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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

Senza alcuna richiesta

 

 

 

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sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 16/03/2015

 

Buona scuola

Post n°3268 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "Il Fatto Quotidiano"

La ‘Buona scuola’ di Renzi è inemendabile

Brevemente, anche perché avrò tempo di tornarci nei prossimi mesi, voglio dire che il testo del ddl scuola presentato da Renzi è inemendabile. E voglio anche spiegare perché. Per farlo bisogna leggerlo integralmente ed uscire dalle patinate slides di regime, di cui invece tanti sembrano accontentarsi. Registriamo e portiamo a casa – come Comitato per il sostegno alla Lip scuola, che – assieme ad altri soggetti – si è battuto per ottenere questo risultato, un successo indubitabile: rispetto all’arretramento di dicembre relativo a quanto previsto nel pdf La Buona Scuola, si evidenzia un ulteriore – definitivo – arretramento sugli scatti di anzianità, che verranno mantenuti. Ma, per il resto, la bozza di ddl è la concretizzazione di uno slogan che un tempo usavamo in senso paradossale: la scuola azienda.

Il dirigente sarà l’unico arbitro non solo della chiamata e della gestione del personale, ma anche della valutazione dei docenti e – infine – della didattica, prerogativa fino ad oggi del collegio dei docenti. Una ripresa del ddl Aprea in versione hard, se è possibile. Il collegio non avrà più sovranità in quell’ambito, ma – come il consiglio di istituto – verrà solo “consultato”: fine degli organi collegiali e della democrazia scolastica. Del resto non c’è da stupirsi: si tratta, mutatis mutandis, dello stesso impianto che il premier sta imponendo, ad un livello più alto, a tutto il mondo del lavoro con il Jobs Act e – ad un livello supremo – alla democrazia del nostro Paese, attraverso una concreta, intenzionale ed incontrastata sottrazione di poteri e centralità al Parlamento, amplificata dalle riforme che sta mettendo in campo.

E, come il concetto di partecipazione, su cui si fonda la Costituzione, è stato cancellato di fatto dalla vita pubblica, così viene rimosso – quale inutile orpello – all’interno delle istituzioni dello Stato che sono le scuole. Scuole statali, perché il nostro ordinamento costituzionale prevede una non equipollenza con quelle private, per le quali non dovrebbero essere stornati fondi dalla fiscalità generale. E invece esse saranno oggetto – dopo la chiamata all’ordine dei 44 parlamentari (di cui 32 renziani), che hanno preteso ed ottenuto l’obolo, aggiuntivo rispetto a quello che le paritarie percepiscono annualmente e che ammonta a circa 700milioni – di sgravi fiscali. Alle scuole singole (non eventualmente al sistema scolastico nazionale, per favorire l’abbattimento della sperequazione tra scuola e scuola, tra zona e zona del Paese) potrà essere devoluto il 5xmille, in spregio del principio dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale e di quello di uguaglianza, in una miserabile visione proprietaria di uno strumento – la scuola – dell’interesse generale.

Precari: dopo epidemie di “annuncite” e numeri in libertà, il Governo dovrebbe assumerne 100mila, di cui circa 25mila coprirebbero il turnover, mentre non si coprirebbero tutti i posti realmente disponibili, dal momento che una parte – pari, considerati conteggi attendibili che stiamo facendo e che presto pubblicheremo, a mezzo docente ad istituto scolastico  – verrà destinato al cosiddetto “organico funzionale”: un ibrido monstrum extracontrattuale, cui non verrà garantita alcuna stabilità lavorativa, verrà reclutato dal ds dall’albo di rete, in cui tornerà alla fine di 36 mesi lavorativi, avrà un mansionario da tuttologo e tuttofare. Che apre – sulla scia del Jobs Act – un vulnus gravissimo su tutto il sistema di reclutamento anche nel pubblico impiego.

