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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

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sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 07/05/2015

 

Quota 96

Post n°3425 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "LeggiOggi.it"


Quota 96: l’ultima beffa. Niente pensione coi vecchi requisiti

In Gazzetta la circolare per il pensionamento nella PA



Pensioni nella pubblica amministrazione – e nella scuola: proprio nei giorni dell’agitazione nelle aule di tutto il Paese, spunta in Gazzetta Ufficiale la circolare – beffa per insegnanti, amministrativi e Ata in genere rimasti in servizio a causa della legge Fornero.

Come noto, la categoria dei Quota 96, in riferimento al comparto scolastico, contempla tutti quei lavoratori che avrebbero dovuto lasciare il proprio posto il 31 agosto 2012, per effetto della riforma delle pensioni che consentiva a tutti di andare in pensione con le vecchie regole entro la fine dell’anno solare precedente. La svista dei legislatori di non includere una postilla per il comparto educativo, che chiude l’annualità a fine agosto, obbligò oltre 4mila docenti e amministrativi a rimanere in carica pur avendo completato il proprio percorso contributivo.

Nei mesi scorsi, poi, nell’ambito del riordino del personale pubblico seguito alla riforma delle province, è infatti spuntata una circolare a firma del ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, che prevedeva come coloro che avessero raggiunto la Quota 96 entro la fine del 2011 potessero finalmente chiudere la propria carriera con il riconoscimento delle annualità lavorate e versate regolarmente alla previdenza.

In un primo momento, sembrava che questa disposizione fosse rivolta proprio ai “dimenticati” della legge Fornero, quegli over 60, ormai transitati oltre quota 100, che attendono la risposta definitiva a un diritto sospeso.

A leggere con attenzione il contenuto del documento, però, appare chiaro come, anche stavolta, per i lavoratori della scuola non siano previste corsie preferenziali dopo l’ingiustizia subita. 

“I dipendenti che hanno maturato il requisito di accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regime di accesso al pensionamento previgente (anche in applicazione dell’art. 2, comma 4, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101). E’ il caso di coloro che entro tale data hanno maturato la quota 96″.

E’ questo quanto prevede la circolare del Ministero che, dunque, non include nel computo quanti abbiano raggiunto i requisiti nell’agosto dell’anno successivo, che, insomma, rimangono ancora una volta al di fuori delle previsioni di legge.

Nel frattempo, la circolare stabilisce in maniera definitiva l’obbligo di pensione per i dipendenti pubblici al compimento dei 65 anni, mentre viene ammesso il ritiro forzoso anche prima dei 62. QUI I DETTAGLI E I REQUISITI

E mentre il mondo della scuola è sceso in piazza, anche nel testo della riforma Giannini “La buona scuola” non è previsto alcun rimedio per questa categoria oggetto di uno dei più clamorosi errori in sede di stesura di una legge degli ultimi anni.

Molti di loro riusciranno comunque, in base ai nuovi requisiti, a ottenere l’assegno Inps al termine di quest’anno scolastico: ormai, l’unica via d’uscita per gli ex Quota 96 è quella di rassegnarsi a chiudere in base alla legge in vigore.

Vai allo speciale Quota 96

Vai allo speciale pensioni

 
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SCIOPERO

Post n°3424 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


 

Sciopero 5 maggio: grande risultato in Sardegna.A Palermo riuscito boicottaggio prove Invalsi


di Giulia Boffa



A Roma domani continua la proposta contro il ddl di Renzi. A Palermo riesce il boicottaggio contro le prove Invalsi.

Cobas. In Sardegna grande successo dello sciopero
Cobas Scuola
– Dopo l’immenso SCIOPERO GENERALE (con centinaia di scuole SBARRATE) di ieri, 5 maggio 2015, ed il bellissimo corteo unitario di Cagliari, arrivano oggi esaltanti conferme da tutta la Sardegna di intere scuole CHIUSE o dove comunque i Quiz INVALSI sono SALTATI per SCIOPERO delle/degli insegnanti, delle/dei Collaboratrici/tori Scolastici o per SCELTA delle famiglie che hanno tenuto a casa i loro figli non condividendo la scuola degli insulsi indovinelli. leggi tutto

Scuola: protesta non si ferma. Venerdì 8 maggio nuova manifestazione a Roma
Mirella Arcamone
- Adesioni record anche per gli istituti del X Municipio. Scuole chiuse o vuote e docenti, personale ata e studenti in corteo a Roma per manifestare il loro dissenso alla ‘Buona Scuola’ di Renzi.leggi tutto

