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CORRIERE DEL MATTINO SPA.

Post n°1506 pubblicato il 26 Luglio 2009 da corriereonline
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Il ministro degli Esteri sulla missione in Afghanistan e le prospettive europeeFrattini: «Useremo i Tornado
in azioni di combattimento»«Presto per parlare di dopo-Karzai. Ma ha bisogno di uomini fidati»

Franco Frattini (Afp)
Franco Frattini (Afp)
ROMA - Le notizie dell’ennesimo attacco ai militari italiani vicino a He­rat arrivano dopo una conversazione con il ministro degli Esteri Franco Frattini imperniata soprattutto sul­l’Europa. Una volta imprevisti del ge­nere erano un’eccezione, adesso stan­no diventando routine.

Ministro, in Afghanistan sono sta­ti tolti i caveat che limitavano l’im­piego dei soldati italiani in combat­timento e aumentano gli attacchi. Che farete?
«C’è visibilmente un’escalation, lo dimostrano gli attacchi di queste ore. Aumenteremo i Predator e la copertu­ra dei Tornado, in funzione non solo di ricognizione, ma anche di vera e propria copertura. Rafforzeremo la blindatura dei Lince e poi aggiungere­mo mezzi blindati di ultima genera­zione» .

Il 20 agosto si vota: Hamid Karzai è ancora il presidente preferito dal governo italiano?
«È stato indebolito dalle accuse di corruzione di personaggi importanti del suo governo, ha saputo reagire guadagnandosi una nuova investitu­ra come candidato di riferimento di molti Paesi della coalizione. Ritengo ancora prematuro parlare di un do­po- Karzai. Se sarà riconfermato, do­vrà costruire intorno a sé una nuova leadership in grado di affiancarlo du­rante il mandato e affermarsi progres­sivamente».

L’asprezza delle cronache afghane non rende più agevole un’altra parti­ta politica. Meno cruenta eppure deli­cata. José Manuel Durão Barroso, por­toghese del Partito popolare, è secon­do Frattini un presidente della Com­missione europea ingiustamente mes­so «sulla graticola» per i prossimi tre mesi e mezzo. Tra i manovratori dello spiedo, nel Parlamento di Strasbur­go, non brillerebbero per coerenza i socialisti di Spagna e Portogallo, con­trari a votare presto sul suo nuovo mandato nonostante i rispettivi go­verni «siano stati tra i più convinti so­stenitori di Barroso». A sentire il tito­lare della Farnesina, è uno dei prodot­ti della stagione aperta dopo le ulti­me elezioni europee. Di questo si è parlato in quasi un’ora e mezza di intervista. Nei pros­simi mesi la ripartizione di nuovi po­sti di potere nell’Ue dovrebbe diventa­re materia di lotta, di negoziati e di compromessi tra governi, partiti e Stati. Succederà se entrerà in vigore il Trattato di Lisbona, preparato per so­stituire in versione annacquata il pro­getto di Costituzione europea affon­dato dai referendum francese e olan­dese. Il Corriere ha cercato di vedere in quale modo si avvicina alla partita il governo italiano.

Ministro, lei mercoledì scorso ha incontrato Barroso. Come l’ha trova­to?
«Sono stato a cena a casa sua a Bru­xelles. Ho percepito che questa legi­slatura sarà caratterizzata da un attivi­smo del Parlamento europeo, il quale cercherà molto spesso una prova di forza contro la Commissione. Spero che si possa trovare una composizio­ne».

Altrimenti?
«Nel chiedere di posticipare il voto sulla conferma di Barroso a dopo il re­ferendum irlandese sul Trattato di Li­sbona, fissato al 2 ottobre, socialisti e liberaldemocratici hanno dato un se­gnale che non va nel senso della con­vergenza e coesistenza tra istituzioni europee».

Perché?
«Se si comincia così si avranno si­tuazioni preoccupanti di lacerazione interna. Si lascia tre mesi e mezzo sul­la graticola il presidente designato al­l’unanimità dal Consiglio europeo».

