Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 25 Marzo 2005 da Nekrophiliac
 
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SLAYER: HAUNTING THE CHAPEL - LIVE UNDEAD (1984-1985)

Non c’è che dire, Show no mercy (1983) fu un esordio più che positivo, a dir poco, terremotante, presto diverrà un classico. Ne seguì uno (s)fortunato tour di supporto con mezzi limitatissimi, fortemente voluto dal producer Brian Slagel e costituito di date americane. Un successo e un fallimento al contempo: i problemi economici erano fin troppi, niente rispetto a quelli di spazio, di spostamento e di alloggio! La beffa finale fu che, al loro ritorno, gli Slayer non furono nemmeno pagati dal loro (mal)fidato produttore. In ogni caso, questi aveva aperto la strada al successo dei quattro. Parentesi storica permettendo, bisogna fare ora parecchia chiarezza su quanto avvenne in termini di uscite discografiche. Le diatribe non sono poche ed è perciò facile confondersi. Nel 1984, la band scrisse tre canzoni nuove di zecca, destinandole alla pubblicazione di un EP di transizione, con il classico nome roboante, Haunting The Chapel, mentre, nel 1985 pubblicò Live Undead, tutto tranne che un disco registrato dal vivo, un clamoroso falso. Ne esistono delle ristampe: la ristampa del 1993 del primo conteneva Aggressive perfector, la prima canzone scritta in assoluto dal gruppo, quella del secondo conteneva, invece, l’intero EP, per giunta con quattro tracce. Che tarantelle! Quest’ultimo disco è gelosamente in mio possesso, e per la recensione, seguo l’ordine della tracce così com’è: Live undead prima e Haunting the chapel dopo. Live undead si compone di sette trace: Black Magic, Die By The Sword, Captor Of Sin, Antichrist, Evil Has no Boundaries, Show No Mercy, Aggressive Perfector. La scaletta, tuttavia, è discreta, nonostante l'esclusione di pezzi quali Chemical Warfare o Tormentor. Non è un live album, ma si tratta solamente di una studio session di Show No Mercy. Alcune delle voci e delle urla del pubblico registrate sono ripetute più volte nel corso del disco. Gli Slayer, tuttavia, non hanno mai confermato il fatto, non c'è nulla da imputare loro. Insomma, Brian Slagel continuò a dimostrarsi ben poco generoso nei confronti degli Slayer, nonostante il fatto che, nel frattempo, il mondo intero andava conoscendoli, e produsse Live Undead senza chieder loro il permesso, nient’altro che un’assurda messa in scena per il disco di "ponte" fra Haunting The Chapel e Hell Awaits (1985). Non che sia un disco fondamentale, Haunting The Chapel, presente nelle quattro canzoni finali, quindi con versione di Aggressive Perfector, è, senza ombra di dubbio, un segnale di transizione che mostra un ottimo passaggio dallo stato germinale del gruppo, cioè quando gli Slayer hanno dato vita al loro proprio trade-mark, quel suono che li caratterizza da sempre e che tutti conoscono. Un suono devastante, a cui non si può rinunciare: merita un ascolto nella vita musicale di ognuno di noi. I quattro brani denunciano una furia inaudita per l’epoca, che consta di sonorità violente ed intransigenti. La produzione non è eccelsa e tecnologica, come oggi, ma è solo una nota a margine. Chemical Warfare apre le danze, imponendosi come una delle più belle song mai incise dal quartetto. Un riff in crescendo la introduce e dopo poco le ritmiche diventano iperfrenetiche: un classico slayeriano. La lunghezza sembra essere qualcosa di insolito, ma dimostra la bravura di Tom Araya, capace di cantare a tratti posato e a tratti esasperato, mentre le due chitarre non stanno ferme un secondo e tessono riffs potenti ed oscuri, infatti, a metà canzone è logico incontrare un breve e veloce ma claustrofobico assolo. Segue Captor Of Sin, che si schiude immediatamente in un assolo di ben trenta secondi, per poi dar vita a una battaglia tra le chitarre che tornano a graffiare, supportate da un'ottima e potente ritmica e dalla straziante voce del cantante cileno. Ne viene fuori un altro brano deciso e, per altro, complesso negli sviluppi. Haunting The Chapel si assesta su un livello mostruoso, è introdotta da un riffing e da un drumming simili a quelli di Chemical Warfare, tuttavia, è un brano veloce e frenetico che non lascia scampo, in particolar modo, proprio nella parte centrale-finale, con assoli sono particolarmente schizofrenici. Chiude il tutto Aggressive Perfector, un brano che non fa una piega. Ultimo brano, Aggressive Perfector, L’inizio è affidato a fruscii di piatti e rulli di tamburi, per poi movimentare la situazione in maniera più incisiva. Tom Araya canta con una tonalità leggermente più alta, dimostrando le note potenzialità della sua voce, con Jeff Hanneman e Kerry King a tessere riffs meno dark. Difatti, gli assoli sono meno esasperati, pur sempre essendo velocissimi, formando il brano più slegato del contesto. Questo disco, nel complesso una strana e non condivisibile mossa di mercato, non è da trascurare, soltanto poteva avere ben altra sorte. Non sarà una pietra miliare, ma vale la pena averlo. Consigliato ai soli e accaniti fanatici.

 
 
 
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