A Palermo riuscito boicottaggio prove Invalsi
Protagonisti della giornata di oggi sono i genitori, molti dei quali non hanno mandato i figli a scuola per non sottoporli al "rito" delle prove Invalsi. Un vero e proprio boicottaggio, orchestrato dai Cobas.leggi tutto

Sciopero 5 maggio: grande risultato in Sardegna
comunicato Cisl Scuola Sardegna
– Super soddisfatti del risultato ottenuto oggi, con lo sciopero unitario, FLC CGIL, CISLSCUOLA, UIL SCUOLA, GILDA e SNALS con associati i COBAS.leggi tutto

Palazzotto (SEL) “DDL Buona Scuola scava nuovo solco tra nord e sud del paese. “
“Il mondo della scuola oggi ha riempito anche le piazze della Sicilia. Il ddl del Governo non è solamente la pietra tombale per l’istruzione pensata come strumento di crescita democratica e di emancipazione, ma una gigantesca opera di camuffamento che, dietro la retorica, nasconde lo stato drammatico delle scuole in Italia e, soprattutto, nel sud e in Sicilia”. Cosi il deputato siciliano di Sinistra Ecologia e Libertà Erasmo Palazzotto.leggi tutto

Aperte le iscrizioni alla Scuola Popolare di Sel Pescara
Aperte le iscrizioni alla Scuola Popolare di Sel Pescara, ripetizioni gratuite e corsi collettivi per gli studenti delle scuole superiori leggi tutto

 

 
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BUONA SCUOLA

Post n°3423 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

“La Buona Scuola” e il crollo del buonsenso


di Giorgio Israel


DA OGGI I MIEI INTERVENTI SULLA STAMPA SONO FINITI

Questo articolo doveva essere pubblicato da giorni sul quotidiano di cui “ero” editorialista, e di giorno in giorno è stato rinviato, fino a che oggi rappresenta l’estremo limite perché non diventi obsoleto. Lo propongo qui in una versione un po’ espansa.

In cambio, al suo posto, è stato pubblicato un articolo-appello a non scioperare che imputa allo sciopero il rigetto del tema del MERITO – insomma una predica sull’importanza del merito. Il “bello” è che l’autore della predica è persona che ha millantato due lauree e un master di economia mai conseguiti, e altre titoli di “merito” inesistenti. Se, per fare una predica sul merito, si ha bisogno di rivolgersi a una simile “autorità” vuol dire che il grado di insensibilità etica ha raggiunto livelli impensabili.

Da oggi  sono finiti i miei interventi sulla stampa. (Da intendersi come la “stampa” in generale, e non l’omonimo quotidiano su cui non ho mai scritto). Non me ne rammarico perché ho sempre detto quel che pensavo e ho pagato prezzi molto alti per questo. Non cambierò certo in tarda età. D’ora in poi scriverò soltanto sul blog o presso chi vorrà darmi spazio in modo libero e accettabile.

La narrazione (o storytelling, come si usa dire oggi) dell’attuale conflitto sulla scuola da parte chi difende il progetto governativo è che in Italia non si può far niente perché ogni tentativo di riforma è bloccato da potenti forze conservatrici e la scuola ne è l’esempio supremo. Nell’istruzione, come altrove, sono presenti forze conservatrici e corporative, ma la rappresentazione che esse abbiano bloccato ogni tentativo di modifica è un falso colossale. Se alcune riforme globali (i cicli di Berlinguer, la legge Moratti) sono fallite, chi conosca appena la storia della scuola italiana degli ultimi decenni sa che su di essa si è rovesciato un caotico tsunami di decreti, di circolari, di sperimentazioni, di prescrizioni che ne hanno cambiato il volto in modo profondo e, soprattutto, disorganico. Gli insegnanti sono stati terremotati da cambiamenti introdotti per lo più in modo subdolo e veicolati come “sperimentazione”.

Ricordiamo alcuni eventi di questo tsunami, cominciando dalla “rivoluzione” che, pezzo a pezzo, è stata fatta della scuola primaria sotto la ferula di “indicazioni nazionali” l’una peggiore dell’altra. Poi è avanzata l’ideologia della sostituzione della scuola delle conoscenze con la scuola delle “competenze”, promossa da un network di pedagogisti e di dirigenti ministeriali che hanno imposto in modo ossessivo la redazione di ogni documento secondo la trimurti conoscenze–competenze–abilità e hanno inondato le scuole di griglie e documenti di certificazione delle competenze la cui compilazione divora una parte consistente delle attività d’insegnamento. L’ultima certificazione, in uscita da poco, rappresenta l’apice della sadica volontà di estirpare ogni traccia di buon senso dal mondo della scuola. Si procede fino all’esclusione di ogni possibile valutazione negativa del rendimento dello studente. È il trionfo della follìa del “successo formativo garantito”. Chi abbia frequentato certi corridoi ministeriali sa che non è possibile scrivere in un documento «lo studente, al termine del corso, saprà risolvere un’equazione di secondo grado»: bisogna dire «sa risolvere», all’indicativo presente… perché la scuola garantisce il successo per decreto. Oggi, gli insegnanti che vogliono fare il loro mestiere sono costretti a impiegare gran parte del loro tempo a compilare scartafacci ispirati a queste logiche demenziali. E, come se non bastasse, ora le scuole sono impegnate, anziché a insegnare, a compilare un pesante documento di autovalutazione (RAV, Rapporto di autovalutazione). Anche qui, se ancora avesse corso il buon senso, l’idea che le scuole impieghino una quota considerevole di tempo a darsi un voto rispondendo a decine di domande, potrebbe solo far parte di un libro di barzellette.

