Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post n°81 pubblicato il 21 Maggio 2006 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

DEEP DISH: GEORGE IS ON (2005)

Dalla causalità alla casualità. L’incontro fra Ali “Dubfire” Shirazinia e Arya “Sharam” Tayebi, statunitensi ma di chiare origini iraniane, avvenne per puro caso nel lontano 1991. All’epoca entrambi suonavano in alcuni piccoli locali e soprattutto presso party privati della città di Washington. Incapparono entrambi in un errore di bookings, che li face trovare nello stesso giorno, alla stessa ora proprio davanti alla consolle. Un fulmine a ciel sereno. Che fare? Trascorsero la serata a suonare insieme e da qui scoprirono di avere molte cose in comune, tra cui la visione nitida tra la fusione dei vari generi musicali con l’elettronica.

Ritorno al passato. « È trascorso davvero tanto tempo dal nostro album precedente » - dichiararono in un'intervista - « Dal 1996 abbiamo iniziato a girare il mondo per i nostri spettacoli: ad un certo punto sono diventati veramente troppi, e ci dedicavamo soltanto a fare remix, e abbiamo realizzato anche parecchi mix-cds. Era giunto il momento di ricordarsi che siamo innanzitutto artisti: tutto è cominciato da lì, avevamo bisogno di tornare indietro alle nostre radici. In questo album ci sono idee che avevamo messo da parte, e su cui siamo ritornati; altre che abbiamo del tutto stravolto, o portato in un'altra direzione; ed altre ancora che ci sono venute all'ultimo minuto, frutto dell'ispirazione in un dato momento » . Detto, fatto. I Deep Dish, leader indiscussi della scena dancefloor mondiale, con la conquista del Grammy Award, entrarono già nel 2002, con il remix di Thank You di Dido, nella storia della musica. Il singolo servì per far capire a tutto il mondo come i Deep Dish fossero oramai pronti per “miscelare” il sound classico pop con il sound appartenente ai club e creare un’unione senza precedente alcuno. Nella loro quindicinale carriera spiccano ben altri remix di altisonanti nomi appartenenti al “mondo di sopra” quali Madonna (Music, 2000), Planet Funk (Inside All The People, 2001), Depeche Mode (Freelove, 2001) e Justin Timberlake (Like I Love You, 2002), Elisa (Come To Speak Me, 2002) e l’amico Paul Van Dyk (The Other Side, 2005). Ali “Dubfire” Shirazinia e Arya “Sharam” Tayebi riuscirono, però, ad emergere dall’oscura e torbida scena underground newyorkese con un altro remix, favoloso per l’epoca anch’esso, Hideaway per De Lacy e soprattutto grazie alla miriade di collaborazioni con un amico della Old School, Brian “BT” Transeau. Da qui anche la notorietà poiché “Deep Dish” divenne un perfetto sinonimo dell’allora nascente scena nota come “deep house”. Nel 1998, i Deep Dish pubblicarono il loro primo album Junk Science, un mix di deep house, rock/dance, soul e un atmosfera moody, insomma, un presagio di quanto sarebbero stati in grado di plasmare con George Is On. Furono, senza dubbio, supportati anche dal successo di alcuni singoli come The Future Of The Future [Stay Gold], formalizzata sulla dolce linea vocale Tracey Thorn, la vocalist dello storico gruppo pop Everything But The Girl. Junk Science sottolineò a pieno il loro talento nel creare musica dove il sound si presta tanto per un “passaggio” in radio, così come risulta d’obbligo in una qualsiasi discoteca che si rispetti. A seguire dopo Junk Scinece, nel 1999 fu pubblicata una compilation chiamata Yoshiesque e da qui il tourbillon di uscite anticipato all’inzio: Renaissance Ibiza (2000), Yoshiesque 2 (2001), Deep Dish – Global Underground #021: Moscow (2001) e Deep Dish Global Underground #025: Toronto (2003); tutti lavori che sono il sudato frutto dell’esperienza dinamica dei Deep Dish nei club ai quattro angoli del pianeta Terra. Il loro nome, ancora una volta, ma su scala maggiore, divenne legato sempre più ad un sound eclettico, un misto di techno, house e trance, proprio come i loro album “mixati”, finiscono per essere un meraviglioso “melting-pot” di stili e generi propriamente da “arena” dancefloor, che di fatto dominano grazie anche alle numerosissime performances dalla Macedonia a Singapore, passando per Ibiza, Londra, Tokyo, sino a Napoli, ove torneranno il 1° giugno del corrente anno, e persino Palinuro. Conseguentemente, il duo di dj-producers è tra i più quotati al momento che, tornati in studio a distanza da sette anni, hanno saputo sapientemente “innovarsi”, facendo sì che crescessero e fossero coltivate “altre” passioni, in particolar modo per sonorità più lontane, da cui sono derivate ovviamente genuine battute rock più che artefatti in chiave house, strizzando pur sempre l’occhiolino all’indimenticato pop. George Is On (2005), i cui riusciti ed orecchiabili brani sono tanto cantati, tanto strumentali, rappresenta il passo successivo e decisivo per una carriera già soddisfacente.

Progressione sonora. Quattordici tracce, caratterizzate da suoni potenti e ben calibrati, in grado di spostarsi ben al di là delle critiche volte a minare l’impensata staticità del genere. La prima parte dell'album è la più vicina al nuovo corso del duo, con l’apertura “popular” di Floating, l'incalzante Sacramento, terzo singolo estratto, con voce di Richard Morel – già collaboratore in passato - dal corroborato sapore 70's, a cui si mescola un ipnotico groove. È il preludio a quanto accadrà a breve, Sacramento ne è il veicolo, così come nel video, una semplice, ma quanto mai banale, automobile che letteralmente “trasporta” tutto e tutti verso una nuova sonorità.

