europei e accodarsi alla linea dei test Invalsi introdotti nel 2008 per gli studenti di terza media.

 
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TEST

Post n°2791 pubblicato il 10 Aprile 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Test

Da “Il Sussidiario.net”


TEST D'INGRESSO, ECCO LE DOMANDE CHE "BOCCIANO" IL MIUR


di Gianni Zen

Ora tutti si accorgono che le cose così non possono andare. Perché non basta fissare delle date, se non si verifica il contesto entro il quale le stesse assumono un significato.

La decisione di anticipare a primavera i test universitari, era già stato detto, significava e significa, nei fatti, sovrapporsi al percorso di preparazione agli esami di maturità. Comprese le simulazioni delle terze prove che tutte le scuole propongono ai nostri ragazzi delle classi quinte.

Bastava un coordinamento all'interno del nostro ministero (Miur), vista la compresenza dei dipartimenti dell'istruzione e dell'università, e (forse) si sarebbero evitati i pasticci che tutti oggi denunciano. Che hanno portato, nei fatti, al crollo delle partecipazioni agli stessi test.

Siamo in Italia, potremmo concludere, ma non può essere questa la conclusione. Se poi la sommiamo all'altro pasticcio in voga lo scorso anno, cioè i bonus, abbiamo il quadro del non-governo del nostro sistema della formazione. Da tutti richiamato come il cuore del nostro sistema-Paese, in realtà lasciato quasi a se stesso.

Che, poi, 6 ragazzi su 10 non sapessero, non fossero stati bene informati, o non si fossero interessati di questa sovrapposizione, non può essere motivo sufficiente per liquidare il tutto con un moto di semi indifferenza. Il sistema, anche quello dell'istruzione, richiede un governo, richiede una visione, cioè una prospettiva. Perché i cambiamenti o si governano, o si subiscono. Inutile poi lamentarsi. A che serve, per essere chiari, un Miur, se non a questo?

Solo uno studente su 3 ha per tempo costruito un percorso di formazione parallelo tra scuola e test. In alcuni casi aiutato dalle stesse scuole, con un notevole dispendio di risorse e di energie. Tutto volontariato, tanto per intenderci, senza nessun supporto da parte del Miur. Quasi a dire che molte scuole, alla fin fine, pur di dare una mano ai propri studenti, assorbono tutto, coprono tutto, correggono il tiro, nella misura del possibile, alle incongruenze del sistema.

Per fare un altro esempio: vista la digitalizzazione, perché anticipare l'iscrizione alle classi prime delle superiori a febbraio, invece che a luglio? Sapendo bene che il 44% dei laureati, a precisa domanda, ammette di avere sbagliato scelta di scuola media superiore?

In tutte le scelte di sistema, lo sappiamo bene, vanno tenuti in grande considerazione anzitutto gli attori, cioè gli studenti. La scuola, infatti, è per loro, con loro. Non a prescindere.

Nessuno, tra i ministeriali, ignari della scuola reale ma detentori del vero potere di governo di un sistema centralizzato, che abbia - ad esempio - verificato cosa ne pensano i nostri ragazzi, il mondo della scuola, per carpirne la tempistica. Nessuno, a parte Skuola.net e pochi strumenti di comunicazione, considerati, nelle sacre stanze di Viale Trastevere, solo uno sfogatoio.

Perché poi il mondo universitario avrebbe preteso questo anticipo? Solo per dire chiaramente che l'esame di maturità è un bluff? E che il voto non vale granché, viste le note differenze di valutazione tra regione e regione, ma anche tra scuola e scuola, tra docente e docente?

Non solo: perché test costruiti come dei quiz? in vista di che, secondo quale analisi dei prerequisiti e delle competenze maturate, per fare che?

Oggi non c'è governo di sistema perché queste domande non trovano risposta (e viceversa). Non vengono nemmeno ammesse come domande legittime. Perché, pur sapendole, nessuno fa niente. Come se non ci fossero.

Del resto, lo conosciamo bene il vizio di origine dei nostri decisori ministeriali: credono ancora oggi, con la sola cultura amministrativa, di cogliere la realtà nella sua effettività. Invece… Una cultura necessaria, sia ben chiaro, ma non sufficiente. Perché i decisori politici, che si succedono pro-tempore, non fanno niente, a questo riguardo?

Credo e spero che anche questa faccenda costringa tutti, in primis il potere politico, a rivedere tutta la materia. Per ripensarla ed inquadrarla secondo alcune delle domande qui riprese. Se vogliamo dare, al di là di ogni retorica, una risposta all'angoscia che attanaglia i nostri giovani, cioè la domanda di futuro.

Dice qualcosa il 42% di disoccupazione giovanile, contro il 7 % tedesco ed il 4% austriaco?

Una revisione, dunque, anzitutto del sistema. Ammesso, e non concesso, che si voglia continuare in questo modo centralizzato. Perché non sperimentare forme sussidiarie di organizzazione dell'offerta formativa e di raccordo tra scuola ed università?