Poi è cascato sulle spalle delle scuole l’Invalsi, un ente chiuso, composto da uno staff inamovibile, i cui atti e le cui discutibili metodologie statistiche sono rigorosamente sottratte da ogni valutazione, come se il più elementare buon senso non indicasse che chi ha il potere di valutare sia il primo a dover essere controllato con rigore. L’Invalsi ha ottenuto di sottoporre gli studenti individualmente a test che nelle medie contribuiscono alla valutazione dello scrutinio, introducendo una nuova materia, il “superamento dei test Invalsi”. Ciò ha avuto come conseguenza il dilagare della disastrosa prassi del “teaching to the test”, ormai largamente criticata all’estero da chi l’ha sperimentata prima di noi.

E che dire della disastrosa legge sui DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento)? Non soltanto ha introdotto un fenomeno nuovo: la medicalizzazione della scuola; ma ha introdotto l’idea nefasta che, al primo sintomo di difficoltà di apprendimento, invece di ricorrere a tutti gli strumenti didattici più sofisticati, lasciando aperta un’opportunità di crescita, con la diagnosi di DSA si inchioda il bambino (o ragazzo) a una condizione che dovrebbe caratterizzarlo per la vita. È un’ideologia che ha come corrispettivo gli screening genetici di massa che effettuava il regime fascista. E, come se non bastasse, le diagnosi sono effettuate da psicologi che, candidamente, dichiarano “discalculico” un ragazzo senza sapere neppure cosa sia una divisione con resto. Come se questo non bastasse si è passati ai BES (Bisogni educativi speciali) che costituiscono una sorta di rafforzamento dei DSA.

Passando alla questione precari, nel 2008 sembrava che si fosse aperta una via ragionevole, sostituendo le pletoriche SSIS (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario) con il più agile TFA (Tirocinio Formativo Attivo) e prefigurando un reclutamento ripartito a metà tra giovani abilitati e precari. Niente da fare. Furono riaperte le GAE (Graduatorie a esaurimento) e un’efferata collusione tra dirigenza ministeriale e alcuni sindacati strangolò il canale di reclutamento dei giovani. Si sono persi ben sette anni, in cui il problema del precariato poteva essere, se non smaltito, ridotto a proporzioni gestibili. Ed ecco che l’Europa ha intimato al governo italiano di risolverlo una volta per sempre.

Nessuno sa bene quanti sono tutti gli aventi diritto. Centomila? Duecentomila? Di più? Cifre ingestibili. Ma se si taglia troppo si rischiano ondate epocali di ricorsi. Di qui il balletto di cifre nello spirito “provo a vedere se passa”. E per nascondere la confusione attorno a questo, che è il vero problema, si è pensato di incartarlo entro un fumoso e ambizioso progetto di riforma denominato con deplorevole retorica “la Buona Scuola”. Ma chi si sognerebbe di chiamare una legge “la Buona Economia”, “la Buona Sanità”, o la “Buona Previdenza”, salvo che per fare propaganda di regime?

Nel merito delle proposte di questo progetto ci sarebbe molto da dire, e ne abbiamo parlato in precedenti interventi. Limitiamoci a due questioni. La prima è che esso è ispirato a una visione secondo cui la scuola deve trasformarsi sempre di più in una sorta di “centro sociale” al servizio della comunità, fino a favorire forme di socializzazione quali le occupazioni, che sarebbero più formative della didattica ordinaria. Difatti, anche qui si manifesta la volontà perversa di marginalizzare sempre di più le discipline ordinarie. Ciò è evidente nella tendenza a premiare gli insegnanti che organizzano attività extra-curriculari penalizzando i poveretti cui – invece di organizzare qualche demagogico e superficiale seminario – salti in mente l’idea di aggiornarsi in qualche seminario universitario di storia o di matematica.

