Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 12 Marzo 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

DOMINE: DRAGONLORD (2000)

Per chi non lo sapesse ancora, amo i Rhapsody follemente. Non che i Domine non mi piacciano, ma li colloco sempre un gradino sotto… decisamente sotto il combo triestino. I toscani, qui in questione, sono comunque una delle realtà più interessanti della scena metal italiana, unici degni eredi del metal più fiero e combattente, per parlare chiaro, quello fatto di borchie, pelle e sudore, che sempre sono rimasti fedeli alle proprie origini, l’esempio da fare è con la loro straordinaria produzione, eccezionalmente “pulita”, quindi, mi sembra giusto qui smentire chi ha asserito che ultimamente si fossero “venduti” al power metal di stampo propriamente tedesco. Il disco che prenderò in esame è stato un mio fedele compagno anni fa. Come in altre recensioni, credo che sia giusto aver un approccio storico prima. Al seguito di un esordio, che non era altro che un bel punto di arrivo, dopo tanti demotapes, di una band “cult” del panorama metal underground, i Domine iniziarono a fare sul serio, ma a differenza di tante bands italiane e non, i nostri magici eroi piazzarono, grazie anche a una produzione e a un budget superiore, questo deciso disco, che appena nato era già diventato uno dei capisaldi del metal europeo di tutti i tempi: Dragonlord (Tales Of The Noble Steel), sebbene tratti le medesime tematiche di Champion Eternal (1997), fece sembrare i Domine un’altra band rispetto a quella sentita sul debut album. Per molti, questo fu il passo in avanti decisivo, con cui i Domine passarono dallo status di cult band a band di rango superiore. Fine della storia. L’apertura del disco è affidata all’intro sinfonica Anthem (A Declaration Of War), che innesca Thunderstorm e subito si capisce che le lacune del passato sono ormai un ricordo perché i suoni delle chitarre di Enrico Paoli sono molto più pesanti e pulite, la sezione ritmica martella che è un piacere, ma soprattutto è la voce di Morby a trarre maggior giovamento da tutto ciò. Un purissimo pezzo speed che riprende le caratteristiche generali dei Domine, ulteriormente impreziosita da un’ottima produzione che ha lasciato i veri “defenders” a bocca aperta. Grandi come sempre gli assoli, e ottimo anche tutto il resto, semplicemente epico. Dopo la cavalcata iniziale si passa alla terza traccia, Last Of The Dragonlord (Lord Elric's Imperial March), scritta da Enrico Paoli in collaborazione con Morby, che oltre ad essere un valido cantante è sempre stato anche un degno compositore. Il pezzo in questione è un bel mid-tempo, che trasuda epicità da tutti i pori; magiche le strofe cantate, ma bellissime come sempre le melodie, e soprattutto gli assoli. Si ritorna a picchiare duro con Blood Brothers' Fight, dove le tastiere affidate al bravo Riccardo Iacono, sono ben amalgamate con il resto degli strumenti, e non sono mai invasive. L’atmosfera creata è pari a quelle degli agguerriti Candlemass o dei Mercyful Fate più battaglieri, e la potenza d’esecuzione è sulla scia di quella dei grandi gruppi thrash ancora influenzati dalla NWOBHM (per i neofiti, New Wave Of British Heavy Metal) come gli Slayer di Show No Mercy (1983). Con la quinta traccia arriva come un missile, pezzo da novanta, la leggendaria Defenders, veloce, potente, epica, con un gran coro, che sprizza genuinità a tutto andare. Un brano che cantaro dal vivo è sempre un’emozione. Dopo l’intermezzo spoken di Mars, The Bringer Of War si passa alla title track, Dragonlord (The General Master Of The Mightest Beasts), che grazie a bellissime melodie ed un’esecuzione generale esemplare, è capace di mantenere alta la tensione. Morby, grazie anche alla singolare struttura del pezzo, regala all’ascoltatore una prova potentissima, e quando il pezzo accelera vola su alto dove nessuno può arrivare. Si passa così alla seconda metà del disco con Uriel, The Flame Of God, che fa ridiscendere l’oscurità sul disco. L’assolo iniziale è maestoso e dà inizio alla battaglia sonora vera e propria. Forse il coro stona un po’, ma non spezza troppo il ritmo. L’assolo è chirurgicamente eseguito con un continuo cambio d'atmosfera. The Ship Of Lost Souls, è l’immancabile ballata epica, dove la voce di Morby è semplicemente perfetta, e il pezzo raggiunge ugualmente, lo stesso alto livello dei precedenti. L’atmosfera cupa sembra allentare la tensione, anche se a tener sveglio l’ascoltatore sono gli assoli al fulmicotone di Enrico Paoli. Si arriva così alla conclusione, The Battle For The Great Silver Sword, affidata alla formula vincente della suite in sette parti, modalità già adottata con successo sul disco precedente. Dopo i primi tre minuti il pezzo decolla e si stabilizza su un bel mid tempo battagliero, cantato e raccontato da Morby ancora una volta alla grande, sostenuto egregiamente dal resto della band, infatti, le parti alla tastiera sono ben scelte, mai eccessive e sempre preziose nell' economia globale del suono targato Domine. L’assolo risulta devastante ed epico quanto basta. In conclusione, non è azzardato sostenere l’idea che questa disco sia, a dir poco, obbligatorio per gli amanti del genere.

 
 
 
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