E non rientra nelle facoltà del Par­lamento?
«Governi come quello socialista spagnolo e quello socialista portoghe­se sono stati tra i più convinti nel de­signare Barroso e vedono gli eurode­putati del loro stesso partito annun­ciare la volontà di votargli contro. Questo apre una riflessione seria sui rapporti tra un’istituzione e l’altra».

Non dimostra che i partiti sono in crisi anche fuori dell’Italia?
«Alla vigilia dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona non mi pare un gran viatico. È stata una decisione politica».

Con chi ce l’ha? Con la sinistra?
«No, no. Ci sono di mezzo anche i liberaldemocratici. Esistono maggio­ranze e aggregazioni che si modulano a seconda del dossier da trattare. Ciò lascia tutto in un’incertezza. Che si ag­grava con l’incertezza sul referendum irlandese».

Lei non era tra i più ottimisti sui tempi di entrata in vigore di quel Trattato?
«Lo sono ancora. Agli irlandesi, che hanno creato le infrastrutture del loro Paese grazie ai fondi comunitari, conviene più un’Europa con il Tratta­to di Lisbona che senza».

Dunque prevede l’entrata in vigo­re per quando?
«Dicembre 2009. Così nel gennaio 2010 si avranno un presidente del Consiglio europeo con mandato di due anni e mezzo, un alto rappresen­tante per la politica estera e di sicurez­za che sarà di diritto vice presidente della Commissione, numerose vota­zioni a maggioranza invece che al­l’unanimità. Un’Europa capace di de­cidere più in fretta».

Considerato che presidente del Parlamento è stato eletto un polac­co del Ppe, Jerzy Buzek, e che a gui­dare la Commissione è un portoghe­se dello stesso partito, quali Paesi secondo lei avrebbero titolo ad aspi­rare alla presidenza del Consiglio europeo e all’alto rappresentante per la politica estera?
«Secondo una tradizione non scrit­ta l’alto rappresentante può proveni­re da un Paese medio. La Spagna for­se è la maggior dimensione immagi­nabile. Per intenderci, non un france­se, non un italiano, non un britanni­co né un tedesco. Questo va bilancia­to anche con le famiglie politiche».

Che a presiedere la Commissione sia un popolare cosa comporta?
«È probabile un presidente del Consiglio socialista, e l’alto rappre­sentante potrebbe essere collegato al­la famiglia popolare».

Il governo britannico ha fatto sa­pere che se Tony Blair si candidasse lo appoggerebbe. Anche il governo italiano?
«L’Italia ha grande simpatia per Blair».

Un progressista «sostenibile», co­me si dice nel lessico ecologico, per il centro-destra?
«È uno che per il suo governo pre­sentò programmi che Forza Italia avrebbe potuto sottoscrivere. È il più europeista dei leader dell’Europa an­glofona. Non un europeista federali­sta, ovviamente. Di certo il candidato Blair aprirà una grande discussione in Europa».

Nelle sinistre europee, in partico­lare.
«Non mi attendo una decisione senza problemi. Mi aspetto che accan­to a questa appaiano anche altre can­didature attualmente tenute accurata­mente sotto traccia».

Al presidente francese Nicolas Sarkozy viene attribuita una dispo­nibilità verso Felipe González, socia­lista spagnolo.
«Ho parlato di Blair soltanto per­ché il governo britannico lo ha so­stanzialmente indicato e perché il pre­sidente del Consiglio italiano ha det­to che lo sosterrebbe. Su González non commento. Non sarebbe serio da parte del ministro degli Esteri fare un toto-presidente».

E sull’alto rappresentante per la politica estera?
«Vi sono state poche candidature, tutte smentite. A cominciare dalla mia. Che, ribadisco, è smentita».

Maurizio Caprara
26 luglio 2009

 
 
 
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