La seconda e grave questione riguarda il ruolo (quale che ne siano le versioni) che si vuol conferire ai dirigenti scolastici di assumere gli insegnanti e gestirne la carriera, premiandoli o penalizzandoli secondo criteri autocratici e consentendo loro di crearsi uno staff di collaboratori fidati. Tutto ciò per realizzare l’autonomia scolastica. Ma anche qui vediamo che l’istruzione è il luogo dove la ragione è stata bandita. A parte legittime discussioni circa la coesistenza tra scuola statale e paritaria, è un fatto che la scuola italiana sia ancor oggi un’istituzione pubblica e a gestione quasi tutta statale, ovvero finanziata dal contribuente, il quale ha il diritto di sapere come sono spesi i suoi quattrini. Allora, o si rimette in sesto l’antico sistema delle ispezioni, gestite da un ministero ripulito da protagonismi che s’impongono anche ai ministri. Oppure, si vada pure a forme di autonomia gestite dal dirigente scolastico. Ma allora chiunque abbia una briciola di buon senso capisce che ciò è possibile con un sistema di valutazione che deve appuntarsi tutto, e con estremo rigore, proprio sulla categoria dei presidi, visto che sono loro ad avere il potere di valutare i docenti! Chi  prende come metro di paragone i vasti poteri di un dirigente aziendale privato dimentica che costui è stato dotato di tale libertà di azione da un consiglio di amministrazione che può cacciarlo quando vuole se non reputa buono il suo rendimento.

Ma “la Buona Scuola” non propone alcun meccanismo di valutazione dei presidi degno di questo nome. Non solo: i tentativi di introdurre controlli analoghi a quelle delle aziende private da parte di consigli scolastici di insegnanti e famiglie, sono risibili, e c’è da vergognarsi di dover spiegare persino il perché. E se un controllo severo e autentico dell’operato dei dirigenti non c’è, ve ne saranno di competenti e rigorosi che faranno funzionare la loro scuola a meraviglia; altri che valuteranno in modo ingiusto i professori; o creeranno le loro camarille di collaboratori fidati; o casi, tutt’altro che improbabili in certi territori, di chi si porrà al servizio di elenchi di reclutamento proposti dalla criminalità organizzata. Come se non bastasse, l’ultimo mega concorso a dirigente scolastico solleva altri dubbi: a parte il numero scandaloso dei test sbagliati tra quelli proposti, moltissimi altri erano espressione di un’ideologia psico-pedagogica che imponeva al candidato di manifestarsi esperto in certa letteratura, e rendeva concreto il sospetto che il ministero volesse selezionare una categoria di persone fidate sul piano ideologico e quindi apprestare le condizioni per rendere la futura autonomia una mera finzione.

Il governo dovrebbe rendersi conto di aver compiuto il capolavoro politico di creare un fronte compatto di opposizione. Lo tsunami subito dalla scuola italiana nel corso di tanti anni, e che ha ridotto i migliori insegnanti alla disperazione, deve essere arrestato. L’unico modo di procedere – sotto la guida di un ministro di altissima competenza e autorevolezza – è di procedere in modo ragionato, lento e cauto, rimettendo insieme i pezzi attraverso il massimo di consenso.

 
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VISITE MEDICHE

Post n°3422 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Visite mediche specialistiche sono assenze per malattia. TAR Lazio annulla circolare Funzione Pubblica, Miur esegue


di Lalla

 

 

Con sentenza n. 5174 del 17 aprile 2015 il Tar Lazio ha annullato la Circolare della Funzione Pubblica n. 2/2014 relativa alle assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.

La circolare, cui il Miur si era adeguato per quanto riguarda i dipendenti del Ministero, e non per il personale docente, educativo ed ATA della scuola, prevedeva che le assenze dovessero essere giustificate attraverso permessi per documentati motivi personali.

La sentenza del TAR, immediatamente esecutiva, ha invece sottolineato la necessità che la materia sia disciplinata attraverso atti contrattuali e pertanto ha annullato tale circolare.

Di conseguenza, nelle more della rivistazione di tutta la disciplina, le assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici debbano essere ricondotte esclusivamente alla disciplina normativa di cui all'art. 55 septies, comma 5ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, senza tener conto di quanto statuito successivamente.

OrizzonteScuola aveva già dato notizia della sentenza nell'articolo Visite mediche specialistiche: sono assenze per malattia

I giudici amministrativi hanno affermato la differenza tra permessi per motivi personali (limitati a pochi giorni) e assenze per malattia , nelle quali rientrano le visite specialistiche, le terapie e gli accertamenti diagnostici. La circolare ministeriale metteva di fatto un limite al diritto dei lavoratori a tutelare la propria salute.