Perciò, a catturare maggiormente l’attenzione dell’ascoltatore è il primo e ormai noto singolo estratto, addirittura ben un anno prima di George Is On: Flashdance. Leggendaria hit estiva, viva dimostrazione della voglia di stupire. « Flashdance è stata una cosa divertente, fatta in un momento in cui tutti guardavano alle sonorità “progressive”. Avevamo la sensazione che nessuno pensasse più al lato divertente della musica. Ovviamente anche per noi la musica è una cosa seria, ma ci deve sempre essere una certa dose di divertimento. Con Flashdance pensiamo di aver centrato questo obiettivo, pur proponendo qualcosa di un po' diverso da tutto il resto ». Sapiente dichiarazione d’intenti. Una Flashdance costruita, naturalmente, sulla base del cosiddetto “giro di chitarra” del notorio Flashdance, film cult degli 80’s. Quindi, chitarre new wave e powerful beat sono dannatamente accentuati dalla voce sensuale di Anousheh Khalili, adattissima per quanto concerne l’opera dei Deep Dish. conosciuta già precedentemente nel suo omaggio canoro del 1983 nella colonna sonora dell’omonimo film con He’s A Dream. Il video della canzone, piuttosto, è stato girato nella città di Los Angeles, trasformata in Tokyo per l’occasione, dove i Deep Dish e la stessa Anousheh Khalili realizzano la loro performance in un tipico club della Yacuza, la mafia giapponese.

Primo bilancio: con tre brani così, la partenza è, senz’altro, folgorante e giocata su un misto di house e rock veramente gradevole. A seguire, Swallow Me, classico dub strumentale, progressivo ed accattivante, che rimanda come suono al remix di Wrong realizzato dallo stesso duo per gli Everything But The Girl. Con Awake Enough si genera la voragine. È la traccia per sognatori e poeti notturni che l’ascoltatore medio non s’aspetta. Sonorità dolci, da prime luci dell’alba, suggestiva quanto mai grazie anche alla suadente voce di Anousheh Khalili, In Everybody's Wearing My Head ritorna la voce di Richard Morel, che conferisce acidità a ciò che potrebbe sembrare un romantico brano, dove i Deep Dish sono riusciti nell’impresa di “coniugare” un allettante groove a stimolanti suoni che rimandano all’Oriente. Si giunge così al secondo singolo estratto in ordine di tempo e probabilmente uno dei brani più riusciti in assoluto: Say Hello. È ancora una volta la voce suadente di Anousheh Khalili a cullare l’ascoltatore disteso al Sole, mentre assiste al perfetto fondersi delle due anime dei Deep Dish, con un beat fantastico a muoversi discreto al servizio della melodia ancora definibile entro parametri “orientaleggianti”, orientata dalla voce Anousheh Khalili. Say Hello è decisamente rock, con chitarre elettriche chiamate a riempire gli spazi disponibili del brano, il che per l'orecchio resta un piacere. È un suoni pieno, ricercato, espressivo, proprio come il videoclip, dove due bambini, che si trovano esattamente agli angoli del mondo, comunicano attraverso una buca nel terreno, dimostrando la futura fusione tra America del Nord e Asia.

Restando in bilico fra attraenti groove, ecco Dreams, cover dei Fleetwood Mac – tra l’altro, già “coverizzati” dalle irlandesi Corrs in Talk On Corners (1998) – riletta stavolta in chiave house, ma pur “conservando” la presenza, nonché la splendida voce di Stenie Nicks, in un nuovo, però, abito “pop”, tirato a lucido. È attualmente il quarto singolo estratto, in basso il video. Un sogno entro un altro sogno, un montaggio straordinario poiché al contrario, per un videoclip emozionante che inizia con la fine. I Deep Dish dimostrano così tutta la loro creatività.

C’è da restare incantati, appunto, entro i sogni. George Is On, a questo punto, scivola consapevolmente anche in ipnotici e scuri brani clubbing di eccellente fattura tipo Dub Shepherd prima e Sexy I11 poi, che lasciano trasparire, o meglio ri-emergere, la vera natura di selector e di produttori di musica dance, quali sono nati i Deep Dish. Tra le due tracce, stazionano tanto Sergio’s Theme, rilassante, ambigua, re-impastata tra echi mistici e improvvisi muezzin, che la vera “gemma”: In Love With A Friend, dove è lo stesso “Dubfire” ad esibirsi come vocalist, anche se, è lo stesso duo a “improvvisarsi” Röyksopp per l’occasione, riuscendoci piuttosto bene, soprattutto per il testo, timido ed travagliato. Bagels riprende in pieno Sexy I11 e infine No Stopping For Nicotine, in ancora salsa “pop”, conclude il secondo, energico e psichedelico lavoro targato Deep Dish, vera e propria consacrazione mondiale. George Is On non delineerà un vero e proprio stile musicale, perché le varianti sono molte, si passa, com’è noto, spesso da un genere all’altro. Tuttavia, nulla toglie che tutte le tracce e, quindi, in sostanza l’album è stato ben realizzato e concepito per dare nuove vie di crescita alla evoluzione musicale dei Deep Dish. Versatili.

 
 
 
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