Sui 500 euro per l’autoformazione dei prof, basta dire che tale spesa non è contabilizzata: si è trattato dell’ultimo coniglio dal cilindro, dopo i numerosi ritardi sulla data di presentazione, dovuti a dilettantismo, confusione, fretta, discordanza tra annunci e praticabilità. Tutto il resto (0-6, diritto allo studio, valutazione e una serie di altre materie strategiche) è all’interno del testo come delega al governo, come nelle migliori tradizioni antidemocratiche, contro le quali – ai tempi della Moratti, ad esempio – si battevano (ipocritamente, con il senno di poi) anche coloro che stanno oggi facendo lo stesso. Ricattando: “prendere o lasciare” (annessa delega in bianco) sulla pelle dei precari che da settembre stanno aspettando.

Mentre la pag. Fb che il Pd ha dedicato alla riforma della scuola è letteralmente invasa dal dissenso e da promesse di non votare più quel partito (dissenso che mi affretto a registrare qui, prima che tutto venga rimosso, come usano fare di ciò che non si incastra con la loro singolare idea di “ascolto”) leggo con stupore immenso un articolo di Ciccarelli sul Manifesto in cui gli uomini senza macchia e senza paura della minoranza Pd dicono la loro sulla riforma della scuola: “Della «Buona Scuola» Cesare Damiano loda l’alternanza scuola lavoro e la «sta­bi­liz­za­zione» dei pre­cari. Fas­sina vede «ambi­zioni impor­tanti e posi­tive» ma chiede di ridi­scu­tere i poteri dei pre­sidi. Ber­sani ne loda la «spinta rifor­ma­trice». «Come Par­la­mento — ha riba­dito — cer­che­remo di andare alla svelta»”. Anche a costoro dovremmo affidare la speranza di una dura battaglia parlamentare? La fedeltà alla logica di partito – alla quale questi signori hanno subordinato voti pesanti per smantellare la democrazia nel nostro Paese – è già di per sé incomprensibile. In questo caso, la sedicente sinistra di questo partito che sostiene di collocarsi nell’asse di una tradizione (opinabile, ma certamente salda su alcuni principi che hanno emancipato questo Paese, perché scritti nella Costituzione) sta vergognosamente esprimendo, se ancora ce ne fosse bisogno, la sua faccia loffia e inerte attraverso addirittura il consenso. Hanno letto il testo? Sanno cosa stanno delegando al Capo? Il silenzio sarebbe stato più dignitoso.

Ci aspettiamo che i parlamentari della sinistra del Pd che hanno firmato il testo della Lipscuola abbiano un’idea diversa.


 
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Buona scuola

Post n°3267 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da “Left”

Diseguale, aziendale e anche autoritaria la buona scuola di Renzi in cinque punti

La “strepitosa” Buona scuola renziana, leggendo dietro le cifre e le parole d’ordine del premier, sarà soprattutto una “strepitosa” scuola della disuguaglianza.

di Donatella Coccoli

Una rivoluzione strepitosa”, ha detto il premier Matteo Renzi presentando alla fine del Consiglio dei ministri le 10 slide che ridisegnano l’intero sistema scolastico italiano. La “strepitosa” Buona scuola renziana, leggendo dietro le cifre e le parole d’ordine del premier, sarà soprattutto una “strepitosa” scuola della disuguaglianza.

Forse efficiente, certo, ma solo dove esistono già le basi. E l’articolo 3 della Costituzioneche invita lo Stato a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana? Dietro a elementi positivi come l’assunzione di centomila precari o la Carta dei prof, si nascondono provvedimenti che vanno nella direzione contraria all’uguaglianza. Vediamo per quali motivi:

1.

Puntando sull’autonomia scolastica e sulla forte presenza dei territori, chiaramente si favoriranno quegli istituti che avranno la fortuna di trovarsi in zone con maggiori risorse. E magari scuole di frontiera, con bravi docenti e studenti con possibilità, saranno come al solito penalizzati. Con la proposta di devolvere il 5xmille alle scuole, è ovvio poi che le famiglie ricche lo faranno per gli istituti dei propri figli che difficilmente saranno istituti tecnici o professionali di periferia. Così come con altre iniziative “esterne”, come il crowdfunding o l’intervento di sponsor privati saranno più frequenti in zone del Paese caratterizzate da una maggiore vivacità economica e sociale

Con la figura del preside “leader educativo del territorio” – così l’ha definito il premier-sindaco – si dà un potere immenso al dirigente scolastico, da perfetto capo di un’azienda o meglio ancora, da sindaco. Questa figura dovrebbe non solo pensare alla regolare amministrazione del suo istituto-azienda, ma anche ai contenuti, al sapere, al profilo umano dei suoi dipendenti. Basteranno i curricula a suggerire scelte oculate? O si verificherà anche in questo caso, diversità di trattamento, scelte di favore, clientelismi? Chi controlla il controllore?