La normativa ad oggi è molto complessa, e nelle scuole si sono verificate situazioni di grande disagio, acuite da una interpretazione molto restrittiva della normativa da parte di alcuni Dirigenti Scolastici. La sentenza conferma invece l'interpretazione che la redazione di OrizzonteScuola.it aveva sempre dato alla circolare, fornendo un accurato servizio di consulenza su www.chiediloalalla.orizzontescuola.it

 
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SCUOLA

Post n°3421 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "La Repubblica"


Scuola, si tratta sui premi ai professori


Dopo lo sciopero il premier invia dai sindacati una delegazione pd con Orfini e Guerini. “Ma dobbiamo chiudere in fretta” L’offerta: riduzione dei poteri dei presidi su valutazione e soldi ai più meritevoli, escluso per ora il rinnovo del contratto


Corrado Zunino

Il giorno dopo lo scioperone della scuola — adesioni altissime, il 65% dei docenti — Matteo Renzi ha convocato il Pd (non il governo) e aperto un nuovo giro di consultazioni rapide affidandole al presidente del partito Orfini, al suo vice Guerini e alla responsabile scuola Puglisi. Subito, ieri, incontro con gli studenti, oggi con i sindacati. Prima i Cobas e poi i confederali, quindi le associazioni dei genitori e degli insegnanti. Il premier si dice disponibile a modifiche ma chiede di fare in fretta: entro lunedì la commissione Cultura della Camera deve votare tutti gli emendamenti, entro martedì 19 deve chiudere la Camera (e poi ci sono un Senato in bilico e di nuovo la Camera). «Dobbiamo ascoltare chi protesta ed essere disponibili a integrare la riforma », ha detto ai suoi. Francesca Puglisi ora aggiunge: «Sono girate tante sciocchezze». Il ministro Stefania Giannini ha partecipato al summit al Nazareno, ma non conduce più lei la questione: Sel si appresta a una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Domenico Pantaleo, segretario della Cgil scuola, dice: «O le modifiche saranno radicali o andremo avanti nella lotta». E il primo incontro non ha cambiato il quadro, visto che la Rete degli studenti medi lo ha definito «del tutto insoddisfacente». Lo spazio di manovra è stretto. Il governo — accusato per sei mesi di un falso ascolto — vuole provare a placare il conflitto, ma vuole anche stanare il sindacato: è convinto che confederali e Cobas abbiano ben raccolto un cattivo umore esistente nella classe insegnante, ma che non portino controproposte valide interessati come sono a discutere soprattutto di contratto (fermo da sette anni) e dei 200 milioni che i presidi distribuiranno agli insegnanti considerati migliori. Su questi punti — economici — fonti di governo fanno sapere che non ci saranno novità. Le assunzioni resteranno 101.701 per il primo settembre e 60mila con il concorso 2016. L’unica variabile potrà essere quella dei 6mila idonei del concorso 2012.

Il giro di consultazioni del partito di maggioranza ha cambiato ancora una volta il programma della Commissione cultura alla Camera, che ieri pomeriggio dall’articolo 5 è saltato al 10 (in tutto sono 24), accantonando temporaneamente i quattro articoli più importanti e difficili, quelli sulle assunzioni. Dopo aver reso il preside sì un manager, ma controllato nell’elaborazione del Piano dell’offerta formativa dagli organi collegiali, si costruirà uno schema analogo per la valutazione dei docenti: nascerà un comitato allargato e si creerà una griglia di criteri che renda oggettiva questa valutazione, anche sui premi. In commissione si dovrà lavorare in notturna, sabato e domenica. Tra le novità possibili, il cinque per mille esclusivo per la scuola (vale 500 milioni in più).

Il sindacato Anief sostiene che resteranno fuori 400mila precari, di cui almeno 140mila già inseriti in cicli di supplenze. “Tuttoscuola” ha conteggiato che con la riforma a regime la quota supplenti all’interno degli istituti crollerà: i docenti precari passeranno da 118.500 (il 15 per cento) a 19.000 (il 2,5 per cento)

 
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Calendario Sardegna

Post n°3420 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Sardegna, ritorno sui banchi di scuola il 14 settembre


Redazione

Approvato il calendario per l'anno scolastico 2015-16

In Sardegna campanella d'inizio il 14 settembre con un totale di 208 giorni di lezioni, feste tradizionali con 2 giorni a disposizione per ogni istituto e chiusura dell'anno il 10 giugno. Prevista anche la possibilità di programmare eventuali adattamenti, qualora funzionali al migliore svolgimento dell'offerta formativa.