La revisione, poi, dovrebbe concentrarsi sulla scuola superiore, davvero orientante verso la scelta o dell'alta formazione universitaria o del mondo del lavoro. Non più autoreferente ed indifferente a quelle domande di futuro. Quindi, ad una riconsiderazione del merito dei percorsi formativi: se nei test dello scorso settembre 4 studenti su 10 (il 42%) hanno manifestato reali carenze ad esempio in matematica, se non sono riusciti, cioè, a rispondere correttamente ad almeno 7 domande su 60, qualche interrogativo dobbiamo pur porcelo.

Oggi il 57,3% delle università prevedono i test d'ingresso. Forse varrebbe la pena, per sconfiggere la dispersione scolastica, prevederlo anche per il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore? Già lo fanno in altri Paesi, e nessuno grida allo scandalo.

Resta la questione del costo. Attraverso i test le università, nei fatti, si costruiscono un bel gruzzoletto: a Torino servono 100 euro, a Padova 27 . L'importo medio è di 50 euro per ogni test.

Per la scuola, vista dal di dentro, resta la domanda di qualità, per dare nel concreto una mano ai nostri giovani. Lo si fa con i migliori docenti, concorsi o interventi ope legis permettendo. Ma, si sa, sono questioni tabù, ancora oggi.

Quale conclusione, a questo punto?

Che i test standardizzati, seppur migliorati, sono comunque necessari per controbilanciare la soggettività ineliminabile dei voti dei docenti. La sovrapposizione, poi, nei fatti lascia intendere che l'università della maturità non sa che farsene. Ma i nostri ragazzi, questa benedetta maturità, la devono comunque portare a casa. Per cui è bene che si esca da questo pasticcio, per ridare alla formazione un profilo di linearità che il nostro mondo conservatore, al di là delle proteste, non sembra disposto a volere. Preferendo lamentarsi, in realtà lasciando a se stessi i nostri ragazzi e senza una concreta risposta la loro legittima domanda di speranza e di futuro.

Sapranno gli autori di questi pasticci curare il morbo da loro stessi prodotto? Ai posteri… eccetera. A questa domanda dovrebbe rispondere la politica, quella che aveva detto di volere la scuola al primo posto.

 
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SPESA

Post n°2790 pubblicato il 10 Aprile 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: SPESA

Da "La Tecnica della Scuola"


La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF


di Reginaldo Palermo


Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola, già fortemente diminuita dal 2009. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento.

Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti.
Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto.
Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici.
Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente. Tale contrazione si somma al -1,9 per cento del 2012 e alla diminuzione del 2,1 per cento registrata nel 2011 (“rafforzando - sottolinea testualmente il DEF - il trend decrescente che si è determinato dopo un lungo periodo di crescita tra il 1998 e il 2010").
E se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011).
Tale dinamica, spiegano i tecnici del MEF, è “la conseguenza dei molteplici interventi normativi disposti nel corso degli ultimi anni che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero dei dipendenti pubblici (-5,6% circa nel periodo 2007-
2012)”.

Il documento elenca con precisione gli interventi che hanno consentito di raggiungere tale risultato: la razionalizzazione del comparto scuola, il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015, l’introduzione di un limite di spesa individuale rapportato alla retribuzione percepita nell’anno 2010, il riconoscimento solo ai fini giuridici delle progressioni di carriera disposte nel quadriennio 2011-2014, la decurtazione in base al numero delle unità di personale cessate dell’ammontare delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa.
Ma cosa si prevede per il futuro ?
Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata.
Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”.
Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni.
La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata
da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi.
Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64.
Resta da capire in che modo secondo il ministro Giannini si possa valorizzare la scuola e chi in essa lavora. Perchè, per intanto, di soldi in arrivo per il personale non ce ne sono davvero.




 
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SCUOLA

Post n°2789 pubblicato il 10 Aprile 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da “scuolaoggi.org.”


LA SCUOLA CON LE GANASCE

di Pippo Frisone

In questi giorni il Miur ha assegnato le dotazioni organiche alle regioni per
l’a.s.2014/15.

Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, - 81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale.

Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica.
Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud.

Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti.

In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183.

A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud.

Prendiamo il caso della Lombardia. Con oltre 12mila iscrizioni in più rispetto all’anno precedente, la Lombardia assorbe da sola circa il 30% dell’ incremento nazionale sulle iscrizioni .

E’ evidente che posti in più autorizzati in Lombardia non rispecchiano l’andamento sulle iscrizioni.

Al timido aumento dei posti nell’infanzia +34, nella primaria +177, nelle superiori +318 corrisponde un taglio di -119 posti nella media, nel settore cioè dove più consistente è stato l’incremento delle iscrizioni. Significativi a proposito i dati di Milano: primaria +845 (+2,55%), media +1.951 (+6,55%), superiori +597 (+2,16%). La ripartizione che l’USR è chiamato a fare, non potrà non tener conto dello squilibrio oggi esistente tra i vari settori e tra le diverse province.

Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni anche in quelle regioni come la Lombardia dove la popolazione scolastica è in costante crescita negli ultimi anni. Il risultato sarà, ancora una volta, un aumento degli alunni per classe al limite delle norme sulla sicurezza e cattedre superiori alle 18h. nella secondaria .

La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale.

Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti, sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.

 

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

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