Il trattamento di favore per le scuole paritarie private. Le famiglie che iscrivono i propri figli a questi istituti avranno una detrazione fiscale che ogni anno potrebbe arrivare anche a 450 milioni di euro. Sommati ai 700 euro che ricevono da Stato e enti locali, si arriva a oltre un miliardo l’anno. E perché allora non favorire il diritto allo studio per chi si iscrive alle scuole pubbliche e paga un contributo volontario che a volte arriva anche ai 150 euro? Sappiamo che ci sono poi regioni come il Veneto che pur mantenendo i fondi per le paritarie (circa 40 milioni) tagliano le borse di studio per gli universitari. Vi sembra una scuola dell’uguaglianza?

La competizione che verrà alimentata tra i docenti con i premi per il merito. Per un mucchietto di soldi in più chissà cosa accadrà, tenendo conto che abbiamo a che fare con una categoria vessata per anni, umiliata e offesa, sia da un punto di vista contrattuale che umano.

I contenuti dell’insegnamento saranno diversi da scuola a scuola. Visto che il premier ha calcato la mano sull’”autonomia vera”, sull’offerta formativa costituita da discipline ad hoc per ogni istituto, è chiaro che ci sarà anche in questo caso una disparità tra il Nord e il Sud, tra le periferie e i centri delle grandi città.

Vale la pena di andare a scorrere i dati forniti da un corposo dossier uscito alla fine del 2013, il Rapporto sul sistema educativo italiano, realizzato da Cidi, Legambiente e altre associazioni educative. Il Paese, per investimenti e abbandoni scolastici, è diviso come ai tempi dell’unità d’Italia. Se in Sicilia, per esempio, per il diritto all’istruzione si spende poco più di 600 euro a studente e in Emilia Romagna tre volte tante, affidarsi ai territori forse non è la cosa migliore.

E perché nella sanità si assiste ad una tendenza “centralistica”, mentre  per la scuola accade esattamente il contrario? Non sarà questo solo un escamotage per contenere i costi affidandoli ai territori senza alcun progetto educativo e formativo globale dietro alle spalle?

Diseguale, aziendale e anche autoritaria, visto il carattere del preside-sindaco. Questa è la Buona scuola renziana. A questo punto i parlamentari se hanno ancora un briciolo di sangue “democratico” nelle vene, devono farsi sentire. Gli studenti lo stanno facendo, scendendo nelle piazze. C’è un buon progetto di scuola pubblica, quello della Lip (legge di iniziativa popolare), si tratta solo di afferrarne alcuni principi e proporre una strada comune (con alcuni punti della Buona scuola positivi, come l’assunzione dei precari e l’organico funzionale). L’obiettivo deve essere l’uguaglianza di base, di partenza. Il sapere offerto anche a chi non se lo può permettere.

 @dona_Coccoli

 
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Scatti

Post n°3266 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scatti

Da "La Tecnica della Scuola"


Restano gli scatti, ma sparisce il fondo di istituto?

Presentando il DDL sulla scuola, Renzi ha spiegato che gli scatti di anzianità resteranno, ma non ha chiarito da dove arriveranno i soldi. Il sospetto è che, ancora una volta, sarà necessario attingere al fondo di istituto.