 
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SCUOLA

Post n°3419 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "Il Messaggero"


Scuola, cambia il testo presidi valutati dai prof Si tratta con i sindacati

Vertice di Renzi con i parlamentari dem, oggi primo incontro con tutte le sigle. Mobilità straordinaria per i docenti di ruolo


 «L’autonomia della scuola si basa sulla responsabilità educativa del capo d’istituto, non possiamo venire meno a questo principio, altrimenti viene giù tutta la riforma: la scelta dei docenti è un pezzo di impianto». Così parlò Matteo Renzi nel vertice dem al Nazareno dimostrando di conoscere molto bene la materia di cui si parla, (per le note affinità familiari). Deciso a tutto, non però a scontrarsi con la “piazza” se a manifestare sono prof e studenti come martedì scorso. Ecco allora il summit urgente di ieri mattina con tutti i parlamentari pd delle commissioni Cultura. «Dobbiamo spiegare meglio quello che stiamo facendo, rispondere alle scemenze che girano». Il premier ha voluto che fossero presenti anche il vice segretario Guerini e il presidente Orfini e ovviamente il ministro dell’Istruzione Giannini. Si è parlato delle possibili modifiche da apportare al ddl che in ogni caso dovrà essere approvato entro e non oltre il 15 giugno. Tra le novità il 5xmille previsto per la scuola che diventerà “esclusivo” e il giudizio che verrà espresso dal Comitato di valutazione anche sul lavoro dei presidi al termine del triennio.
Anna Ascani, 27 anni, deputato pd, membro della commissione Cultura, fissa i paletti della riforma, spiega le novità, «i professori potranno candidarsi, chiedere cioè di andare in una scuola, cosa che prima non era prevista». «Ma il dirigente - continua - resterà comunque libero di scegliere in base ai curriculum anche chi non si è candidato nell’albo territoriale o meglio nelle reti (un gruppo subprovinciale compreso tra le 20 e le 40 scuole). Renzi lo ha detto chiaro. Ascoltiamo ma poi andiamo avanti. Il Pd ha lasciato in vita i suoi 95 emendamenti che riguardano i 19 articoli del ddl. Oggi una delegazione dem di cui faranno parte Guerini, Orfini e la responsabile Scuola, Francesca Puglisi, incontrerà i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals. Quindi toccherà ad associazioni di genitori e studenti.
Prima della grande infornata, l’assunzione dei 55 mila insegnanti, si potrà fare domanda di trasferimento per tutti i posti disponibili. C’è chi da anni vuole tornare a casa e non ci riesce e in questo modo potrà farlo. Sono stati accantonati in commissione gli articoli 6-7-8-9 che riguardavano le questioni più spinose. Ma in casa dem e nel governo se n’è parlato. E si è fatto anche autocritica per il messaggio che non si è riusciti a far passare perché «assumere 160 mila persone in due anni è un numero che un sindacato dovrebbe fermarsi e dire: bravi».
I PRECARI
Il piano prevede l’assunzione di 100.714 docenti a settembre e 60 mila con un successivo concorso riservato agli abilitati valutando titoli e servizi. Da chiarire resta il futuro dei 4200 idonei, ovvero di chi ha superato il concorso nel 2012 ma è rimasto fuori. Ci sono emendamenti di tutti i gruppi, e non è escluso che si faccia in modo che vengano assunti prima del concorso. Una delle ipotesi (emendamento della pd Simona Malpezzi) è che possano addirittura rientrare nella prima informata facendo scendere il numero dei posti da riservare in seguito al concorso. Tutto è possibile. Con una certezza: i numeri sono espressione delle risorse disponibili e non cambieranno.
Claudio Marincola

 
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Rivincita maestri

Post n°3418 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "La Repubblica"



La rivincita dei Buoni Maestri adesso insegnare dà prestigio


Sei italiani su dieci riconoscono un crescente valore sociale ai docenti, ritenuti di questi tempi un autentico punto di riferimento. Anche per questo il governo non può non dialogare con loro

 

Ilvo Diamanti

QUESTA volta Matteo Renzi è stato meno perentorio che in altre occasioni. Di fronte alle manifestazioni contro la riforma della scuola, presentata dal governo, ha preferito mantenere distinto il giudizio sugli attori della protesta dei giorni scorsi. Gli insegnanti, gli studenti. E i sindacati. Per dividerli. Per confermare la sua distanza dal sindacato. Con il quale non intende cambiare registro. Era e resta “l’altra parte”. Il passato. Come i “vecchi” partiti, come le “vecchie” istituzioni. Ma gli studenti e gli insegnanti: no. Perché la scuola è un riferimento centrale. Per i giovani. Per le famiglie. Per la società. Oltre metà dei cittadini, il 53%, continua, infatti, a esprimere fiducia nella scuola (Demos, Gli Italiani e lo Stato, Dicembre 2014).