Reginaldo Palermo

La notizia che la progressione stipendiale dei docenti si baserà ancora in buona parte sugli scatti stipendiali è stata accolta con favore dal mondo della scuola e ovviamente anche dai sindacati.
Ma la questione va chiarita, per evitare di creare inutili aspettative. Si tratta infatti di capire da dove arriverà la copertura finanziaria, considerato che fino allo scorso anno i soldi non c'erano.
E siccome i soldi che sono stati stanziati nella legge di staibilità dovranno servire quasi esclusivamente per le assunzioni, la risposta è pressochè obbligata: le risorse arriveranno ancora una volta dal fondo di istituto che, nelle intenzioni iniziali del Governo, sarebbe dovuto servire in parte per gli scatti di anzianità e in parte per il "merito".
Adesso la soluzione sembra un po' diversa: bisognerà prevedere R400milioni di euro per gli scatti e quindi il fondo risulterà praticamente dimezzato. 
Volendo garantire anche gli scatti dell'anno successivo il fondo dovrebbe essere del tutto azzerato e non ci sarebbe più nulla neppure per il cosiddetto "merito" (che - da quanto si capisce dal DDL - dovrebbe servire di fatto per pagare collaboratori dei dirigente, figure di sistema e poco più).
Si spiega così il motivo per cui il DDL prevede 200milioni di euro per il merito a partire dal 2016.
In pratica si tratta della cifra che servirà a pagare le "prestazioni" essenziali e ineliminabili.
Con questa manovra, molto vicina al gioco delle tre carte, il problema sarà tamponato ancora per il 2016, ma poi bisognerà di nuovo inventarsi qualcosa. 
Può darsi che la nostra previsione pecchi di pessimismo: se i fatti ci smentiranno ne saremo ben felici, ma per capire se ci siamo sbagliati non bisognerà aspettare molto: entro due-tre mesi al massimo il Governo dovrà pur dire in che modo intende pagare gli scatti e a quel punto il mistero sarà svelato.

 
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Preside

Post n°3265 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Preside

Da "Corriere della sera"

«Io preside e i premi ai migliori: si rischia la guerra tra i prof»

«Anche la chiamata diretta rischia di non essere possibile: pioveranno ricorsi»

 

Orsola Riva

Ci hanno chiamato in tutti i modi: presidi leader, presidi manager. Adesso va di moda il preside sindaco. Sono 15 anni che l’autonomia scolastica è ferma ai nastri di partenza e noi dirigenti abbiamo ormai i muscoli anchilosati a furia di aspettare lo sparo del via». Tommaso De Luca è il preside di una delle più antiche scuole d’Italia, l’Istituto tecnico Avogadro di Torino: duecento anni di vita, nobili padrini in casa del conte Camillo Benso di Cavour, una storia di rapporti consolidati con il Politecnico e con le aziende della città, una tradizione che va avanti a furia di innovazioni continue.

De Luca è uno degli 8.500 presidi a cui la riforma della scuola di marca renziana vorrebbe attribuire più poteri, e che poteri: elaborazione di un piano dell’offerta formativa triennale con ampi margini di manovra nella modulazione del curriculum degli studenti, chiamata diretta dei prof, assegnazione di un premio economico ai docenti in base ai risultati ottenuti.

 esempio. Poter scegliere l’insegnante più adatto alle proprie esigenze didattiche sarebbe bellissimo. Ma prima bisognerebbe modificare il sistema di reclutamento, che funziona per classi di concorso che abilitano all’insegnamento di 3-4 materie diverse. Oggi se io ho bisogno di un docente di robotica e si presenta da me un ingegnere laureato in meccanica del tutto privo di competenze specifiche, non posso certo fare lo schizzinoso e mandarlo via. Quello esce dal mio ufficio e entra dal giudice del lavoro».

Il problema è che la chiamata diretta può funzionare nel privato, ma nella Pubblica amministrazione aprirebbe la strada a una marea di cause civili. Che nel 70 per cento dei casi si risolvono a vantaggio del ricorrente.

Anche sulla programmazione triennale De Luca ha dei dubbi di fattibilità: «Già oggi facciamo i salti mortali per riuscire a chiudere il bilancio di previsione a febbraio. Vuol dire 5 mesi dopo l‘inizio della scuola. Tanto ci vuole per riuscire ad accertare con sicurezza le risorse a disposizione. Il problema è che l’anno scolastico va dal 1°settembre al 31 agosto mentre quello finanziario dal 1° gennaio al 31 dicembre. Figuriamoci se dovessimo fare una programmazione triennale. Ci vorrebbe certezza di risorse da oggi al 2017…».

Ma il punto della riforma che suscita più perplessità in De Luca sono i premi ai prof decisi dal dirigente. E’ tutto quello che resta, per ora, del progetto iniziale di legare la retribuzione dei docenti oltre che agli scatti di anzianità anche al merito. I 200 milioni di «bonus» messi sul piatto all’ultimo dal governo lasciano anch’essi forti dubbi. «Si rischia la guerra del preside con il collegio docenti – dice De Luca -. E io non posso certo fare la Buona Scuola contro i miei professori, posso farla solo con loro». Non che il preside dell’Avogadro sia contrario alla valutazione dei docenti, tutt’altro, ma prima bisognerebbe fissare dei criteri generali in modo da ridurre al minimo il margine di arbitrarietà: «Difficile attribuire i risultati di una classe al singolo docente: troppe le variabili in gioco — spiega —. Diverso invece è il caso di un insegnante di inglese che si dà da fare per organizzare gemellaggi e scambi internazionali. Questo impegno aggiuntivo arricchisce oggettivamente l’offerta formativa e gli andrebbe riconosciuto economicamente».

Ma soprattutto De Luca insiste che la valutazione non può essere una procedura tutta interna alla scuola. «Il preside può pesare solo per una piccola parte. Il grosso dev’essere affidato agli ispettori. Che devono valutare anche noi. Senza valutazione esterna sarebbe come immaginare di regolare il traffico senza vigili: ma si immagina cosa succederebbe se quando uno passa con il rosso toccasse a lui darsi la multa e togliersi i punti dalla patente?».

«Cose meritorie sulla carta — commenta De Luca —. Sempre, però, che si riescano a fare. Troppe volte un disegno di legge è uscito snaturato dal dibattito in Parlamento. E poi ci sono molti aspetti ancora da chiarire. La chiamata diretta, per esempio. Poter scegliere l’insegnante più adatto alle proprie esigenze didattiche sarebbe bellissimo. Ma prima bisognerebbe modificare il sistema di reclutamento, che funziona per classi di concorso che abilitano all’insegnamento di 3-4 materie diverse. Oggi se io ho bisogno di un docente di robotica e si presenta da me un ingegnere laureato in meccanica del tutto privo di competenze specifiche, non posso certo fare lo schizzinoso e mandarlo via. Quello esce dal mio ufficio e entra dal giudice del lavoro».

Il problema è che la chiamata diretta può funzionare nel privato, ma nella Pubblica amministrazione aprirebbe la strada a una marea di cause civili. Che nel 70 per cento dei casi si risolvono a vantaggio del ricorrente.

Anche sulla programmazione triennale De Luca ha dei dubbi di fattibilità: «Già oggi facciamo i salti mortali per riuscire a chiudere il bilancio di previsione a febbraio. Vuol dire 5 mesi dopo l‘inizio della scuola. Tanto ci vuole per riuscire ad accertare con sicurezza le risorse a disposizione. Il problema è che l’anno scolastico va dal 1°settembre al 31 agosto mentre quello finanziario dal 1° gennaio al 31 dicembre. Figuriamoci se dovessimo fare una programmazione triennale. Ci vorrebbe certezza di risorse da oggi al 2017…».

Ma il punto della riforma che suscita più perplessità in De Luca sono i premi ai prof decisi dal dirigente. E’ tutto quello che resta, per ora, del progetto iniziale di legare la retribuzione dei docenti oltre che agli scatti di anzianità anche al merito. I 200 milioni di «bonus» messi sul piatto all’ultimo dal governo lasciano anch’essi forti dubbi. «Si rischia la guerra del preside con il collegio docenti – dice De Luca -. E io non posso certo fare la Buona Scuola contro i miei professori, posso farla solo con loro». Non che il preside dell’Avogadro sia contrario alla valutazione dei docenti, tutt’altro, ma prima bisognerebbe fissare dei criteri generali in modo da ridurre al minimo il margine di arbitrarietà: «Difficile attribuire i risultati di una classe al singolo docente: troppe le variabili in gioco — spiega —. Diverso invece è il caso di un insegnante di inglese che si dà da fare per organizzare gemellaggi e scambi internazionali. Questo impegno aggiuntivo arricchisce oggettivamente l’offerta formativa e gli andrebbe riconosciuto economicamente».