Mentre circa il 60% si dice soddisfatto del funzionamento delle scuole, di diverso tipo e livello. In primo luogo di quelle elementari, quindi dell’università e, in misura più limitata, delle medie. Più di 6 persone su 10, inoltre, manifestano fiducia nei confronti degli insegnanti. Pubblici (Osservatorio Demos Coop per la Repubblica delle Idee, ottobre 2014). Perché la differenza tra istruzione pubblica e privata, negli orientamenti dei cittadini, appare elevata. A vantaggio del pubblico.

Così il premier si dice disposto a negoziare. «Perché la scuola non è dei sindacati ma degli studenti e del loro futuro». E, ovviamente, dei docenti, che, quotidianamente, sono a contatto con gli studenti e con le loro famiglie. Anche per questo Renzi ha mostrato maggiore apertura al dialogo, che in altre occasioni. Dopo aver promosso una consultazione online molto frequentata. Mentre con altre categorie, con i magistrati in particolare, i rapporti appaiono meno distesi. Anzi molto più tesi. E polemici.

Il fatto è che il divario tra “investimento pubblico” e “rendimento sociale”, nel caso della scuola, è particolarmente elevato. E Renzi sa bene che per costruire una “buona scuola” occorrono risorse. Molto più ampie di quelle attuali. E di quelle previste dalla riforma.

L’Italia, infatti, impiega il 4,2% del proprio Pil nell’istruzione pubblica. In Europa è 23esima. E investe nella ricerca l’1% del Pil. Metà rispetto all’Unione Europea. Tuttavia, questa è già una Buona Scuola. Nonostante tutto. Un caso esemplare di “investimento dissipativo”. Perché ha buoni insegnanti. Coltiva buoni studenti, che diventano buoni diplomati, laureati. Buoni ricercatori — “ricercati” dovunque. E, infatti, li trovi dovunque. Nelle università, nelle imprese, nei centri studi di tutto il mondo. Se ne vanno dall’Italia e spesso non rientrano.

D’altronde, oltre due terzi degli italiani (Demos-Coop, aprile 2015) ritengono che i giovani, in futuro, occuperanno una posizione sociale peggiore rispetto ai loro genitori. Di conseguenza, il 70% si dice convinto che per fare carriera sia necessario andare all’estero.

Si spiega così la frustrazione degli insegnanti. Che si sentono s-valutati, nonostante la loro valutazione, sul piano sociale, sia molto positiva. Oggi, infatti, circa 6 persone su 10 considerano elevato il prestigio professionale dei maestri elementari e dei professori delle scuole medie e superiori. E oltre 7 italiani su 10 esprimono la stessa opinione riguardo ai professori universitari. Occorre aggiungere che la crisi, negli ultimi anni, ha incrementato il valore sociale di tutte le professioni. In altri termini: del lavoro in sé. Ma non nella misura registrata dai docenti: 15-20 punti in più, rispet- to al 2007. Mentre, nello stesso periodo, il prestigio dei medici è cresciuto di 8 punti, quello degli imprenditori di 5. E quello dei magistrati di 2. Questa tendenza è stata, probabilmente, alimentata dal dibattito sulla riforma della scuola.

Ma anche, vorrei dire: soprattutto, dal forte deficit di riferimenti. Nell’ambito delle istituzioni, nella società. Nel lavoro e nella vita quotidiana. La considerazione nei confronti degli insegnanti — e della scuola — si è allargata, più che in passato, perché oggi si percepisce un diffuso disorientamento sociale. Un senso di “vuoto” che, più ancora di prima, spinge a cercare “chiodi” a cui attaccarsi. Il prestigio sociale degli insegnanti, la soddisfazione nei confronti della scuola — pubblica — riflettono, dunque, un sentimento di fiducia che — per usare un sinonimo — è anche “confidenza”. Si rafforza, cioè, attraverso i legami e le relazioni sociali. Un giorno dopo l’altro. Come la (e insieme alla) “famiglia”.

Così si spiega la disponibilità al dialogo con gli insegnanti. (Peraltro, particolare non trascurabile, elettori tradizionalmente vicini al centro-sinistra.) Tuttavia, non è detto che, alla fine, non prevalga, anche stavolta, la figura del Premier ipercinetico, che fa-quel-che-dice. Ma questa volta entrerebbe in contraddizione con lo Storytelling dell’innovazione, narrato fino ad oggi. Perché la nostra scuola è l’emblema di un Paese che esporta le sue competenze e i suoi giovani.