Ma soprattutto De Luca insiste che la valutazione non può essere una procedura tutta interna alla scuola. «Il preside può pesare solo per una piccola parte. Il grosso dev’essere affidato agli ispettori. Che devono valutare anche noi. Senza valutazione esterna sarebbe come immaginare di regolare il traffico senza vigili: ma si immagina cosa succederebbe se quando uno passa con il rosso toccasse a lui darsi la multa e togliersi i punti dalla patente?».

 
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Precari

Post n°3264 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: PRECARI

Da "La Tecnica della Scuola"


Non vogliamo essere precari invisibili


Silvana La Porta

Non ne possono più i precari della scuola. E faranno sentire forte la loro voce domani 17 marzo, quando a Roma si svolgerà una doppia protesta nei luoghi chiave per le sorti della scuola: nei pressi del Parlamento, con inizio alle 14.30, è previsto un sit-in del Mida a cui aderisce anche Adida. 

A seguire, nello stesso pomeriggio, si svolgerà un altro sit-in davanti il Miur: questo sarà organizzato da Anief, che metterà a disposizione dei lavoratori i pullman per raggiungere la capitale da tutta Italia.

Non mancano naturalmente i motivi cogenti, alla luce del Ddl approvato in Consiglio dei ministri giovedì scorso. Larga è la piattaforma della protesta: dalla richiesta di inserimento immediato in GaE di tutti i docenti abilitati a partire dalla seconda fascia d’istituto, e la conseguente immissione in ruolo laddove vi sono posti liberi, al pagamento degli scatti di anzianità negato ancora dal Ccnl 2006/2009 e delle ferie; dal recupero del primo gradino stipendiale ai neo-assunti tolto dal Ccnl 2011, alla conversione dei contratti, sottoscritti su posto vacante, da 30 giugno a 31 agosto.

Il commento di Marcello Pacifico, presidente Anief, è inequivocabile: “Quella che il Governo ha approvato e messo nelle mani del Parlamento non è la scuola migliore: i primi ad essere danneggiati sono gli utenti, studenti e famiglie, che si ritroveranno ancora con un offerta formativa ridotta, e tantissimi docenti precari, che lo Stato si ostina a non stabilizzare malgrado ne abbiano pieno diritto. I primi ad essere interessati alla protesta sono i 140.000 supplenti che svolgono un ruolo prezioso nelle nostre scuola, ma che il Governo continua in larga parte a trattare, quando si tratta di realizzare i piani di immissioni in ruolo, come dei lavoratori invisibili.”

Questi lavoratori invisibili non ci stanno più ad essere trattati come insegnanti inesistenti. Complessivamente, sono più di 120mila i docenti precari che lavorano attualmente nelle nostre scuole, per lo più con un contratto al 30 giugno, spesso su un posto vacante: più della metà di essi, è chiamato dalle graduatorie d’istituto ma non può inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento creata nel 2012, utile per le annunciate immissioni in ruolo del Governo. Molti si sono abilitati con Tfa e Sfp a numero chiuso, su una previsione di posti vacanti nel triennio o quinquennio successivo, con il Pas in virtù dell’esperienza maturata con 36 mesi di servizio, hanno il diploma magistrale abilitante o l’abilitazione conseguita all’estero. Questa la farraginosa situazione, frutto di anni di politiche dissennate. Eppure questi docenti sono rimasti fuori dal piano di assunzioni deciso dal Miur, peraltro ancora confuso sugli organici, in assenza di un serio censimento che individui i destinatari dei contratti a tempo determinato su posto vacante assegnati dal 1999.

Ma non solo. Tante altre sono le questioni sul tappeto per le quali si lotta domani. Marcello Pacifico ricorda che “nessuno dei 120mila precari oggi in servizio, nonostante una chiara giurisprudenza della Corte di Giustizia europea formata sulla direttiva comunitaria n. 70 del 1999 - se non per ordine di un giudice del lavoro -, ha mai ricevuto, per via di leggi e contratti nazionali firmati dai sindacati rappresentativi (l’ultimo scaduto nel 2009), gli scatti di anzianità previsti solo per il personale di ruolo dal 1999 al 2012. E ancora molti di essi devono rivolgersi ai tribunali per ottenere il pagamento delle ferie spettanti, bloccato dalla Legge di stabilità 2013. Per non parlare dei 150.000 precari che saranno assunti dal Governo senza il primo gradino stipendiale, eliminato nel 2011 con il benestare di una parte del sindacato rappresentativo, per realizzare quell’invarianza finanziaria prevista da una legge che ora finanzia il piano di assunzioni con un fondo di 1 miliardo”.