L’Italia: è un Paese sempre più vecchio, dal quale i giovani più preparati, appena possono, fuggono. E non ritornano. Per questo, una “buona scuola” è importante. Ma perché costruirla “contro” i suoi protagonisti? Contro gli studenti? E contro gli insegnanti?

 
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SCUOLA

Post n°3417 pubblicato il 07 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "Corriere della sera"


Scuola, il governo ai sindacati: trattiamo


L’apertura dopo lo sciopero: oggi l’incontro con i vertici del Pd nella sede del partito Ma al test Invalsi alle primarie la partecipazione scende del 10 per cento rispetto al 2014

ROMA Alla fine hanno vinto loro. Perché se da mesi il premier Matteo Renzi ripete: «Sulla Buona scuola nessun passo indietro», ieri, il giorno dopo le piazze d’Italia piene dell’esercito dei 500 mila — insegnanti, studenti, genitori, bidelli — ha dovuto ammettere: «Dobbiamo spiegare meglio quello che stiamo facendo». Risultato: «Ascoltiamo chi ha protestato». E in commissione Cultura alla Camera, dove il disegno di legge è all’esame, sono stati accantonati gli articoli 6, 7, 8 e 9 su organico e assunzioni, i più controversi, proprio per «ascoltare e spiegare».
Renzi lo ha deciso dopo un incontro con i parlamentari pd, con la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini che ha chiarito: «Stiamo lavorando, migliorando e integrando il testo, dialogando con tutte le forze interessate al mondo della scuola». Il che significa associazioni e studenti ma soprattutto i sindacati, Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, Cobas, Anief: proprio quella parte di scuola cui da tempo il premier manda messaggi del tipo: «La scuola non è vostra, ma di studenti e professori».
Si vedranno oggi pomeriggio nella sede del Pd dove saranno ricevuti dal presidente Matteo Orfini, dal vicesegretario Lorenzo Guerini, dalla responsabile scuola Francesca Puglisi e dalla deputata Simona Malpezzi. Renzi non ci sarà, perciò Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola hanno chiesto un incontro urgente alle commissioni Cultura di Camera e Senato, al premier e ai presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso: «Il personale della scuola va ascoltato, l’altissima partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni dimostra che il suo coinvolgimento è essenziale». Sarà così, promette Puglisi: «Vogliamo ascoltare nel merito le critiche di chi è sceso in piazza, poi valutiamo».
Così dopo i mesi del muro contro muro, degli appelli, dei flash mob, delle lettere di Renzi ai prof (annunciate e poi mai inviate) e dello sciopero del 5 maggio con adesioni fino all’80%, parte la fase di dialogo del governo. Ma i sindacati non brindano e rimangono cauti: «Se parliamo di cambiamenti radicali allora sì — dice Domenico Pantaleo della Flc Cgil —, ma se è un’apertura a piccole modifiche non va bene». Per Annamaria Furlan, Cisl, «la scuola è di tutti, va costruita assieme, la riforma oggi è troppo distante da questo obiettivo». E Massimo Di Menna, Uil Scuola: «Se resta l’idea che uno comanda e non si discute, il governo avrà tutta la scuola contro». Perché il nodo continua a rimanere la figura del preside e il suo potere. «La responsabilità del dirigente scolastico — chiarisce subito Anna Ascani, pd — non è in discussione: è il leader educativo cui competerà la scelta dei docenti, nel contesto dell’autonomia». E pure il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Non vogliamo che sia minimamente toccata l’autonomia degli istituti e il ruolo di sindaco del dirigente che è colui che coordina la comunità, ma non è un comandante».
Sul resto, si può discutere. «Al preside è rimasto solo un potere: quello di scegliere i docenti — dice Ascani —, quindi la disponibilità a cambiare c’è». Si è rafforzato infatti il ruolo del consiglio d’istituto: deciderà il piano di offerta formativa triennale della scuola e parteciperà alla scelta dei prof più meritevoli da premiare con il bonus annuale. Troppo poco per i sindacati, ma anche per gli insegnanti che il giorno dopo lo sciopero non si accontentano e continuano a protestare. Ieri alle elementari c’è stata la prova Invalsi: la partecipazione è scesa del 10% rispetto al 2014 quando aderì il 99% delle scuole. «È un segnale — spiega Di Menna —, la scuola è ancora in subbuglio, i prof la riforma l’hanno capita benissimo, se non c’è un cambio di passo, gliela spieghiamo noi». Intanto, ieri sera il primo incontro dei vertici pd è stato con la Rete degli Studenti, l’Uds e i giovani dell'Azione Cattolica: «Soddisfatti? Per niente — dice Alberto della Rete —: ci hanno dato la loro verità in tasca senza alcuna possibilità di apertura, questo è il dialogo?».
Claudia Voltattorni

 
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Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


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