Resta un’ultima domanda: a quando la decisione che davvero spazzerebbe via il precariato in Italia ,ovvero quella di assumere 200mila supplenti? Se così non sarà arriverà una valanga di ricorsi, con la richiesta di risarcimento, già ottenuto più volte in tribunale, che va dai 30mila ai 50mila euro a docente con 10 anni di precariato. Tempi di fuoco in questa primavera incipiente. La lotta dei precari non si ferma.

 
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Riforma

Post n°3263 pubblicato il 16 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Riforma

Da "OrizzonteScuola"

Riforma. Come avverranno assunzioni a settembre 2015 tramite gli albi. Le scuole dovranno presentare piano organico entro maggio


di Paolo Damanti


L'organico, secondo la bozza di DDL pubblicata dalla nostra redazione, sarà costituito dai posti comuni (su cattedra) e dai posti funzionali, per il potenziamento dell'offerta formativa. Come sarà determinato il numero per scuola?

Per il 2015, l'organico funzionale sarà attivato soltanto per la scuola primaria e secondaria di I e II grado, per l'infanzia si avvierà un progetto successivo che vedrà coinvolgere 23 mila insegnanti.

Nel frattempo, per primaria, secondaria di primo e secondo grado, entro maggio 2015 dovrà essere determinato l'organico funzionale. Si tratta  della prima attivazione per la quale le scuole dovranno presentare il progetto del Piano dell'offerta formativa cui sarà legata la dotazione organica.

Tempi davvero risicati e incerti, dato che tutto ciò è  un disegno di legge che deve  ancora iniziare il cammino parlamentare. Anche quando il DDL dovesse essere approvato entro aprile, i dirigenti (perché saranno loro i responsabili) saranno costretti ad una corsa contro il tempo.

Inoltre, il Piano dell'offerta formativa che determinerà l'organico avrà validità triennale. Il prossimo aggionamento è previsto per ottobre 2017, dato che il rinnovo avviene entro il mese di ottobre dell'anno scolastico precedente al trienni di riferimento. Sbagliare, potrebbe causare anche problemi seri alle scuole, relativamente alla dotazione organica. C'è poi da considerare i tempi della valutazione dei piani da parte degli USR e relativa assegnazione della dotazione organica degli albi.

Determinato l'organico, il Ministero dovrà poi assegnare i docenti agli albi regionali, articolati in liste provinciali e sub-provinciali.

Per il piano di assunzioni del 2015, i docenti dovranno scegliere gli albi territoriali, in prima istanza gli iscritti in GaE che devono essere collocati nella provincia scelta nell'aggiornamento 2014, quindi i vincitori del concorso che dovranno essere inseriti nella regione per la quale hanno vinto il concorso. Se non ci sarà posto in questi albi, bisognerà trovare collocazione in altri albi territoriali scelti dal candidato.

Saranno gli USR che assegneranno i docenti agli albi, poi spetterà ai dirigenti

Ricordiamo che il DDL dà potere ai dirigenti di scegliere liberamente i docenti in base al curriculum. Questi ultimi dovranno essere valutati, e i dirigenti dovranno organizzare i colloqui con i docenti, decidere chi va bene per che cosa e offrire il posto all'insegnante che sarà libero di accettare questa o altre proposte.

Una serie di operazioni nuove che potrebbero anche vedere degli intoppi imprevisti, a partire dai tempi legati al varo della legge.

Si riuscirà per il 1 settembre 2015 ad avere tutti i docenti in cattedra? Sarà, comunque, lotta contro il tempo.

Tutto sulla Buona scuola, con il testo del DDL da scaricare

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

Felice settimana


 Serena, solare settimana a tutti voi, piena di energia e di voglia di lottare ancora insieme...

FabianaGiallosoleq

 

 

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